Di Peter Amsterdam
Novembre 22, 2016
(Puoi leggere lo scopo di questa serie e una sua veduta d’insieme in questo articolo introduttivo.)
[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, Right Motivation–Part2]
Nell’articolo precedente abbiamo visto il primo dei tre esempi dati da Gesù in Matteo 6 e riguardanti la giusta motivazione da avere quando ci si impegna in attività religiose: dare ai bisognosi. Poi Gesù è passato alla preghiera e al digiuno. Leggiamo cosa ha detto di queste cose, cominciando dalla preghiera.
E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico, che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente. Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate.1
Le preghiere che alcuni fanno “stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze” erano le orazioni consuetudinarie recitate dagli Ebrei praticanti tre volte al giorno. Queste preghiere includono l’Amidah,2 che è accompagnata dalla recita dello Shema Yisrael3 e dei Dieci Comandamenti.4 Queste preghiere venivano fatte quando si alzavano, al momento del sacrificio pomeridiano nel tempio (intorno alle 15:00) e prima di andare a letto. Dovunque uno si trovasse all’ora di queste preghiere, doveva fermarsi e pregare. Gesù non parlava contro queste preghiere e nemmeno contro le preghiere fatte in pubblico. Parlava contro chi programmava di proposito il proprio orario in modo da trovarsi alle 15:00 in luoghi bene in vista per essere notati mentre pregavano. Come nel caso di chi si assicurava di fare l’elemosina per essere visto, denunciava chi pregava per mettersi in mostra.
Non c’è niente di male nel pregare in pubblico, come avviene regolarmente nelle chiese, nei gruppi di studi biblici, nelle riunioni di preghiera e così via. Del resto, possiamo pregare dovunque, in qualsiasi momento. Ci viene detto di non cessare mai di pregare.5 L’attenzione di Gesù su questo punto riguarda l’intenzione o il motivo, e specificamente la denuncia del motivo sbagliato: per essere visti dagli altri. Come per l’esempio da Lui fatto di dare per essere visti dagli altri, dice che chi prega per quel motivo ha già ricevuto il suo premio, cioè l’attenzione e l’applauso degli altri, ma non può aspettarsi ricompense da Dio per quel tipo di preghiere.
Gesù poi descrive il modo migliore di pregare:
Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente
La parola greca usata per cameretta è tameion, che si riferisce a un ripostiglio o a una dispensa, una stanza interna o segreta. L’immagine usata da Gesù implica l’essere da soli con Dio. Non è riportato da nessuna parte che Gesù abbia pregato in un ripostiglio, ma leggiamo che dedicava spesso tempo alla preghiera da solo con suo Padre.6 Naturalmente abbiamo descrizioni di Gesù che pregava pubblicamente7 e anche i suoi discepoli lo fecero nel libro degli Atti, 8 il che dimostra che non era tanto la preghiera pubblica che Gesù condannava, quanto il motivo sbagliato per pregare, quello di cercare gloria o attenzione per se stessi.
Quelli che pregano per farsi notare in pubblico ricevono il premio che hanno cercato. A quelli che entrano in comunione con Dio, che cercano diligentemente il suo volto9 ed entrano alla sua presenza in preghiera per i motivi giusti, viene promesso un premio da Dio, che vede e ascolta la loro preghiera segreta.
Gesù poi mette in contrasto il modo di pregare dei pagani con quello che dovrebbero usare i suoi discepoli:
Nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate.
Non commenterò adesso questa parte del testo, perché è collegata alla presentazione che Gesù fa del Padre Nostro, che discuteremo in un prossimo articolo.
Nel terzo scenario che Gesù dipinge sulle giuste motivazioni per le nostre pratiche religiose, usa come esempio il digiuno.
Ora, quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gli ipocriti; perché essi si sfigurano la faccia, per mostrare agli uomini che digiunano; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa pubblicamente.10
Il digiuno non è ampiamente praticato nel ramo protestante del Cristianesimo. Ciò non vuol dire che i Protestanti non digiunino mai, ma in genere non è una pratica cui viene dato molto peso come in altre tradizioni cristiane. Che si pratichi o no la disciplina spirituale del digiuno, il punto che Gesù solleva a questo riguardo è valido per qualsiasi disciplina spirituale. Anche qui Gesù comincia con lo smascherare i motivi sbagliati dietro a queste pratiche.
Nel Giudaismo, l’unico digiuno comandato nelle leggi mosaiche era quello per il Yom Kippur, il Giorno dell’espiazione.11 In tutto il Vecchio Testamento, comunque, vari individui digiunarono in situazioni speciali. A volte era un digiuno personale,12 mentre altre volte era l’intera nazione a farlo.13 Durante l’esilio di Israele a Babilonia, furono stabiliti dei giorni di digiuno in memoria della distruzione di Gerusalemme.14 Ai tempi del Nuovo Testamento, ci sono prove che i farisei e i discepoli di Giovanni Battista digiunassero. Da quello che gli studiosi possono capire, sembra che i farisei digiunassero due volte la settimana.15 Sappiamo anche che Gesù digiunò quaranta giorni.16
Non sembra che i discepoli di Gesù abbiano digiunato mentre Lui era in vita (a meno che l’abbiano fatto quando dovevano fare un esorcismo),17 ma lo fecero in occasioni speciali dopo la sua morte, come Gesù indicò che avrebbero fatto.
Allora si accostarono a lui i discepoli di Giovanni, e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo spesso, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono gli amici dello sposo essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno».18
Nel contesto del Sermone sul Monte, Gesù dà per scontato che a volte i discepoli digiuneranno, perché comincia dicendo quando digiunate. Ci spiega che quando digiuniamo non dobbiamo assumere un atteggiamento mesto con una faccia triste, per attirare attenzione sul nostro digiuno. John Stott ha scritto:
È possibile che i farisei trascurassero l’igiene personale o si coprissero il capo con un saio, o forse si sfregassero cenere sul viso per sembrare pallidi, smorti o tristi, e quindi apparentemente santi. Tutto per far notare agli altri il loro digiuno.19
Gesù insegna l’opposto: Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che tu digiuni. In altre parole, dovremmo avere lo stesso aspetto di sempre – con il viso pulito, i capelli pettinati ecc., così che nessuno di quelli che ci vedono possano notare qualcosa fuori dall’ordinario. Dobbiamo evitare di attirare attenzione sul fatto che digiuniamo.
Ovviamente, in alcuni casi gli altri si accorgeranno che stai svolgendo attività che fanno parte della tua vita spirituale e della tua comunione con Dio. Se digiuni, è probabile che tua moglie o tuo marito e la tua famiglia lo sappiano. Se dedichi regolarmente del tempo a comunicare con il Signore, alla lettura o alla preghiera, o se dai la decima e fai offerte ai poveri, indubbiamente qualcuno se ne accorgerà. Non c’è niente di male in questo e Gesù non stava dicendo che dovrai fare in modo che nessuno lo venga a sapere. Stava parlando delle nostre motivazioni. La domanda non è: “Chi lo sa?” – dovrebbe essere: “Chi sto cercando di compiacere?” La nostra motivazione deve essere di far piacere a Dio, desiderando fare queste cose con un cuore puro che desidera un’intimità segreta con il Signore. Questo è l’atteggiamento che Lui benedice.
Come Cristiani, abbiamo un rapporto con Dio e questo rapporto deve essere principalmente da cuore a cuore. Il nostro desiderio è fare ciò che nelle Scritture Dio ci ha detto di fare, le cose in cui si diletta: adorarlo, pregare, essere generosi, amare gli altri, nutrire il nostro rapporto con Lui. Azioni simili, quando fatte con tutto il cuore per amore e per la gloria del Signore, causano la trasformazione interiore, la crescita spirituale e la maturità. Simili frutti nella nostra vita saranno inevitabilmente notati dagli altri.
Non dovremmo farlo con lo scopo e la motivazione di far notare agli altri le nostre azioni per ricavarne gloria e applausi; se lo facciamo, siamo degli ipocriti che mettono su un’apparenza di religiosità. Se invece pratichiamo la nostra fede basandoci sul desiderio di amare e compiacere Dio e diventare più simili a Lui, allora rifletteremo la sua luce e la gente vedrà i frutti di una vita vissuta per Lui, una vita che gli rende gloria. Possa quindi ognuno di noi vivere la sua vita per il motivo giusto e così essere ricompensato da nostro Padre che vede nel segreto. 20
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
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1 Matteo 6,5–8.
2 L’Amidah è la preghiera centrale del Giudaismo. Viene recitata in piedi ed è composta di tre parti. La prima contiene tre benedizioni che ringraziano Dio per gli antenati ebrei che ricollegano la persona al divino, lodano Dio per la sua potenza e sottolineano la santità e la natura sacra di Dio. La seconda parte contiene tredici richieste, cinque personali, o individuali, e otto riguardanti i bisogni generali e nazionali del popolo ebraico. La terza parte contiene preghiere di gratitudine a Dio.
3 La Shemà Yisrael è una preghiera recitata nei servizi religiosi ebraici della mattina e della sera. Inizia con “Ascolta, o Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. Nella sua interezza consiste di tre passi: Deuteronomio 6,4-9, Deuteronomio 11,13-21 e Numeri 15,37-41.
4 McKnight, Sermon on the Mount, 163.
5 1 Tessalonicesi 5,17.
6 Luca 5,16; 6,12; Marco 1,35.
7 Marco 6,41; 8,6–7; Matteo 15,36; Giovanni 11,41–42; 17,1–26.
8 Atti 1,14; 4,31; 6,6; 14,23; 20,36; 21,5–6.
9 Salmi 27,8.
10 Matteo 6,16–18.
11 Levitico 16,29–30; 23,27–32.
12 2 Samuele 12,16–23; 1 Re 21,27; Neemia 1,4; Salmi 35,13; Daniele 9,3.
13 Giudici 20,26; 2 Cronache 20,3; Ezra 8,21–23; Neemia 9,1; Giona 3,5–9.
14 Zaccaria 7,3–5; 8,19.
15 Il fariseo, stando in piedi, dentro di sé pregava così: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e pago la decima di tutto ciò che possiedo” (Luca 18,11–12).
16 Matteo 4,1–2.
17 Come in: “Ora questa specie di demoni non esce se non mediante la preghiera e il digiuno” (Matteo 17,21).
18 Matteo 9,14–15.
19 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 139.
20 Matteo 6,4.6.18.
Pubblicato originariamente in Inglese il 14 giugno 2016.
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