Gesù – la sua vita e il suo messaggio: il sermone sul monte

Di Peter Amsterdam

Agosto 2, 2016

(Puoi leggere lo scopo di questa serie e una sua veduta d’insieme in questo articolo introduttivo.)

La legge e i profeti (parte 1)

[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, The Law and the Prophets, Part 1]

Durante il Sermone sul Monte, Gesù ha dedicato una parte significante del suo discorso a parlare della Legge e dei Profeti, cioè le Scritture ebraiche, quelle che i Cristiani indicano come Vecchio Testamento.

Le Scritture ebraiche, indicate anche come Bibbia ebraica e comunemente note al popolo ebreo come Tanakh, contengono tutti gli stessi libri del Vecchio Testamento cristiano, anche se divisi in maniera diversa e sistemati in ordine diverso. La parola Tanakh è un acronimo (TN’K) formato dalle tre divisioni principali delle Scritture ebraiche:

Torah (Legge) – i primi cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio-

Nevi’im (Profeti) – diviso in tre sezioni: Profeti anteriori, che contiene Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re; Profeti posteriori, che contiene Isaia, Geremia ed Ezechiele; e il Libro dei dodici profeti, contenente Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia.

Ketuvim (Scritti) – Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei cantici, Ruth, Lamentazioni, Ecclesiaste (o Qoelet), Ester, Daniele, Esdra, Neemia, 1 e 2 Cronache.

Quando Gesù parla di “Legge e Profeti”,1 generalmente si pensa sia un’abbreviazione per riferirsi all’intera Tanakh, cioè le Scritture ebraiche nel loro complesso (il Vecchio Testamento).

In questa sezione del Sermone (versetti 17-48), Gesù offre un modo nuovo di vedere e interpretare le Scritture, oltre a indicare il rapporto che ha con esse. Nei versetti 21-48 fornisce sei esempi che illustrano la differenza tra la comune interpretazione dell’epoca e i suoi insegnamenti. Nell’articolo successivo vedremo quei sei esempi. In questo post, mi concentrerò sui versetti da 17 a 20 che dicono:

Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure uno iota o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto.

Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli.

Perciò io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli.2

Il fatto che Gesù cominci col dire che i suoi ascoltatori non dovrebbero pensare che sia venuto ad abrogare (in alcune traduzioni “abolire”, o “annullare”) la Legge e i Profeti, è un’indicazione che alcuni pensavano o dicevano che era quello che stava facendo, visto che il suo approccio alla Legge era diverso dal pensiero tradizionale.3 Comunque, qui afferma inequivocabilmente che non è venuto per abrogarli o distruggerli, ma per portarli a compimento.

Gesù continua, usando la sua espressione autorevole “in verità vi dico”4 per affermare che finché il cielo e la terra non passeranno, nessuno iota o apice sarà annullato. Udendo il riferimento di Gesù a che il cielo e la terra (tutta la creazione) non passeranno prima della Legge, gli ascoltatori avrebbero capito che voleva dire che la Parola di Dio non sarebbe mai stata priva di adempimento. Si sarebbe compiuta tutta. Lo iota era la lettera più piccola dell’alfabeto greco, ma in questo contesto di solito è considerato un riferimento allo yodh, la lettera più piccola dell’alfabeto ebraico. In tutto il testo delle Scritture ebraiche ci sono 66.420 yodh. L’apice è un piccolo segno sopra alcune lettere ebraiche che aiuta a distinguere lettere simili. Dire che la lettera o il segno più piccolo delle Scritture non sarebbe passato prima del loro adempimento, era un’affermazione molto forte da parte di Gesù sul ruolo delle Scritture del Vecchio Testamento.

Cosa significa che era venuto a portare a compimento la Legge e i Profeti – l’intero spettro delle Scritture? Possiamo trovare la risposta nel Vangelo di Matteo, che parla molte volte di come Gesù stesse adempiendo le scritture del Vecchio Testamento.5 Eccone alcuni esempi:

[…] affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta Isaia che dice: «Ecco il mio servo che io ho scelto; l’amato mio in cui l’anima mia si è compiaciuta. Io metterò il mio Spirito su di Lui, ed Egli annunzierà la giustizia alle genti».6

[…] affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta Isaia, quando disse: «Egli ha preso le nostre infermità e ha portato le nostre malattie».7

Or questo accadde, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta, che dice: «Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te mansueto, cavalcando un asino, anzi un puledro, figlio di una bestia da soma».8

“Portare a compimento”, nel contesto del Vangelo di Matteo, denota l’avverarsi di ciò che le Scritture avevano indicato – o mediante una predizione diretta o secondo un’interpretazione simbolica, come nel caso in cui Gesù è indicato come l’agnello sacrificale.9 Gesù voleva dire che ciò che era stato scritto nella Legge e nei Profeti stava trovando adempimento nel suo ministero. In un altro punto del racconto di Matteo, Gesù ha detto: Poiché tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni [Battista].10

L’autore R. T. France ha scritto:

Qui la Legge è collegata ai Profeti nell’attesa di un adempimento che ora era arrivato. La Torah [la Legge] non è l’ultima parola di Dio al suo popolo, ma è in un certo senso provvisoria, nell’attesa di un adempimento da parte del Messia. Alla luce di quel concetto e del senso generale di “compimento” in Matteo, potremmo parafrasare le parole di Gesù in questo modo: “Lungi dal voler escludere la legge e i profeti, il mio ruolo è far avvenire ciò che avevano indicato e predetto, introducendo una nuova era di adempimento”.11

Secondo Gesù, il ruolo delle Scritture del Vecchio Testamento non era abolito ma cambiato. Dato che ciò che avevano predetto – il Messia, Gesù – era arrivato, ora le Scritture dovevano essere viste e praticate alla luce degli insegnamenti di Gesù. Come vedremo in Matteo 5,21-48 (nei prossimi articoli). Gesù porta esempi di un’interpretazione più profonda della Torah (la Legge), quando dice: Voi avete udito che fu detto… ma io vi dico…12 Da quel momento, sono gli insegnamenti autorevoli di Gesù a guidare nei suoi discepoli l’interpretazione e l’applicazione pratica della Legge. Non è più un’osservanza letterale delle regole, ma una comprensione più profonda dei principi morali che sostengono quelle regole. Come dice Darrel Bock: Vuole uno standard che non vede la legge da una prospettiva esterna, ma interna.13 La Legge non è abolita, ma in questa epoca di adempimento la massima autorità è Gesù, l’adempitore della Legge.14

Come vedremo in Matteo 5,21-28, Gesù stabilisce uno standard che va oltre l’applicazione esteriore della Legge e dei Profeti e pone l’accento non su una serie di regole ma su una risposta proveniente dal cuore.15 Indica che ubbidire letteralmente alla Legge è una risposta inadeguata. Era il tipo di ubbidienza degli scribi e dei farisei, tuttavia Lui ha dichiarato:

Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.16

Nell’adempire la Legge e i Profeti, Gesù stava aprendo all’umanità una nuova era che andava oltre il rispetto della lettera della Legge per discernere e applicare i principi che ne stavano alla base. Questo nuovo modo di applicare la Legge in maniera che non agisse come regola di condotta ma come indicazione di una “giustizia più grande” è il cambiamento introdotto da Gesù e sostituisce il vecchio tipo di osservanza della Legge.17

Warren Wiersbe ha scritto:

I capi religiosi avevano una giustizia artificiale ed esteriore basata sulla Legge; ma quella descritta da Gesù è una giustizia vera e vitale che inizia internamente, dal cuore.18

Gesù prosegue dicendo:

Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli.19

È utile ricordare che riferendosi al regno dei cieli Gesù parla di basileia, il regno di Dio nella nostra vita, e non del cielo dell’aldilà.20 Dopo aver spiegato di essere l’adempimento della Legge e indicato il suo nuovo modo di riferirsi ad essa (ne dà un esempio nei versetti successivi, dal 21 al 48), aggiunge che chi attenua i suoi insegnamenti sulla Legge sarà tra i più piccoli nel regno, mentre chiunque li metta in pratica nella sua vita e li insegni agli altri sarà chiamato grande. L’espressione “essere grande o piccolo nel regno” non significa che una persona avrà una posizione migliore di altri nell’aldilà, ma che quella persona sarà un buon o cattivo esempio di qualcuno che vive con Dio come suo re.

Perciò io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli.21

Ai tempi di Gesù, gli scribi erano persone che insegnavano, presentavano e interpretavano professionalmente le Leggi di Mosè. Queste non erano esclusivamente regole religiose, ma erano anche le norme ufficiali del paese. Chi le infrangeva veniva giudicato e punito. Anche se una comunità poteva chiedere a qualunque ebreo di giudicare, solitamente quando era presente uno scriba il caso veniva affidato a lui, per la sua conoscenza delle Scritture. Alcuni scribi si dedicavano attivamente allo studio delle dottrine scritturali ed erano qualificati per parlare nelle sinagoghe. Tra i loro compiti c’era anche la copiatura a mano delle Scritture, perché fosse possibile sostituire i rotoli usati nelle sinagoghe e nel tempio quando si consumavano. Alcuni scribi erano insegnanti, avevano dei discepoli (studenti) e venivano chiamati “maestro” (rabbi, rabbino). Nel Vangelo di Luca gli scribi sono chiamati “dottori della legge”22 e sono descritti come ostili a Gesù e desiderosi di distruggere il suo ministero.23 Gli scribi, insieme ai farisei, ai sacerdoti e agli anziani, facevano parte dell’opposizione a Gesù. (Per informazioni sui farisei, vedi Gesù, la sua vita e il suo messaggio: governanti e religione.)

Gli scribi e i farisei ubbidivano meticolosamente alla Torah (la Legge). Se la giustizia dovesse essere vista come ubbidienza letterale alla Legge, allora non c’era nessuno più giusto di loro. Era praticamente impossibile che ci fossero altri più osservanti di loro. Comunque, la giustizia di cui parlava Gesù non era l’osservanza letterale della Legge.

R. T. France ha scritto:

Gesù non parla di superare gli scribi e i farisei sul loro stesso piano, ma si riferisce a un livello o un concetto di giustizia totalmente diverso. […] In quel nuovo regime [il regno dei cieli] si applicano standard diversi. Chi appartiene al nuovo regno di Dio deve spingersi oltre l’osservanza letterale delle regole, per buone e scritturali che siano, per raggiungere una nuova consapevolezza di cosa significhi compiacere Dio, una coscienza che penetra sotto il livello superficiale delle regole da rispettare per raggiungere un’apertura mentale più radicale – quella di comprendere e mettere in pratica la volontà di fondo del “Padre vostro, che è nei cieli”.24

Gesù non ha abolito il Vecchio Testamento. Come poteva farlo, dato che faceva riferimento a Lui e che Lui lo ha adempito? Come vedremo nei versetti successivi del quinto capitolo di Matteo, Gesù va oltre il concetto che l’ubbidienza stretta alla Legge produce la giustizia, perché introduce una comprensione e un’applicazione più profonde dei principi che stanno dietro alla Legge. Nel farlo rivela l’atteggiamento interiore dello spirito, che coincide con le Beatitudini e porta una giustizia che supera di molto quella degli scribi e dei farisei.

(Continua nella seconda parte)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 5,17; 11,13; 22,40; Luca 16,16; 24,44; Giovanni 1,45.

2 Matteo 5,17–20.

3 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 70. Bock, Jesus According to Scripture, 131.

4 Per altre informazioni su questo detto, vedi Gesù, la sua vita e il suo messaggio: autorità.

5 Matteo 1,22–23; 2,14–15.17–18.23; 4,13–16; 8,17; 12,17–21; 13,35; 21,4–5; 27,9–10.

6 Matteo 12,17–18. Citazione da Isaia 41,1–4.

7 Matteo 8,17. Citazione da Isaia 53,4–5.

8 Matteo 21,4–5. Citazione da Zaccaria 9,9.

9 France, The Gospel of Matthew, 182.

10 Matteo 11,13.

11 France, The Gospel of Matthew, 183.

12 Gesù usò molte volte la frase “Voi avete udito che fu detto”. È utile sapere che stava utilizzando un’espressione rabbinica: la parola “dire” (amar) era usata dai rabbini con il significato di “interpretare”, nel senso di dare la giusta interpretazione delle Scritture riguardo all’applicazione delle loro leggi. Gesù spesso faceva precedere le sue affermazioni sulla legge dalla frase “Voi avete udito che fu detto” (intendendo dire che altri hanno interpretato la Parola di Dio come se dicesse una cosa) e “ma Io vi dico” (nel senso che “Io l’interpreto diversamente, in questo modo”). —Lois A. Tverberg, "Amar - You Have Heard It Said."

13 Bock, Jesus According to Scripture, 131.

14 France, The Gospel of Matthew, 183.

15 Bock, Jesus According to Scripture, 132.

16 Matteo 5,20.

17 France, The Gospel of Matthew, 186.

18 Warren W. Wiersbe, The Bible Exposition Commentary, Vol. 1 (Wheaton: Victor Books, 1989), 21.

19 Matteo 5,19.

20 Per il significato di basileia, vedi Gesù, la sua vita e il suo messaggio: il regno di Dio, parte 1.

21 Matteo 5,20.

22 Luca 7,30; 10,25; 11,45–46; 14,3.

23 Luca 5,17. Vedi anche Atti 5,34. Luca 5,21; 14,1–6; 19,47; 22,66.

G. H. Twelftree, Scribes, in J. B. Green & S. McKnight, eds., Dictionary of Jesus and the Gospels (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1992), 734–35.

24 France, The Gospel of Matthew, 190.


Pubblicato originariamente in Inglese il 13 ottobre 2015.

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