Di Peter Amsterdam
Gennaio 4, 2015
La disciplina spirituale della buona amministrazione ha a che fare con l’uso corretto delle cose che Dio ha affidato alle nostre cure, compresi i nostri beni, i nostri soldi e il nostro tempo. Per capire e praticare la disciplina della buona amministrazione e di varie altre discipline che ricadono nel suo ambito, è utile per prima cosa capire alcuni principi fondamentali: quello di proprietà, di buona amministrazione e il bisogno di avere un rapporto corretto con le cose materiali.
Il principio fondamentale della proprietà, in poche parole, è che tutto quello che avete appartiene a Dio. La Bibbia insegna che a Dio, come Creatore di tutte le cose, appartiene tutto; ciò significa che qualsiasi cosa una persona possegga, sostanzialmente appartiene a Lui.
Leggiamo che: All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.[1] Poiché tutta la terra è mia;[2] qualunque cosa sotto tutti i cieli è mia.[3] Mio è l’argento e mio è l’oro, dice l’Eterno degli eserciti.[4] Tutto ciò che “possediamo”, in realtà appartiene al nostro Creatore; e questo non comprende solo i nostri beni, ma anche noi stessi. Poiché Dio possiede tutto, il modo in cui la Bibbia vede le nostre cose è che siamo semplicemente amministratori o custodi di ciò che appartiene a Dio e che Lui ci ha affidato.
Donald Whitney spiega bene questo principio:
Questo significa che siamo amministratori o, per usare un termine biblico, custodi delle cose che Dio ci ha dato. In quanto schiavo, Giuseppe era un amministratore quando Potifar lo incaricò di gestire la sua casa. Niente era suo, perché era uno schiavo; ma amministrava tutti i beni di Potifar in sua vece. La gestione delle risorse del suo padrone includeva il loro uso per venire incontro ai propri bisogni, ma la responsabilità principale di Giuseppe era di utilizzarle per fare l’interesse di Potifar. È quello che dobbiamo fare noi. Dio vuole che usiamo le cose che ci ha permesso di avere e ne beneficiamo, ma come loro custodi dobbiamo ricordare che appartengono a Lui e che vanno utilizzate principalmente per il suo Regno.[5]
Anche se tutto appartiene a Dio, Lui vuole che siamo felici e beneficiamo delle cose che ci ha dato, come dice in 1 Timoteo 6,17: “[…] il Dio vivente, il quale ci offre abbondantemente ogni cosa per goderne”. Come custodi delle risorse divine —particolarmente delle cose che sono in nostro possesso e più in genere delle risorse della terra — possiamo utilizzarle per noi e per i nostri cari, per averne di che vivere e per beneficiare di ciò che ha affidato alle nostre cure. L’amministrazione, comunque, comporta la fedeltà nel gestire le risorse del vero proprietario, secondo le sue istruzioni, o almeno secondo i suoi principi guida. Il proprietario stabilisce i parametri e l’amministratore opera entro di essi.
Capire il principio della proprietà e dell’amministrazione ci aiuta a sviluppare un rapporto corretto con possedimenti, denaro e ricchezza. Avere il rapporto giusto con queste cose è importante ed essenziale per il nostro rapporto con Dio.
Voglio far notare che quando si parla di possedimenti e denaro nel contesto della disciplina spirituale della buona amministrazione, bisognerebbe capire che i beni materiali e i soldi hanno un ruolo importante nella vita quotidiana. Avere sufficienti mezzi per vivere, provvedere alla nostra famiglia e soddisfare adeguatamente le nostre legittime necessità, fa parte dell’uso corretto di ciò che il Signore ha affidato alle nostre cure. Come amministratori dei fondi divini, siamo tenuti a usarli secondo la sua natura e il suo carattere. Ciò significa che oltre a usarli per cibo, vestiario e alloggio, possiamo usarne una parte per tempo libero, ricreazione e festeggiamenti, perché riposarsi, rilassarsi e festeggiare sono cose che Dio ci ha detto di fare.
Il denaro e i beni materiali sono moralmente neutri, non sono né buoni né cattivi di per sé. Ne abbiamo bisogno per vivere. I problemi che sorgono dalla ricchezza non provengono dalla ricchezza in sé, ma dall’avere con essa un rapporto sbagliato. È quando siamo avidi di denaro, quando lo amiamo, o quando diventa il nostro punto focale e gli assegniamo il potere e l’importanza che andrebbero riservati a Dio, che sorgono dei problemi.
Come disse l’apostolo Paolo nella sua lettera a Timoteo:
Ma coloro che vogliono arricchirsi cadono nella tentazione, nel laccio e in molte passioni insensate e nocive, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella distruzione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori.[6]
È l’amore del denaro o della ricchezza — in altre parole, un rapporto sbagliato con essi — che può danneggiarci spiritualmente. Gesù fece notare che quando uno ama mammona — tradotto in alcune versioni bibliche con “denaro” e in altre con “ricchezze” — il suo rapporto con Dio ne viene influenzato negativamente. Crea una rivalità con Dio.
Nessun servo può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona.[7]
Gesù non stava dicendo che la ricchezza o il denaro sono un male, ma ammoniva che amarli, attaccarvi il proprio cuore, metterli al centro della nostra vita, confidare e sperare in essi come sicurezza e protezione, vuol dire metterli al posto di Dio nel nostro cuore. Dio deve stare al centro della nostra vita e la Bibbia ci dice di mettere in Lui la fiducia e la speranza per la nostra sicurezza e protezione. Amare e confidare nel denaro e nei possedimenti prende il posto di Dio nel nostro cuore; questo è ciò che Gesù definisce servire mammona.
Avere denaro, o lavorare per guadagnare soldi, prendersi cura della propria famiglia e migliorare la propria posizione economica, non vuol dire servire mammona. L’apostolo Paolo indicò chiaramente che provvedere alla propria famiglia è una cosa essenziale. Se uno non provvede ai suoi e principalmente a quelli di casa sua, egli ha rinnegato la fede ed è peggiore di un non credente.[8] Gesù non intendeva condannare il denaro o il suo uso legittimo. Parlava dei pericoli che nascono nella vita di una persona quando dà troppa importanza al denaro e alla ricchezza, specialmente quando ripone in esso la propria fiducia, quando gli permette di prendere il posto di Dio nella sua vita e quando il suo rapporto con esso usurpa quello con il Signore.
Alcuni potrebbero pensare che dire che il denaro non è un male in se stesso promuove l’idea che tutti i cristiani dovrebbero essere benestanti, un’idea che non è sostenuta dalle Scritture. Allo stesso tempo, è sbagliato anche dire che il denaro o la ricchezza sono di per sé cose malvagie. Sono il cuore e l’atteggiamento della persona che ha quella ricchezza che la rende buona o cattiva. Come disse Robert E. Speer (1867–1947), scrittore e luminare delle missioni: Non possiamo servire Dio e mammona; ma possiamo servire Dio usando mammona. Ci sono stati tanti uomini e donne di Dio che erano ricchi e hanno utilizzato la loro prosperità al servizio di Dio, finanziando missionari e opere missionarie, fondando ditte che hanno creato posti di lavoro e permesso ai poveri di guadagnarsi da vivere, e in tanti altri modi.
Anche se la ricchezza non è un male in sé, le Scritture indicano chiaramente che avere grandi beni è una sfida spirituale e può costituire un pericolo. Nei Salmi leggiamo un avvertimento: Se le ricchezze abbondano, non vi attaccate il cuore;[9] e nei Proverbi leggiamo: Chi confida nelle sue ricchezze cadrà.[10] Gesù illustrò il pericolo corso dai ricchi quando disse: È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.[11] Spiegò che non bisogna farsi tesori sulla terra, ma in cielo; e indicò chiaramente che il nostro cuore sarà dov’è il nostro tesoro.[12]
Nel resto del Nuovo Testamento troviamo altre ammonizioni sui pericoli di un rapporto sbagliato con la ricchezza. Nella Lettera agli Ebrei leggiamo: La vostra condotta non sia dominata dall’amore del denaro; siate contenti delle cose che avete; perché Dio stesso ha detto: «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò».[13] Paolo disse che i vescovi non dovrebbero essere amanti del denaro,[14] ma che bisogna ordinare ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente, il quale ci offre abbondantemente ogni cosa per goderne.[15]
I nostri veri tesori non sono il denaro e i possedimenti; i nostri veri tesori sono il regno di Dio, il suo amore, il nostro rapporto con Lui, la nostra salvezza, la sua provvidenza, la sua cura per noi e le ricompense che ci aspettano. Se comprendiamo questo, il nostro denaro e il suo uso acquistano la prospettiva giusta.
Comprendere i principi della proprietà (che tutto appartiene a Dio) e della buona amministrazione (che dobbiamo usare quello che Dio ci ha dato secondo la sua volontà e la sua Parola) e la necessità di sviluppare il rapporto corretto con i beni e il denaro, ci aiuta a regolare il nostro atteggiamento interno e il nostro comportamento esterno riguardo alle cose su cui abbiamo controllo, sia quelle tangibili, sia quelle intangibili. Il denaro e i beni sono elementi tangibili di cui dobbiamo decidere l’uso. Il tempo è intangibile, tuttavia possiamo decidere come usarlo. Quando comprendiamo che la nostra vita, il nostro tempo e i nostri beni appartengono tutti a Dio, ci troviamo in una posizione migliore per prendere le decisioni giuste su come usare ciò che è affidato alla nostra amministrazione e come avere il rapporto corretto con esso.
Ci sono alcune discipline spirituali che possono entrare nell’ambito di una buona amministrazione, perché hanno a che fare con l’uso dei nostri beni o del nostro tempo. Sono la semplicità, il dare agli altri e il dare la decima, argomenti di cui tratteremo in questo e altri articoli.
Una delle discipline spirituali comprese nell’ambito della buona amministrazione è quella della semplicità. Semplicità vuol dire astenersi dall’usare il denaro, o i beni di cui siamo custodi, soltanto per gratificare i nostri desideri o la nostra sete di stato sociale, di glamour, o di lusso. Significa che usiamo il denaro a nostra disposizione per scopi che contano; che viviamo nei limiti del buon senso nel modo in cui lo spendiamo.[16] Vuol dire avere saggezza e buon senso nel decidere come spendere i nostri soldi; usare con attenzione i fondi che ci sono affidati. Vuol dire essere sobri nelle spese personali e allo stesso tempo generosi nel dare e nell’aiutare gli altri.
Per avere semplicità nella vostra vita, potreste considerare le seguenti cose:[17]
Questo elenco non vuole assolutamente presentare leggi da seguire, ma solo dei consigli pratici su argomenti di cui essere consapevoli, insieme al modo di minimizzare o eliminare alcune cose che potrebbero essere una distrazione dal vostro rapporto con Dio e competere con Lui per il primo posto nel vostro cuore.
La disciplina della semplicità può essere vista come un mezzo per liberarsi da alcuni degli inutili legami alle cose di questa vita, un mezzo per “avere in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra”.[18] Gesù ci disse che dov’è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore. Dobbiamo avere un rapporto corretto con i nostri beni e riconoscere i danni che posso esserci se quel rapporto perde il suo equilibrio. La semplicità può diminuire l’attenzione su noi stessi e aiutarvi a restare attenti al nostro vero tesoro, il nostro Dio amorevole che ci ha dato le cose più preziose che potremmo mai avere: il suo amore e la salvezza.
Altri aspetti della disciplina della buona amministrazione saranno discussi in articoli successivi.
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
[1] Salmi 24,1.
[2] Esodo 19,5.
[3] Giobbe 41,11.
[4] Aggeo 2,8.
[5] Donald S. Whitney, Spiritual Disciplines for the Christian Life (Colorado Springs: Navpress, 1991), 140–41.
[6] 1 Timoteo 6,9–10.
[7] Luca 16,13.
[8] 1 Timoteo 5,8.
[9] Salmi 62,10.
[10] Proverbi 11,28, NAU.
[11] Luca 18,25.
[12] Matteo 6,19–21.
[13] Ebrei 13,5.
[14] … non dedito al vino, non violento, non avaro, ma mite, non litigioso, non amante del denaro (1 Timoteo 3,3).
[15] 1 Timoteo 6,17 NIV.
[16] Dallas Willard, The Spirit of the Disciplines (New York: HarperOne, 1988), 168.
[17] As taught by Richard J. Foster in Celebration of Discipline (New York: HarperOne, 1998), 90–95.
[18] Colossesi 3,2.
Titolo originale: The Spiritual Disciplines: Stewardship/Simplicity
Pubblicato originariamente in Inglese il 22 Febbraio 2014
versione italiana affissa il 4 Gennaio 2015;
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