Gesù — la sua vita e il suo messaggio: la tassa del tempio

Di Peter Amsterdam

Luglio 21, 2020

[Jesus—His Life and Message: The Temple Tax]

Alla fine del capitolo 17 di Matteo, leggiamo di un episodio avvenuto a Capernaum (o Cafarnao).

Quando giunsero a Capernaum, gli esattori di didramme si accostarono a Pietro e dissero: «Il vostro maestro, non paga la tassa?»1

La didramma, una moneta del valore di due dramme, era l’equivalente greco della tassa di mezzo siclo, o sheqel, che ogni maschio ebreo sopra i vent’anni doveva pagare ogni anno per il mantenimento e la manutenzione del tempio ebraico. Equivaleva al salario di due giorni. In alcune traduzioni della Bibbia questa tassa annuale è chiamata anche “tassa del tempio”. La pagavano tutti i maschi ebrei dentro e fuori Israele.

La tassa aveva avuto origine ai tempi di Mosè.

L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: «Quando farai il conto dei figli d’Israele, […] ognuno che sarà compreso nel censimento, dai venti anni in su, darà questa offerta all’Eterno. Il ricco non darà di più, né il povero darà meno di mezzo siclo, quando si farà quest’offerta all’Eterno per fare l’espiazione per le vostre vite. Prenderai dunque dai figli d’Israele questo denaro del riscatto e lo adopererai per il servizio della tenda di convegno: sarà per i figli d’Israele un ricordo davanti all’Eterno per fare l’espiazione per le vostre vite».2

Ci sono riferimenti a questa tassa anche in altri punti del Vecchio Testamento.3

Ai tempi di Gesù, per pagare questa tassa si usava una moneta speciale di Tiro e per questo c’erano dei cambiamonete del cortile del tempio,4 per cambiare la valuta locale con quella moneta. Chi andava a Gerusalemme per la Pasqua la pagava di persona, ma per chi non poteva andarci e per chi viveva fuori da Israele essa veniva raccolta un mese prima. Questa tassa o contributo annuale per il tempio veniva pagata nel mese di Adar, che corrisponde genericamente al mese di marzo. Il quindicesimo giorno del mese di Adar, i cambiamonete sistemavano i loro tavoli in tutto Israele e raccoglievano questi fondi. Dopo dieci giorni, i cambiamonete terminavano le raccolte locali, anche se queste continuavano nell’area circostante il tempio a Gerusalemme.

Molto probabilmente Gesù stava a casa di Pietro a Capernaum, quindi questi esattori delle tasse si rivolsero a Pietro come al capofamiglia responsabile di chi viveva sotto il suo tetto. Era il periodo dell’anno in cui si pagava la tassa e, dato che ogni maschio ebreo doveva pagarla, volevano riscuoterla anche da Gesù. In risposta alla loro domanda – «Il vostro maestro, non paga la tassa?» – Pietro disse: «Sì».5 Non dice perché Pietro rispose di sì; forse perché sapeva che Gesù aveva pagato la tassa negli anni precedenti, oppure perché era sicuro che l’avrebbe pagata come ogni altro ebreo.

Dopo aver parlato con gli esattori di didramme, Pietro rientrò in casa per raccontarlo a Gesù. Prima che potesse aprir bocca, Gesù menzionò l’argomento. Forse aveva udito la conversazione da dentro la casa, o forse lo sapeva grazie alla sua conoscenza divina.

Quando fu entrato in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che ti pare Simone? Da chi prendono i re della terra i tributi, o le tasse? Dai propri figli o dagli estranei?»6

Gesù fece la domanda a Pietro e chiese la sua opinione. È interessante notare che anche se Gesù aveva dato a Simone il nome di Pietro, lo chiamò così solo due volte in tutti i Vangeli.7

Facendo a Pietro quella domanda, Gesù fece un parallelo con la politica di tassazione dei re. Ricorda sia i tributi che le tasse. Un tributo (in greco telos) era una tariffa o un dazio sui beni importati o comprati. Una tassa (kēnsos in greco) si riferiva specificamente alla tassa romana imposta a tutti i popoli sottoposti al governo di Roma.

Tutti i re e i governi hanno bisogno di entrate, per questo impongono delle tasse. In questo caso la domanda di Gesù riguardava chi veniva tassato: i figli del governante o gli altri. Chi poteva essere qualificato come “figlio” o “estraneo” dipendeva dall’autorità governativa a cui ci si riferiva. Secondo il sistema di tassazione romano, c’era differenza tra i cittadini romani e gli stranieri sottoposti al controllo romano. In quel caso “figli” avrebbe fatto riferimento ai Romani; estranei, gli stranieri, sarebbero stati tutti gli altri. Comunque, non tutte le autorità governano su altri popoli e per la maggior parte tassano il loro stesso popolo. In quel caso, i “figli” sarebbero stati i membri della loro famiglia. Molto probabilmente Gesù si riferiva al secondo caso, affermando che i figli di un governante erano esenti da tasse.

Rispondendo a Gesù, Pietro disse:

«Dagli estranei». Gesù disse: «I figli dunque sono esenti».8

Seguendo questo ragionamento, i figli del re e i suoi dipendenti hanno una condizione diversa dal resto della popolazione riguardo alle tasse e ne sono esenti. Poiché Gesù era il Figlio di Dio, non doveva pagare le tasse per il tempio di Dio; e anche i suoi servi ne erano esenti.

Poi Gesù disse:

«Tuttavia per non scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che verrà su; aprigli la bocca e vi troverai uno statere; prendilo e dallo loro per te e per me».9

Anche se Gesù era esente dalla tassa, a causa della sua posizione, quella non era l’unica questione in una situazione più complessa. Se avesse pagato la tassa del tempio, non si sarebbe comportato da “figlio”, perché i figli del re non dovevano pagare le tasse. Se avesse rifiutato di pagarla, gli altri avrebbero potuto pensare che rifiutava il tempio e tutto ciò che rappresentava. In ogni caso, fino alla morte e alla risurrezione di Gesù il tempio era il luogo legittimo in cui adorare Dio. Insistendo sull’essere esente dal pagamento della tassa del tempio, avrebbe potuto creare dei problemi alle persone incaricate di riscuoterle, quindi non volle scandalizzarli.

Anche se Gesù era disposto a pagare la tassa, sembra che non avessero i soldi per farlo, quindi Gesù indicò a Pietro di andare sulla riva del mare e gettare l’amo — in altre parole, di andare a pescare. (Questo è l’unico accenno alla pesca con l’amo nel Nuovo Testamento; tutte le altre volte si parla di pesca con la rete.) Gesù quindi disse a Pietro di controllare la bocca del primo pesce che avrebbe preso, perché ci avrebbe trovato uno statere (equivalente a uno sheqel), una moneta che valeva quattro dramme, sufficiente a pagare la tassa sia per Gesù sia per Pietro. Alcuni commentatori fanno notare che la moneta avrebbe soddisfatto gli esattori delle tasse e allo stesso tempo, visto che era stata “trovata”, tecnicamente non apparteneva a nessuno, quindi non era un’ammissione che Gesù fosse soggetto a pagarla.

Nelle Scritture non leggiamo che Pietro andò sulla riva del mare, prese il primo pesce che pescò, gli trovò in bocca una moneta o pagò le tasse. Ci sono invece molti casi in cui le cose successero come aveva detto Gesù, quindi possiamo presumere con una certa sicurezza che Pietro ubbidì alle istruzioni ricevute e tutto successe come gli era stato detto.

Così, mentre era a Capernaum, Gesù pagò la tassa del tempio agli esattori locali, che poi mandarono le monete al tempio, a Gerusalemme. Questi esattori probabilmente erano persone pie del posto e facevano il loro dovere raccogliendo i contributi. Comunque, più tardi in questo stesso Vangelo, diventa chiaro che le famiglie sacerdotali che venivano finanziate da queste offerte si erano arricchite ed è probabile che lo sfoggio ostentato di queste ricchezze avesse messo in cattiva luce questa tassa annuale. Anche i cambiamonete nell’area del tempio, che convertivano questa valuta in monete utilizzate per la tassa, ne ricavavano un profitto, alle spese dei fedeli adoratori di Dio. In questo stesso Vangelo leggiamo che, quando Gesù andò a Gerusalemme poco prima della sua morte, dimostrò violentemente la sua disapprovazione per chi usava il tempio per il proprio interesse, rendendolo un covo di ladroni.10

Un fatto storico interessante è che, quando alcuni decenni dopo la morte di Gesù il popolo ebreo si ribellò a Roma, i soldati romani distrussero il tempio. A quel punto l’imperatore romano promulgò una legge per la quale tutti gli Ebrei dell’impero furono obbligati a pagare la tassa del tempio come avevano sempre fatto, ma questa volta i fondi sarebbero finiti nei forzieri di Roma.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 17,24.

2 Esodo 30,11–16.

3 2 Re 12,5–15; Neemia 10,32–33.

4 Giovanni 2,14.

5 Matteo 17,25.

6 Matteo 17,25.

7 Ed io ti dico, che tu sei Pietro, e sopra questa roccia io edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non la potranno vincere (Matteo 16,18). Gesù disse: «Pietro, io ti dico che oggi il gallo non canterà, prima che tu abbia negato tre volte di conoscermi» (Luca 22,34).

8 Matteo 17,26.

9 Matteo 17,27.

10 Matteo 21,13.


Pubblicato originariamente in inglese l’11 giugno 2019.

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