Di Peter Amsterdam
Giugno 18, 2019
[The Stories Jesus Told – The Parable of the Sheep and the Goats, Matthew 25:31–46]
La parabola delle pecore e delle capre, in riferimento al ritorno del Figlio dell’uomo, è una delle tre parabole nel capitolo 25 di Matteo. Le altre due sono Le dieci vergini e Il re e i suoi servi,1 nota anche come I talenti e le mine. Queste tre parabole mettono a confronto diversi gruppi di persone: le cinque vergini sagge e le cinque vergini stolte; i servi che investono i loro talenti e quelli che li seppelliscono; e, in questa parabola, le “pecore” e i “capri”.
La parabola inizia con:
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.2
Queste parole introduttive rispecchiano gli insegnamenti di Gesù nei Vangeli riguardo al suo ruolo nel giudizio finale. In altri punti del Vangelo di Matteo leggiamo che il Figlio dell’uomo è seduto su un trono:
Gesù disse loro: «In verità vi dico che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria…»3
Leggiamo che con Lui ci saranno degli angeli:
Perché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo con i suoi angeli; e allora egli renderà a ciascuno secondo il suo operato.4
E che si siederà a giudicare:
Poiché, come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio di avere vita in se stesso; e gli ha anche dato l’autorità di giudicare, perché è il Figlio dell’uomo.5
Affermando che “tutte le genti” saranno riunite davanti a Lui, Gesù si riferisce al giudizio universale di tutta l’umanità. Gesù paragona l’umanità a un gregge misto di pecore e capre. Le pecore e le capre spesso pascolano insieme nello stesso gregge e alcuni scrittori suggeriscono che i pastori separavano le une dalle altre ogni sera, perché le capre richiedono un riparo coperto, essendo più sensibili al freddo, mentre le pecore preferivano stare all’aria aperta. Qualunque ne sia il motivo, la parabola dà per scontato che i pastori di queste greggi miste a volte separassero le pecore dalle capre. Leggiamo così che allo stesso modo il Figlio dell’uomo separerà le persone in due gruppi, mettendone alcune alla sua destra e altre alla sua sinistra.
Troviamo il tema della separazione e del giudizio in varie parabole del Vangelo di Matteo. La parabola Il grano e la zizzania termina con il padrone che dice ai servi di lasciar crescere le erbacce insieme al frumento:
Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio.6
Nella parabola della rete, i pescatori ritirarono le reti, poi si sedettero a separare il pesce mettendo il buono nelle ceste e gettando via quello cattivo.
Così avverrà alla fine del mondo; gli angeli verranno e separeranno i malvagi dai giusti.7
In Le dieci vergini, le cinque che non avevano abbastanza olio dovettero lasciare la festa e quando tornarono le porte erano chiuse. Gridarono:
“Signore, signore, aprici”. Ma egli, rispondendo, disse: “In verità vi dico che non vi conosco”.8
In Il re e i suoi servi, quelli che avevano ricevuto due o cinque talenti e li avevano investiti saggiamente furono premiati, mentre l’uomo che aveva ricevuto un solo talento e l’aveva sepolto per paura fu gettato fuori.
“E gettate questo servo inutile nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti”.9
Tutto ciò indica che al momento del giudizio ci sarà una separazione.
Poi Gesù aggiunse alcuni particolari:
Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?”. E il Re, rispondendo, dirà loro: “In verità vi dico: tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”.10
Qui il Figlio dell’uomo è chiamato il Re e gli invitati a ereditare il regno sono benedetti. Vengono confermati come membri del regno di Dio e, per come hanno vissuto, condividono l’autorità del governo con il loro Signore. Vediamo questo concetto anche nel libro dell’Apocalisse:
Non avranno bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, ed essi regneranno nei secoli dei secoli.11
Essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui mille anni.12
Gesù elencò sei azioni che contribuiscono a soddisfare i bisogni degli altri. Dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati sono due dei gesti di bontà più fondamentali. In tutto il Vecchio Testamento troviamo il comando di dar da mangiare ai bisognosi:
Il digiuno che io gradisco non è forse questo: […] che tu divida il tuo pane con chi ha fame?13
Se uno è giusto e pratica l’equità e la giustizia, […] dà il suo pane all’affamato…14
Se il tuo nemico […] ha sete, dagli acqua da bere.15
Ospitare un forestiero significa accogliere in casa propria uno sconosciuto. È un tipo di cortesia e ospitalità che rispecchia gli insegnamenti del Vecchio Testamento.
Il digiuno di cui mi compiaccio non è forse questo: […] portare a casa tua i poveri senza tetto?16
Il vecchio gli disse: «La pace sia con te! Tuttavia lascia che io mi prenda cura di ogni tuo bisogno; ma non devi passare la notte sulla piazza». Così lo condusse in casa sua e diede foraggio agli asini; i viandanti si lavarono i piedi, poi mangiarono e bevvero.17
Nel Vecchio Testamento si parla anche di vestire chi è nudo.
Se uno è giusto e pratica l’equità e la giustizia, […] dà il suo pane a chi ha fame e copre di vesti chi è nudo…18
Il digiuno che io gradisco non è forse questo: […] che quando vedi uno nudo tu lo copra?19
Andare a visitare gli ammalati e curarli era considerato un atto di bontà e un dovere religioso che è menzionato diverse volte negli scritti ebraici dell’epoca precedente Gesù ed è stato accentuato ancora di più nelle opere cristiane.
In epoca romana le prigioni erano usate per la detenzione in attesa di processo, non per incarcerazioni a lungo termine. I prigionieri spesso dipendevano da parenti e amici per il cibo, l’acqua e altre necessità. Lo vediamo in ciò che l’apostolo Paolo scrisse a proposito delle visite e dell’aiuto che aveva ricevuto mentre era in carcere.
Conceda il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo, perché spesse volte egli mi ha confortato e non si è vergognato delle mie catene; anzi, venendo a Roma, mi ha cercato con molta sollecitudine e mi ha trovato.20
Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell’abbondanza. Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a Dio.21
L’epistola agli Ebrei ci raccomanda: Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro.22
I giusti che si erano presi cura dei bisognosi e a cui si riferisce Gesù in questa parabola non avevano punti di riferimento su come avessero dato cibo, acqua, vestiti o ospitalità al Re, così gli chiesero quando l’avevano fatto. La risposta commovente di Gesù fu che ogni azione buona fatta agli altri l’avevano fatta a Lui. In verità vi dico: tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me.23 Questo ci fa porre la domanda su chi si qualifichi come uno di questi miei minimi fratelli. L’interpretazione più comune è che si riferisca a qualsiasi persona bisognosa. Alcuni commentatori pensano che si riferisca ai discepoli di Gesù, passati e presenti; altri che si riferisca ai missionari; altri ancora pensano che parli degli ebrei. L’interpretazione che più si adatta a questo passo e ad altri insegnamenti di Gesù, come la parabola del Buon Samaritano, sembra essere che Gesù parlasse di qualsiasi persona bisognosa e che qualsiasi gesto di misericordia nei confronti di chi ha bisogno sia fatto a Lui.
Aiutare i bisognosi ha le sue radici nel Vecchio Testamento, dove le persone generose ricevevano la promessa delle benedizioni divine.
Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese, perciò io ti do questo comandamento e ti dico: “Apri generosamente la tua mano a tuo fratello, al tuo povero e al tuo bisognoso nel tuo paese”.24
Chi ha pietà del povero presta all’Eterno, che gli contraccambierà ciò che ha dato.25
Chi ha l’occhio generoso sarà benedetto, perché egli dona del suo pane al povero.26
Gli scrittori del Nuovo Testamento rispecchiano sia il concetto di generosità del Vecchio Testamento sia gli insegnamenti di Gesù su quell’argomento.
Non dimenticate la beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché Dio si compiace di tali sacrifici.27
Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri.28
Se uno ha dei beni di questo mondo e vede il proprio fratello che è nel bisogno e gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio?29
Nella prima parte di questa parabola Gesù si riferisce a chi si comporta misericordiosamente come alle pecore alla sua destra, che sono i benedetti del Padre mio e che riceveranno in eredità il regno che è stato preparato sin dalla fondazione del mondo.30 Poi, nella seconda parte, sposta l’attenzione sugli altri.
Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a sinistra: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere, fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste”. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?”. Allora egli risponderà loro dicendo: “In verità vi dico: tutte le volte che non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me”. E questi andranno nelle pene eterne, e i giusti nella vita eterna».31
In questo caso Gesù definisce maledetti quelli che hanno trascurato di aiutare i bisognosi; e il loro destino è molto diverso da quello del primo gruppo. In questo passo non si riferisce a chi ha peccato per azioni apertamente immorali, come uccidere o rubare; si riferisce a chi ha peccato non facendo quello che avrebbe dovuto fare: sono peccati di omissione. Hanno ignorato le persone bisognose invece di aiutarle e per questo motivo hanno una punizione terribile. Sono separati dalle benedizioni divine e si trovano invece alla presenza del diavolo e dei suoi angeli, in un luogo che Gesù descrive come l’inferno.
Come la parabola del Ricco e Lazzaro32 nel Vangelo di Luca, questa parabola ci ricorda che tutti affronteranno il giudizio e che le nostre buone azioni nei confronti dei bisognosi – o la mancanza di tali azioni – faranno la differenza. Gesù afferma che lo troviamo nei volti dei poveri, degli indigenti, dei malati e dei carcerati, che insieme rappresentano tutti i bisognosi. Quelli che li trattano con amore, compassione e premura lo fanno a Gesù. Quelli che li ignorano e rifiutano di aiutarli si comportano alla stessa maniera con Gesù. I primi sono benedetti per l’amore e le cure che hanno dedicato agli affamati, agli assetati, agli ignudi, ai malati, ai carcerati e agli estranei e sono ricevuti alla presenza di Dio. Quelli che non dimostrano interesse, quelli che ignorano i bisognosi o rifiutano di aiutarli, incontrano un destino diverso. Nel corso della storia questa parabola ha ispirato i cristiani a compiere gesti di misericordia per servire Cristo.
Gesù evidenziò l’importanza che i suoi seguaci siano compassionevoli, sottolineando il destino drasticamente diverso di chi dimostra amore e compassione e di chi non è disposto a condividere il proprio pane, vestire gli ignudi e aiutare i bisognosi. Usò queste immagini come metodo d’insegnamento per richiamare l’attenzione sul fatto che tutti saranno ritenuti responsabili delle loro azioni o della mancanza d’esse. Indicò anche che siamo responsabili tanto dei nostri peccati di commissione quanto di quelli d’omissione. Come credenti, dobbiamo amare non solo Dio, ma anche il nostro prossimo; dobbiamo rispecchiare in noi la premura e l’attenzione di Gesù per chi ha bisogno e comportarci in modo da aiutare a soddisfare quei bisogni.
Questo ci porta alla fine delle Storie raccontate da Gesù. In questa serie abbiamo esaminato trentadue parabole di Gesù. La mia preghiera è che la serie sia sta una benedizione per voi, che vi sia servita a capire meglio le parabole di Gesù e abbia nutrito spiritualmente voi e le persone a cui forse farete leggere questi articoli.
La parabola delle pecore e delle capre, Matteo 25,31-46 (NR)
31 «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso.
32 E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri;
33 e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
34 Allora il re dirà a quelli della sua destra: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo.
35 Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste;
36 fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”.
37 Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere?
38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito?
39 Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?”
40 E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”.
41 Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!
42 >Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere;
43 fui straniero e non m’accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste”.
44 Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto aver fame, o sete, o essere straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo assistito?”
45 Allora risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me”.
46 Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna».
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
1 Questa parabola è inclusa in entrambi i Vangeli di Matteo e di Luca. Nella serie Le Storie raccontate da Gesù, la parabola Il re e si suoi servi si basa su Luca 19,11–27.
2 Matteo 25,31–33 NR.
3 Matteo 19,28.
4 Matteo 16,27.
5 Giovanni 5,26–27.
6 Matteo 13,30.
7 Matteo 13,49.
8 Matteo 25,11–12.
9 Matteo 25,30.
10 Matteo 25,34–40.
11 Apocalisse 22,5.
12 Apocalisse 20,6.
13 Isaia 58,6–7 NR.
14 Ezechiele 18,5, 7.
15 Proverbi 25,21.
16 Isaia 58,6–7 NR.
17 Giudici 19,20–21.
18 Ezechiele 18,5–7 NR.
19 Isaia 58,6–7 NR.
20 2 Timoteo 1,16–17.
21 Filippesi 4,18 NR.
22 Ebrei 13,3.
23 Matteo 25,40.
24 Deuteronomio 15,11.
25 Proverbi 19,17.
26 Proverbi 22,9 CEI.
27 Ebrei 13,16.
28 Filippesi 2,4.
29 1 Giovanni 3,17.
30 Matteo 25,33–34.
31 Matteo 25,41–46.
32 Luca 16,19–31.
Pubblicato originariamente in inglese il 7 agosto 2018.
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