Di Maria Fontaine
Novembre 10, 2013
Vi capita mai di desiderare che la vita possa essere fatta semplicemente di tutti quei momenti meravigliosi in cui in qualche modo ogni vostro sogno diventa realtà davanti ai vostri occhi? Forse state imparando cose nuove o facendo progressi in un campo che vi sta a cuore. Forse il denaro arriva facilmente, o state stabilendo un contatto con persone affamate di verità spirituale e tutta la vostra vita pulsa di un vero significato. Il calore e la luce di Dio vi riempiono della sensazione di essere ampiamente benedetti. Anche se dovete metterci più impegno del solito, la contentezza e la soddisfazione di quello che viene realizzato per mezzo vostro vi dà una sensazione esilarante.
Anche se sono sicura che a tutti noi piacerebbe godere costantemente di momenti simili, la vita continua e a volte ci troviamo a dover sfidare un tumulto di esperienze che sono più difficili da sopportare. Quello che dobbiamo affrontare potrebbe mettere alla prova la nostra pazienza e la nostra fede. Trovare un senso dei valori in quello che stiamo facendo può sembrare elusivo o inesistente. Se tutti i nostri tentativi di fare le cose giuste sembrano finire per restare incrostati del fango dei problemi e delle difficoltà potremmo provare insoddisfazione in noi stessi o nelle nostre circostanze.
In queste condizioni è facile sentirsi abbandonati o come se il sostegno e la guida del Signore siano impossibili da trovare. Le nostre giornate potrebbero essere difficili da vivere come lo sarebbe il camminare in un pantano. I nostri sforzi migliori sembrano dare pochi risultati, o nessuno, e ci sentiamo come se stessimo affondando sempre di più nella buca fangosa della disperazione.
Ma potete trarre incoraggiamento e incentivo dal fatto che non siete soli. Molti degli uomini e donne di Dio, dalla Bibbia ai giorni nostri, hanno passato del tempo “nel fango” nel loro cammino verso la realizzazione dei compiti importanti a cui Lui li aveva chiamati.
Pensate a Paolo. Ecco un uomo che molti cristiani vedono come esempio di una fede invincibile di fronte a continue persecuzioni e difficoltà per gran parte del suo ministero. Comunque, anche se solitamente era molto positivo davanti alle sua battaglie, deve aver avuto la sua parte di momenti di “fango”. Uno che mi viene in mente è il periodo di due anni quando tornò nella sua città natale di Tarso.
A Damasco, dopo il suo incontro con Gesù e la sua successiva conversione, Paolo aveva tagliato i ponti con la vita passata. Si era buttato nella vita di un discepolo di Gesù. Vi si era dedicato completamente, solo per scoprire che i suoi sforzi appassionati e lo scompiglio che avevano causato in molti dei leader ebrei lo avevano emarginato dai suoi vecchi colleghi. Erano così furiosi che aveva assoldato dei sicari per assassinarlo prima che potesse lasciare la città. Nemmeno quelli che ora considerava suoi fratelli in Cristo si fidavano di lui. La sua precedente persecuzione dei cristiani faceva venire loro molti dubbi sulla sua conversione.
Abbandonato e spedito nella sua città natale,[1] sono sicura che non può aver fatto a meno di sentirsi in qualche modo un fallito. Ma non smise di provare a usare le circostanze in cui si trovava, solo perché la sua testimonianza lì a Tarso sembrava poca cosa. Per due anni perseverò nel poco che poteva fare, finché il Signore gli mandò Barnaba con la visione di diffondere il Vangelo in Asia Minore e successivamente nell’impero romano.[2]
E che dire di Elia?[3] Dopo il suo scontro con la regina Jezebel e il re Achab e dopo aver predetto la siccità e la carestia che li avrebbe colpiti per i loro peccati, Dio mandò Elia in una valle lontana, a vivere vicino a un torrente senza anima viva a cui dare il suo messaggio. Probabilmente si sentì piuttosto inutile, seduto lì, senz’altro da fare che tirar sassi nell’acqua e ricordare tutto quello che aveva fatto e detto in precedenza. Ma la cosa peggiorò.
Cercate di immaginarvi nelle stesse circostanze. A quel punto probabilmente non vedeva l’ora di andare a confrontare il re e la regina, portando loro qualche altro messaggio divino, ma il suo incarico successivo non fu al palazzo, né una sfida ai profeti di Baal. Fu nella cittadina straniera di Sarepta. Nessuna grande testimonianza, nessuna folla da ispirare e nessun nemico da sconfiggere. Soltanto una donna e suo figlio, colpiti dalla miseria, con un tugurio da dividere con lui. Come poteva essere caduto così in basso? Tuttavia ubbidì e rimase fedele, nonostante quel momento dovesse sembrare una disfatta.
Tenne duro durante quegli anni di magra e quando arrivò il momento giusto, Dio lo chiamò a sfidare le centinaia di profeti di Baal. Far scendere il fuoco dal cielo fu la cosa più potente che Dio avesse mai fatto attraverso Elia, ma il risultato finale non era prevedibile da Elia mentre passava per il suo momento nel “fango” di un’apparente inutilità. In superficie tutto sembrava portarlo nella direzione opposta a dove voleva andare. Nascondersi in un altro paese deve averlo fatto sembrare debole e codardo. Come dev’essere stato umiliante. Quando però ritornò, per ordine di Dio e nella potenza del suo Spirito, fu chiaro a tutti che Dio stava facendo un miracolo.
È vero che molti grandi uomini di fede ebbero i loro momenti di successo, come Giuseppe con il faraone, o Elia quando invocò il fuoco dal cielo, o Daniele nel palazzo del re, ma la maggior parte del tempo erano giù in mezzo al fango con tutti gli altri, perché era lì che la loro fede si manifestava chiaramente e si rinforzava.
Un momento Giuseppe si sentiva più o meno il migliore di tutti, sognando che i suoi fratelli si inchinavano davanti a lui;[4] poco dopo veniva venduto come schiavo in un paese straniero.[5] In seguito raggiunse quello che doveva sembrargli il massimo del potere, curando gli affari di uno dei personaggi più influenti in Egitto; ma durò poco, perché si trovò vittima della moglie vendicativa di quell’uomo, che lo fece rinchiudere in prigione per aver difeso le proprie convinzioni.
Posso solo immaginare le profondità del suo scoraggiamento e del suo senso di sconfitta. Doveva sentirsi completamente a terra. Ma per quanto si sentisse inutile, usò il poco che aveva per continuare a fare del suo meglio, anche se si trattava di interpretare i sogni per un misto di criminali e di poveri disgraziati come lui. Utilizzò quello che aveva, là nel “fango” della prigione, e una vita che rimase influenzata in quel posto alla fine fu determinante per catapultarlo nella posizione che Dio gli aveva preparato, come secondo in comando su tutto l’Egitto.[6]
La potenza e l’amore di Dio nella vita dei suoi figli si sono dimostrati nei momenti peggiori, oltre che nei migliori. Deve poter funzionare nel fango, non solo nel palazzo.
A volte quei momenti nel “fango” possono essere preceduti da quelli che potremmo considerare i nostri momenti di maggior servizio per il Signore; ma chi può dire cosa ci riserva il futuro? Come ha detto qualcuno: “Avremo finito solo dopo che saremo morti”.
Daniele[7] era rimasto fedele, nonostante si fosse trovato in molte situazioni impossibili e avesse dimostrato più volte a Nabucodonosor la potenza di Dio. Tuttavia arrivò a un punto in cui la sua posizione alla corte del nuovo re, Belshatsar, non era gradita. Ma quella che sembrava la fine era soltanto un momento di preparazione per qualcosa che nessuno si aspettava. Dio intervenne per portare al potere un nuovo ordine mondiale, catapultando Daniele nella nuova posizione di consigliere del nuovo re dell’impero medo-persiano, Dario.
Che dire poi di Mosè? Anche se Dio aveva permesso che fosse allevato alla corte del faraone per un motivo ben preciso, non era lì che doveva svolgere il suo lavoro più importante. Giovane, forte e fiero, Mosè non era ancora pronto per il suo momento nel “palazzo”, come strumento che Dio avrebbe usato per liberare il suo popolo.[8] Dio dovette metterlo giù nel fango di Madian, a faticare per anni nel deserto, dovendo confidare in Dio per ogni cosa. Quando però vediamo l’uomo che divenne in seguito, vecchio e poco abituato a parlare,[9] mandato da Dio a vivere in mezzo agli schiavi in Egitto, ma con la fede che Dio avrebbe realizzato i suoi piani attraverso di lui, allora capiamo di cosa sono fatti i miracoli.
I nostri “palazzi” potrebbero non assomigliarsi tutti all’esterno. Nel caso di Mosè, sembra che il suo “palazzo” fosse la realizzazione del sogno della sua vita, di salvare il suo popolo dalla schiavitù. Tutta la responsabilità e le molte difficoltà coinvolte nella guida del popolo di Dio potrebbero non essere la nostra idea di un “palazzo”, ma Dio vede ciò che il nostro cuore desidera e ha promesso di farcelo avere, se gli affidiamo le nostre attività. Che cosa può esserci di meglio?
E Gesù? Certamente ha avuto i suoi momenti nel “fango”! Ecco il Dio dell’universo, che mette da parte le glorie celesti per affrontare le frustrazioni, il dolore e le sofferenze della nostra esistenza, rinunciando alla potenza illimitata che aveva prima. Gesù disse: “Le volpi hanno delle tane, e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha neppure dove posare il capo”.[10] Passò la maggior parte del tempo in mezzo ai poveri, agli ammalati e agli emarginati, perché era lì che la sua luce era più disperatamente necessaria. Ciò ci permise di comprendere la profondità del suo amore per noi.
Siete rimasti impegolati in uno di quei “pantani”, chiedendovi perché Dio vi ha sradicato da un luogo dove stavate realizzando qualcosa di valido, per mettervi a faccia in giù nel fango o in un luogo a cui mancano solo le sbarre per assomigliare a una prigione? Forse state attraversando uno di quei “momenti da profeta” in cui Lui vi sta preparando per qualcosa che risuonerà nel cuore degli altri e la cui eco continuerà nell’eternità. Si comincia a camminare per fede quando camminare per visione non è più possibile.
Se vi è mai capitato di pensare che le cose nella vostra vita sono andate così storte che Dio non potrà più venire in vostro soccorso e usarvi per qualcosa che Lui consideri grande, ricordate semplicemente ciò che disse il re Davide; aveva fatto delle cose orribili, tuttavia sapeva che, nel suo pentimento, l’amore divino non l’aveva mai abbandonato e lo aveva accompagnato in ogni situazione:
“Dove potrei andare lontano dal tuo Spirito, o dove potrei fuggire lontano dalla tua presenza? Se salgo in cielo, Tu sei là; se stendo il mio letto nello Sceol, ecco, Tu sei anche là. Se prendo le ali dell'alba e vado a dimorare all'estremità del mare, anche là la tua mano mi guiderà e la tua destra mi afferrerà. Se dico: ‘Certo le tenebre mi nasconderanno’, persino la notte diventerà luce intorno a me; le tenebre stesse non possono nasconderti nulla, anzi la notte risplende come il giorno; le tenebre e la luce sono uguali per te”.[11]
Gli esempi datici dalle persone che Dio chiama grandi hanno tutti una cosa in comune: erano decise a restare fedeli nei momenti difficili, quando non riuscivano a vedere il piano che il Signore aveva per loro. Ognuno di loro ebbe delle esperienze uniche, disegnate dal Signore per aiutarlo a sviluppare un carattere forte e pio. Forse dovevano imparare l’umiltà, come Giuseppe; o semplicemente a ubbidire per fede anche se le cose sembravano impossibili, come Elia. Nel caso di Daniele, Dio sembrò insegnargli che finché siamo in questa vita Egli ha uno scopo per noi e non sappiamo mai fino in fondo che cosa ci riserva il futuro.
Gesù opera nella vita di ognuno di noi in maniera personale, perché non esistono due persone o due vite esattamente uguali. Qualsiasi cosa il presente e il futuro abbiano in serbo per voi, ricordate che avete la promessa divina che sarà sempre al vostro fianco, che siate in un palazzo o in mezzo al fango.
[1] Atti 9,22–31.
[2] Atti 11,25–26; 13,1–3.
[3] 1 Re 17,18.
[4] Genesi 37,9–11.
[5] Genesi 37,28.
[6] Genesi 39–41.
[7] Daniele 5, 6.
[8] Esodo 2,10–15.
[9] Esodo 4,1–14.
[10] Matteo 8,20.
[11] Salmi 139,7–12.
Titolo originale: Mud and Palaces
Pubblicato originariamente in Inglese il 22 Giugno 2013
versione italiana affissa il 10 Novembre 2013;
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