Le storie raccontate da Gesù: il padrone compassionevole, Matteo 20,1-16

Di Peter Amsterdam

Aprile 25, 2014

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Questa parabola, come altre che Gesù raccontò,[1] inizia con le parole: “Il regno dei cieli è simile…” Questa frase annuncia all’ascoltatore che Gesù darà alcune informazioni su Dio, sulle sue qualità e su come dovrebbero vedere le cose quelli che vivono nel suo regno e sottomettono a Lui la propria vita. Così, diamo uno sguardo a quello che Gesù dice.

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale uscì di mattino presto per assumere dei lavoratori per la sua vigna.[2]

Alcune versioni della Bibbia traducono “padrone di casa” come “proprietario terriero”. Nella Palestina del primo secolo molti di quelli che erano proprietari di una casa coltivavano terreni nelle vicinanze. In questa storia il padrone di casa aveva una vigna abbastanza grande da richiedere l’aiuto di manodopera in più nei momenti in cui era importante fare il lavoro in fretta, come al tempo della vendemmia.

Avendo bisogno di lavoratori entro poco tempo, il padrone andò al mercato dove si ritrovavano i braccianti nella speranza che qualcuno offrisse loro un lavoro a tempo, anche soltanto per la giornata. A quei tempi la vita dei braccianti a giornata era difficile. Non c’erano garanzie di un posto di lavoro; se non trovavano lavoro, non avevano entrate. Ogni sera dovevano tornare a casa dalle loro famiglie, o con la gioia di avere abbastanza cibo da mettere in tavola, o con niente. Per trovare un impiego, dovevano sostare nella piazza della città, dove tutti potevano vederli e sapere che cercavano lavoro. Era umiliante, ma trovare un lavoro e avere una paga era essenziale per la sopravvivenza della loro famiglia. I braccianti a giornata erano sul gradino più basso della scala sociale, tanto che le Scritture richiedevano che fossero pagati alla fine di ogni giorno, perché avevano bisogno dei soldi per sopravvivere.

Deuteronomio 24,14-15 dice:

Non defrauderai il bracciante povero e bisognoso, […] gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e l’aspetta con impazienza; così egli non griderà contro di te al Signore e tu non commetterai un peccato.[3]

Il padrone della vigna uscì al mattino presto per assumere dei lavoratori per l’intera giornata. Ne scelse alcuni e trattò la somma che avrebbe dato loro per il giorno di lavoro. Dato che la gente non aveva orologi, la giornata lavorativa cominciava all’alba e terminava quando in cielo appariva la prima stella. Erano più o meno dodici ore di lavoro.

Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.[4]

Un denaro [un denarius romano] era la paga normale per un lavoratore di quei tempo. Non era una paga alta, ma era sufficiente a mantenere la famiglia. I braccianti accettarono la paga, con la speranza che il giorno dopo gli avrebbero chiesto di ritornare. Andarono alla vigna, contenti che quella sera avrebbero avuto dei soldi da portare a casa alle loro famiglie.

La storia continua con il padrone che ritorna al mercato per assumere altri lavoratori.

Uscito di nuovo verso l’ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: “Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che è giusto”. Ed essi andarono.[5]

La seconda volta che il padrone andò al mercato era a metà mattina, verso le ore 9. Arrivando, trovò altri uomini in attesa di essere assoldati per la giornata. Ne scelse alcuni, li assunse e li mandò alla vigna. Non stabilì una paga per loro; si limitò a dire che li avrebbe pagati com’era giusto, intendendo che li avrebbe compensati equamente. I lavoratori accettarono la sua parola, il che dà l’impressione che il padrone fosse degno di fiducia e rispettato nella comunità.

Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso.[6]

A mezzogiorno e alle tre del pomeriggio tornò al mercato e ogni volta assunse altri uomini. Non si fa cenno ad alcuna trattativa sulla paga dei lavoratori.

Qualche tempo dopo ritorna una quinta volta al mercato, quando è rimasta una sola ora di luce.

Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri che se ne stavano là e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?” Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha assunti”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.[7]

Possiamo solo immaginare come questi uomini cercassero disperatamente un lavoro e come dev’essere stato scoraggiante per loro stare in un luogo pubblico tutto il giorno sperando inutilmente di essere assunti. Erano decisi a trovare un lavoro, altrimenti non sarebbero stati ancora al mercato in attesa, sperando. Ancora un po’ e sarebbero tornati a casa, presentandosi alle loro famiglie a mani vuote.

Quando il padrone chiese loro perché fossero ancora lì, risposero che nessuno li aveva assunti; così lui li spedì nella vigna. Non ci sono indicazioni di quanto avrebbero ricevuto questi lavoratori dell’undicesima ora per quell’unica ora di lavoro. Forse pensavano che, se fossero andati di buon grado a quell’ora, per poco che avrebbero ricevuto, il padrone forse li avrebbe assunti il giorno dopo. Dopo un po’ la giornata lavorativa terminò e venne l’ora di pagare i braccianti.

Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi”.[8]

A questo punto troviamo alcune informazioni nuove e sorprendenti. Il padrone di casa ha un fattore, un amministratore delle sue proprietà. Questo avrebbe immediatamente fatto sorgere nella mente degli ascoltatori la domanda sul perché fosse il padrone ad assumere i lavoratori e non il fattore. Dei proprietari terrieri che avevano un fattore in genere non si preoccupavano della gestione quotidiana della fattoria, né se ne andavano al mercato cinque volte al giorno a cercare dei braccianti. E poi, perché non aveva assunto abbastanza lavoratori al mattino, invece di tornare in piazza cinque volte nel corso della giornata?

Ovviamente Gesù sta raccontando una parabola, non un avvenimento reale. Quindi il motivo per cui nella storia il proprietario della vigna assume personalmente i braccianti cinque volte durante il giorno serve a trasmettere il vero obiettivo di Gesù, come vedremo.

Il pubblico originale probabilmente era anche incuriosito dalle strane istruzioni che il padrone dà al fattore riguardo alla paga dei lavoratori: prima deve pagare gli ultimi assunti, poi quelli assunti per primi. Come vediamo, pagare gli uomini in quest’ordine causò dei problemi.

Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno.[9]

Come sappiamo, le parabole includono pochi particolari e in questa parabola si accenna solo ai pagamenti fatti ai primi e agli ultimi lavoratori assunti. È sottinteso che tutti quelli che lavorarono quel giorno ricevettero la paga giornaliera intera di un denaro. Quando quelli che lavorarono tutto il giorno videro chi aveva lavorato solo un’ora ricevere la paga intera, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Aveva senso, dal loro punto di vista. Invece ricevettero un denaro come tutti gli altri.

Se il padrone avesse pagato prima quelli che avevano lavorato tutto il giorno, se ne sarebbero andati via senza alcuna idea di quello che avrebbero ricevuto gli altri. Tutti sarebbero tornati a casa felici. Comunque, quelli assunti per primi videro che quelli che avevano lavorato solo un’ora avevano ricevuto la paga giornaliera intera, quindi si sentirono imbrogliati. A quei tempi era in circolazione una moneta chiamata pandion[10] che valeva un dodicesimo di denaro. Chi aveva lavorato tutto il giorno, presumibilmente pensava che la paga di chi aveva lavorato così poco sarebbe dovuta essere un pandion; e se il padrone fosse stato giusto, avrebbe dovuto pagare loro molto di più. E non mancarono di far sapere al padrone quello che pensavano.

Nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa, dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato solo un’ora, e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo della giornata”.[11]

Obiettarono all’essere pagati allo stesso modo e a essere messi sullo stesso piano di chi aveva lavorato solo un’ora. Si lamentarono che il padrone non aveva preso in considerazione il tempo che avevano passato a lavorare né il fatto che avevano lavorato durante la parte più calda del giorno. Accusano il padrone di essere ingiusto e di averli trattati in modo scorretto.

Dopo aver udito le accuse, il padrone risponde a uno di loro, probabilmente indirizzando i suoi commenti al loro portavoce.

Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro?[12]

Il termine “amico” usato qui è tradotto dal greco hetairos, usato da Matteo anche in altri due versetti: una volta quando un uomo arrivò alla festa di nozze senza un abito nuziale e di conseguenza fu buttato fuori dal banchetto; e un’altra quando Gesù chiama “amico” Giuda che si prepara a tradirlo.[13] Il proprietario della vigna non chiama l’uomo “amico” in maniera positiva.

La domanda fatta dal padrone di casa implica solo una risposta positiva, perché un denaro è la somma esatta che i lavoratori avevano acconsentito a ricevere come paga per una giornata intera di lavoro. Dato che il padrone sta dando loro quella somma, non fa che mantenere la sua promessa.

Come avviene spesso nelle parabole, la morale di ciò che Gesù dice arriva alla fine, quando il padrone afferma:

Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono?”[14]

Anche se in alcune traduzioni quest’ultima frase è tradotta “sei invidioso perché io sono buono”, “occhio cattivo”, o “mal occhio”, come dice la Nuova Riveduta, è una traduzione letterale dal greco, che esprime un’espressione idiomatica ebraica. Come spiega un autore:

Le parole del proprietario terriero generoso alludono alle espressioni ebraiche “cattivo occhio “ e “buon occhio”, che suggeriscono il forte contrasto tra una persona generosa e gentile, e un individuo taccagno ed egoista. La persona generosa, con un “occhio buono”, è spinta dall’interesse ad aiutare gli altri e venire incontro ai loro bisogni; mentre la persona egoista è consumata da un solo interesse: quello che le appartiene.[15]

I lavoratori dell’intera giornata non avevano capito che il padrone voleva essere generoso con le persone bisognose. Non si rallegrarono per la buona sorte di quelli assunti più tardi nella giornata. Al contrario, pensavano egoisticamente a se stessi e a quello che ritenevano essere un trattamento ingiusto da parte del loro datore di lavoro.

Il padrone chiese loro se non gli fosse consentito di fare ciò che voleva con quello che gli apparteneva. Scelse di dare del suo a chi ne aveva bisogno. Poi chiese se fossero infastiditi dalla sua generosità: Invidiavano le benedizioni che aveva dato agli altri?

Stando ai criteri comuni, le azioni del padrone di casa sarebbero state considerate ingiuste; ma lui non operava secondo criteri ordinari. Si comportava correttamente perché stava mantenendo la sua promessa di pagare la somma pattuita. Chi aveva acconsentito a lavorare per quella cifra non era stato imbrogliato. Se fossero stati pagati per primi e non si fossero resi conto della paga degli altri, sarebbero tornati a casa dalle loro famiglie a testa alta, contenti di avere in tasca la paga di un giorno.

Che dire degli altri lavoratori? Anche loro avevano delle famiglie da sfamare; anche loro dovevano presentarsi a casa a testa alta — e adesso sarebbero stati in grado di farlo. Non meritavano una paga giornaliera intera perché non avevano lavorato tutto il giorno; tuttavia, grazie alla generosità del padrone, ricevettero quello che non avevano meritato. Il padrone di casa era giusto, ma era anche compassionevole.

Questa parabola ci spiega com’è fatto Dio. Dio è giusto e mantiene le sue promesse. È anche pieno di misericordia. Essere misericordiosi non ha niente a che fare con l’essere giusti. La misericordia non consiste nel dare a qualcuno esattamente quello che si è guadagnato o che si merita. È un gesto d’amore. È dare a chi non se lo merita, che è esattamente ciò che rappresentano l’amore, la grazia e la salvezza di Dio.

Dio non è limitato da ciò che noi esseri umani consideriamo giusto. Se fosse così, non ci sarebbe speranza di salvezza, né perdono dei peccati. Se ricevessimo solo ciò che meritiamo, saremmo tutti spacciati. Invece, come i lavoratori che non si meritavano la paga completa, siamo i beneficiari della generosità, della compassione, della misericordia e della grazia divina mediante la salvezza.

Un altro autore ipotizza che il motivo per cui il proprietario della vigna continuò a tornare al mercato non fosse perché aveva bisogno di altri braccianti, ma perché sapeva che gli uomini che cercavano lavoro avevano bisogno d’aiuto. Il suo scopo non era curare i vigneti o raccogliere l’uva, ma avere compassione di quegli uomini e delle loro famiglie.

La bellezza di questa storia è che grazie alla compassione e alla generosità del proprietario della vigna — il datore di lavoro — tutti ricevettero ciò di cui avevano bisogno. Non era questione di retribuire eccessivamente qualcuno e sottopagare altri, ma di dimostrare amore, di sopperire a un bisogno.

Secondo me, questa parabola ci dà una bella immagine della chiamata divina per la salvezza. Alcuni ricevono la chiamata, o l’opportunità, presto nella vita, alcuni più tardi, altri sul letto di morte. Dio, come il padrone della vigna, torna più volte nel mercato, per vedere chi c’è, chi è pronto e impaziente. Che una persona trovi la salvezza prima o dopo, tutti ricevono la stessa salvezza.

Questa parabola ci dice qualcosa sulla salvezza e sulla natura amorevole e compassionevole di Dio. Affronta anche altre questioni importanti. Chiede a noi ascoltatori qual è il nostro atteggiamento quando Dio manifesta il suo amore e le sue benedizioni ad altri. I braccianti che faticarono nel caldo del giorno ricevettero la benedizione di una giornata di paga, una promessa adempiuta. Quando tuttavia videro che gli altri non avevano lavorato altrettanto duramente o a lungo, ma avevano ricevuto la stessa benedizione, se ne risentirono.

È interessante il fatto che questa parabola sia situata subito dopo la domanda che Pietro fece a Gesù, su cosa avrebbero ricevuto i discepoli, dato che avevano lasciato tutto per seguirlo.[16] Subito dopo la parabola c’è l’episodio in cui la madre di Giacomo e Giovanni chiese a Gesù se i suoi figli avrebbero potuto sedersi alla sua destra e alla sua sinistra nel suo regno, facendo infuriare gli altri discepoli.[17] Gesù da lì proseguì col dire che il più grande di loro avrebbe dovuto essere un servo, o uno schiavo.[18]

Oltre a farci capire la natura di Dio, la parabola ricorda anche a chi è salvo, specialmente a chi serve il Signore, che la promessa della ricompensa non deve provocare congetture su chi riceverà la ricompensa più grande. Questa parabola indica che il sistema di premiazione di Dio va ben oltre il modo in cui gli uomini intendono la giustizia. Le sue vie, i suoi pensieri e i suoi metodi di giudizio e di ricompensa operano su un piano molto è più elevato del nostro. Non si limita a contare le ore di lavoro, o la durezza dei compiti svolti. Come ha scritto un autore:

Proprio come nessuno dovrebbe risentirsi per un uomo che va oltre la giustizia e dà ai poveri, così nessuno dovrebbe risentirsi della bontà e della misericordia divina, come se le ricompense di Dio si limitassero a un freddo calcolo.[19]

Mentre altre parabole parlano di vari livelli di ricompensa, questa non accenna alla questione. Non ha importanza quando una persona abbia iniziato la sua vita o il suo servizio per Cristo, riceve il suo premio. In questa parabola vediamo che Dio è giusto e abbondantemente generoso. Gli “ultimi arrivati” ricevettero molto più di quanto si aspettassero. Alcuni versetti prima Gesù aveva detto:

E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna.[20]

Così quelli che lavorarono nel caldo della giornata riceveranno dalle mani di Dio la giusta ricompensa. Egli sarà giusto e generoso con tutti quelli che vengono a Lui.

Nell’applicare questa parabola ai lavoratori del Signore di oggi, un autore scrive:

I discepoli moderni di Gesù dovrebbero vedere le ricompense celesti allo stesso modo. Il solo motivo per cui riceveremo una ricompensa è che Dio ci ha chiamato a lavorare per Lui. Possiamo contare sul fatto che Dio ci tratterà equamente, benevolmente e generosamente, indipendentemente da quanto abbiamo lavorato per Lui, se tutta la nostra vita o solo per un breve periodo, essendo divenuti suoi discepoli più tardi nella vita.[21]

Oltre a parlare di ricompense e della generosità di Dio, in questa parabola ci sono anche dei principi che si applicano alla nostra vita quotidiana. Essere invidiosi delle benedizioni o del successo di altri, o gelosi di come Dio si prende buona cura di loro e supplisce ai loro bisogni, rispecchia l’atteggiamento di quelli che portavano rancore per la generosità del padrone della vigna. È contrario alle vie del regno di Dio. Invece di essere invidiosi, dovremmo rallegrarci per la generosità e la benevolenza di Dio. Dovremmo rallegrarci con le persone che Dio benedice.[22]

Un’altra cosa da ricordare è che, come il proprietario della vigna, Dio può benedire chiunque voglia per motivi tutti suoi. Potremmo non capire perché una persona immeritevole ai nostri occhi sembri così benedetta, mentre noi o altri che riteniamo più meritevoli o più bisognosi dobbiamo affrontare grandi difficoltà e durezze. Alcune cose possono sembrare ingiuste. In questo caso, è utile ricordare a noi stessi che il Signore è buono, misericordioso e giusto. Anche se non capiamo tutto quel che fa, la nostra reazione dovrebbe essere piena di fiducia in Lui. In questa vita, la nostra comprensione di tutto ciò che Dio è e fa è limitata. È impossibile per noi capire tutte le sue vie, ma nella vita a venire vedremo le cose molto più chiaramente. Quello che non capiamo adesso, lo capiremo allora. E quando capiremo, saremo certamente travolti dalla sua bontà e dal suo amore, dalla sua saggezza e dalla sua giustizia. Oggi dobbiamo confidare; domani capiremo e ci rallegreremo.

Gesù ci chiede di accantonare i nostri concetti limitati di cosa è giusto, quando si tratta di Dio e delle benedizioni e ricompense che dà. Dovremmo ricordarci che siamo lavoratori dell’ultima ora. C’è sempre qualcuno che ha fatto più di voi e me al servizio di Dio. Guardate gli apostoli, i martiri o tantissimi nostri fratelli e sorelle in Cristo, che hanno servito il Signore nei secoli scorsi, o che lo servono al nostro fianco oggi.

Dovremmo gioire nel renderci conto che ognuno di noi è amato e accettato da Dio, non per quello che noi facciamo, ma per quello che Lui è. Non ci ha salvato per le nostre opere, ma per la sua grazia amorevole. Non è a grazie ai nostri sforzi, ma alla sua misericordia. Ognuno di noi ha ricevuto dal nostro Padre generoso e compassionevole molto più di quel che si merita. Ogni volta che possiamo, dovremmo fare il possibile per imitare il suo amore e la sua compassione nei nostri rapporti con gli altri.


Note

Tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


[1] Matteo 13,31, 33, 44, 45, 47; Luca 6,47–49, 7,31–32, 13,18–21.

[2] Matteo 20,1 NR.

[3] Anche: “Non opprimerai il tuo prossimo e non lo deruberai; il salario dell’operaio non rimanga presso di te fino al mattino seguente.” (Levitico 19,13 LND).

[4] Matteo 20,2.

[5] Matteo 20,3–5.

[6] Matteo 20,5.

[7] Matteo 20,6–7.

[8] Matteo 20,8.

[9] Matteo 20,9–10 NR.

[10] T.W. Manson, The Sayings of Jesus (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 1979), 220.

[11] Matteo 20,11–12.

[12] Matteo 20,13.

[13] Matteo 22,12, 26,50.

[14] Matteo 20,14–15.

[15] Brad H. Young, Jesus the Jewish Theologian (Grand Rapids, Baker Academic, 1995), 136.

[16] Matteo 19,27.

[17] Matteo 20,20–24.

[18] Matteo 20,25–28.

[19] Arland J. Hultgren, The Parables of Jesus (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2000), 377.

[20] Matteo 19,29 NR.

[21] Thomas L. Constable, Notes On Matthew, 2013 edition.

[22] Romani 12,15.


Titolo originale: The Stories Jesus Told: The Compassionate Employer, Matthew 20:1–16
Pubblicato originariamente in Inglese l'11 Marzo 2014
versione italiana affissa il 25 Aprile 2014;
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