Di Peter Amsterdam
Novembre 24, 2011
Nel primo articolo di questa serie ho spiegato come considero il discepolato attraverso quattro elementi fondamentali: amalo, vivilo, predicalo, insegnalo. Ho offerto una definizione e ho spiegato a cosa mi sarei riferito quando avrei usato i termini discepolo e discepolato. In questo articolo prenderò in considerazione il primo dei quattro elementi: amalo.
L’elemento di discepolato forse più fondamentale è quello di amare Dio.
Quando gli chiesero quale fosse il comandamento principale della Legge, Gesù rispose:
Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente.[1]
Gesù fa un chiaro collegamento tra il nostro amore per Lui e la nostra obbedienza ai suoi insegnamenti.
Se mi amate, osservate i miei comandamenti.[2]
Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è uno che mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e Io lo amerò e mi manifesterò a lui.[3]
Gesù afferma che, se osserviamo le sue parole, i principi che insegna, dimostriamo di amarlo Prosegue dicendo che ci sono delle benedizioni per chi osserva i suoi comandamenti e lo ama, che sarà amato dal Padre e che Gesù lo amerà e si manifesterà a lui.
La parola greca tradotta con osservare, quando usata in “osservare i suoi comandamenti”, è tereo, che significa prestare grande attenzione, rispettare. Gesù quindi dice che chi lo ama rispetterà e seguirà i suoi insegnamenti. La stessa parola è usata nei versetti successivi:
Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole.[4]
Di nuovo, dimostriamo il nostro amore per Gesù osservando le sue parole, vivendole e mettendole in pratica; allo stesso modo, il mancato rispetto d’esse suggerisce che non lo amiamo.
Se dimorate nella mia Parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi.[5]
In altre traduzioni la frase dimorate nella mia Parola è resa con perseverate nella mia Parola, rimanete fedeli alla mia Parola, rispettate i miei insegnamenti — tutte espressioni dello stesso principio: che mettere in pratica ciò che dice la sua Parola è una manifestazione del vostro amore per Lui ed è una delle cose che fanno di voi un discepolo. Lo amiamo se seguiamo le cose che ha detto. Quando lo facciamo, siamo suoi discepoli.
Questo sembra piuttosto chiaro, tuttavia è molto più facile a dirsi che a farsi, specialmente perché Gesù ha detto alcune cose piuttosto drastiche, molto difficili da rispettare e in alcuni casi perfino da capire, come:
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figliuolo o figliuola più di me, non è degno di me..[6]
E ancora “peggio”:
Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può esser mio discepolo.[7]
Sono affermazioni piuttosto forti che, prese letteralmente, sembrano rendere impossibile una vita come discepoli. Sarebbe impossibile per me odiare mia moglie e i miei figli, o mia madre e mio padre. Ciò significa che non posso essere un discepolo? Credo che dovremmo guardare al principio di ciò che Gesù disse.
Nel quattordicesimo capitolo di Luca, appena prima di dire queste cose, Gesù raccontò la parabola degli invitati a un grande banchetto.
Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e, all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: «Venite, perché è già tutto pronto». Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: «Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi». E un altro disse: «Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi». Un altro ancora disse: «Ho preso moglie e perciò non posso venire».[8]
I personaggi di questa parabola mettono beni e famiglia prima dell’invito a cena. Quando Gesù termina la sua storia, si rivolge alla folla che lo segue e dice:
Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli, fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo.[9]
Poi, sempre rivolgendosi alla folla, dice: Chiunque non porta la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo.[10] Seguito alcuni versetti dopo da: Così dunque, ognuno di voi che non rinunzia a tutto ciò che ha, non può essere mio discepolo.[11]
Gesù sta esponendo il principio spirituale che seguire la chiamata divina, seguirlo ed eseguire i suoi ordini è molto importante; che per essere discepoli la priorità va necessariamente data a Dio, alla sua volontà e alla sua chiamata rivolta personalmente a qualcuno. Avere le giuste priorità nella vita ha un prezzo. Significa portare la croce: è un sacrificio.
Gesù non sta predicando l’odio verso i vostri figli o genitori o fratelli e sorelle, e nemmeno verso i vostri beni. Dice che Dio è il Creatore e dobbiamo la nostra esistenza a Lui. Quando uno decide di essere un discepolo, s’impegna non solo a credere, ma a seguire, a far proprie le priorità indicate da Dio e la sua volontà. Offre a Dio la sua lealtà. Ciò non significa che non è più leale ad altre cose o persone, o che non ama altri; significa che la sua suprema lealtà è nei riguardi di Dio, perché lo ama al di sopra di ogni altra cosa.
Quando Gesù dice di rinunciare a tutto quello che avete, parla di stabilire delle priorità.
Come principio, rinunciare ai propri beni, privarsene, sacrificarli, è solo una questione di priorità. A cosa si dà la precedenza, a Dio o alle cose? Come discepoli, determinati ad amare Dio con tutto il cuore, l’anima e la mente, Lui ha la priorità. Non le cose, non la casa, il denaro, gli investimenti; solo Dio.
Gesù non chiese a tutti quelli che volevano essere suoi discepoli di lasciare fisicamente tutti i loro beni terreni. Giuseppe d’Arimatea era ricco ma era anche un discepolo. Dal fatto che fosse definito tale, si può concludere che mettesse al giusto posto i suoi beni materiali rispetto a Dio. Fu questo Giuseppe che provvide alla tomba di Gesù e usò la sua posizione e la sua influenza per chiedere a Pilato di consegnargli il corpo per la sepoltura.
Poi, fattosi sera, venne un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era divenuto anch’egli discepolo di Gesù. Questi, presentatosi a Pilato, chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato comandò che il corpo gli fosse rilasciato. E Giuseppe, preso il corpo, lo involse in un panno lino netto, e lo pose nella propria tomba nuova, che aveva fatta scavar nella roccia, e dopo aver rotolata una gran pietra contro l’apertura del sepolcro, se ne andò.[12]
D’altra parte, al giovane ricco Egli rivolse una chiamata diversa:
«Ti manca ancora una cosa: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, udite queste cose, si rattristò grandemente, perché era molto ricco. Allora Gesù, visto che si era molto rattristato, disse: «Quanto è difficile per coloro che hanno delle ricchezze entrare nel regno di Dio!»[13]
Perché? Perché spesso, quando si possiedono delle ricchezze, è più difficile dare a esse la giusta priorità rispetto a Dio, specialmente se Lui chiede effettivamente di rinunciarci completamente, o di condividerle con altri. Il giovane ricco non voleva rinunciare alle proprie ricchezze e rendendosene conto si rattristò. I suoi beni avevano la precedenza.
Rinunciare, abbandonare, sacrificare, comporta la rinuncia a una rivendicazione di proprietà dei propri beni materiali a favore di Dio. Essi diventano suoi e noi ne diventiamo solo custodi. Se ci chiede di lasciarceli alle spalle per seguire il cammino di discepolo, lo facciamo, perché Dio è il legittimo proprietario di ogni cosa. Un discepolo è fedele nei confronti di Dio, non delle cose. La sua fedeltà è alla chiamata che Dio gli rivolge.
Quando Gesù dice “seguimi”, si rivolge direttamente a te. Il percorso che ti chiede di seguire è il tuo cammino di discepolo. È un cammino individuale e ogni seguace di Gesù ne ha uno esclusivamente suo. Per il giovane ricco, il cammino che Gesù gli chiedeva di seguire era di vendere tutto quello che aveva. Il cammino di un altro sarebbe stato di conservare i suoi beni materiali e seguire Dio in maniera diversa. Il principio è che il discepolo appartiene a Dio, è fedele nei suoi confronti e lo ama tanto da fare ciò che gli chiede.
Uno dei principi del discepolato è amare Dio tanto da essere disposti a fare quello che dice, qualunque ne sia il prezzo. Questo prezzo potrebbe variare a seconda degli individui; così, quando Gesù dice “chiunque non porta la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo”,[14] parla della nostra croce, della croce personale che ognuno di noi deve portare. La chiamata è rivolta a noi e la nostra volontà di portare la croce si riflette nella nostra prontezza a dichiarare suprema fedeltà a Dio e alla sua chiamata. Quando dice “seguimi”, ci chiede di metterci nelle sue mani, di dargli assoluta priorità, di rinunciare ad essere padroni di noi stessi, di assumere il posto giusto in relazione a Lui, che è il supremo sovrano. Gesù indicò la giusta priorità quando disse:
Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza..[15]
Capire il principio di amare Dio e osservare la sua Parola, e la posizione che Dio merita in rapporto agli amori di questa vita e ai nostri beni, ci offre un principio guida che può aiutarci nelle decisioni che ci troviamo regolarmente ad affrontare nella vita. Il principio fondamentale è che Dio – nostro Creatore, nostro Salvatore e Spirito che dimora in noi – chiede e merita il nostro amore, la nostra giusta fedeltà e il giusto posto nella nostra vita. Il discepolato comincia da questo. Il primo passo è amare Lui.
[1] Matteo 22,37.
[2] Giovanni 14,15.
[3] Giovanni 14,21.
[4] Giovanni 14,23–24.
[5] Giovanni 8,31–32.
[6] Matteo 10,37.
[7] Luca 14,26.
[8] Luca 14,16–20.
[9] Luca 14,26.
[10] Luca 14,27.
[11] Luca 14,33.
[12] Matteo 27,57–60.
[13] Luca 18,22–24.
[14] Luca 14,27.
[15] Marco 12,30.
Titolo originale: Love. Live. Preach. Teach.–Love Him
Pubblicato originariamente in Inglese il 18 Ottobre 2011
versione italiana affissa il 24 Novembre 2011;
statistiche: 1.750 parole; 8.416 caratteri
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