Gesù — la sua vita e il suo messaggio: un litigio in famiglia, la vera beatitudine e la minaccia di Erode

Di Peter Amsterdam

Gennaio 11, 2022

[Jesus—His Life and Message: A Family Dispute, True Blessedness, and Herod’s Threat]

Nei Vangeli troviamo diversi racconti a sé stanti di cose che Gesù e altri dissero e fecero. A volte questi avvenimenti o detti occupano solo poche frasi. In questo e in alcuni altri articoli successivi, prenderò in esame alcuni di questi racconti o detti. Non sono collegati gli uni con gli altri, quindi ognuno occuperà una sua sottosezione particolare.

Un litigio in famiglia

A un certo punto del ministero di Gesù – il momento o il luogo di questo episodio non viene riferito – qualcuno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità».1 Chiamando Gesù “maestro”, l’uomo che poneva la domanda si rivolgeva a Gesù come a un rabbino rispettato. I rabbini a volte dirimevano problemi riguardanti l’eredità, perché le regole al riguardo erano contenute nella legge2 del Vecchio Testamento ed erano i rabbini a interpretare gli insegnamenti delle Scritture.

È probabile che l’uomo che chiese l’aiuto di Gesù fosse il più giovane dei due fratelli. A causa della sua posizione più umile all’interno della famiglia cercava un aiuto esterno per convincere suo fratello a essere più generoso. Non ci sono molti dettagli e non è chiaro se il fratello maggiore avesse rifiutato di condividere l’eredità o se il minore chiedesse a Gesù di convincere il maggiore a essere più generoso dandogli una parte più grande dell’eredità. Ciò che è chiaro, però, e che l’uomo non chiedeva a Gesù di arbitrare tra lui e il fratello, ma lo indirizzava verso la soluzione che voleva, quella che favoriva lui.

Ma egli gli disse: «O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?»3 Gesù rifiutò di farsi coinvolgere in un giudizio. Dal fatto che iniziò la frase con “o uomo”, si capisce che era un rimprovero. Gesù non era stato stabilito come arbitro tra i fratelli in questa disputa personale; la sua missione non era sistemare questioni personali, ma portare le persone a Dio.

Poi disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dall’avarizia, perché la vita di uno non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede».4 Gesù non fece questa affermazione solo per quell’uomo, ma la allargò a “loro”, a tutti i presenti. L’avarizia [o meglio, come tradotto nella CEI, “la cupidigia”] è un desiderio intenso di beni o ricchezze, un desiderio avido di avere di più. Nel Nuovo Testamento viene elencata diverse volte tra i peccati.

Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia.5

Essendo diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni impurità con insaziabile bramosia.6

Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: […] desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria.7

Come si nota dall’insoddisfazione del fratello, la cupidigia può causare disaccordo e discordia. Può distorcere il modo in cui si vede la vita e ciò che è importante. Nella lettera agli Efesini, una persona avida è definita un idolatra, uno che adora e venera statue e immagini, che adora qualcosa di diverso da Dio. L’avidità è pericolosa e per questo Gesù ammonisce a stare in guardia contro di essa.

Gesù ammonì contro la cupidigia perché sapeva che l’avidità è una questione del cuore. Il fratello che voleva che Gesù intervenisse a suo favore sapeva che ricevere una parte maggiore dell’eredità non solo avrebbe aumentato la sua posizione finanziaria, ma gli avrebbe probabilmente garantito anche maggiori onori nella comunità, perché i proprietari terrieri avevano una posizione sociale più elevata. Saggiamente, Gesù scelse di non essere tirato in ballo in una questione familiare di natura finanziaria.

A questo punto, nel Vangelo di Luca, Gesù raccontò la parabola del ricco stolto, che affronta anch’essa l’argomento della cupidigia. Per maggiori informazioni su questa parabola, vedi “Le storie raccontate da Gesù: la parabola del ricco stolto“, dove è presa in esame nei particolati.

La vera beatitudine

Dopo che Gesù aveva parlato alla folla di spiriti immondi,8 una donna della folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e le mammelle che ti hanno allattato». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che odono la parola di Dio e l’osservano».9

Non ci viene detto perché la donna alzò la voce, benedicendo la madre di Gesù, ma il fatto è che gridò. Poiché in genere ci si aspettava che le donne tacessero in presenza di uomini, parlare a quel modo in una folla mista era senz’altro coraggioso. La sua affermazione era un’espressione di gratitudine per il ministero di Gesù, attraverso il quale veniva onorata sua madre, perché a quei tempi una madre era valorizzata grazie ai successi di un figlio.

La risposta di Gesù dimostra che non desiderava lodi, ma azione, che la gente reagisse di fronte al suo ministero. Nel rispondere all’affermazione della donna, indicò quella che per Lui era una beatitudine: «Beati piuttosto coloro che odono la parola di Dio e l’osservano». Precisò che ottiene una benedizione chi ubbidisce alla Parola di Dio.

Non stava respingendo l’affermazione della donna, ma non la stava neanche approvando completamente. La frase era giusta ma non completa, quindi Lui indicò che cos’era più importante nella vita dei credenti: osservare la Parola di Dio. Un altro scrittore spiega:

Una traduzione ampliata di questa frase sarebbe: “Per certi versi ciò che hai detto è giusto; ma la beatitudine di Maria non consiste semplicemente nel rapporto che ha con me, ma nel fatto che ha udito la parola di Dio e l’ha osservata, e in questo sta la vera beatitudine”.10

La minaccia di Erode

Nel Vangelo di Luca leggiamo di un episodio in cui alcuni farisei avvertirono Gesù che la sua vita era in pericolo. In quello stesso momento vennero alcuni farisei a dirgli: «Parti, e vattene di qui, perché Erode vuol farti morire».11 Erode Antipa era il tetrarca della Galilea; era il governante che aveva fatto decapitare Giovanni Battista. L’incidente era probabilmente avvenuto nel nord d’Israele, in Perea o in Galilea.

Vari commentatori hanno opinioni diverse riguardo alle motivazioni di questi farisei. Uno di loro scrive:

Questi farisei erano sinceramente interessati al benessere di Gesù. […] alcuni farisei simpatizzavano con Gesù e il movimento cristiano e in questo caso Gesù non li sgridò. Questi farisei erano amichevoli.12

Un altro dice:

Anche se questo sembra un tentativo amichevole di aiutare Gesù, potrebbe essere stato un espediente per allontanare Gesù dalla regione senza ricorrere alla violenza.13

Un altro rimarca:

È probabilmente più facile che fossero agenti, consapevoli o inconsapevoli, di Erode. Dopo l’esperienza con Giovanni Battista, il tetrarca forse non voleva sulla propria coscienza l’uccisione di un altro profeta, ma voleva liberarsi di Gesù; perciò usò i farisei per trasmettere una minaccia di morte.14

Come risposta all’avvertimento dei farisei, Gesù disse loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, oggi e domani io scaccio i demoni e compio guarigioni, e il terzo giorno giungo al termine della mia corsa”».15 Chiamare qualcuno una volpe aveva alcuni significati diversi. Poteva riferirsi a una persona di poca importanza, a un imbroglione, a una persona scaltra o a un distruttore. È probabile che qui s’intendesse imbroglione o distruttore, visto che Erode aveva ucciso Giovanni Battista. Erode è l’unica persona di cui c’è traccia che Gesù abbia trattato con disprezzo.16 Un po’ più in là in questo Vangelo, quando Erode voleva che Gesù operasse un miracolo, Lui non volle nemmeno parlargli. Che Gesù abbia detto ai farisei di “dire a quella volpe…”,17 indica che erano in grado di trasmettergli la sua risposta e quindi di avere rapporti cordiali con Erode.

Ci sono varie opinioni anche riguardo alle parole il giorno seguente, o dopodomani. Stava parlando letteralmente, dicendo che dopo tre giorni sarebbe andato a Gerusalemme? Era un modo figurato per indicare gli avvenimenti di una sequenza di giorni, o si riferiva alla propria risurrezione? Probabilmente voleva essere un’espressione metaforica, che avrebbe continuato ad assistere i bisognosi e guarire i malati per un certo tempo, poi, una volta fatto, sarebbe andato a Gerusalemme per completare il suo ministero morendo sulla croce.

«Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme».18 Alla fine Gesù sarebbe andato a Gerusalemme, perché sapeva che il completamento della sua missione era legato a quella città. Sapeva anche che nel Vecchio Testamento i profeti di Dio avevano sofferto e alcuni erano morti.19 Sapeva che parte del suo ruolo era quello di profeta, cosa riconosciuta anche da altri.

E il morto si mise a sedere e cominciò a parlare. E Gesù lo consegnò a sua madre. Allora furono tutti presi da meraviglia e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto fra noi» e: «Dio ha visitato il suo popolo».20

E uno di loro, di nome Cleopa, rispondendo, gli disse: «Sei tu l’unico forestiero in Gerusalemme, che non conosca le cose che vi sono accadute in questi giorni?» Ed egli disse loro: «Quali?» Essi gli dissero: «Le cose di Gesù Nazareno, che era un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e davanti a tutto il popolo. E come i capi dei sacerdoti e i nostri magistrati lo hanno consegnato per essere condannato a morte e l’hanno crocifisso».21

Gesù aveva già profetizzato la propria morte in precedenza nel Vangelo di Luca, quando aveva chiesto a Pietro:

«E voi, chi dite che io sia?». Pietro allora, rispondendo, disse: «Il Cristo di Dio». Allora egli ingiunse loro severamente e comandò di non dirlo ad alcuno, dicendo: «È necessario che il Figlio dell’uomo soffra molte cose, sia rigettato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, sia ucciso e risusciti il terzo giorno».22

Aveva anche detto ai suoi discepoli:

«Voi, riponete queste parole nei vostri orecchi, perché il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani degli uomini».23

In seguito, in questo Vangelo disse:

«Vi è un battesimo del quale devo essere battezzato; e sono angosciato finché non sia compiuto».24

Gesù sapeva cosa l’aspettava, ma sapeva anche che non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme; quindi poteva dire con sicurezza che in quel momento non doveva preoccuparsi di Erode Antipa, perché era al sicuro finché non fosse andato a Gerusalemme.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Luca 12,13.

2 Deuteronomio 21,15–17; Numeri 27,1–11; 36,7–9.

3 Luca 12,14.

4 Luca 12,15.

5 Romani 1,28–29 NR.

6 Efesini 4,19. Il termine greco è tradotto a volte cupidigia, a volte avidità o avarizia.

7 Colossesi 3,5 NR.

8 Luca 11,24–26.

9 Luca 11,27–28.

10 M. E. Thrall, Greek Particles in the New Testament (Grand Rapids: Eerdmans, 1962), 35.

11 Luca 13,31 NR.

12 Stein, The New American Commentary: Luke, 382.

13 Bock, Luke Volume 2, 1246.

14 Morris, Luke, 245.

15 Luca 13,32.

16 Morris, Luke, 245.

17 Luca 23,8–9.

18 Luca 13,33 CEI.

19 1 Re 18,13; 19,10.14; 2 Cronache 24,20–21; Geremia 2,30; 26,20–24; 38,4–6.

20 Luca 7,15–16.

21 Luca 24,18–20.

22 Luca 9,20–22.

23 Luca 9,44.

24 Luca 12,50 NR.


Pubblicato originariamente in inglese il 21 giugno 2020.

 

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