Joe alla mia porta

Di Maria Fontaine

Dicembre 15, 2014

Quando accettiamo la sfida di essere volontariamente degli ambasciatori di Gesù e di adempiere la missione che ha dato a ciascuno di noi, possiamo aspettarci che non resteremo seduti a far niente, senza lavoro. Quando accettiamo la sua offerta di associarci a Lui nella sua missione di trasformazione, possiamo essere sicuri che succederanno cose buone. Scopriremo che il Signore farà tutto il necessario per darci le opportunità di testimoniare e ci darà la gioia e la soddisfazione di essere una benedizione per gli altri.

Dato che non sono in grado di uscire molto per via dei miei problemi di salute, il Signore ha letteralmente portato qualcuno alla mia porta e mi ha detto: “L’ho portato qui per te, perché tu possa aiutarlo a conoscermi in maniera più profonda e a capire il mio grande amore per lui”. Gesù conosceva il cuore di questo giovane molto prima di me e al momento giusto Dio ha fornito risposte ad alcune domande profonde che lo avevano turbato.

Era cominciato tutto alcuni mesi prima, quando un uomo che ci aiuta con dei lavoretti occasionali aveva portato con sé suo nipote, che chiameremo Joe. Joe stava facendo visita a suo zio mentre si occupava di alcuni affari. La sua visita si era inaspettatamente prolungata e, avendo poco da fare nell’attesa, era venuto a casa nostra per aiutare lo zio nel suo lavoro.

Questo venticinquenne simpatico mi è piaciuto subito. Mi aspettavo di rivederlo il giorno dopo, invece non l’ho più visto per un mese. Questa volta il Signore mi ha detto specificamente che voleva che trovassi il modo non solo di testimoniare a Joe, ma anche di parlare con lui più profondamente, senza rimandare come faccio a volte, con tutte le cose di cui devo occuparmi.

Per via di queste istruzioni precise, dopo aver parlato brevemente con Joe e avergli menzionato che Dio è molto buono con noi — o qualcosa del genere, tanto per fargli sapere che ero una persona di fede — gli ho detto che se avesse avuto voglia di parlare di qualcosa, mi avrebbe fatto piacere una sua visita. Quando ha risposto che la cosa gli sarebbe piaciuta, ho capito che il Signore mi stava dando un’altra opportunità di parlargli della mia fede. Così abbiamo deciso di vederci dopo qualche giorno.

Questo ha dato inizio a una serie di visite che sono state molto soddisfacenti per me e, come ha detto lui in seguito, molto importanti per lui. Quelle dodici ore, spalmate su un periodo di oltre due settimane, si sono rivelate una bella esperienza, perché ho potuto capire parte della gioia e del dolore, della ricerca e del bisogno di risposte che si celavano nel cuore di Joe. Stava cercando sinceramente di seguire Dio. Mi ha colpito che avesse scelto di vedere la mano di Dio nella sua vita e stesse cercando di capire dove il Signore lo stesse guidando attraverso le sue esperienze. Aveva bisogno di una maggior comprensione della verità, insieme all’incoraggiamento e alla visione di proseguire nel suo percorso con il Signore.

Permettetemi di condividere con voi alcuni punti salienti dei momenti passati con Joe, ricostruendo alcune delle nostre conversazioni in base ai miei appunti e a quello che ricordo. All’inizio aveva qualche esitazione a parlare, ma dopo ogni visita si è dimostrato sempre più a suo agio. Con il tempo sono cominciati a emergere sentimenti e domande profonde di cui non aveva mai fatto parola a nessuno.

La prima visita

Abbiamo cominciato a chiacchierare e a fare conoscenza durante una piccola merenda.

Joe ha detto: “Sono cresciuto in condizioni molto povere. Mio padre era alcolizzato e non si faceva quasi mai vedere, poi ci ha lasciato permanentemente. A mia madre non sembrava che importasse molto di noi bambini. Io ero il solo maschio e avevo quattro sorelle; all’età di cinque o sei anni ho dovuto cominciare a lavorare per guadagnare un po’ di soldi per il cibo. Andavo a scuola, ma dovevo anche lavorare e spesso era difficile per noi mettere del cibo sulla tavola. Per di più non era molto piacevole andare a scuola, perché ero quasi sempre stanco e i miei compagni mi prendevano in giro perché ero così povero”.

Quando gli ho chiesto che educazione religiosa avesse ricevuto, mi ha detto: “Ero cattolico, ma non c’era molto tempo per la religione. Sono rimasto cattolico anche da grande, ma ho smesso di andare in chiesa quando mi sono sposato, perché mia moglie non segue una religione. Però ho fede in Dio e cerco di fare del bene e aiutare la gente.

“Quando avevo quattordici anni, mi sono trasferito con la mia famiglia in un’altra città; da allora ho fatto diversi lavori e sono riuscito a fare cinque anni di università. La mia vita è stata tutta lavoro, scuola, lavoro, scuola, e cercare di fare abbastanza soldi per tirare avanti, pagarmi gli studi e sposarmi. Ma stando via da casa per alcuni mesi mi sono ritrovato con molto tempo libero. Questa è la mia prima opportunità di pensare un po’ più seriamente alle cose”.

Quando ha parlato del suo matrimonio è stato chiaro che aveva delle domande su come dovesse essere il rapporto con sua moglie. Dato che non sembrava avesse mai avuto la possibilità di vedere da vicino un rapporto matrimoniale forte e felice, era ansioso di avere qualsiasi tipo di aiuto al riguardo. Così abbiamo discusso di alcuni degli elementi necessari per avere un matrimonio riuscito e duraturo: il riconoscimento che il rapporto richiede lavoro e attenzione e non va avanti da solo; l’impegno a restare insieme anche nei momenti difficili; il non avere attese irreali nei confronti del marito o della moglie, basandosi solo su ciò che si vede alla televisione o nei film; la volontà di dare e ricevere; il bisogno di apprezzare molto e criticare poco; l’importanza di una buona comunicazione; la necessità di lavorare insieme per creare un senso di sicurezza, amicizia e fiducia; rendersi conto che i problemi, anche se ci sono, non sono insormontabili; cercare di creare un’atmosfera di rispetto tra i coniugi; il bisogno di avere un sostegno basato sulla fede anche fuori dal matrimonio, come amici disposti ad aiutarti e pregare con te, e magari anche darti consigli o suggerimenti quando ce n’è bisogno.

Tutte queste cose e gran parte di quelle di cui abbiamo parlato nelle altre conversazioni sembravano essergli poco familiari. Era ansioso di ascoltare quello che gli dicevo; e a mia volta ero affascinata dalle sue esperienze e dal vedere la mano di Dio all’opera nella sua vita. Questa prima chiacchierata gli ha dato l’opportunità di esprimere alcune delle cose che voleva raccontare su di sé, mentre ha dato a me la possibilità di cercare di capire come potevo aiutarlo.

Anche se sapeva poco di questioni dottrinali, sia della sua religione che di altre, aveva una grande comprensione di cose spirituali che per altri a volte sono difficili da capire. Sembrava che gli venisse naturale credere nei miracoli e nella comunicazione con Dio. È una cosa che le persone con un’educazione cattolica sembrano avere in comune.

Alla fine di questo primo incontro mi chiedevo se gli sarebbe interessato tornare, ma prima ancora che accennassi all’argomento, lo ha menzionato lui stesso, suggerendo che forse avremmo potuto parlare ancora.

Seconda visita

Prima mi sono presa un po’ di tempo per pensare e pregare sulle cose che Joe mi aveva detto e per chiedere al Signore cosa fare successivamente. Comunque ho scoperto che non dovevo sollevare nessun argomento perché il Signore aveva già preparato la situazione. Joe aveva fatto i suoi preparativi e aveva delle cose di cui voleva parlare. Questa volta la conversazione è passata rapidamente alla questione dei poveri.

“Penso che sia importante fare il possibile per aiutare gli altri”, ha affermato Joe.

Gliel’ho confermato e gli ho detto che secondo me c’è sempre qualcosa che possiamo offrire agli altri, e la più importante è chiedere a Dio in preghiera di aiutarli nella loro vita. Anche se la preghiera è molto importante, la gente deve ricevere da noi qualcosa che possa vedere e sentire. Hanno bisogno del nostro amore e della nostra attenzione in maniera tangibile. Ci sono molte cose che possiamo fare, anche se abbiamo poco.

Avevo chiesto al Signore di darmi delle chiavi specifiche per il cuore di Joe. Mi stavo ancora chiedendo perché avesse portato questo giovane da me e volevo sinceramente essere attenta a qualsiasi bisogno o domanda lui potesse avere. Ho scoperto che a volte, quando si cerca la chiave per arrivare ad argomenti più importanti, bisogna fare delle domande generiche per vedere le reazioni. Così gli ho chiesto: “Secondo te, qual è lo scopo degli esseri umani sulla terra? Perché siamo qui?”

Si è fermato a pensare, poi, lentamente e con tristezza, ha detto: “Non lo so. È una domanda che mi faccio ogni sera prima di andare a letto”.

Stavo cercando di aprire una fessura nella porta dei bisogni di Joe e lui la stava praticamente abbattendo dall’altra parte! Ha detto: “All’inizio pensavo che forse sposarmi fosse la mia missione nella vita…” Qui la sua voce si è affievolita e il suo silenzio pensoso ha dimostrato che si rendeva conto che c’era qualcosa di più.

Ho continuato con un pensiero collegato alla mia domanda di prima: “Riesci a pensare a qualcosa che hai fatto e che ti ha dato una gioia grande e duratura, invece di una semplice felicità momentanea — quando senti di aver realizzato qualcosa o di aver fatto qualcosa di cui sei orgoglioso o che durerà nel tempo — qualcosa che forse ti porta più vicino a capire perché sei qui e qual è il significato della vita? Esserti sposato potrebbe far parte di quello”.

È stato un attimo in silenzio, pensandoci su, poi ha esclamato: “Sì, è vero! Adesso lo vedo! Mia moglie insegna agricoltura alle superiori e da quando siamo insieme è riuscita a capire i suoi studenti, le loro esigenze e i loro problemi molto meglio di prima, dato che parliamo sempre di ognuno di loro e lei mi chiede consigli”.

Poi ha continuato con entusiasmo: “Ho lavorato per quattro anni in una stazione di servizio e ho cercato di aiutare la gente come potevo. Il mio capo mi voleva bene perché aiutavo sempre le signore anziane e cercavo di dare una mano a tutti. Alcuni mi dicevano che venivano a far benzina da noi perché c’ero io. Sembrava che piacessi a molta gente e per il mio compleanno molti dei nostri clienti regolari mi portavano un biglietto d’auguri e si congratulavano con me. Non so come avessero scoperto che era il mio compleanno, ma mi faceva davvero sentire bene che apprezzassero i miei sforzi per aiutarli. Cerco sempre un modo di aiutare gli altri. Mi piace aiutare la gente che ha bisogno.

“C’era un negozietto collegato alla stazione di servizio e il gestore mi dava i panini che erano rimasti nel distributore dal giorno prima. Dopo il lavoro andavo al parco, cercavo persone che sembravano avessero un bisogno disperato di cibo e gli davo i panini”.

Ogni volta che scoprivo qualcosa di nuovo nel cuore di Joe, vedevo altri motivi per cui Dio mi aveva permesso di entrare in contatto con lui. Questo giovane, che era super occupato con il lavoro e gli studi, trovava lo stesso il tempo di fare qualcosa per i poveri e i senzatetto. La compassione del suo cuore lo spingeva ad aiutare gli altri, anche se doveva farlo da solo.

Joe ha continuato: “Quando andavo all’università, ho incontrato delle famiglie povere di immigrati che avevano bisogno d’aiuto per imparare la lingua, così mi sono offerto di insegnargliela. Ero contento sapendo di aiutare persone che altrimenti non avrebbero avuto l’assistenza necessaria”.

Gli ho detto: “Joe, penso che tu stia già realizzando una parte importante dello scopo della tua vita, dimostrandoti gentile, premuroso, affettuoso e attento ai bisogni della gente; non ti sei reso conto dell’importanza di quello che fai. È questo che ti rende felice: fare qualcosa che conta, che fa una differenza nella vita delle persone. Il tempo e l’energia che investi nella vita degli altri li rende migliori, perché dimostra che qualcuno tiene a loro e quindi che forse stanno a cuore anche a Dio. Oltretutto fai molto felice il tuo Padre celeste, facendo quello per cui ti ha creato. Lo sai che i due più grandi comandamenti di Gesù, come puoi leggere nella Bibbia, sono amare Dio con tutto il cuore, la mente e la forza, e amare il prossimo come te stesso?

“Così, quando incontri delle persone e cerchi di aiutarle, stai facendo quello che faceva Gesù. La Bibbia dice che “andava attorno facendo del bene”.[1] Gesù ci ha indicato molto chiaramente qual era la missione della sua vita — e quale dovrebbe essere la nostra — quando disse: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”.[2] Fu mandato in questo mondo per essere l’amore per ogni persona e ci chiede di aiutarlo in questo compito.

“Perché Dio dà tanta importanza all’aiutare gli altri? Penso che una delle esigenze più grandi della gente sia trovare qualcuno li aiuti a portare i loro pesi. La maggior parte delle persone sente il bisogno di amore e di attenzione, vogliono essere apprezzate per quel che sono. Vogliono l’approvazione e il rispetto degli altri. Quando offri lor queste cose, fai qualcosa d’importante per loro! E per Dio!

“Dio, che è così amorevole, vuole che tutte le sue creature sentano il suo amore e vuole dimostrarglielo mediante i suoi figli. Se sei disposto a essere un suo rappresentante, a usare le tue mani e i tuoi piedi per dimostrare amore e compassione per gli altri, Lui ne sarà felicissimo e farà coppia con te. Farà tutto il possibile per potenziare i tuoi sforzi”.

Joe sembrava assorbire tutto pensosamente, come se non avesse mai visto le cose da quel punto di vista. Poi ha detto: “Un giorno, alla stazione di servizio, una signora anziana che aiutavo sempre a far benzina è venuta e ha aspettato per quindici minuti che fossi libero. Mi ha messo in mano un anello; penso che fosse la sua fede. Aveva sentito che mi sarei sposato e ha detto che voleva ringraziarmi dandomi questo anello per la mia sposa. Ho visto che, anche se c’è molto male in questo mondo, fare qualcosa di gentile sembra tirar fuori la gentilezza dagli altri e fare un po’ più di bene”.

Poi ha continuato: “Quando avevo tempo tra la scuola e il lavoro, aiutavo diverse persone anziane tagliando l’erba e facendo qualche lavoretto in casa loro. Erano tanto sole e avevano bisogno di qualcuno con cui parlare, così mi faceva piacere stare con loro. E poi mi ha reso felice quando si sono offerte di darmi delle buone referenze per il lavoro che stavo cercando. Hanno detto qualcosa di così bello che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Erano molto grate per quello che avevo fatto”.

Oltre al suo spirito servizievole e affettuoso, Joe sembrava avere un talento che accentuava la sua premura nei confronti degli altri. “Joe”, gli ho detto, “Credo che Dio ti abbia fatto un dono speciale, il dono dell’empatia. È quello che ti aiuta a essere tanto perspicace e intuitivo. Ti aiuta a capire gli altri in maniera profonda. È un dono meraviglioso che è una grande benedizione per la gente. Comunque, quando ci sono molte persone che si aspettano qualcosa da te e ti confidano problemi, dolori e sofferenze, può diventare un peso molto grande. Immagino che portare quel carico, insieme ai tuoi problemi e ai tuoi dolori, a volte possa farti quasi crollare sotto il suo peso”.

Joe annuiva, ascoltando con attenzione.

“Per questo è molto importante avere un rapporto forte, intimo e personale con Dio, che può portare tutti i pesi e ti aiuterà a reggere i tuoi. Hai un ruolo molto importante nell’aiutare la gente ascoltandola, capendola e aiutandola. Quella è la tua parte. Quella di Dio è fare le cose che non puoi fare tu; cambiare la situazione. La tua parte è aiutare, capire e indirizzarle a Gesù che, con il suo grande amore e la sua potenza soprannaturale, può dare loro conforto e aiuto e cambiare la situazione per il meglio. Puoi parlare a Gesù di ognuno di loro e pregare; poi Lui farà qualcosa per aiutarli a essere meno soli, meno malati o meno afflitti da questi problemi. È così che puoi fare coppia con Lui”.

Joe sembrava assorbire quello che gli dicevo come se stesse toccando qualcosa che era chiuso dentro di lui. Gli ho detto: “Tutti questi pesi sono troppo da portare per una sola persona… Gesù è sempre lì a tua disposizione. Vuole essere il tuo miglior amico. Puoi raccontargli tutto. Ti vuole bene e vuole sentire tutto quello che riguarda te e i bisogni degli altri, perché può aiutarti a portare il peso. Più ti sforzi di avere una connessione con Lui, più leggero sarà il tuo carico. Lui può mostrarti cosa dire e cosa fare, poi sarai in grado di fare ancora di più con meno preoccupazione e meno tensione”.

Il tempo a nostra disposizione era volato, ma Joe era pensieroso mentre si preparava ad andare via. Questa volta non ha avuto una richiesta esitante di rivederci, ma ha chiesto con chiara aspettativa: “Quando possiamo parlare di nuovo?”

Quella sera il Signore mi ha detto: “Ciò di cui Joe ha bisogno è soprattutto di rendersi conto che voglio sentirlo che gli voglio bene. Capisco i pesi che porta e sono lì per aiutarlo. Una vota che si renderà conto che può rivolgersi a me e che sono lì per lui, più vicino di un fratello, la nostra relazione si approfondirà molto in fretta. Stando ad ascoltarlo, lo aiuti a rendersi conto che anch’Io lo ascolto”.

Restate in attesa della seconda parte, in cui vi parlerò del dolore segreto di Joe.


[1] Atti 10,38.

[2] Giovanni 20,21.


Titolo originale: Joe at My Door—Part 1
Pubblicato originariamente in Inglese il 28 Giugno 2014
versione italiana affissa il 15 Dicembre 2014;
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