Raccontare il Vangelo – Parte 2

Di Maria Fontaine

Maggio 24, 2016

[Storying the Gospel–Part 2]

La prima parte di questa serie ha introdotto il concetto del “raccontare la Bibbia”, un metodo di predicare il Vangelo che è sempre stato molto efficace fin da quando l’ha usato Gesù. Come ho spiegato, milioni di persone nel mondo non sanno leggere e altri milioni non sanno farlo bene oppure vengono da culture con tradizioni orali. In queste ultime il principale metodo di apprendimento non è l’alfabetizzazione; la parola stampata non modella il loro pensiero a livelli significativi. In ogni caso, le persone che apprendono oralmente possono assimilare gli stessi pensieri, le stesse idee e gli stessi concetti di chi è alfabetizzato, purché le lezioni siano presentate in modo tale che possano ricordarle. È possibile raggiungere l’apprendente auditivo mediante delle storie. Secondo la Bibbia, “Gesù disse alle folle tutte queste cose in parabole, e parlava loro solo in parabole”.1

Il metodo di raccontare la Bibbia non è solo per le persone che vivono nelle zone sottosviluppate del mondo. Può essere usato in qualsiasi paese o cultura. In America, dove molti non leggono o leggono poco, il metodo del raccontare la Bibbia ha avuto un successo sorprendente. Viene usato in alcune mega-chiese come strumento per l’evangelizzazione e il discepolato. Una storia può essere molto valida per insegnare il Vangelo in qualunque posto, perché ci si fa tutto a tutti per salvarne in qualsiasi modo alcuni.2

Se sei come me e come molti altri, la prima volta che hai sentito parlare del metodo di raccontare la Bibbia hai pensato che sarebbe andato benissimo per chi non sapeva leggere, ma hai dubitato un po’ che fosse molto efficace in posti dove la gente è già alfabetizzata.

Ecco qui sotto alcuni esempi di come raccontare la Bibbia. Alcune parti di questi esempi sono tratte dal libro Truth That Sticks,3 [Verità che rimangono]. Penso che vi sorprenderà vedere quanto interesse e quale effetto possa provocare nelle persone questo tipo di studi biblici.


Un pastore si era trasferito sulla costa pacifica nordoccidentale dell’America per stabilire una chiesa utilizzando le storie bibliche. Cominciò col presentarsi al proprietario di un bar suggerendogli di organizzare una “serata di racconti” in cui tutti potessero raccontare la storia che volevano. Alcune storie erano piuttosto sconce, ma il pastore, nella sua qualità di conduttore, stava ad ascoltare il tema generale e alla fine raccontava una storia biblica che parlava degli argomenti sollevati dagli altri. Scoprì che la gente stava ad ascoltare con attenzione e alla fine andava da lui per parlarne. La sua chiesa è cresciuta e adesso ha trenta gruppi che raccontano storie bibliche per affrontare i problemi incontrati da persone che vivono in una delle zone meno alfabetizzate e meno cristiane degli USA.


Le persone che imparano storie bibliche poi le raccontano ad altri. Randy Proctor imparò il metodo di raccontare storie una settimana e lo mise in pratica in quella successiva parlando in una “chiesa di cowboy” iniziata solo cinque settimane prima.

Raccontò la storia del passaggio del Mar Rosso, dal libro dell’Esodo, a un pubblico di cowboy con le loro famiglie. Poi fece diverse domande sulla storia: chi teneva in schiavitù gli Israeliti? Chi li inseguiva? Chi era il loro “faraone”? Chi era la loro unica speranza di salvezza?

Alla fine fece alzare tutti in piedi. “Ho chiesto loro se si sarebbero arresi a Dio, chiedendogli di fare i conti con il faraone nella loro vita”, spiegò Randy. Perse il conto dopo i primi quindici che si fecero avanti. All’uscita, un uomo gli disse: “Il messaggio biblico più chiaro che abbia mai sentito in vita mia”.


Un pastore di nome Jim fu chiamato al capezzale di Terry, un malato terminale di cancro, che si chiedeva se Dio l’avrebbe perdonato. Jim disse che gli venne in mente Luca 15, così racconto a Terry la storia del figlio prodigo. Terry e sua moglie scoppiarono in lacrime. “È fortissimo”, fu la sua reazione.


Su un aereo da Detroit ad Atlanta, un cristiano cominciò a parlare a Brandon, un giovane laureato in biomeccanica alla Vanderbilt University, che stava preparando un dottorato alla Georgia Tech. Diceva che era cristiano, ma non aveva mai letto la Bibbia e non capiva la differenza tra opere e fede. Dopo aver ascoltato la storia del figlio ribelle, del padre pronto al perdono e del fratello maggiore geloso, Brandon ne comprese immediatamente il significato e quel brillante ventiquattrenne fu folgorato dalla storia e dalla fede che trasmetteva.


Paul Krueger e Chuck Brouhghton, del gruppo cristiano Navigators, hanno lavorato sei anni per portare le storie bibliche nel penitenziario statale di Angola, in Louisiana, una volta noto come la prigione americana più sanguinaria. Il carcere ha le dimensioni dell’isola di Manhattan e ha 5200 detenuti. Oltre l’80 percento di loro è condannato all’ergastolo senza possibilità di ottenere la libertà condizionale.

Ad Angola, oggi i gruppi dei racconti biblici si sono trasformati in ventotto chiese e in un seminario con corsi biennali tenuti dai carcerati stessi. Molti di loro sono diventati cappellani e sono stati trasferiti in altre carceri.


Raccontare la Bibbia può essere molto efficace con persone di altre religioni. Le storie aggirano le loro difese perché non discutiamo con loro né attacchiamo direttamente le loro dottrine.

C’erano diversi musulmani che frequentavano il ristorante di una coppia cristiana. Gli uomini spesso si scambiavano diverse storie, così il proprietario decise di raccontare alcune storie della Bibbia riguardanti la potenza di Dio. Dopo alcuni pasti e alcuni momenti passati a raccontarsi storie, uno degli uomini disse: “Le storie che racconti sono buone, ma sembrano far parte di una storia più grande”. Il proprietario rispose: “Proprio così. Volete sentire la Storia più grande?” Tutti acconsentirono, lui cominciò dalla Genesi e una settimana dopo l’altra raccontò loro cronologicamente tutte le storie della Bibbia.

Dopo circa sei settimane, gli uomini chiesero: “Anche tua moglie sa queste storie?” Alla sua risposta affermativa, si organizzarono per fare venire le loro mogli ad ascoltare da lei la Grande Storia. Ben presto quattro coppie accettarono Gesù e cominciarono a evangelizzare all’interno della loro cerchia di amici.


Il Pastore Bobby Welch ha insegnato a migliaia di Cristiani a condividere la loro fede usando una combinazione di storie bibliche e sketch. Fa una rappresentazione molto vivace della parabola della pecorella smarrita. Cammina davanti ai suoi ascoltatori contando le sue pecore immaginarie: “Novantasette, novantotto, novantanove… novantanove? Novantanove?” Gli occhi gli si riempiono d’orrore. “La centesima pecora si è persa!” urla.

Sconvolto, Bobby corre in mezzo al pubblico e sale su una balconata che sta più o meno all’altezza di un albero rispetto al pavimento sottostante. Ha visto la pecora. Con molta attenzione, si aggrappa alla ringhiera e si stende all’infuori verso la sua immaginaria pecora smarrita, correndo il rischio di cadere.

Con un grido di gioia, le dice: “Non preoccuparti, pecorella, ti ho preso!” Riscavalca la ringhiera, ritorna sulla balconata e poi scende verso il suo ovile immaginario. E con un grido di “Cento!”, la storia finisce.

Si è fatto capire senza nessuna predica e tutti hanno compreso che un pastore farebbe di tutto per salvare anche un’unica pecora.


Qualcuno ha portato l’esempio di una storia biblica che si è svolta pressappoco così: durante un incontro del nostro piccolo gruppo di tredici persone, un marine in pensione si è alzato e ha cominciato a raccontare la storia del figlio prodigo, senza abbellimenti, in maniera semplice, e tutti sono stati presi dal racconto.

Alla fine, ha fatto una domanda semplice riguardo alla storia: “Con quale dei personaggi della storia potete immedesimarvi di più: con il padre, il figlio prodigo o il fratello maggiore?”

È stato come aprire un argine. Un uomo ha detto di sentirsi come il padre, perché suo figlio aveva dei problemi. La prima persona è stata così onesta e trasparente su quello che stava succedendo nella sua vita, che le sue parole hanno colpito tutti come se facessero tutti parte di un’unica famiglia! Un altro s’immedesimava con il figliol prodigo, perché, diceva: “Quello sono io!”

Era come se qualcuno avesse aperto la porta di una storia e ci avesse permesso di entrare e vedere a che punto eravamo nella nostra vita, in che punto la intersecavamo. Grazie a quell’uomo mi sono reso conto che raccontare la Bibbia funziona e permette alla gente comune di diffondere il messaggio.


Se t’interessa imparare altro su questo metodo di raccontare la Bibbia come strumento per la conquista d’anime e il discepolato, lo spiegherò ulteriormente nell’ultima parte di questa serie, che uscirà presto. Ti raccomanderei anche di leggere il libro [in Inglese] che ho citato e che mi è servito d’ispirazione per questa serie di articoli: Truth That Sticks: How to Communicate Velcro Truth in a Teflon World, Avery T. Willis Jr. and Mark Snowden (NavPress, 2009).


Gli autori citati: Avery T. Willis Jr. è stato pastore di chiese in Texas e Oklahoma per dieci anni e poi missionario in Indonesia per quattordici. È laureato in missiologia ed è il direttore esecutivo dell’International Orality Network.

Mark Snowden insegna il metodo di raccontare la Bibbia e ha preparato una Bibbia orale da utilizzare nei rapporti con una popolazione predominantemente musulmana dell’Asia centrale. Attualmente insegna il metodo a missionari e organizzatori di chiese laici.


1 Matteo 13,34.

2 1 Corinzi 9,22.

3 Avery T. Willis Jr. e Mark Snowden, Truth That Sticks: How to Communicate Velcro Truth in a Teflon World (NavPress, 2009).


Pubblicato originariamente in Inglese il 29 settembre 2015.

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