Al cuore di tutto: il peccato

Di Peter Amsterdam

Ottobre 25, 2012

L’origine del peccato nel mondo

Il precedente articolo sull’argomento del peccato ha indicato che esso entrò per la prima volta nella creazione nel mondo angelico, o spirituale, quando gli angeli caduti peccarono. La Bibbia spiega che il peccato entrò nel mondo fisico mediante la storia della disubbidienza di Adamo ed Eva, nel capitolo 3 della Genesi. Questo articolo studierà la spiegazione che la Genesi dà dell’ingresso del peccato ed esaminerà brevemente i punti di vista di alcune delle persone che nel corso della storia hanno dissentito dal racconto biblico.

Il racconto biblico

La Bibbia racconta la storia della caduta dell’umanità nel terzo capitolo della Genesi, mentre alcuni punti importanti sono accennati anche nel secondo capitolo.[1]

Dio creò l’uomo (Adamo) e lo pose in un giardino chiamato Eden. Nel giardino c’erano degli alberi piacevoli da vedere e con frutti buoni da mangiare. Nel giardino c’erano anche l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Dio disse ad Adamo: “Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai”.[2] Poi Dio creò Eva, la prima donna, come aiutante di Adamo. Vivevano insieme nell’Eden ed erano entrambi nudi e non se ne vergognavano.

A un certo punto dopo di ciò, un serpente parlò a Eva:

[Il serpente] disse alla donna: «Ha Dio veramente detto: “Non mangiate di tutti gli alberi del giardino”?». E la donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete”». Allora il serpente disse alla donna: «Voi non morrete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno, e sarete come Dio, conoscendo il bene e il male». E la donna vide che l’albero era buono da mangiare, che era piacevole agli occhi e che l’albero era desiderabile per rendere uno intelligente; ed ella prese del suo frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito che era con lei, ed egli ne mangiò.[3]

Appena ebbero peccato, le cose cambiarono immediatamente. Divennero consapevoli della loro nudità e si vergognarono; quando sentirono la voce di Dio che li chiamava, si nascosero; cercarono di scaricare la colpa del loro peccato su qualcun altro — Eva diede la colpa al serpente e Adamo la diede a Eva e indirettamente a Dio, dato che lei era la donna che Dio gli aveva dato. Il suolo fu maledetto e “ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita”.[4] La morte degli esseri umani, che Dio li aveva ammoniti essere una delle conseguenze se avessero mangiato i frutti dell’albero, fu annunciata quando Egli disse: “Mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai”.[5]

Furono anche banditi dal Giardino.

E l’Eterno Dio disse: «Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male. Ed ora non bisogna permettergli di stendere la sua mano per prendere anche dell’albero della vita perché, mangiandone, viva per sempre». Perciò l’Eterno Dio mandò via l’uomo dal giardino di Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l’uomo; e pose ad est del giardino di Eden i cherubini, che roteavano da tutt’intorno una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita.[6]

Anche se nel corso della storia alcuni teologi hanno considerato che questo racconto non fosse storico, ma puramente simbolico, in tutto il Nuovo Testamento esso è accettato come un fatto. Altri teologi hanno sollevato la tesi che, dato che gli altri racconti di personaggi storici, come Abramo e Isacco, sono scritti come una continuazione della narrazione della Genesi, non c’è motivo di ritenere la prima parte del libro simbolica e il resto storico. Adamo è incluso nelle genealogie insieme con altre figure storiche delle Scritture. Nel Nuovo Testamento l’apostolo Paolo parla di Adamo come di una figura storica e lo contrappone a Gesù, che Paolo sapeva essere un personaggio storico.

Così sta anche scritto: «Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; ma l’ultimo Adamo è Spirito che dà la vita.[7]

Infatti è stato formato per primo Adamo e poi Eva.[8]

Perché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo.[9]

Anche se le Scritture presentano il racconto della Genesi come un avvenimento storico e Adamo ed Eva come personaggi storici, il racconto racchiude pure un simbolismo. Il loro primo peccato è un’immagine del primo peccato nella vita di ogni individuo. Adamo ed Eva fecero la scelta personale di disubbidire a Dio, di mettere la propria volontà al di sopra della sua. Cedettero alla tentazione; furono abbagliati da quello che era piacevole a vedersi e li avrebbe resi simili a Dio. Proprio come ogni essere umano, cedettero al peccato. Il simbolismo, tuttavia, non significa che questo fatto non sia avvenuto.

William Lane Craig parlò così del racconto della Genesi:

La caduta di Adamo è un avvenimento storico; avvenne realmente. L’umanità cadde nel peccato in questo modo. Non è mitologia. D’altra parte, sembra effettivamente essere raccontato in una forma letteraria e drammatica che non dovrebbe richiedere dettagli letterali o accuratezza. Per esempio, ciò è evidente in particolar modo quando sentiamo che Dio cammina nel giardino alla ricerca di Adamo ed Eva e chiede: “Adamo, dove sei?” mentre loro si nascondono. Dio non è una persona fisica che cammina, ha un corpo e non sa dove si nasconde una persona. In questo racconto del peccato originale ci sono altre cose, come il serpente che parla e diversi particolari pittoreschi. Penso che si possa dire che sia il racconto di un avvenimento storico in una forma letteraria drammatica e pittoresca da cui non bisognerebbe esigere particolari letterali come si farebbe con un rapporto di polizia.[10]

Il primo peccato (peccato originale)

Quando Dio disse ad Adamo di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, Dio non gli spiegò il motivo specifico per cui non doveva farlo, soltanto che ci sarebbero state delle conseguenze gravi se l’avesse fatto. Adamo aveva la possibilità di ubbidire agli ordini di Dio e di sottomettere la propria volontà a quella del suo Creatore. Si può interpretare come un test della sua volontà di lasciare che fosse Dio a stabilire quel che era giusto e quel che era sbagliato, o di assumersi la responsabilità di deciderlo da solo.[11]

Il primo peccato di Adamo ed Eva dimostra l’essenza del peccato. Resistettero alla volontà divina e non si sottomisero ad essa, scegliendo invece di fare ciò che ritenevano fosse nel loro interesse. Non vollero lasciare che fosse Dio a decidere cos’era meglio per loro.

Louis Berkhof lo ha spiegato in questi termini:

L’essenza del peccato sta nel fatto che Adamo si mise in opposizione a Dio, che rifiutò di sottomettere la propria volontà a quella divina e di lasciare che fosse Dio a stabilire il corso della sua vita; e che tentò attivamente di togliere la faccenda dalle mani di Dio per decidere da solo il proprio futuro.[12]

Invece di accettare che Dio era il loro Creatore e che quindi erano soggetti a Lui, cedettero alla tentazione di elevarsi al posto di Dio.

Dio aveva detto che se avessero mangiato il frutto dell’albero sarebbero certamente morti. Il serpente disse loro che non sarebbe successo. Dio aveva detto loro la verità, tuttavia non credettero alla sua parola; misero in dubbio chi avesse ragione.

Le decisioni prese da Adamo ed Eva di non sottoporsi a Dio, di non accettare che fosse Lui a decidere ciò che è giusto e di non credere in Lui, sono emblematiche della causa originale dei peccati specifici di ogni individuo nella storia dell’umanità. Ogni essere umano è tentato dal peccato, esattamente come lo furono i primi due, e ogni essere umano cede a quella tentazione. Così facendo, ognuno di noi ha agito contro Dio nello stesso modo in cui lo fecero Adamo ed Eva.

Prima di questo peccato originale, Adamo ed Eva vivevano in armonia con il loro Creatore. Godevano della sua compagnia; confidavano e credevano in Lui. La loro decisione volontaria di disubbidire a Dio cambiò tutto ciò, non solo per loro, ma per tutta l’umanità. Questo peccato risultò nella caduta dell’uomo; da quel momento l’umanità non è più stata la stessa.

Come spiega J. I. Packer: Il “peccato originale”, cioè il peccato derivato dalla nostra origine, non è una frase biblica (fu coniata da Sant’Agostino), ma mette efficacemente a fuoco la realtà del peccato nel nostro sistema spirituale. Chiamarlo peccato originale non sta a significare che il peccato appartenga alla natura umana come la creò Dio (Dio ha fatto l’umanità retta, Ecclesiaste 7,29) […] ma che: (a) il peccato marchia tutti dalla nascita e si presenta sotto forma di un cuore dalle motivazioni contorte, ancora prima che venga compiuta qualsiasi azione peccaminosa; (b) questa peccaminosità interiore è la fonte e la radice di ogni peccato vero e proprio; (c) giunge fino a noi, in modo reale sebbene misterioso, da Adamo, nostro primo rappresentate davanti a Dio. Chiamarlo peccato originale rende l’idea che non siamo peccatori perché pecchiamo, ma che pecchiamo perché siamo peccatori, nati con una natura schiava del peccato.[13]

L’umanità è colpevole del peccato davanti a Dio, perché il peccato di Adamo ed Eva è imputato a tutti e perché ognuno di noi pecca individualmente. Poiché peccatori, siamo separati da Dio; moriamo fisicamente e siamo colpevoli davanti a Lui, meritando di essere puniti per i nostri peccati.

Dio, nel suo amore per l’umanità, fornì agli esseri umani un modo per essere perdonati, riconciliati a Lui e risparmiati dalla sua ira.

Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. […] Infatti, se per la trasgressione di quell’uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno, molto di più coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno, che è Gesù Cristo. Per cui, come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure con un solo atto di giustizia la grazia si è estesa a tutti gli uomini in giustificazione di vita. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così ancora per l’ubbidienza di uno solo i molti saranno costituiti giusti.[14]

Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.[15]

Opinioni divergenti

Durante la storia del cristianesimo, alcuni cristiani non hanno accettato la versione biblica dell’ingresso del peccato nel mondo e/o che gli esseri umani sono nati con il peccato o con una natura peccatrice, dovuta alla caduta di Adamo ed Eva per la loro disubbidienza. Tratterò qui in breve alcune delle opinioni alternative.

Nel quinto secolo, Pelagio, un monaco inglese, rifiutò il concetto che gli esseri umani entrino nel mondo già peccatori. Insegnò invece che nascono innocenti e liberi dalla tendenza naturale al peccato. Asseriva che il male non entrò nell’umanità con il peccato di Adamo, ma che invece gli esseri umani impararono a peccare imitando il cattivo esempio degli altri. Insegnò che alcuni ubbidiscono a Dio perfettamente e quindi possono condurre la loro vita senza peccare. Rifiutò anche il concetto che la morte facesse parte della punizione per il peccato di Adamo ed Eva. Il pelagianismo fu condannato come eresia nel Concilio di Cartagine nel 418 d.C. e nel Concilio Ecumenico del 431 d.C.

Il pelagianismo ebbe una rinascita nel sedicesimo secolo con gli insegnamenti del movimento sociniano che negava il peccato originale (il peccato ereditato), cioè che la colpa del peccato di Adamo sia imputata a tutti gli esseri umani e che la morte sia una punizione per il peccato. Pensavano anche loro che gli esseri umani peccassero perché avevano imparato a farlo dagli altri.

Alcuni teologi moderni rifiutano l’idea dell’esistenza di Adamo come personaggio storico e che ci fosse una coppia umana originale che visse nel giardino dell’Eden. Non considerano il racconto della Genesi come un fatto storico, ma come un’allegoria, un racconto con un significato simbolico. Altri lo considerano un mito o una parabola. Lo considerano un racconto raffigurante l’esperienza di ogni essere umano nel prendere la decisione personale di ribellarsi all’autorità divina. Di conseguenza negano che il peccato sia ereditato di generazione in generazione, vedendolo invece come una parte inevitabile della natura umana.

Il prossimo articolo prenderà in esame altri punti sull’eredità del peccato, sulla natura peccatrice dell’uomo e sull’imputazione all’umanità del peccato di Adamo. Vedremo come questi punti si collegano alla nostra fede e alla nostra salvezza.


[1] Poi l’Eterno Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato. E l’Eterno Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al giardino vi erano anche l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi 2,8–9).

L’Eterno Dio prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. E l’Eterno Dio comandò l’uomo dicendo: “Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai” (Genesi 2,15–17).

Vedi anche Genesi capitolo 3.

[2] Genesi 2,16–17.

[3] Genesi 3,1–6.

[4] Genesi 3,17.

[5] Genesi 3,19.

[6] Genesi 3,22–24.

[7] 1 Corinzi 15,45.

[8] 1 Timoteo 2,13.

[9] 1 Corinzi 15,22.

[10] William Lane Craig, The Doctrine of Man, Defenders Series, Lecture 9.

[11] Louis Berkhof, Systematic Theology (Grand Rapids, MI: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996), 222.

[12] Louis Berkhof, Systematic Theology (Grand Rapids, MI: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996), 222.

[13] J. I. Packer, Concise Theology (Carol Stream, Illinois: Tyndale House Publishers, 1993), 83.

[14] Romani 5,12.17–19.

[15] Romani 6,23.


Titolo originale: The Heart of It All: Sin – The Origin of Sin in the World
Pubblicato originariamente in Inglese il 25 Settembre 2012

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