Al cuore di tutto: l’Incarnazione (parte 3)

Di Peter Amsterdam

Agosto 18, 2011

Nel precedente articolo abbiamo visto come i padri della chiesa nei primi sette secoli elaborarono la dottrina dell’Incarnazione. Abbiamo visto diversi insegnamenti che tentavano di spiegare i “meccanismi” di come Gesù, che era il Logos, Dio Figlio, fosse anche pienamente umano. Molti di questi insegnamenti furono condannati come falsi dai concili della chiesa. Nei dibattiti in cui si discussero questi insegnamenti, si arrivò a un accordo sui termini per spiegare la dottrina, o, in alcuni casi, per stabilire dei parametri per ulteriori discussioni. Dopo questo periodo, i dibattiti sull’Incarnazione di Cristo per lo più cessarono per oltre un millennio.

Il passaggio dai concili ecumenici a una chiesa divisa

Con lo sviluppo e la diffusione del cristianesimo nei primi cinquecento anni, emersero vari centri teologici, i primi dei quali furono Antiochia (nell’attuale Turchia) e Alessandria (in Egitto), situate entrambe nella parte orientale dell’impero romano. Con il tempo emerse come centro teologico anche Roma, nella parte occidentale dell’impero. In questi centri si svilupparono varie scuole di pensiero teologico, spesso in contrasto tra loro. Come abbiamo visto, per determinare quale posizione teologica fosse vera, furono convocati dei concili. Quando i rappresentanti della chiesa orientale e di quella occidentale si radunavano insieme, si parlava di concili ecumenici, con questo intendendo che era un raduno dei vescovi dell’intera chiesa cristiana e non solo di quelli di una regione particolare. Nel corso dei secoli si tennero molti altri concili, ma in genere non erano ecumenici, perché raccoglievano solo rappresentanti locali o regionali. Sette concili furono considerati ecumenici da entrambe le chiese, occidentale e orientale.

Mentre in questo primo periodo ci furono alcune differenze di lettura e interpretazione delle Scritture tra le chiese nella parte occidentale e orientale dell’impero, in genere la chiesa era unita. Sorsero alcuni rami collaterali, tuttora esistenti, ma in generale le chiese erano unite.

I vescovi provenienti da oriente e occidente potevano incontrarsi per discutere di argomenti dottrinari. In seguito, nel corso dei secoli, e per vari motivi, le parti orientali e occidentali della chiesa cominciarono a differenziarsi nell’interpretazione e nell’applicazione della teologia e infine, nel 1054 d.C., ci fu uno scisma formale che potrò a due chiese distinte: la Chiesa Orientale Ortodossa, facente capo a Costantinopoli, e la Chiesa Cattolica Romana, facente capo a Roma. Entrambe le chiese continuarono a seguire le dottrine stabilite nei primi sette concili ecumenici e quindi si trovarono pienamente d’accordo sulle dottrine fondamentali del cristianesimo. Comunque, da quel momento in poi, i concili ecumenici consistettero solo di vescovi della Chiesa Cattolica Romana e di conseguenza non sono considerati ecumenici nello stesso senso dei primi.

La Riforma e la nascita del Protestantesimo

Nel 1517 d.C. esplose sulla scena del cristianesimo un nuovo fattore. Martin Lutero, un monaco cattolico in Germania, presentò un’interpretazione delle Scritture fondamentalmente diversa da quella che la chiesa cattolica romana aveva sviluppato in precedenza. Questo diede il via a un periodo storico noto come Riforma, che ebbe un effetto profondo sul cristianesimo. Senza entrare in tutti i particolari, le vedute di Lutero differivano dalle dottrine cattoliche romane sotto due aspetti fondamentali. Egli credeva che le Scritture insegnassero che la salvezza era ottenibile solo per fede, mentre l’interpretazione cattolica era che la si ricevesse per fede e per opere. Insegnò anche che solo le Scritture erano l’arbitro finale su dottrine e credenze, in contrasto con l’idea cattolico romana che, oltre alle Scritture, gli insegnamenti della chiesa, e specialmente quelli dichiarati veri dal Papa, avessero lo stesso valore e quindi la stessa autorità. Le opinioni di Lutero gli valsero la scomunica dalla Chiesa Cattolica Romana.

Nello stesso periodo, anche altri riformatori, come Ulrico Zwingli a Zurigo e Giovanni Calvino a Ginevra, si separarono dalla chiesa cattolica e cominciarono a sviluppare teologia e dottrine che differivano da quelle cattoliche. Il termine generico “protestanti” raccoglie tutti i cristiani che credono nella salvezza unicamente per fede.

È importante sapere, comunque, che tutti i riformatori concordavano con le dottrine fondamentali stabilite nei sette concili ecumenici. Oggi i protestanti discordano su vari argomenti, ma in generale concordano sulla dottrina dell’Incarnazione. Mentre i protestanti di ieri e di oggi hanno divergenze teologiche con la Chiesa Cattolica Roma e quella Orientale Ortodossa, sono d’accordo con i punti fondamentali della Trinità e dell’Incarnazione, cioè che Gesù era pienamente Dio e pienamente uomo, come furono espressi nei primi concili di Nicea, Costantinopoli e Calcedonia.

Una differenza tra la chiesa prima e dopo la Riforma è che non c’è più un corpo preciso e unico di persone che possono riunirsi per stabilire quali nuovi insegnamenti sono giusti e quali falsi, com’era possibile nei primi sei secoli della chiesa. In passato, quando gli insegnamenti erano sbagliati, venivano ufficialmente confutati e condannati come falsi dai concili ecumenici e queste decisioni erano accettate dalla maggioranza dei cristiani del tempo. Dopo la Riforma non c’è più stato un corpo universalmente accettato che possa emettere simili giudizi. (La Chiesa Cattolica Romana ha continuato a indire concili, ma essi includono partecipanti ortodossi e protestanti solo come osservatori, senza diritto di voto sugli argomenti discussi, quindi le decisioni e le dichiarazioni non sono rispettate dalle chiese protestanti e ortodosse.) Per questo motivo, nei secoli più recenti i falsi insegnamenti non sono stati condannati, anche se ciò non significa che non siano falsi.

Teologia liberale

Nel XIX e nel XX secolo sorsero diversi insegnamenti e speculazioni riguardanti l’Incarnazione di Cristo. Nel periodo tra la Riforma e la fine del diciottesimo secolo, cui spesso ci si riferisce come all’Età dei Lumi, il mondo occidentale ebbe un cambiamento radicale. Il Nuovo Mondo era stato scoperto, nuove forme di governo furono provate e si fecero grandi passi in matematica, scienza, astronomia, agricoltura, economia e filosofia. Genericamente parlando, il mondo occidentale accumulò molte conoscenze nuove che eliminarono o modificarono le conoscenze delle ultime migliaia di anni. In questo periodo, il cristianesimo e le chiese non furono tenuti nella stessa grande stima che avevano avuto in passato. La gente divenne molto più scettica nei riguardi della fede in Dio.

Verso la fine del XVIII secolo, e ancor più nel XIX, la dottrina dell’Incarnazione ritornò in primo piano teologicamente. Con le nuove conoscenze disponibili in molti campi del pensiero e della scoperta, molti teologi cercarono modi migliori per spiegare la dottrina, che fossero più in linea con il pensiero moderno, anche se alcuni si rivelarono solo varianti di quelli condannati nei primi sei secoli. Accenneremo ad alcuni di questi in termini generali.

Verso la fine del XVIII secolo, specialmente nelle opere del teologo tedesco Friedrich Schleiermacher (1768–1834), ci fu un allontanamento dal modo di vedere la persona di Cristo dalla prospettiva teologica dell’uomo-Dio con due nature, verso una prospettiva più storica, concentrata sulla sua umanità, portando a un Gesù che è un uomo divino, ma non Dio. Era un uomo che aveva un’unica “coscienza divina”, un senso d’unione perfetto e intatto con il divino. L’Incarnazione era vista come l’unione di Dio e dell’uomo.[1]

L’influenza di Schleiermacher continuò nel XIX secolo con gli insegnamenti di Albrecht Ritschl (1822–1889), un altro teologo tedesco. Questi insegnò che Gesù era un semplice uomo, ma che grazie alla sua opera e al servizio reso all’umanità, poteva essere giustamente visto come Dio. Escluse che Gesù fosse il Logos reincarnato e non riconobbe l’Incarnazione e la nascita da una vergine. Secondo lui, Gesù fece suo il proposito divino e ora in qualche modo induce gli uomini a seguire il cristianesimo ed entrare nella comunità cristiana; redime l’uomo con i suoi insegnamenti, il suo esempio e la sua particolare influenza, ed è quindi degno di essere chiamato Dio.[2]

Schleiermacher e Ritschl non furono gli unici teologi a credere e insegnare queste cose, ma furono i più influenti.

Diversi teologi tedeschi tra il 1860 e il 1880, e altri inglesi tra il 1890 e il 1910, sostennero una veduta dell’Incarnazione che era nuova nella storia della chiesa. Fu chiamata “teologia chenotica”.

La chenosi [gr. = svuotamento] era basata su una cosa che l’apostolo Paolo scrisse ai Filippesi:

Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini.[3]

 

La teologia chenotica afferma che, mentre viveva sulla terra, Gesù si svuotò di alcuni suoi attributi divini – per esempio, l’onniscienza, l’onnipresenza e l’onnipotenza. Questa teoria si basa sulla parola greca kenoō, che significa “svuotare” e che in questo versetto è tradotta con “svuotò se stesso”.

Il teologo Wayne Grudem spiegò molto bene la tesi contro la kenosi, quando scrisse:

Ma Filippesi 2,7 insegna forse che Cristo si svuotò di alcuni dei suoi attributi divini? E il resto del Nuovo Testamento forse lo conferma? Le prove portate dalle Scritture indicano una risposta negativa a entrambe le domande. Dobbiamo innanzi tutto renderci conto che nessun insegnante riconosciuto nei primi milleottocento anni della storia della chiesa, compresi quelli che erano di lingua madre greca, pensarono che “svuotò se stesso” in Filippesi 2,7 significasse che il Figlio di Dio  rinunciò ad alcuni dei suoi attributi divini. Secondo, dobbiamo riconoscere che il testo non dice che Cristo “svuotò se stesso di alcuni poteri” o “svuotò se stesso di attributi divini” o cose del genere. Terzo, il testo descrive invece ciò che Gesù fece con questo “svuotamento”: non rinunciando a qualcuno dei suoi attributi, ma “prendendo la forma di servo”, cioè venendo a vivere come un uomo ed essendo “trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce”(Filippesi 2,8). Quindi il contesto stesso interpreta lo “svuotamento” come l’equivalente di “abbassare se stesso” e assumere uno stato e una posizione umili. Per questo altre versioni della Bibbia, invece di rendere la frase con “svuotò se stesso”, la traducono con “abbassò se stesso” o “umiliò se stesso”. Lo svuotamento include un cambiamento di ruolo e di stato, non di attributi essenziali e di natura.[4]

 

Alcuni teologi chenotici interpretarono Filippesi 2,7 come se significasse che il Logos rinunciò a tutti gli attributi divini. Alcuni si spinsero oltre col dire che quando Dio Figlio divenne uomo, non ebbe più conoscenza della sua natura divina e restò privo della mutua coabitazione del Padre e dello Spirito, così che l’Incarnazione ebbe profonde ripercussioni sulla Trinità.

La chenosi nega l’Incarnazione, perché, se Cristo avesse rinunciato ad alcuni dei suoi attributi divini, avrebbe cessato di essere Dio. Nel secondo capitolo di Filippesi, Paolo parla ai cristiani di Filippi, esortandoli all’umiltà, e usa l’esempio di Gesù che non si aggrappò alla sua gloria celeste, ma prese invece l’umile forma di un servo. Lasciò la gloria dei cieli; rinunciò al suo stato celeste. Invece di una privazione dei suoi attributi divini, fu un gesto volontario di amore e compassione. Non esistono prove scritturali che Gesù abbia rinunciato ai suoi attributi divini.

Isaac August Dorner (1809–1884), un luterano tedesco, osteggiò risolutamente la teoria chenotica. Insegnò che Gesù era Dio incarnato, ma espresse la teoria della incarnazione progressiva. Secondo la sua teoria, “l’incarnazione non va intesa come completa dall’inizio, ma come seguendo uno sviluppo graduale”.[5] Insegnò che all’inizio della sua vita Gesù non era l’uomo-Dio; ma che, man mano che si sottomise al Padre in ogni cosa, il Logos penetrò gradualmente nella sua umanità. Lo stadio finale di questa penetrazione progressiva avvenne alla resurrezione. Questa teoria finì per dimostrarsi una forma di nestorianesimo, con due persone in Cristo.

La teologia liberale del XIX e del XX secolo generalmente considerava l’Incarnazione un mito, insegnando che Gesù era semplicemente un uomo con una connessione speciale con Dio. Nel suo libro Il mito del Dio incarnato, John Hick afferma:

Gesù era un “uomo approvato da Dio” per un ruolo speciale all’interno del proposito divino; la successiva concezione di lui come Dio incarnato, la seconda persona della Santa Trinità che visse in un corpo umano, è un modo mitologico o poetico di esprimere il significato che egli ha per noi.[6]

 

Una simile dottrina rinnega la divinità di Cristo e la dottrina della Trinità.

In conclusione

Possiamo vedere dalle Scritture che Gesù è Dio e che divenne anche uomo, Dio incarnato. Tuttavia, nessuno può sapere del tutto come l’Incarnazione e l’unione delle due nature operarono interiormente nella persona di Cristo; ciò va oltre i limiti della comprensione umana. La normale dottrina cristiana ortodossa aderisce alla definizione calcedonica, che ne stabilisce i limiti, ma non spiega come abbia funzionato. Come cristiani, sembra che la cosa migliore sia accettare questi parametri:

E, senza alcun dubbio, grande è il mistero della pietà: Dio è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato tra i gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.[7]

 

Le dottrine della Trinità, della divinità di Cristo e della sua incarnazione costituiscono parti importanti dei fondamenti del cristianesimo. Prego che questi primi articoli della serie Al cuore di tutto siano serviti a darvene una maggior comprensione. Se avete domande o commenti da fare, potete mandarli a doctrine@tfionline.com.

Possa il nostro meraviglioso, sorprendente Signore e Salvatore, il nostro amorevole Gesù, la Seconda Persona della Trinità, Dio Figlio, il Logos eternamente presente, la Parola di Dio, Colui che ci ama tanto profondamente, che si occupa di noi in ogni modo, che scelse di soffrire e morire per la nostra salvezza — possa Egli benedirvi abbondantemente ogni singolo giorno!

Sommario degli articoli su “L’Incarnazione”


Nota

Se non altrimenti indicato, tutti i versetti biblici sono tratti dalla Sacra Bibbia, versione Nuova Diodati, copyright © La Buona Novella, Brindisi. Altre versioni spesso citate sono la Nuova Riveduta (NR), la C.E.I. (CEI) e la Traduzione in Lingua Corrente (TILC).


Bibliografia

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Berkhof, Louis. Systematic Theology. Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996.

Cary, Phillip. The History of Christian Theology, Serie di lezioni, Lezioni 11, 12. Chantilly: The Teaching Company, 2008.

Craig, William Lane. The Doctrine of Christ, Serie di lezioni Defenders.

Garrett, Jr., James Leo. Systematic Theology, Biblical, Historical, and Evangelical, Vol. 1. N. Richland Hills: BIBAL Press, 2000.

Grudem, Wayne. Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine. Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000.

Kreeft, Peter, and Ronald K. Tacelli. Handbook of Christian Apologetics. Downers Grove: InterVarsity Press, 1994.

Lewis, Gordon R., and Bruce A. Demarest. Integrative Theology. Grand Rapids: Zondervan, 1996.

Milne, Bruce. Know the Truth, A Handbook of Christian Belief. Downers Grove: InterVarsity Press, 2009.

Mueller, John Theodore. Christian Dogmatics, A Handbook of Doctrinal Theology for Pastors, Teachers, and Laymen. St. Louis: Concordia Publishing House, 1934.

Ott, Ludwig. Fundamentals of Catholic Dogma. Rockford: Tan Books and Publishers, Inc., 1960.

Stott, John. Basic Christianity. Downers Grove: InterVarsity Press, 1971.

Williams, J. Rodman. Renewal Theology, Systematic Theology from a Charismatic Perspective. Grand Rapids: Zondervan, 1996.


[1] Louis Berkhof, Systematic Theology (Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996), 309.

[2] Louis Berkhof, Systematic Theology (Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996), 310.

[3] Filippesi 2,5–7 .

[4] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 550.

[5] I. Dorner, System of Christian Doctrine, Vol. 3 (Edinburgh: T. & T. Clark, 1880–82), 340.

[6] John Hick, ed., The Myth of God Incarnate (Philadelphia: Westminster, 1977), ix., quoted in Williams, J. Rodman. Renewal Theology, Systematic Theology from a Charismatic Perspective. Grand Rapids: Zondervan, 1996. P. 326n115.

[7] 1 Timoteo 3,16.

 


Titolo originale: The Heart of It All: The Incarnation - Part 3
Pubblicato originariamente in Inglese il 12 Luglio 2011

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