Le storie raccontate da Gesù: i semi e il lievito – Matteo 13,1; Marco 4,26-29. 30-32; Luca 13,18-21

Di Peter Amsterdam

Maggio 28, 2016

[The Stories Jesus Told: The Seeds and the Leaven]

Qualche tempo dopo essere stato battezzato da Giovanni Battista, Gesù cominciò a predicare che il regno dei cieli era vicino.1 La frase “regno dei cieli” è intercambiabile con “regno di Dio”. Nella Palestina del primo secolo, il popolo ebreo evitava di pronunciare il nome “Dio” e usava dei mezzi indiretti per indicarlo, sostituendo ad esso altre parole. (Gli Ebrei osservanti fanno la stessa cosa ancora oggi.) In questo caso Matteo, che scriveva per un pubblico ebreo, sostituì “Dio” con “cielo”, quindi scrisse “il regno dei cieli è vicino”.

Gesù parlò del regno di Dio durante tutto il suo ministero. Ci viene detto che andava attorno per le città e i villaggi, predicando e annunciando la buona novella del regno di Dio.2 Le folle … lo seguirono; ed Egli le accolse e parlava loro del regno di Dio.3 Mandò [i suoi discepoli] ad annunciare il regno di Dio e a guarire.4 Annunciare il regno di Dio fu un punto focale del ministero di Gesù.

Gesù usò diverse parabole per spiegare i vari aspetti del regno di Dio e in questo articolo prenderò in esame tre parabole che parlano della crescita del regno. La prima, a volte chiamata “Il seme che cresce” e raccontata solo nel Vangelo di Marco, dice:

Marco 4,16–29:

«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra. Ora la notte e il giorno, mentre egli dorme e si alza, il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come. Poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. E, quando il frutto è maturo, il mietitore mette subito mano alla falce perché è venuta la mietitura».

In questa parabola, Gesù paragonava il regno al processo del seme che è seminato, matura e viene raccolto. Ricordate che le parabole sono brevi e non raccontano molti particolari che gli ascoltatori o i lettori sono in grado di ricordare da soli. Vediamo il contadino che semina, poi dorme e si alza, notte e giorno, mentre il seme germoglia e cresce.

Con questa parabola non si vuole accusare il contadino di essere pigro e non far niente, o di non conoscere i metodi dell’agricoltura. Indica invece che durante il periodo tra la semina e il raccolto, anche se le azioni del contadino sono utili, non servono a far crescere il seme. Deve aspettare che il seme passi per i vari stadi della crescita fino alla maturazione.

Il seme – in questo caso di grano – cresce da solo e la sua maturazione richiede del tempo, prima per sbucare dal terreno come un filo d’erba, poi per formare la spiga e alla fine per essere pronto per la messe. L’intero processo richiede tempo e non c’è niente che il contadino possa fare, a parte la semina, per portarlo a compimento. Dietro alla crescita del seme ci sono la pioggia, gli elementi della terra, la vita all’interno del seme – tutti prodotti della creazione divina. Una volta piantato, il seme adempie con successo il compito a cui è destinato. Quando è completamente cresciuto, viene mietuto.

Che cosa vuol dire Gesù, riguardo al regno, quando racconta questa parabola? Lui spiega che il regno è come un processo di crescita che si muove automaticamente verso la maturazione e il raccolto. L’inattività del contadino indica il muoversi del tempo: dorme, si sveglia, giorno dopo giorno, e durante tutto quel tempo il seme cresce per conto suo. Alla fine, quando il grano è maturo, il mietitore mette subito mano alla falce perché è venuta la mietitura. Queste parole rispecchiano un’espressione simile usata in Gioele 3,13, che dice:

Mettete mano alla falce, perché la messe è matura. Venite, scendete, perché il torchio è pieno, i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità.

Mietere il grano con la falce indica il giudizio e in questo caso un giudizio futuro, che giungerà quando la messe sarà matura. In un’altra parabola, Gesù disse:

La mietitura è la fine dell’età presente; i mietitori sono angeli.5

Gesù racconta la parabola per trasmettere il concetto che il regno di Dio è in costante preparazione, indipendentemente da qualsiasi sforzo umano per favorirlo o contrastarlo. Al centro della parabola c’è il seme, con la sua crescita costante dalla germogliazione alla formazione del frutto e infine al momento del raccolto. È un processo che richiede tempo, ma procede regolarmente un giorno dopo l’altro. Il contadino sa che una volta deposto il seme non può fare nient’altro per affrettare il processo. Ha solo la certezza che il seme produrrà frutto e quando questo sarà pronto sarà il momento di raccoglierlo.

Per comprendere il punto che Gesù voleva illustrare, è utile ricordare che stava parlando a persone che erano testimoni del suo ministero – sia i suoi discepoli sia quelli che erano venuti ad ascoltarlo – persone che sulla missione del Messia avevano le aspettative tipiche degli Ebrei. Aspettavano con ansia l’arrivo di un re o un governante che sarebbe insorto per spezzare le catene degli oppressori, i governanti romani, e riportare il regno d’Israele alla gloria del passato. Possiamo vedere questa anticipazione in quel che successe dopo che Gesù sfamò i cinquemila:

Allora la gente, avendo visto il segno che Gesù aveva fatto, disse: «Certamente costui è il profeta, che deve venire nel mondo». Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.6

Gesù predicava il regno di Dio, ma quello che predicava non soddisfaceva le normali aspettative della gente di quel tempo. Guariva i malati, ridava la vista ai ciechi, risuscitava i morti, perfino, ma non si occupava della situazione politica. Non c’era segno che volesse rovesciare il potere di Roma. Forse l’eccitazione di alcuni di quelli che all’inizio avevano accolto con entusiasmo il suo messaggio stava cominciando a svanire. Alcuni potrebbero aver dubitato del suo messaggio e dei suoi metodi, al punto che, come ci dice il Vangelo di Giovanni, molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui.7

Chiaramente alcuni si chiedevano se Gesù potesse davvero essere il Messia, visto che le loro attese andavano deluse. In questa parabola Gesù voleva indicare che gli ascoltatori dovevano sia allargare il loro modo di vedere il regno, sia lasciar passare il tempo necessario perché giungesse a compimento. Il regno, come il seme, ha bisogno di tempo perché si svolga tutto il processo dalla semina al raccolto. Ci vuole tempo perché arrivi a maturazione, ma quando succederà, la messe arriverà con certezza.

Gesù indica la stessa cosa in altre due parabole. La prima è quella del “Granello di senape”, raccontata in tutti e tre i Vangeli sinottici – Matteo, Marco e Luca.

Ecco come la racconta Matteo:

Matteo 13,31-32

«Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è certamente il più piccolo di tutti i semi; ma una volta cresciuto è il più grande di tutte le erbe e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».8

Nelle altre due versioni ci sono alcune variazioni minori. Marco scrive che l’”erba” mette rami così grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi sotto la sua ombra; mentre Luca dice che è diventato un grande albero, e gli uccelli del cielo sono venuti a cercar riparo tra i suoi rami.9

Indicare il granello di senape come il più piccolo di tutti i semi, concordava con l’uso proverbiale ebraico e greco-romano dei semi di mostarda per indicare qualcosa di minuscolo. Non vuol dire che non esistano semi più piccoli; in realtà ce ne sono; solo che questo seme era il più piccolo tra quelli piantati dai contadini del tempo. La maggior parte dei commentatori identifica il seme in questione come quello della senape nera (Brassica Nigra). Questo seme minuscolo produce una pianta che cresce fino a 2,5 o 3,5 metri, quindi alta come alcuni alberi. Le dimensioni della pianta permettono agli uccelli di fare il nido tra i suoi rami, come in un albero. Gesù usa la parabola per mettere in evidenza il contrasto tra il piccolo seme e il grande arbusto cui dà origine.

Nel paragonare il regno al seme di senape, Gesù vuole indicare che, anche se in quel momento il regno che sta predicando è molto piccolo, in seguito crescerà enormemente. Crea un contrasto tra le dimensioni del minuscolo seme e quelle del risultato finale.

Il riferimento alla pianta che è simile a un albero, con gli uccelli che fanno il nido tra i suoi rami, probabilmente avrebbe rammentato agli ascoltatori le scritture che paragonavano il regno babilonese di Nabucodonosor a un grande albero il cui fogliame era bello, il frutto abbondante, … e sui cui rami facevano il nido gli uccelli del cielo.10 Avrebbero sentito anche echi di come il regno d’Assiria era chiamato un cedro del Libano la cui altezza si era elevata sopra tutti gli alberi della campagna, [… e] gli uccelli del cielo facevano il nido tra i suoi rami, […] e tutte le grandi nazioni dimoravano alla sua ombra.11

Che la pianta di senape sia spuntata da un seme minuscolo e sia diventata abbastanza grande da ospitare tra i suoi rami i nidi degli uccelli, vuole indicare che da una cosa tanto piccola e insignificante nasce qualcosa di grande e maestoso. La connessione con altre immagini citate nel Vecchio Testamento la paragona a regni immensi che includono molte nazioni. Questa illustrazione raffigura la grandezza del regno di Dio che nascerà dal ministero di Cristo.12

Con questa parabola Gesù paragona il granello di senape all’inizio quasi insignificante del regno di Dio, che con il tempo crescerà fino a diventare grandissimo. Ciò che è iniziato tanto piccolo diventerà qualcosa d’immenso.

Come nella parabola del “Seme che cresce”, c’è un intervallo tra la semina del granello di senape e la crescita completa dell’arbusto. Quello che succede nel presente non è la fine della storia. Il tempo passerà, la pianta crescerà e gli uccelli faranno il nido tra i suoi rami.

Nella terza parabola, raccontata da Matteo e da Luca, Gesù esprime un concetto simile. Sentiamo cosa dice:

Matteo 13,33

«Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prende e impasta con tre misure di farina finché tutta la pasta sia lievitata».

È l’immagine di una donna che aggiunge del lievito13 a tre misure di farina. A quei tempi, in Palestina, il pane veniva fatto lievitare utilizzando un pezzo d’impasto fermentato conservato dalla volta precedente e aggiunto alla farina del nuovo impasto.

È interessante che ai giorni di Gesù (e ancora oggi nelle case degli Ebrei osservanti) una volta l’anno, per la festa della Pasqua, nelle case ebree si rimuoveva tutto il lievito e per sette giorni non si mangiava niente che lo contenesse.14 Anche se ciò avveniva per motivi religiosi, l’obbligo di eliminare tutto il lievito significava che ogni casa in Israele cominciava l’anno con una scorta nuova; questo forse poteva anche contribuire a ridurre il rischio infezioni e corruzioni.15

Nella parabola, la quantità della farina usata dalla donna (tre misure) era sufficiente a fare circa centocinquanta pagnotte – una bella quantità. All’impasto aggiungeva un piccolo pezzo di lievito, poi lo lasciava riposare, probabilmente tutta la notte, dandogli il tempo necessario a lievitare. In quel tempo quella piccola quantità di lievito si diffondeva in tutto l’impasto e ne faceva raddoppiare o triplicare le dimensioni.

Come la parabola precedente, anche questa mostra che con il tempo gli umili inizi del ministero di Gesù avrebbero portato a una maggior crescita ed espansione del regno.

Un autore lo spiega così:

Si potrebbe disprezzare quel piccolo gruppo di discepoli che predicava un regno troppo insignificante per essere notato, ma proprio come una piccola quantità di lievito aveva effetto su un grande volume di farina, così il regno avrebbe avuto un effetto in tutto il mondo.16

Come la parabola del “Granello di senape”, anche questa parla del processo di crescita del regno – di come qualcosa di sorprendentemente grande può nascere da qualcosa di molto piccolo.

Tutte e tre le parabole affrontano una questione che sarebbe insorta naturalmente sull’efficacia del ministero di Gesù durante la sua vita. Anche se faceva molti miracoli, non predicava la liberazione della nazione dall’oppressione romana, né ve n’era alcuna manifestazione esterna. Anzi, Gesù presentava una visione diversa e più accurata di come Dio si stava muovendo e affermava che la tanto attesa liberazione sarebbe stata diversa da quella che tutti si aspettavano. Anche se le idee preconcette sul regno non venivano soddisfatte, Lui stava informando i suoi ascoltatori che il regno era arrivato e che sarebbe cresciuto, con altrettanta certezza di come crescevano i semi piantati nel campo, il granello di senape e il lievito. Anche se al momento sembrava poca cosa, il risultato finale sarebbe stato immenso.

Oggi possiamo vedere la verità di queste parabole. Negli anni dopo la morte e risurrezione di Gesù, il regno cominciò lentamente a crescere. Non soddisfece le limitate aspettative di chi viveva ai tempi di Gesù, ma si diffuse in tutto il mondo. Con il tempo, gli umili inizi sono cresciuti ben oltre le attese di quei giorni. Come il regno si è diffuso grazie ai “semi” sparsi ai tempi di Gesù, così anche noi possiamo avere la certezza che continuerà a crescere fino al giorno del raccolto. Come il regno è cresciuto costantemente, nel modo cui Gesù accennò in queste parabole, così anche noi abbiamo la certezza che verrà il momento in cui il raccolto sarà mietuto.

Fra i nostri compiti di Cristiani c’è quello di continuare a diffondere il messaggio del regno, di condividere la buona notizia e invitare altri a entrare nel regno di Dio, arrivando a conoscere Gesù e ricevendolo come loro Salvatore per avere anche loro una vita nuova. Ogni generazione di Cristiani, dai tempi di Gesù fino a ora, ha condiviso con altri la notizia del regno, facendo la sua parte per assicurare la crescita e la continuazione del regno oltre il periodo della loro vita. Abbiamo la responsabilità di fare lo stesso.

Abbiamo l’incarico di diffondere il Vangelo, di far lievitare il mondo d’oggi con il lievito della Parola di Dio e del messaggio della salvezza. Facciamo dunque la nostra parte, come lievito di Dio e come seminatori, perché il suo regno si espanda nella vita di chi ci sta intorno. Vediamo dunque di far parte dell’adempimento del messaggio di queste storie raccontate da Gesù.


Il granello di senape e il lievito, Matteo 13,31-33

31 Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo.
32 Esso è certamente il più piccolo di tutti i semi; ma una volta cresciuto è il più grande di tutte le erbe e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».
33 Egli disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prende ed impasta con tre misure di farina finché tutta la pasta sia lievitata».


Parabola del seme che cresce, Marco 4,26-29

26 Disse ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra.
27 Ora la notte e il giorno, mentre egli dorme e si alza, il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come.
28 Poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.
29 E, quando il frutto è maturo, il mietitore mette subito mano alla falce perché è venuta la mietitura».


Il granello di senape,Marco 4,30-32

30 Disse ancora: «A che cosa paragoneremo il regno di Dio? O con quale parabola lo rappresenteremo?
31 Esso è simile a un granello di senape che, quando è seminato in terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra;
32ma, dopo che è stato seminato, cresce e diventa il più grande di tutte le erbe, e mette rami così grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi sotto la sua ombra».


Il granello di senape e il lievito, Luca 13,18-21

18 Quindi egli disse: «A cosa è simile il regno di Dio, e a che lo paragonerò?
19 È simile a un granello di senape che un uomo ha preso e gettato nel suo orto; poi è cresciuto ed è diventato un grande albero, e gli uccelli del cielo sono venuti a cercar riparo tra i suoi rami». 20 Poi disse di nuovo: «A che paragonerò il regno di Dio?
21 Esso è simile al lievito che una donna prende e ripone in tre staia di farina, finché sia tutta lievitata».


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 Matteo 4,17.

2 Luca 8,1.

3 Luca 9,11.

4 Luca 9,2 NR.

5 Matteo 13,39 NR.

6 Giovanni 6,14–15.

7 Giovanni 6,66.

8 Matteo 13,31–32.

9 Marco 4,30–32; Luca 13,18–19.

10 Daniele 4,20–21.

11 Ezechiele 31,3–6.

12 Robert A. Guelich, World Biblical Commentary Mark 1–8:28 (Nashville: Thomas Nelson, 1989), 251.

13 Una sostanza, solitamente lievito di birra, che per la sua capacità di fermentazione è usato per la panificazione ecc. / Impasto conservato da una precedente panificazione e utilizzato per iniziarne una nuova. / Lievito naturale, impasto di farina e acqua lasciato inacidire.

14 Esodo 12,15. 19–20.

15 Leon Morris, The Gospel According to Matthew (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 1992), 353.

16 Ibid.


Pubblicato originariamente in Inglese il 26 maggio 2015.

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