Il trionfo sulle prigioni della vita

Di Maria Fontaine

Novembre 7, 2012

Quando pensiamo a una sofferenza di qualsiasi tipo, le domande che ci vengono in mente per prime sono: “Finirà? Come posso farla smettere? Come uscire da questo periodo di sofferenza e ritornare a fare qualcosa di utile o di buono?”

Se però guardiamo la nostra situazione da un’altra prospettiva, ci sono altre opzioni. Possiamo dire: “Come posso trovare il ‘bene’ in questa storia? Cosa posso guadagnare da questa sofferenza o questa perdita? Come posso trasformarla in uno strumento che in qualche modo mi aiuti a fare progressi?”

Non sono le vicende, come perdite, lutti, dolore, malattie, solitudine, persecuzione e così via, a determinare il risultato di una situazione, ma il modo in cui si sceglie di affrontarla.

Avere successo non vuol dire solo sfuggire ai problemi della vita; vuol dire imparare a usare quelle difficoltà a beneficio si sé e di altri. La fede e l’amore del Signore per noi sono una parte integrale della nostra vita di cristiani, ma dobbiamo scegliere di usare ciò che Lui ci ha fornito. Come creature dotate di libera scelta, ognuno di noi deve stabilire come rispondere a quelle difficoltà, sia che lotti per superare le sfide e fare una differenza nonostante le difficoltà (e perfino a causa d’esse), o che soccomba e diventi vittima delle circostanze.

Secondo il detto, non è una tragedia quando un uomo prova e fallisce, ma lo è se non prova per niente.

Ho letto una storia scritta dalla figlia di una donna la cui fede, nonostante perdite irreparabili e sofferenze, aveva cambiato la vita di molte persone e fatto una differenza in quella di molte altre. Sua madre era stata una donna vivace, attiva ed esperta in molti campi, ma poco dopo i trent’anni era stata colpita da un tumore alla spina dorsale che l’aveva lasciata paralizzata in quasi tutto il corpo.

La figlia racconta come il tumore avesse spezzato il corpo di sua madre, ma non il suo spirito: la donna aveva preso consapevolmente la difficile decisione di trasformare ogni insuccesso in una nuova opportunità. Aveva scelto di trasformare in uno strumento per il bene questa perdita dolorosa di tante cose che le erano state care.

Diede inizio a una fondazione per aiutare le persone con disabilità a realizzare di più. Usò la propria disabilità come un’opportunità per imparare a dare un’educazione speciale ad altri disabili, facendolo con efficacia ancora maggiore proprio perché capiva le loro esigenze. Imparò cose nuove per insegnarle ad altri che ne avevano bisogno. Quando sua figlia crebbe, si unì a lei per aiutare a insegnare ai detenuti negli istituti di correzione in cui lavorava. I detenuti si affollavano intorno a lei, ansiosi di imparare qualsiasi cosa insegnasse. La sua determinazione suscitava in loro la speranza.

Qualsiasi cosa succedesse nella sua vita, la accettava e trovava il modo di usarla con creatività. Il suo entusiasmo irreprimibile per la vita e per la fede, vissuto quotidianamente, dotò anche sua figlia di una grinta speciale nella vita.

Quando la madre invecchiò e non fu più in grado di andare nelle prigioni, continuò a insegnare e a consigliare i detenuti per corrispondenza. Una lettera da lei scritta a un detenuto mi sembra riassumere il modo in cui Gesù vuole che vediamo la vita e il grande privilegio che abbiamo nell’essere qui, ad affrontare le gioie e le meraviglie, insieme alle nostre “prigioni” personali della sofferenza e delle lotte che a volte dobbiamo sostenere.

La lettera diceva:

Caro Waymon,

volevo farti sapere che ho pensato spesso a te dopo aver ricevuto la tua lettera. In essa hai menzionato com’è difficile restare rinchiuso dietro alle sbarre, e ti capisco dal profondo del cuore. Quando però hai detto che io non potrei immaginare cosa vuol dire stare in prigione, mi sono sentita costretta a dirti che ti sbagli.

Ci sono vari tipi di libertà, Waymon, vari tipi di prigione.

A volte le nostre sono prigioni che ci imponiamo da soli.

Quando un giorno, all’età di trentun anni mi sono risvegliata scoprendo di essere completamente paralizzata, mi sono sentita in trappola, schiacciata dalla sensazione di essere imprigionata in un corpo che non mi permetteva più di correre in un prato o ballare o portare in braccio mia figlia.

Per molti giorni sono rimasta lì sdraiata, sforzandomi di accettare la mia infermità, cercando di non soccombere all’autocommiserazione. Mi chiedevo se in realtà valesse la pena di vivere in simili condizioni, o se non fosse stato meglio morire.

Ho pensato a questo concetto di prigionia, perché mi sembrava di aver perso tutto ciò che aveva importanza nella vita. Ero prossima alla disperazione.

Un giorno, però, mi è venuto in mente che in realtà c’erano ancora delle possibilità aperte davanti a me e che avevo la libertà di scegliere tra di esse. Avrei sorriso di nuovo, vedendo i miei bambini, o mi sarei messa a piangere? Avrei inveito contro Dio, o gli avrei chiesto di rinsaldare la mia fede?

In altre parole, che cosa avrei fatto con il libero arbitrio che mi aveva dato e che era ancora in mio possesso?

Ho preso la decisione di sforzarmi, finché sarò in vita, di vivere il più completamente possibile, di cercare di trasformare le mie esperienze apparentemente negative in esperienze positive, di cercare mezzi per trascendere le mie limitazioni fisiche espandendo le mie frontiere mentali e spirituali. Potevo scegliere di essere un modello di comportamento per i miei figli, o potevo appassire e morire, emotivamente oltre che fisicamente.

Esistono molti tipi di libertà, Waymon. Quando ne perdiamo uno, dobbiamo semplicemente cercarne un altro.

Tu ed io abbiamo la benedizione d’essere liberi di scegliere tra tanti libri buoni, quali leggere e quali scartare.

Puoi guardare le tue sbarre, o puoi guardarci attraverso. Puoi essere un modello di comportamento per i detenuti più giovani, o puoi mischiarti con i piantagrane. Puoi amare Dio e cercare di conoscerlo, o voltargli le spalle.

In un certo senso, Waymon, abbiamo qualcosa in comune.[1]


[1] Jack Canfield, Mark Victor Hansen, Heather McNamara, Chicken Soup for the Unsinkable Soul: 101 Inspirational Stories of Overcoming Life's Challenges (Deerfield Beach, Florida: Heath Communications, 1999), 13–15.


Titolo originale: Overcoming Life’s Prisons
Pubblicato originariamente in Inglese il 20 Ottobre 2012
versione italiana affissa il 7 Novembre 2012;
statistiche: 1.035 parole; 5.298 caratteri

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