Le storie raccontate da Gesù - Introduzione

Di Peter Amsterdam

Maggio 19, 2013

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Gesù era un insegnante incredibile. Le sue parole, sostenute dalle sue azioni, cambiarono innumerevoli vite durante il suo ministero sulla terra e hanno continuato a farlo per due millenni. I suoi insegnamenti e l’influenza della sua vita hanno avuto un impatto incomparabile sull’umanità. Miliardi di persone hanno modellato la loro vita e la loro fede sulle parole da Lui dette oltre duemila anni fa. Quelle parole e quegli insegnamenti, raccolti nei Vangeli, hanno radicalmente cambiato il modo in cui l’umanità pensava a Dio e al suo rapporto con Lui. Parlarono alla gente dei tempi di Gesù e continuano a parlare al cuore di chi crede e di chi è alla ricerca oggi.

La vita, il ministero, la morte e la risurrezione di Cristo formarono i fondamenti del cristianesimo e i suoi insegnamenti, la sua teologia. Tuttavia Gesù non insegnò la teologia come s’insegna oggi. Insegnò come un commediografo o un poeta. Usò metafore,[1] similitudini,[2] parabole, enfasi e azione teatrale.[3]

Uno dei metodi usati più frequentemente da Gesù per comunicare il suo messaggio era la parabola. Anzi, nelle parabole troviamo un terzo delle parole pronunciate da Gesù nei Vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca).[4] Le parabole erano particolarmente efficaci, perché erano storie che colpivano l’interesse degli ascoltatori e li coinvolgevano. A volte erano storie scioccanti, o sfidavano le norme culturali e religiose dell’epoca. Gli ascoltatori spesso restavano sorpresi quando la loro trama prendeva direzioni impreviste e portava a risultati inaspettati.

Fu mediante queste storie, queste parabole, che Gesù parlò del regno di Dio, fece conoscere il carattere divino, rivelò la sua essenza e indicò cosa si aspettava dalla gente.[5]

Anche se le parabole raccontate da Gesù parlano ancora al nostro cuore oggi, parte del loro significato originale e del loro fattore sorpresa si è perso perché gli ascoltatori di oggi non vivono nella Palestina del primo secolo.

Come ha scritto un autore:

“Alla prima lettura può essere facile ignorare le parabole, giudicandole storie troppo semplici. Parlano di inviti a banchetti, di pescatori che gettano le reti, di donne che fanno il pane, di ragazzi che lasciano casa e di salariati che hanno problemi con i loro datori di lavoro. Dato che sono tutte esperienze che forse conosciamo per esperienza personale, le parabole ci sembrano più semplici di quel che sono in realtà. I primi ascoltatori, però, si rendevano conto ben presto che, dietro al loro aspetto modesto, le parabole nascondevano dimensioni inattese. Invece di essere semplici esempi che illustrano la realtà, trasmettono un messaggio sorprendente. Quando le analizziamo in profondità, scopriamo che costituiscono alcuni dei passi più sconcertanti ed enigmatici delle Scritture”.[6]

Gesù era un ebreo del primo secolo che parlava ad altri ebrei del primo secolo. Parlava la lingua comune del tempo, usando parole e frasi idiomatiche che i suoi contemporanei comprendevano molto bene. Quando Gesù parlò di un samaritano, sapeva benissimo che i suoi ascoltatori ebrei disprezzavano i samaritani. Quando Gesù raccontò una parabola nella casa di Simone il fariseo, nella sala da pranzo c’era una peccatrice, una donna che Simone non avrebbe mai invitato nella sua casa. Gesù sapeva esattamente perché le era permesso di essere lì, come lo sapevano tutti gli altri. Quando parlava di grano e zizzania, di lievito, di padroni e servitori, tutte le persone a cui si rivolgeva capivano di cose stava parlando, perché erano cose che facevano parte della vita e della lingua degli ebrei di quel secolo.

Se vivi in Inghilterra, in Australia o in India e conosci il cricket, saprai cosa sono lanciatore, silly mid-on, doosra e battitore. Se sei uno statunitense e il tuo gioco è il baseball, saprai cosa sono un tiro deviato, un tiro a effetto, un raddoppio, un interbase e un guantone. Lo sai perché fa parte della tua cultura. Se qualcuno ti raccontasse una storia e usasse quelle parole, o nel corso della conversazione si riferisse a qualche aspetto del gioco, lo capiresti, anche se una persona che non conosce il gioco perderebbe parte del significato o qualche sfumatura.

In maniera simile, chi viveva nella Palestina del primo secolo capiva la terminologia usata da Gesù in modo più completo di quel che possiamo fare noi che viviamo duemila anni dopo. Leggendo le parabole di Gesù è utile conoscere meglio il contesto nel quale Egli parlava e il modo in cui il suo pubblico originale le avrebbero intese.

Ciò è particolarmente utile quando consideriamo quante informazioni le parabole non danno. Sono brevi. Non usano più parole del necessario e in genere non comprendono dettagli inutili. Quando descrivono delle persone, non dicono quasi niente del loro aspetto, dei loro rapporti o della loro storia personale; sappiamo solo le cose essenziali. Ad eccezione di Lazzaro e Abramo in Luca 16,19-31, non ci vengono dati nomi, quindi sono tutte persone anonime. Alcune azioni sono omesse o condensate e alcuni elementi della storia sono tralasciati perché sia il lettore a completarli.[7]

Per loro stessa natura le parabole sono semplici. Non ci sono mai più di due persone o gruppi insieme nella stessa scena. Anche se il padre in Luca 15 aveva due figli, non interagisce con entrambi allo stesso tempo, ma con uno o con l’altro. Là dove si parla di un gran numero di persone, come nella parabola del banchetto,[8]  dove ci sono molti invitati, la storia si concentra solo su tre di loro.[9]

Le parabole di Gesù riflettono la vita delle persone comuni: contadini, pastori, donne, padri e figli, padroni e servitori. Sono resoconti immaginari ma realistici della vita quotidiana ai tempi di Cristo; comunque, non raffigurano necessariamente gli avvenimenti in modo preciso. Alcune storie danno un resoconto realistico, altre no. Un esempio di descrizione irrealistica è quello dell’uomo che era debitore di diecimila talenti, che è l’equivalente di più di duecento tonnellate d’oro o argento. Questa parabola usa una chiara esagerazione, o quella che viene spesso chiamata un’iperbole, definita come esagerazione intenzionale al limite del verosimile allo scopo di sottolineare un concetto, che in questo contesto serve a esprimere la larghezza del perdono divino.[10] L’uso di un’esagerazione per sottolineare un concetto era comune nell’ebraico scritto e parlato.

Qual è il motivo di una parabola? A che cosa serve? Be, a tutti piace ascoltare una storia. Gesù raccontava storie per interessare gli ascoltatori, per farli riflettere sull’argomento esposto. Gli scenari dipinti da Gesù con le sue parole spesso richiedevano al pubblico di dare un giudizio morale sul comportamento dei personaggi della storia e di dare un giudizio simile sugli stessi punti nella loro vita e nella loro fede.

Alcune parabole cominciavano con una domanda, come: “Chi di voi…?” oppure: “Che cosa pensate di…?” Altre parabole ponevano la domanda alla fine. Le domande erano destinate a provocare il pensiero, a effettuare un cambiamento nel cuore e nella vita dell’ascoltatore. A volte la parabola non ha una conclusione o un risultato finale; il finale della storia rimane aperto.[11] Per esempio, non ci viene detto qual è la scelta del fratello maggiore alla fine della parabola del figlio prodigo.[12]

Le parabole spesso presentano l’opposto di ciò che l’ascoltatore si aspetterebbe. Non è il fariseo a essere presentato come una persona giusta, ma l’odiato esattore delle tasse; il vero prossimo è il samaritano, non il sacerdote o il levita. Queste conclusioni erano l’inverso della norma. Spingono l’ascoltatore a vedere le cose sotto una luce diversa, a riflettere e a mettere in questione il proprio modo di pensare. Lanciano una sfida per causare un cambiamento.

Anche se chi ascoltava le parabole nel primo secolo capiva il linguaggio usato, la cultura, le abitudini e le espressioni idiomatiche, ciò non significava che ne capissero sempre il punto. A volte perfino i discepoli di Gesù dovevano chiedergli che cosa significassero. Non sempre i punti spirituali contenuti in esse erano evidenti, quindi la gente era spinta alla riflessione.

Molte parabole, come altri discorsi di Gesù, sono espresse in forma poetica e seguono uno stile poetico ebraico chiamato “parallelismo”, o pensieri rimati. Nel corso della storia del popolo ebraico, le Scritture e gli insegnamenti del giudaismo erano tramandati oralmente di generazione in generazione. Per facilitarne la memorizzazione, erano espressi in gran parte in forma poetica. Per lo stesso motivo gli insegnamenti e le parabole di Gesù spesso usavano uno stile simile.

Nel Vangelo di Giovanni non ci sono parabole. In Matteo, Marco e Luca ce ne sono tra trentasette e sessantacinque, a seconda del mondo in cui sono classificate. Gli studiosi utilizzano definizioni diverse, quindi le classificano in maniera differente.

Il Vangelo di Marco è quello con meno parabole, circa sei. I Vangeli di Matteo e di Luca includono la maggior parte di quelle di Marco e ne hanno alcune simili tra loro. Matteo ha dodici parabole uniche e Luca ne ha diciotto. Sia Matteo che Luca raggruppano le loro parabole tematicamente.

Gesù non era né il primo né l’unico insegnante a usare parabole. Nel Vecchio Testamento e nelle opere ebraiche precedenti al primo secolo si trovano parabole e scritti simili, ma pochi assomigliano alle parabole narrative di Gesù.[13] Nelle antiche opere greche e romane vennero usate alcune parabole, storie e analogie. Anche queste avevano notevoli differenze dalle parabole di Gesù, ma alcune utilizzavano schemi simili.

Gli autori delle Epistole non usarono le parabole come metodo d’insegnamento. Nelle Epistole ci sono alcune analogie, come in 1 Corinzi 9,26-27,[14] e Paolo offre una lettura allegorica della storia di Sara e Agar,[15] ma non c’è niente di simile alle parabole di Gesù.[16]

Successive opere ebraiche, dal secondo al settimo secolo dopo Cristo, contengono molte parabole. Le parabole rabbiniche di quel periodo sono simili a quelle di Gesù. Molti studiosi ipotizzano che Gesù abbia tratto le sue parabole dai racconti rabbinici, ma è impossibile dimostrare con certezza l’esistenza di qualcuna di queste parabole rabbiniche prima del ministero di Gesù.

Così, anche se Gesù non ha inventato le parabole, non si conosce nessuno nella storia che le abbia usate ingegnosamente ed efficacemente come Lui.

Le parabole di Gesù costituiscono un ottimo studio. Mediante esse Gesù trasmise il suo messaggio su Dio, sul nostro rapporto con Lui e con gli altri, sulla vita e su come si dovrebbe condurla. Leggere le parabole con una miglior comprensione dell’ambiente del primo secolo dà più chiarezza al suo messaggio. Fa luce sul motivo per cui incontrò così tanta opposizione e i suoi nemici religiosi lo volevano morto. Serve anche a far vedere perché molti lo amavano e lo seguivano.

I messaggi che Gesù dava con le sue parabole offendevano i suoi nemici religiosi e minacciavano la loro posizione. Allo stesso tempo, il contenuto delle sue storie attirava le persone che erano smarrite e alla ricerca. Le parabole evidenziavano l’amore e la misericordia di Dio, la sua chiamata nel cuore di ogni uomo, donna e bambino e la sua volontà di pagare il prezzo di un amore costoso per portare la redenzione all’umanità. Queste verità meravigliose spinsero la gente ad amare Gesù, a diventare suoi seguaci e suoi discepoli, perfino a morire per il suo nome. E le sue parole hanno gli stessi risultati anche oggi.

Le parabole sfidano l’ascoltatore; quando le studiamo, gli ascoltatori siamo noi. Le parabole di Gesù non sono soltanto dei bei racconti; sono la voce stessa di Gesù che dà il suo messaggio. Queste brevi storie hanno uno scopo profondo, che è quello di spingerci verso Dio, verso una vita spesa in accordo con la sua verità. Ascoltando attentamente ciò che Gesù dice nelle sue parabole, ci troveremo a dover rispondere alle stesse domande fatte ai suoi ascoltatori originali. Nella nostra vita brillerà una luce, quando ci renderemo conto che potremmo essere anche noi come il fratello maggiore, o il ricco stolto che ammucchia ricchezze, o il sacerdote o il levita invece del Buon Samaritano.

Come in qualsiasi studio della Parola di Dio, man mano che le leggiamo e studiamo, è bene trovare il tempo di pensare profondamente alle questioni che esse pongono e di permettere a queste verità spirituali di parlarci. Il loro scopo è causare un cambiamento nel nostro cuore, nella nostra vita, nel nostro atteggiamento, nella nostra mentalità e nel nostro comportamento.

Le parabole mostrano anche in modo meraviglioso i vari modi in cui Gesù trasmetteva l’amore profondo di Dio per l’umanità e fino a che punto era disposto a spingersi per farci vedere quell’amore, insieme alla gioia che prova quando una persona stabilisce un rapporto con Lui. Ascolteremo come Gesù descrive il Padre e come queste descrizioni portarono a una nuova comprensione delle qualità divine.

In questa serie sulle storie raccontate da Gesù — le parabole – spero di condividere con voi quello che ho imparato da vari autori e insegnanti. Grazie al loro contributo possiamo comprendere meglio il primo secolo nella lettura che ne possiamo fare nel ventunesimo secolo.

Nel preparare ogni parte di questa serie, ho confrontato gli scritti di quattordici famosi studiosi, ognuno dei quali fa riferimento a centinaia di altri autori e studiosi. A volte non si trovano d’accordo tra di loro e a volte interpretano in modo diverso il significato di una parabola. Non discuto le varie opinioni, né entro nei loro particolari, perché così facendo la serie diventerebbe troppo accademica. Ho dato alcune informazioni tecniche sulle parabole in questa introduzione, per contribuire, in un certo senso, a preparare lo scenario per il nostro studio delle parabole che cominceremo nella parte successiva di questa serie.

Ci sono sempre congetture da fare quando si guarda alla storia del passato e si tenta di ricostruire la cultura, le esperienze e il modo di pensare di persone vissute duemila anni fa. Quando si cerca di approfondire la conoscenza delle storie raccontate da Gesù, a volte è necessario trarre deduzioni e possibili spiegazioni da ciò che dice la parabola, anche se non è espresso specificamente nei Vangeli. Considerando che le parabole sono brevi e che evitano di dare informazioni inutili, fare qualche supposizione diventa uno strumento utile per aiutarci a comprendere l’ambiente del primo secolo. Qualsiasi ipotesi io presenti in questa serie è fatta con attenzione, dopo aver letto e confrontato tra loro vari autori. Ciò che presento è quello che ritengo essere un’interpretazione accurata del significato e dello scopo delle parabole. Siete liberi di non essere d’accordo con me e durante i vostri studi o le vostre ricerche potreste trovare interpretazioni che riterrete migliori. Il mio obiettivo non è incastrare nessuno in un’interpretazione particolare delle parabole; lo scopo invece è quello di aiutarvi ad ampliare o arricchire la vostra comprensione del messaggio trasmesso da Gesù e di mostrarvi come lo potevano interpretare i suoi ascoltatori originali.

Nella versione testo di questa serie di video troverete la definizione di alcune parole che potrebbero non esservi familiari, oltre alle note con i riferimenti e altre informazioni.

Prego che questa serie arricchisca la vostra comprensione delle parabole, fortifichi la vostra fede e v’incoraggi a invitare altri a imparare di più su Gesù e a conoscerlo personalmente: è il nostro Salvatore meraviglioso, il nostro benedetto Salvatore.

Dio vi benedica.


Nota:

Se non altrimenti indicato, i brani biblici sono tratti da La Sacra Bibbia, Versione Riveduta 2006 — Copyright © 2008 Società Biblica di Ginevra. Tutti i diritti riservati.


[1] Metafora: figura retorica consistente nel trasferire un termine dal suo significato proprio a uno figurato, secondo un rapporto analogico; p. es.: il collo della bottiglia; la gamba del tavolo; un cuore di pietra; un raggio di speranza (Dizionario Hoepli online).

[2] Similitudine: figura semantica che consiste nell’accostare due termini o due azioni sulla base di un rapporto di somiglianza, per lo più espresso da come, simile a (p.e. guida l’automobile come se stesse facendo una corsa; i delfini sono mammiferi simili a pesci) (Dizionario Garzanti online).

[3] Kenneth E. Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes (Downers Grove: InterVarsity Press, 2008), 21.

[4] I vangeli sinottici sono i tre vangeli di Marco, Matteo e Luca. Vengono chiamati così perché se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele, in uno sguardo d’insieme (sinossi) si notano facilmente molte somiglianze nella narrazione, nella disposizione degli episodi evangelici, a volte anche nei singoli brani, con frasi uguali o con leggere differenze. (Wikipedia.)

[5] Joel B. Green, Scot McKnight, Dictionary of Jesus and the Gospels (Downers Grove: InterVarsity Press, 1992), 591.

[6] Roberto D. Badenas, “Teaching Through Parables: Following Jesus”, saggio preparato per il 31° Seminario Internazionale sulla Fede e la Cultura, presso l’Università di Friedensau, Germania, 13–25 luglio 2003.

[7] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 17.

[8] Luca 14,16–24.

[9] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 18.

[10] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 18.

[11] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 18–19.

[12] Luca 15,11–32.

[13] Joel B. Green, Scot McKnight, Dictionary of Jesus and the Gospels (Downers Grove: InterVarsity Press, 1992), 594.

[14] Io dunque corro, ma non in modo incerto; così combatto, ma non come battendo l’aria; anzi disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato. (1 Corinzi 9,26–27).

[15] Galati 4,21–31.

[16] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 51–52.


Titolo originale: The Storied Jesus Told-Introduction
Pubblicato originariamente in Inglese il 14 Maggio 2013
versione italiana affissa il 19 Maggio 2013;
statistiche: 2.875 parole; 15.287 caratteri

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