Gesù, la sua vita e il suo messaggio: il processo davanti a Pilato

Di Peter Amsterdam

Dicembre 27, 2022

[Jesus—His Life and Message: The Trial Before Pilate]

Dopo il suo arresto, Gesù fu portato alla casa di Caiafa, il sommo sacerdote. Fu lì che affrontò il processo  davanti ai capi dei sacerdoti, gli anziani e tutto il sinedrio.1 Quando il sommo sacerdote disse: «Io ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se sei il Cristo, il Figlio di Dio», Gesù gli rispose: «Tu l’hai detto!».2 La risposta di Gesù fu considerata una bestemmia e quindi punibile con la morte, secondo la legge giudaica. Comunque, poiché Israele era sottoposta a Roma, alle autorità giudaiche non era consentito giustiziare i criminali; solo Roma poteva farlo. Così dovettero andare dal procuratore romano, che era responsabile del mantenimento della legge e dell’ordine nella zona, per avere il permesso di mettere a morte Gesù. Il procuratore si chiamava Ponzio Pilato.

Il Vangelo di Matteo dice:

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. E, legatolo, lo condussero via e lo consegnarono nelle mani del governatore Ponzio Pilato.3

Il Vangelo di Giovanni aggiunge che quelli che portarono Gesù nel palazzo del governatore non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi e poter così mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro.4

Solitamente i funzionari romani sbrigavano le loro faccende nella prima parte della giornata, quindi era importante che i capi giudei agissero subito di mattina. Nei processi ebraici le sentenze dovevano essere emesse di giorno e non di notte. Perciò il processo a Gesù cominciò di mattina. Tutti i capi dei sacerdoti indica che c’era la piena assemblea delle autorità del tempio. C’erano anche gli anziani del popolo, in riferimento a eminenti persone laiche che facevano parte della massima assemblea ebraica nel paese. Il Vangelo di Marco dice che i capi sacerdoti consultarono gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio.5 Questi funzionari del tempio discussero delle accuse che progettavano di usare quando avrebbero parlato a Pilato. Il loro obiettivo era l’esecuzione di Gesù, quindi era importante presentare le prove che era colpevole di un reato la cui pena fosse la morte.

Ponzio Pilato era il quinto governatore della provincia romana della Giudea. Mantenne questa posizione sotto l’imperatore Tiberio per dieci anni. È probabile che fosse istruito, piuttosto ricco e con buoni contatti politici e sociali. A causa del cursus honorum, l’ordine degli uffici pubblici successivi che un ambizioso uomo politico doveva occupare, è probabile che Pilato avesse avuto un comando militare prima di diventare governatore della Giudea.

Come governatore era a capo del sistema giudiziario e quindi aveva il potere di emettere sentenze di morte per i criminali. La sua residenza principale era a Cesarea, anche se durante le festività principali sarebbe andato a Gerusalemme per mantenere l’ordine. Grazie a questa posizione aveva il diritto di nominare il sommo sacerdote ebraico. Mantenne Caiafa in quella posizione per tutti i dieci anni del suo mandato di governatore. Fu a Pilato, il governatore, che Gesù fu portato per essere giudicato.

A questo punto, nel Vangelo di Matteo, l’attenzione si sposta su Giuda e la sua morte.

Allora Giuda, che lo aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani,dicendo: «Ho peccato, tradendo il sangue innocente». Ma essi dissero: «Che c’importa? Pensaci tu!»6

Vedendo che Gesù era stato condannato a morte, Giuda si pentì. Altre versioni bibliche dicono che fu pieno di rimorso, provò rimorso o fu preso dal rimorso. Non è possibile sapere se Giuda, dopo aver visto i danni che aveva fatto, si fosse veramente pentito o fosse solo in preda al rimorso. Il rimorso è un forte senso di tristezza e rammarico per aver commesso un’azione sbagliata, mentre il pentimento significa provare per un peccato o una colpa un dolore tale da essere disposti a cambiare in meglio la propria vita. La confessione di Giuda di aver peccato e il suo tentativo di restituire il denaro fu respinto dai capi religiosi.

Ed egli, gettati i sicli d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi.7

Non sappiamo esattamente dove si trovasse Giuda quando ebbe questa conversazione con i capi dei sacerdoti e gli anziani, ma sappiamo che a un certo punto Giuda buttò nel tempio il denaro che aveva ricevuto. Il suo motivo per farlo era probabilmente il desiderio di ripudiare il tradimento di Gesù. Poi commise suicidio impiccandosi.

Ma i capi dei sacerdoti presero quei denari e dissero: «Non è lecito metterli nel tesoro del tempio, perché è prezzo di sangue». E, tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio, come luogo di sepoltura per i forestieri. Perciò quel campo è stato chiamato sino ad oggi: “Campo di sangue”.8

Il fatto che Giuda avesse gettato il denaro nel tempio rappresentava un problema per i sacerdoti, perché in pratica era “compenso per un omicidio”.9 Naturalmente, in origine questo “prezzo di sangue” era venuto dai sacerdoti, perché l’avevano dato a Giuda per tradire Gesù. Tuttavia, poiché era prezzo del sangue, non potevano rimetterlo nel tesoro del tempio, quindi dovevano trovare un altro modo di usarlo. Dopo essersi consigliati, decisero di comprare un terreno che chiamarono campo del vasaio, dove seppellire i forestieri. Alcune traduzioni della Bibbia usano il termine stranieri invece di forestieri. Alcuni commentatori suggeriscono che le parole forestieri e stranieri facessero riferimento a Ebrei di altri paesi che morivano mentre erano in Giudea. Ai tempi in cui fu scritto questo Vangelo, questo terreno era ancora chiamato Campo di Sangue.

Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia che disse: «E presero i trenta pezzi d’argento, il prezzo di colui che fu valutato, come è stato valutato dai figli d’Israele;e li versarono per il campo del vasaio, come mi ordinò il Signore».10

Chi scrive il Vangelo si riferisce a una profezia di Geremia. La parte principale di questa profezia, comunque, proviene dal libro di Zaccaria, e dice:

Ma l’Eterno mi disse: «Gettalo per il vasaio, il magnifico prezzo con cui sono stato da loro valutato». Allora presi i trenta sicli d’argento e li gettai nella casa dell’Eterno per il vasaio.11

Alcune parole nel Vangelo di Matteo sembrano essere tratte da Geremia, perché scrisse della casa del vasaio,12 di una brocca di terracotta13 e di comprare un campo.14 Qui termina l’attenzione posta al suicidio di Giuda e ritorniamo al processo di Gesù davanti a Pilato.

Ora Gesù comparve davanti al governatore; e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». E Gesù gli disse: «Tu lo dici!» Accusato poi dai capi dei sacerdoti e dagli anziani, non rispose nulla.15

Tutti i Vangeli sinottici affermano che Gesù fu portato davanti a Pilato per essere giudicato e che gli fu chiesto se fosse il Re dei Giudei. La sua risposta fu: Tu lo dici.16 Il Vangelo di Matteo non indica per quali reati fosse giudicato Gesù. Il Vangelo di Marco dice che i capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose e il libro di Luca è più specifico:

Cominciarono ad accusarlo, dicendo: «Noi abbiamo sorpreso costui che sovvertiva la nazione e proibiva di dare i tributi a Cesare, affermando di essere un re, il Cristo».17

Gli accusatori di Gesù lo imputarono di tre cose, le prime due delle quali erano accuse generiche di ciò che faceva alla nazione ebraica. La prima era che sovvertiva la nazione. Gesù affermava di essere stato mandato da Dio per indicare a Israele le sue vie. Comunque, i capi religiosi e gli anziani respinsero quel messaggio, quindi lo consideravano un agitatore religioso che ingannava il popolo.

La seconda accusa era che Gesù proibiva di dare i tributi a Cesare. Affermarono che proibiva il pagamento delle tasse romane. Ciò era totalmente falso, perché Gesù aveva specificamente sostenuto il pagamento delle tasse a Roma. In un punto precedente in Matteo leggiamo:

Allora i farisei, allontanatisi, si consigliarono sul modo di coglierlo in fallo nelle parole. E gli mandarono i propri discepoli, con gli erodiani, per dirgli: «Maestro, noi sappiamo che tu sei verace e che insegni la via di Dio in verità, senza preoccuparti del giudizio di alcuno, perché tu non riguardi all’apparenza delle persone. Dicci dunque: Che te ne pare? È lecito o no pagare il tributo a Cesare?» Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: «Perché mi tentate, ipocriti? Mostratemi la moneta del tributo». Allora essi gli presentarono un denaro. Ed egli disse loro: «Di chi è questa immagine e questa iscrizione?». Essi gli dissero: «Di Cesare». Allora egli disse loro: «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio».18

La terza accusa era che Gesù affermava di essere un re, il Cristo.19 Pilato non aveva prestato molta attenzione alle prime due accuse, ma non così alla terza; quindi si informò al riguardo, perché era sua responsabilità stabilire se Gesù fosse un rivoluzionario e un pericolo per Roma.

Allora Pilato lo interrogò, dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». E Gesù gli rispose e disse: «Tu lo dici».20

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù risponde alla domanda di Pilato con una domanda sua.

Gesù gli rispose: «Dici questo da te stesso, oppure altri te lo hanno detto di me?»21

Gesù vuole sapere se Pilato aveva ricevuto suggerimenti da altri o se la domanda veniva veramente da lui. Se la domanda fosse stata veramente sua, il senso sarebbe stato: “Sei un re politico che cospira contro Cesare?” Se avesse posto la domanda dietro suggerimento di Caiafa, il significato sarebbe stato: “Sei il Re messianico di Israele?”

Alla domanda di Gesù,

Pilato gli rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato nelle mie mani; che hai fatto?»22

La risposta di Pilato indica disprezzo. Non ci si può aspettare che sappia queste cose personalmente, perché non è Giudeo. Non era disposto ad accettare le parole degli accusatori di Gesù così com’erano. Voleva sapere cosa nascondevano, che cosa aveva fatto Gesù per causare tanta ostilità dei capi sacerdoti contro di sé. Stava cercando di stabilire se Gesù avesse fatto qualcosa che infrangeva la legge romana.

Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero affinché io non fossi dato in mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui».23

In precedenza Pilato aveva chiesto a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?»24 Gesù dichiarò che in un certo senso aveva un regno, ma non uno come lo intende il mondo. Ripeté due volte il concetto che il suo regno non è di questo mondo. Se lo fosse, Lui avrebbe reclutato dei soldati che avrebbero combattuto per proteggerlo.

Allora Pilato gli disse: «Dunque sei tu re?». Gesù rispose: «Tu dici giustamente che io sono re; per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità; chiunque è per la verità ascolta la mia voce».25

Rispondendo alla domanda di Pilato, Gesù non contraddice ciò che gli viene chiesto, ma cambia argomento. Dichiara di essere venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla verità; chi è per la verità lo ascolterà.

Pilato gli chiese: «Che cosa è verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo alcuna colpa in lui».26

La domanda di Pilato sulla verità era sprezzante. Non si aspettava che Gesù rispondesse, voleva solo mettere fine alla conversazione. A questo punto Pilato uscì e disse agli accusatori di Gesù che non lo riteneva colpevole di alcun reato. Nel Vangelo di Luca, Pilato dichiara anche che Gesù non è colpevole.

Pilato quindi disse ai capi dei sacerdoti e alle turbe: «Io non trovo nessuna colpa in quest’uomo».27

Questa, comunque, non era la fine del processo a Gesù perché quando Pilato scoprì che Gesù veniva dalla Galilea, decise di mandarlo al re Erode, che in quel momento era a Gerusalemme, perché la Galilea cadeva sotto la sua giurisdizione.

(Continua.)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


 

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1 Matteo 26,59.

2 Matteo 26,63–64. Vedi anche Marco 14,61–62.

3 Matteo 27,1–2.

4 Giovanni 18,28–29.

5 Marco 15,1.

6 Matteo 27,3–4.

7 Matteo 27,5.

8 Matteo 27,6–8.

9 Matteo 27,6 versione NLT).

10 Matteo 27,9–10.

11 Zaccaria 11,13.

12 Geremia 18,2–3.

13 Geremia 19,1.

14 Geremia 32,6–7.

15 Matteo 27,11–12.

16 Matteo 27,11, Marco 15,2, Luca 23,3.

17 Luca 23,2.

18 Matteo 22,15–21.

19 Luca 23,2.

20 Luca 23,3. Vedi anche Marco 15,2, Matteo 27,11.

21 Giovanni 18,34.

22 Giovanni 18,35.

23 Giovanni 18,36.

24 Giovanni 18,33.

25 Giovanni 18,37.

26 Giovanni 18,38.

27 Luca 23,4


Pubblicato originariamente in inglese il 1° marzo 2022.

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