Gesù – la sua vita e il suo messaggio: il sermone sul monte

Di Peter Amsterdam

Aprile 22, 2017

Quattro scenette (parte 2)

[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, Four Sketches (Part 2)]

Nel capitolo sette di Matteo, verso la fine del Sermone sul Monte, Gesù presentò quattro scenette che esprimono il modo in cui i credenti dovrebbero comportarsi secondo gli insegnamenti del Sermone. Nella prima parte di questo articolo abbiamo letto delle due porte e dei falsi profeti. Ora passiamo a un altro avvertimento, quando Gesù parla di persone che dicono di conoscerlo e seguirlo, ma in realtà non lo fanno. Ecco cosa disse:

Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato demoni e fatte nel tuo nome molte opere potenti?”. E allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità”.1

È un’affermazione dura, perché ci dice che esistono persone che professano la loro fedeltà a Gesù, chiamandolo “Signore”, e che perfino corroborano le loro affermazioni con successi spirituali ottenuti nel suo nome, tuttavia sono respinti dal regno di Dio. Gesù aveva appena detto che un albero buono e uno cattivo possono essere riconosciuti dai frutti che portano; qui però leggiamo di persone che profetizzano, scacciano i demoni e fanno grandi opere nel suo nome, tuttavia sono respinte. Gesù disse ai suoi discepoli diguarire gli infermi, mondare i lebbrosi, risuscitare i morti, scacciare i demoni,2 e le persone a cui Gesù parla in questo passo facevano queste cose; tuttavia Lui dice che saranno respinte e che le opere da loro fatte saranno considerate iniquità. È davvero sconcertante! Che cosa significa?

Per inserirlo in un contesto, è importante capire che chiunque non si rivolga a Gesù come Signore (nel senso che non ha accettato Gesù come suo Salvatore) non entrerà nel regno di Dio. Come scrisse l’apostolo Paolo:

Se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato. Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia e con la bocca si fa confessione per ottenere salvezza.3

Chi non crede nel suo cuore che Gesù è il suo Salvatore e non confessa quel fatto, non è salvo.

Per ricevere il dono divino della salvezza, dobbiamo credere che Gesù è il nostro Salvatore – il che significa credere che è il Figlio di Dio, Dio incarnato, mandato da suo Padre per essere il Messia, il Salvatore del mondo; che visse sulla terra come essere umano e morì sulla croce per i nostri peccati.

[…] Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.4

Come Cristiani, crediamo che il nostro destino eterno dipenda da Gesù, nostro Salvatore. Così, quando diciamo “Signore, Signore”, dietro a queste parole c’è la nostra fede sincera e genuina che Gesù è il Figlio di Dio, il nostro Salvatore. Non si tratta di dire parole specifiche; è una dichiarazione della nostra fede e della nostra dedizione a Gesù come Signore della nostra vita.

In questi versetti, Gesù si riferisce ad alcuni che si professano Cristiani, lo chiamano Signore, fanno opere nel suo nome, ma a cui si rivolge dicendo: Io non vi ho mai conosciuto. “Conoscere” è comunemente usato nelle Scritture per indicare un rapporto che va oltre la semplice conoscenza. Gesù diceva che chi faceva opere nel suo nome e affermava di seguirlo in realtà non lo conosceva e non aveva un rapporto con Lui. La chiave è avere un rapporto con Lui, far parte della sua famiglia. Come disse in un altro punto:

«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». E, distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre».5

Gesù dice che le opere fruttuose fatte nel suo nome non bastano per la salvezza, né basta la professione di fedeltà nei suoi confronti senza una vera fede in chi Lui è e in cosa ha fatto; bisogna avere un rapporto con Lui, un rapporto basato sulla fede.

La fede in Cristo, che conduce alla salvezza, non è solo il consenso intellettuale che la dottrina della salvezza in Gesù è vera. Richiede un rapporto con Lui, entrare a far parte della famiglia di Dio.6 Quando Gesù parlò di chi lo chiamava “Signore, Signore” e faceva opere nel suo nome, intendeva dire che ci sono persone che lo proclamano Signore ma non lo conoscono, non hanno un rapporto con Lui.

Qui, alla fine del Sermone, Gesù dice che “molti” diranno: “Non abbiamo noi fatte nel tuo nome molte opere potenti?” Come vedremo nella parte successiva del Sermone, Gesù parla di un uomo che costruisce la sua casa sul fondamento sbagliato, così che alla fine crolla. In un altro punto dei vangeli leggiamo di cinque vergini stolte le cui lampade hanno esaurito l’olio, alle quali il Signore dice: «In verità vi dico che non vi conosco».7 Questi sono ­altri esempi di persone che pensano che tutto vada bene e che fanno le cose automaticamente, solo per scoprire troppo tardi che non era quello di cui c’era bisogno.

Il messaggio di Gesù alla fine del Sermone parla del pericolo di fraintendere il mezzo della salvezza. Non si tratta solo di dire alcune parole particolari; si tratta di una vera fede che porta a stabilire un rapporto con Cristo, che si sviluppa nel corso della nostra vita. Non basta dire “Signore, Signore” e poi sentirsi liberi di commettere tutti i peccati che si vogliono, di condurre una vita senza badare alle conseguenze delle proprie azioni. Il Cristianesimo non è semplicemente fare un’affermazione, ma è diventare figli di Dio, il che presume la creazione di un rapporto con Lui.

Gesù lancia un avvertimento a chi ha una fede che è solo una finzione; a chi fa le cose giuste e svolge zelantemente il suo servizio, ma le cui motivazioni non si basano sul conoscerlo ed essere da Lui conosciuto. Fanno queste cose per il proprio interesse, per la propria gloria e il proprio soddisfacimento, nelle proprie forze, senza la presenza di Gesù nella loro vita e senza la potenza di Dio.

Gesù poi termina il Sermone sul Monte indicando una scelta semplice ma ardua: o ascoltiamo e poi ignoriamo ciò che ha insegnato, o ascoltiamo e lo mettiamo in pratica. Espone questo punto con una parabola semplice:8

Perciò, chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, io lo paragono ad un uomo avveduto, che ha edificato la sua casa sopra la roccia. Cadde la pioggia, vennero le inondazioni, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa; essa però non crollò, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque invece ode queste parole e non le mette in pratica, sarà paragonato ad un uomo stolto, che ha edificato la sua casa sulla sabbia. Cadde poi la pioggia, vennero le inondazioni, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa; essa crollò e la sua rovina fu grande.9

Come nelle altre tre scenette, questa parabola ci spinge a essere veri discepoli; persone che entrano dalla porta giusta e seguono la strada giusta; viti e alberi buoni che portano frutti buoni; persone che hanno una fede vera, che fanno la volontà di Dio; che non si limitano ad ascoltare le parole di Gesù, ma le mettono in pratica. La fede in Gesù richiede che non ci limitiamo ad ascoltare le sue parole, ma facciamo quello che ha detto.

Nel contesto del Sermone, Gesù parla ai suoi discepoli, quindi queste parole sono dirette ai credenti. La scelta è: ci limiteremo ad ascoltare le sue parole, o le seguiremo?

Gesù ha indicato il contrasto fra i credenti che hanno costruito la casa della loro fede su un fondamento solido e quelli che non l’hanno fatto. Ancora una volta sottolinea che né la conoscenza intellettuale né l’affermazione verbale possono sostituirsi all’attuazione delle sue parole. L’appello che ci viene rivolto è a chiamarlo Signore e ascoltare i suoi insegnamenti, e poi vivere ciò che ci ha insegnato. È questo il discepolato, è questo l’essere un credente, è questo l’essere un seguace di Gesù.

Se sapete queste cose, siete beati se le fate.10


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 7,21–23.

2 Matteo 10,8.

3 Romani 10,9–10.

4 Filippesi 2,5–11.

5 Matteo 12,48–50.

6 Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo (1 Giovanni 3,1 NR).

Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre» (Galati 4,4–6 NR).

7 Matteo 25,12.

8 Per altre informazioni su questa parabola, vedi La parabola dei due costruttori.

9 Matteo 7,24–27.

10 Giovanni 13,17.


Pubblicato originariamente in Inglese l’8 novembre 2016.

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