Raccontare il Vangelo — Parte 3

Di Maria Fontaine

Giugno 25, 2016

[Storying the Gospel–Part 3]

Per condividere efficacemente il Vangelo con le persone che cerchiamo di raggiungere nelle tante, svariate situazioni in cui il Signore ci mette, spesso ci vogliono metodi diversi che trasmettano il messaggio con successo. Raccontare storie è uno di quei metodi provati dal tempo che si sono dimostrati validi nel dare vita al messaggio.

Sono piuttosto entusiasta nel vedere che il metodo usato da Gesù – e da molti altri nel corso dei secoli – oggi è diventato una vera chiave per raggiungere molte persone nel mondo. È bello trovare qualcosa di molto semplice, che piace a quasi tutti ed è abbastanza lineare: non devi comprare nulla, non devi preparare materiali speciali né preoccuparti della sua praticità.

Per raccontare la Bibbia, l’unica cosa necessaria è la tua conoscenza e la disponibilità a raccontarla con espressione, sincerità e passione. Chiunque può usare la forma base del racconto – semplicemente conoscere bene la storia e raccontarla a qualcuno. Piace a giovani e anziani, ricchi e poveri, allievi d’ogni tipo, alfabetizzati o analfabeti e a culture e religioni d’ogni tipo. È possibile avere un gruppo di persone molto diversificato e raccontare la storia a tutti nello stesso tempo.

Il segreto è che ogni persona riceve esattamente ciò di cui ha bisogno, che potrebbe essere completamente diverso da quello che un’altra riceve allo stesso tempo. Non viene “insegnata” una conclusione o un principio. Quello che succede in una sessione di racconti biblici è che lo Spirito Santo parla a ogni cuore e dà a ciascuno la cosa di cui ha più bisogno mentre si apre alla Parola di Dio. Lo Spirito Santo rivela cose diverse a ognuno a seconda di vari fattori: la sua esperienza, il suo modo di vedere il mondo e le sue conoscenze. Tutto ciò darà prospettive diverse alla stessa storia.

Ricorda che il modo di raccontate la Bibbia a persone alfabetizzate potrebbe essere un po’ diverso dal farlo con studenti analfabeti. I principi, però, sono gli stessi. Nel loro libro Truth that Sticks (Verità che rimane), Avery Willis a Mark Snowden usano le loro esperienze nel raccontare la Bibbia a popolazioni di apprendimento orale per dimostrare come il metodo può essere adattato molto efficacemente all’uso con società alfabetizzate, come gli Stati Uniti.

Ecco alcuni punti interessanti dal loro libro:1

Potreste chiedervi cosa fare davanti al relativismo moderno e a culture che insegnano l’assenza di verità assolute. La risposta è semplice: raccontate delle storie. Le storie non sono soltanto illustrazioni per dimostrare il nostro punto; sono veicoli della verità divina. Anche se alcuni non crederanno, la Parola ha il potere di convincere e far sentire le proprie colpe.

Ho scoperto che anche a laureati e dottori fa piacere sentire storie raccontate accuratamente e che in un dialogo con loro, facendo le domande giuste, si possono raggiungere tutte le profondità di pensiero che vogliamo.

Usiamo i racconti della Bibbia con un’efficacia sorprendente in special modo con le persone di altre religioni. Solitamente le storie scavalcano qualsiasi difesa reale o immaginaria, perché non entriamo in confronto diretto con le loro idee né le discutiamo. Se sono sufficientemente disposti ad ascoltare storie, spesso queste produrranno in loro un effetto cumulativo, tanto che alla fine non potranno negare la verità della Parola di Dio.

Ecco alcuni commenti da parte di persone che hanno letto questo libro (Truth That Sticks):2

Un’obiezione che si sente comunemente sul racconto biblico è che è adatto solo per i bambini. Ma come fanno notare gli autori, a tutti piace una bella storia. E le storie (al contrario dell’esposizione diretta alla Bibbia) hanno parecchi vantaggi. Quando le storie sono imparate e assorbite, hanno il potere di cambiare il punto di vista della gente. Le storie sono usate nell’evangelizzazione perché sono meno aggressive della vera e propria apologia cristiana. Sono anche più personali e favoriscono l’interazione più che la semplice distribuzione di un volantino. Nel discepolato dei loro figli, i genitori possono facilmente usare il racconto biblico per insegnar loro la fede. I bambini, poi, possono anche prendere queste storie e raccontarle ad altri come loro. Si possono usare le storie anche per rispondere a domande teologiche e addestrare i leader. —Karl

Gli autori testimoniano che, nella loro esperienza, “il racconto biblico produce discepoli che sono ‘Bibbie che parlano e camminano’”. Queste persone conoscono la Bibbia e possono parlarne ad altri. Il fatto che raccontare la Bibbia ci permette di far conoscere bene le Scritture alla gente, è un argomento molto persuasivo per utilizzare questo metodo.

Il racconto biblico sembra anche prestarsi a dotare le persone di porzioni della Bibbia che possono condividere direttamente durante la loro evangelizzazione, anche molto tempo dopo che i versetti biblici si sono sfocati nella loro memoria. —Karl

L’idea è così semplice che a casa nostra la stavamo già usando con le persone che non sono in grado di leggere. La domenica pomeriggio tiriamo fuori una serie di disegni che illustrano le principali storie bibliche; mia moglie pone delle domande sulle illustrazioni ed io racconto le storie. Non avevo mai pensato di insegnare agli adulti o agli studenti con queste storie. —Jonathan

Gesù conosceva il potere delle storie (pensate alle parabole) e, anzi, Dio ispirò la maggior parte della Bibbia in formato racconto. Probabilmente c’è una storia biblica che illustra ogni verità delle Scritture! Willis e Snowden indicano il “raccontare la Bibbia” come metodo semplice ed efficace di usare il nostro amore innato per la narrativa per portare le persone a un incontro con la verità divina che cambierà la loro vita. Raccontare la Bibbia non deve essere il solo strumento nella cartella dell’insegnante, ma può essere usato frequentemente e con efficacia. —Kevin

Lavoro per lo più con immigranti ispanici di prima e seconda generazione, molti dei quali sono scarsamente alfabetizzati non solo in Inglese, ma anche in Spagnolo. Ho già cominciato a esplorare le altre risorse menzionate nel libro e progetto di cominciare a raccontare le storie nelle prossime settimane. —Wenci

Ne ho tratto principalmente la consapevolezza dell’importanza di raccontare le storie bibliche in maniera che gli ascoltatori possano ripeterle ad altri. Molto spesso il nostro processo di discepolato non si riproduce. Le persone imparano, ma non insegnano mai agli altri quello che hanno imparato. La Bibbia si è conservata negli anni per un motivo. Dobbiamo usare qualsiasi metodo disponibile per aiutare i discepoli a impararne il contenuto.

Sono entusiasta di qualsiasi metodo che faccia arrivare la Parola alla gente per trasformarla. “Il processo di fare discepoli è essenzialmente aiutare qualcuno a sostituire con una visione biblica le porzioni non-bibliche del suo modo di vedere il mondo”. —Wren

Una delle più grandi chiese degli USA, quella di Rolling Hills, che utilizza il raccontare la Bibbia come uno degli strumenti principali per l’evangelizzazione e il discepolato, ha avuto ottimi risultati in rete. Ecco alcuni punti interessanti che hanno trovato utili nella loro situazione e che potrebbero rendere più efficace la narrazione biblica anche per voi. Definiscono la narrazione biblica nei termini che seguono.

La narrazione biblica è:

La narrazione biblica non è:


Panoramica su un’esperienza di narrazione biblica:

Anche se ogni esperienza di narrazione biblica è diversa, noi (gli autori) vi raccomandiamo di usare il seguente schema di base:

Ripassate: una sessione di narrazione biblica di solito comincia con alcuni minuti dedicati al ripasso della storia raccontata in precedenza, chiedendo alle persone cosa si ricordano, che cosa li ha colpiti di più e come hanno messo in pratica ciò che Dio ha mostrato loro.

Agganciate: l’aggancio è qualcosa che l’insegnante usa per preparare la gente all’ascolto. Può essere un esempio, una domanda, una dimostrazione o una storia personale.

Raccontate: iniziate con qualsiasi informazione necessaria per comprendere la storia e poi proseguite semplicemente narrandola. Gli ascoltatori dovrebbero tenere la Bibbia chiusa, così da potersi concentrare su di voi e sul racconto.

Ripetete: facilitate la partecipazione di gruppo chiedendo a tutti di aprire la loro Bibbia e leggere il passo che avete appena raccontato. Potete farlo leggere frase per frase oppure fare ogni volta una domanda riguardante i vari punti.

Fate riflettere (domande per la testa): passate a fare domande a tutto il gruppo, chiedendo prima che riflettano su ciò che hanno ascoltato o imparato. Sono domande per la testa perché si concentrano su ciò che la gente pensa, sa o ha imparato.

Ecco alcuni esempi di domande per la testa:

Collegate (domande per il cuore): passate a domande collegate alla storia, pensate per capire ciò che la gente pensa o cosa si muove nel loro cuore come risultato della storia. È un passo importante per aiutare le persone a passare da una conoscenza intellettuale a risposte più personali e sentite.

Esempi di domande per il cuore:

Chiedete una reazione (domande per la mano): Terminate con domande dirette a scoprire ciò che i membri del gruppo ritengono che Dio chieda loro di fare come risultato della storia. Sono domande che si concentrano su come saranno le “mani” di Gesù, e spesso servono a far provare un forte senso di responsabilità al gruppo. Prestate particolare attenzione a ciò che la gente dice, perché preparerà il terreno per il ripasso nella prossima sessione di narrazione biblica.

Esempi di domande per la mano:

Altri esempi di domande per la testa, il cuore e le mani:

Narrare la storia:

La scelta della storia: ci sono diversi modi di raggruppare e raccontare le storie in un periodo stabilito. Ci sarà una serie fondamentale di storie con cui chiederemo di cominciare, ma poi si possono preparare altre serie:

Facilitare una storia: La narrazione biblica parte dalle Scritture e lascia che l’insegnante sia lo Spirito Santo. Il ruolo del leader è quello di facilitatore e non d’insegnante.

Esplorare e sperimentare invece di spiegare: il leader aiuta i partecipanti a immedesimarsi nella Bibbia e nella storia senza dover spiegare o insegnare il significato del passo.

Facilitare invece di insegnare: ci si riferisce ogni volta alla storia per aprire il dialogo e rispondere alle domande.

Ascoltare invece di parlare: come leader devo mettermi nella posizione di ascoltare lo Spirito Santo e i partecipanti e non essere così ansioso di dare le risposte. Non si tratta della mia esibizione e dei miei risultati, ma che lo Spirito Santo possa lavorare nella vita e attraverso la vita delle persone.

Una storia invece di un sermone: le storie sono interattive, mentre un sermone è una conversazione a senso unico.


Mentre cerco di concludere questo argomento così grande e importante, voglio dire che ritengo valga la pena di promuovere la narrazione biblica. Più le persone partecipano al dialogo, raccontano le storie, aiutano il gruppo a digerirle e si ritengono vicendevolmente responsabili di mettere in pratica la verità, più assorbono le storie nella loro vita e ne seguono i principi. La narrazione biblica sotto forma di mimo, sketch, flannelgraph, disegni sulla lavagna o canzoni e rime, rivolta a una persona o a un gruppo, può essere molto efficace. Le storie bibliche, narrate o rappresentate, sono sempre la Parola e la Parola non può ritornare a vuoto.3

P.S. Se avete usato la narrazione biblica nei vostri ministeri, o se lo state facendo ora, mi interesserebbe molto sentire le vostre esperienze. Forse potremo postare la vostra testimonianza su uno dei nostri siti.


1 Avery T. Willis Jr. e Mark Snowden, Truth That Sticks: How to Communicate Velcro Truth in a Teflon World (NavPress, 2009).

2 Tratto dai commenti dei lettori su Amazon.

3 Isaia 55,11.


Pubblicato originariamente in Inglese il 17 ottobre 2015.

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