Di Peter Amsterdam
Agosto 24, 2014
In questo articolo continuiamo la breve spiegazione dei vari doni dello Spirito cominciata nella prima parte.
Quello del distinguere gli spiriti è un dono dello Spirito menzionato solo una volta nel Nuovo Testamento. Questo dono è l’abilità di riconoscere la presenza o l’influenza dello Spirito Santo, o di uno spirito demoniaco, nella vita di una persona.[1] In 1 Giovanni ci viene detto di provare gli spiriti per vedere se vengono da Dio.
Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo.[2]
Oltre a distinguere tra spiriti buoni e maligni, questo dono può essere usato per distinguere tra i diversi tipi di spiriti maligni. Tra gli esempi dati dalla Bibbia ci sono spiriti d’infermità e disabilità, di divinazione, di sordità e mutismo, e di errore.[3]
Or Egli insegnava in una delle sinagoghe in giorno di sabato. Ed ecco vi era una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito di infermità, ed era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi. Or Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità».[4]
Ora, mentre andavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza». Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei». E lo spirito uscì in quell’istante.[5]
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, sgridò lo spirito immondo dicendogli: «Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non entrare mai più in lui».[6]
Il dono delle lingue si manifestò per la prima volta nel giorno della Pentecoste, quando gli apostoli — tutti ebrei e per lo più galilei — furono riempito dallo Spirito e parlarono in altre lingue. Non ci sono prove scritturali che il parlare in lingue [glossolalia] sia avvenuto prima della Pentecoste.
Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi.[7]
In questo caso gli apostoli parlavano in lingue e i presenti, provenienti da tutto il mondo conosciuto, sentirono quello che essi dicevano nelle loro varie lingue. Generalmente parlando, questo tipo di glossolalia in cui altri capiscono ciò che viene detto era raro. Anche se nel corso della storia ci possono essere stati altri casi simili, da quel che ne sappiamo non era una circostanza comune.
Paolo aveva il dono delle lingue e scrisse al riguardo. Lo usò spesso e lo spiegò dicendo di utilizzarlo più di tutti gli altri membri della chiesa di Corinto a cui stava scrivendo. Allo stesso tempo dava ai credenti consigli sull’uso delle lingue nelle loro riunioni, perché quando uno parla in lingue, gli altri non capiscono cosa viene detto.
Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti.[8]
Chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo comprende, ma egli in spirito proferisce misteri.[9]
Paolo descrive l’uso delle lingue in una riunione di lode o di culto insieme ad altri credenti e del suo uso da parte di singoli individui nella preghiera personale.
Paolo spiega che in una riunione di lode o di culto è meglio non parlare in lingue, a meno che uno dei presenti non sia in grado di interpretarle; perché, con l’interpretazione di ciò che viene detto, l’assemblea è edificata, mentre senza di essa gli ascoltatori non ricevono edificazione.
Lo scrittore Wayne Gruden descrive in questo modo il parlare in lingue:
La glossolalia è una preghiera o una lode manifestata con sillabe non comprese dall’ascoltatore.[10]
Come dice il versetto citato sopra, la persona che parla in lingue di solito parla a Dio, e ciò potrebbe indicare che le lingue sono più generalmente un mezzo per pregare o lodare il Signore. Quando uno prega in lingue, il suo spirito prega e comunica direttamente con Dio, anche se la persona non capisce ciò che dice perché sta scavalcando il proprio intelletto e la propria comprensione.
Se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa.[11]
Quando preghiamo e lodiamo in lingue, ne traiamo un’edificazione personale.
Chi parla in altra lingua edifica se stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa.[12]
Che si deve dunque fare? Pregherò con lo spirito, ma lo farò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente.[13]
Pregare in lingue edifica la persona che usa il dono e edifica la chiesa quando c’è qualcuno che può interpretare le lingue. Chiaramente l’apostolo Paolo pensava che fossero importanti e ne incoraggiava l’uso.
Io vorrei che tutti parlaste in lingue...[14]
Il dono dell’insegnamento è la capacità di spiegare le Scritture e i principi divini, la conoscenza e la salvezza che vi si trovano, aiutando la gente ad applicarle alla propria vita.[15] Nel Nuovo Testamento vi sono esempi di persone che insegnano ad altre la Parola di Dio e vi sono diverse esortazioni a farlo.
Anche Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando ed annunziando con molti altri la parola del Signore.[16]
Così egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando fra di loro la parola di Dio.[17]
Infatti tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza.[18]
Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia.[19]
L’insegnamento della Parola e del modo di applicarla nella vita di una persona è un elemento chiave per fare discepoli. Quando parlava di andare in tutto il mondo e fare discepoli, Gesù intendeva dire d’insegnare loro. Dopo il giorno della Pentecoste vediamo gli apostoli insegnare ai nuovi convertiti, in ubbidienza a ciò che aveva detto Gesù.
Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Or ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente. Amen.[20]
Essi erano perseveranti nel seguire l’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nel rompere il pane e nelle preghiere.[21]
Il dono dell’insegnamento è essenziale per condividere la fede con quelli che vinciamo al Signore, per radicarli nella fede e aiutarli a diventare dei discepoli. È importante avere conoscenza e comprensione della propria fede e chi ha la capacità donata dallo Spirito di leggere, studiare e poi insegnare ad altri, offre un grande servizio a chi ha sete d’imparare e di diventare un discepolo o una discepola. Insegnare contribuisce a cambiare la vita della gente, perché offre una migliore comprensione della Bibbia e del modo di applicarla.
Non si parla molto dei seguenti doni, ma vi si fa cenno nei vari elenchi dati nel Nuovo Testamento.
Il dono del governo è compreso tra quelli elencati in 1 Corinzi 12,28. Traduzioni diverse traducono il termine originale greco con governo, amministrazione o capacità organizzative. Questo dono può essere visto come la capacità e l’unzione di governare o amministrare gli affari della chiesa, di pianificare, organizzare e implementare il lavoro cha va fatto per realizzare i vari compiti e raggiungere degli obiettivi.
Il dono di assistenza è la capacità di aiutare gli altri in vari modi. In una chiesa, in un gruppo di fratellanza, o in un ministero di testimonianza, lo si vede spesso in chi è particolarmente dotato nell’offrire assistenza in vari modi pratici. Le persone con questo dono sono inestimabili e spesso sono gli eroi non celebrati, quelli che operano nel retroscena e fanno il lavoro pratico che è la struttura portante di ogni lavoro per il Signore. Portano con sé la gioia di fare tutto ciò che è necessario per assistere l’opera di Dio.
Ogni cristiano è chiamato a condividere il Vangelo con gli altri e riceve dallo Spirito Santo la potenza per farlo, quindi ogni cristiano è in qualche modo attrezzato per l’evangelizzazione.
Anche se tutti i cristiani possono e devono evangelizzare, alcuni sono chiamati a farne il loro ministero principale e hanno il dono dell’evangelizzazione, la potenza specifica per parlare agli altri del messaggio della salvezza. Nella prima chiesa, quando la predicazione del Vangelo era molto diffusa, gli individui particolarmente dotati dallo Spirito Santo con la capacità di evangelizzare erano chiamati evangelisti.
Ripartiti il giorno seguente, noi che eravamo compagni di Paolo, arrivammo a Cesarea e, entrati in casa di Filippo l’evangelista che era uno dei sette, restammo presso di lui.[22]
Or un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo eloquente e ferrato nelle Scritture, […] fu di grande aiuto a coloro che avevano creduto mediante la grazia. Egli infatti confutava con grande vigore i Giudei pubblicamente, dimostrando per mezzo delle Scritture che Gesù è il Cristo.[23]
Il dono dell’evangelizzazione non è limitato a chi ha la vocazione di evangelista/evangelizzatore, o di testimone a tempo pieno. Lo si vede in chi ha la capacità donata dallo Spirito di condividere il Vangelo in situazioni particolari o in maniera diversa o insolita — come testimoniare a grandi folle, o mediante la musica o il teatro. Alcuni si distinguono per l’abilità nel testimoniare individualmente alle persone che incontrano. Altri, hanno un dono particolare per testimoniare a certi tipi di persone, come i giovani, i membri di gang, o gli anziani. In alcuni questo dono è visibile nel desiderio di seguire persone di altre culture, di essere missionari in paesi lontani. Il dono dell’evangelizzazione va di pari passo con il Grande Mandato di vincere altri al Signore.
Il servizio può essere interpretato in modi diversi. Uno d’essi è l’ospitalità nei confronti di altri, come mettere a disposizione la propria casa a chi ha bisogno di alloggio, cibo, o compagnia. È la dimostrazione d’amore nel far sentire gli altri benaccolti, stimati e ben accuditi. Chi ha questo dono sa far sentire gli altri a proprio agio, amati e sicuri. Ha l’abilità di far sentire comodi e benaccetti i nuovi arrivati a un’adunanza o una comunità.
Un altro modo di vedere questo dono è l’avere, o assegnarsi, il ruolo di servire gli altri nel lavoro di Dio. È il dono della disponibilità ad accettare con gioia un ruolo di secondo piano, quello di chi presta servizio dietro alle quinte; il desiderio di servire invece di essere serviti, di aiutare in tutti i modi necessari; la buona volontà di svolgere i compiti umili ma essenziali.
In Romani 12,8, parlando dei doni, Paolo cita “colui che distribuisce” (o, “chi dà”, NR e CEI). Questo dono dello Spirito è il dare, la generosità. È lo stimolo a condividere con gli altri le proprie risorse materiali per promuovere il lavoro di Dio. Ha a che fare con il dare più della propria decima, mediante offerte e donazioni, aiutando i compagni cristiani, o altri, come i poveri e i bisognosi. Vuol dire dare altruisticamente, spesso anonimamente, in un modo che aiuta gli altri e rende gloria a Dio.
Il dono della direzione permette agli uomini e alle donne di guidare altre persone stabilendo obiettivi in linea con i desideri di Dio e comunicandoli in maniera da incentivare gli altri a lavorare insieme per raggiungere la meta. I leader ispirano dando una visione; motivano il cuore di chi si sente chiamato a servire il Signore. Sono capaci d’ispirare gli altri a fare del loro meglio al servizio di Dio, a lavorare sodo per raggiungere gli obiettivi comuni.
Il dono della misericordia è la capacità di provare compassione ed empatia per chi soffre e di agire per dare sollievo alla sua sofferenza. Chi ha questo dono spesso si sente chiamato a far visita ai malati, agli anziani, ai carcerati, ai reclusi. Spesso è in grado di consolare gli afflitti, quelli che hanno perso una persona cara. Presta assistenza a chi ne ha bisogno, con il suo aiuto e il suo amore, trasformando la propria compassione in azione, preoccupandosi di alleviare il dolore di chi soffre. Queste persone rispecchiano molto bene l’amore e la compassione di Dio.
Il grado in cui una persona esercita i doni dello Spirito può aumentare o diminuire nel corso della sua vita. Quando il dono è concesso, spesso ci vuole del tempo perché lo sviluppi e lo rafforzi mediante il suo uso. Parlando del dono di profezia, Paolo si riferì all’usarlo in proporzione alla nostra fede;[24] questo indica che i doni spirituali possono essere più o meno sviluppati in persone diverse.[25] Paolo scrisse anche sul non trascurare i doni[26] e sul ravvivare il dono,[27] il che dimostra che un dono può indebolirsi se non viene usato.
I doni sono distribuiti a ciascuno secondo la volontà dello Spirito,[28] quindi non tutti hanno gli stessi. L’apostolo Paolo ce lo indicò quando disse:
Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti dottori? Hanno tutti il dono di potenti operazioni? Hanno tutti i doni di guarigioni? Parlano tutti diverse lingue? Interpretano tutti?[29]
Dal testo greco si deduce che sono tutte domande retoriche alle quali si risponde con un no. Non tutti hanno i doni di guarigione, o parlano in lingue, o sono profeti eccetera. I doni sono distribuiti secondo la volontà dello Spirito Santo.
Noi cristiani riceviamo i doni dello Spirito come aiuto per la nostra testimonianza, la nostra vita spirituale e il rafforzamento della comunità spirituale: la chiesa, l’adunanza, o l’opera missionaria a cui apparteniamo. Lo Spirito Santo dimora nei credenti e i doni sono una manifestazione dello Spirito nella nostra vita. Sono lo Spirito di Dio che opera dentro di noi a beneficio nostro e di altri. Avendo ricevuto dei doni tanto preziosi, sta a noi permettere allo Spirito di Dio di manifestarsi nella nostra vita. Dovremmo usarli, ravvivarli dentro di noi e non trascurarli.
[1] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 1082.
[2] 1 Giovanni 4,1.
[3] Grudem, Systematic Theology, 1082.
[4] Luca 13,10–12.
[5] Atti 16,16–18.
[6] Marco 9,25.
[7] Atti 2,4.
[8] 1 Corinzi 14,18.
[9] 1 Corinzi 14,2.
[10] Grudem, Systematic Theology, 1070.
[11] 1 Corinzi 14,14.
[12] 1 Corinzi 14,4.
[13] 1 Corinzi 14,15.
[14] 1 Corinzi 14,5.
[15] Grudem, Systematic Theology, 1061.
[16] Atti 15,35.
[17] Atti 18,11.
[18] Romani 15,4.
[19] 2 Timoteo 3,16.
[20] Matteo 28,19–20.
[21] Atti 2,42.
[22] Atti 21,8.
[23] Atti 18,24, 27–28.
[24] Ora, avendo noi doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, se abbiamo profezia, profetizziamo secondo la proporzione della fede (Romani 12,6).
[25] Grudem, Systematic Theology, 1022.
[26] Non trascurare il dono che è in te, che ti è stato dato per profezia, con l’imposizione delle mani da parte del collegio degli anziani (1 Timoteo 4,14).
[27] Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani (2 Timoteo 1,6).
[28] Tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole (1 Corinzi 12,11).
[29] 1 Corinzi 12,29–30.
Titolo originale: The Heart of It All: The Holy Spirit – The Gifts of Spirit, Part 2
Pubblicato originariamente in Inglese il 13 Agosto 2013
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