Di Peter Amsterdam
Marzo 19, 2024
[The Book of Galatians: Chapter 2 (verses 11–21)]
(I primi dieci versetti del secondo capitolo sono stati visti nell’articolo precedente.)
Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. 1
Antiochia era una delle città più grandi dell’Impero Romano, con una popolazione stimata di 250.000 abitanti, 25.000 dei quali erano ebrei. Questo incontro con Pietro (Cefa) ad Antiochia ebbe probabilmente luogo prima del concilio a Gerusalemme descritto nel capitolo 15 degli Atti.
Paolo non menzionò questo incidente con Pietro per dichiararsi superiore; probabilmente voleva dimostrare l’indipendenza e l’autorità del suo vangelo. Un rimprovero pubblico a Pietro era legittimo perché il peccato di Pietro era stato commesso in pubblico e aveva conseguenze pubbliche, perché altri seguirono il suo esempio.
Infatti, prima che venissero alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con i gentili; ma quando giunsero quelli, egli si ritirò e si separò, temendo quelli della circoncisione.2
Paolo spiegò che cosa lo aveva portato a sgridare Pietro. Prima che arrivassero alcuni da parte di Giacomo, Pietro mangiava con i Gentili. Probabilmente mangiava anche cibi che erano proibiti dalla legge del Vecchio Testamento. Le azioni di Pietro erano in linea con la visione che aveva ricevuto in Atti 10,9-16, quando Dio gli aveva dichiarato che tutti i cibi erano puri. Comunque, erano arrivati alcuni, che probabilmente erano lì perché Giacomo, il fratello del Signore, aveva detto loro di andarci. Apparentemente, la notizia del comportamento di Pietro e degli altri cristiani ebrei ad Antiochia aveva raggiunto Gerusalemme.
È probabile che Giacomo e gli altri ebrei cristiani in Palestina pensassero che Pietro e gli altri che erano con lui, stessero abbandonando la fede ebraica perché non aderivano più alle regole alimentari ebraiche. Ciò sarebbe stato considerato scandaloso dagli Ebrei a Gerusalemme e perfino da molti ebrei cristiani ad Antiochia
Pietro mangiava con i Gentili e consumava cibi “impuri”; comunque, quando arrivarono gli uomini mandati da Giacomo, smise di farlo. Questi nuovi arrivati probabilmente gli dissero che Giacomo e gli altri credenti ebrei erano preoccupati perché stava consumando cibi impuri. La reazione di Pietro fu di ritirarsi e separarsi dai Gentili. Smise di mangiare con loro, così che gli uomini mandati da Giacomo non potessero continuare ad accusarlo di essere impuro.
Pietro non smise di mangiare con i Gentili perché avesse cambiato opinione; lo fece piuttosto per paura di quelli della circoncisione, che credevano che la circoncisione fosse essenziale. Può darsi che gli uomini mandati da Giacomo fossero arrivati e gli avessero detto che la minaccia di una persecuzione contro gli ebrei cristiani stava crescendo, proprio a causa delle notizie che i cristiani ebrei di Antiochia si stavano allontanando dalle leggi alimentari e mangiavano con i Gentili. Pietro era preoccupato per le conseguenze delle sue azioni, quindi scelse di smettere di mangiare con i Gentili per evitare uno scisma tra i cristiani ebrei.
E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.3
Il gesto di Pietro fece sì che anche gli altri cristiani ebrei smettessero di mangiare con i Gentili. Perfino Barnaba, che aveva lavorato al fianco di Paolo nella missione ai gentili, smise di mangiare con loro. Paolo intervenne contro Pietro e chi aveva imitato il suo gesto, definendoli ipocriti. Agli occhi di Paolo, Pietro e gli altri non avevano agito per convinzione, ma per paura.
È molto probabile che Pietro abbia reagito positivamente al rimprovero di Paolo, dato che aveva agito per paura e non per convinzione. In epistole successive, Paolo non ebbe problemi con la teologia di Pietro. In 1 Corinzi 15,3-11, Paolo affermò che lui stesso, Pietro e Giacomo proclamavano tutti lo stesso vangelo. Anche Pietro parlava positivamente delle epistole di Paolo. Scrisse: “E ricordate che la pazienza del nostro Signore è in funzione della salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue epistole, in cui parla di queste cose. In esse vi sono alcune cose difficili da comprendere, che gli uomini ignoranti ed instabili torcono, come fanno con le altre Scritture, a loro propria perdizione”.4 Comunque, al momento di scrivere questa lettera ai Galati, Pietro aveva ceduto alla pressione dei cristiani ebrei.
Ma quando io vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo, dissi a Pietro in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi alla gentile e non alla giudaica, perché costringi i gentili a giudaizzare?»5
La reazione di Paolo a Pietro e a chi aveva seguito il suo esempio dimostra che Paolo aveva autorità come apostolo, perché corresse Pietro per la sua deviazione. Con le sue azioni, Pietro scese a compromessi in ciò che sapeva essere vero, invalidando così la verità e diventando un cattivo esempio per gli altri. Paolo riteneva che il messaggio stesso fosse in pericolo, perché in pratica Pietro diceva ai credenti gentili che dovevano osservare le leggi alimentari ebraiche per essere salvati. Se mangiava con i Gentili solo se osservavano le leggi alimentari ebraiche, in pratica diceva che potevano essere veri cristiani solo se osservavano le regole sulla purificazione. Obbligava i Gentili a diventare ebrei per appartenere al popolo di Dio.
Visto che il peccato di Pietro era pubblico, Paolo dovette correggerlo pubblicamente. Pietro si comportava in modo ipocrita. Era eticamente ebreo e per gran parte della sua vita aveva rispettato la legge ebraica. Comunque, dopo aver ricevuto la visione, non era più vissuto da Ebreo, ma come Gentile, per quel che riguardava l’osservanza della legge. Quando era ad Antiochia, non osservò le leggi ebraiche sulla purificazione, né si mantenne separato dai Gentili. Con le sue azioni, affermava che le leggi ebraiche sulla purificazione erano irrilevanti per quanto riguardava l’appartenenza al popolo di Dio nel nuovo patto. Così, Paolo rimase sorpreso che all’improvviso Pietro richiedesse alle persone di osservare le leggi sulla purificazione. La questione era stata posta anche in precedenza in questo stesso capitolo,6 quando i falsi fratelli avevano richiesto che Tito fosse circonciso. Tito aveva accompagnato Paolo nel suo viaggio a Gerusalemme e Giacomo, Pietro e Giovanni si erano dichiarati d’accordo con lui che Tito (e per estensione i credenti gentili) non dovessero essere circoncisi.
Quelli che avevano cercato di obbligare Tito a circoncidersi non erano veri cristiani, perché credevano fosse necessario essere circoncisi per essere salvati. Paolo sapeva che Pietro era un cristiano sincero, ma lo sgridò perché le sue azioni compromettevano il vangelo.
Noi, di nascita Giudei e non peccatori fra i gentili…7
Paolo fa notare a Pietro che erano nati Ebrei e quindi facevano parte del patto ebraico e avevano ricevuto le promesse divine. I Gentili erano fuori dal patto e non avevano ricevuto le promesse di Dio. Paolo faceva notare i privilegi che lui e Pietro avevano in quanto parte di Israele.
… sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato.8
Poi proseguì dicendo che nessun essere umano, ebreo o gentile che sia, può essere giustificato davanti a Dio ubbidendo ai requisiti della legge mosaica. Pietro e Paolo sapevano entrambi che, anche se in quanto Ebrei facevano parte del patto con Dio, ciò non significava che fossero giustificati davanti a Lui. Sapevano che uno non è giustificato dalle opere della legge, ma la giustificazione avviene solo per fede in Gesù.
In quanto cristiani, Pietro e Paolo sapevano che il vecchio patto non era sufficiente, che la giustizia non nasce dal fare le opere della legge. Nasce solo dalla fede in Gesù. Predicando questo messaggio, Paolo faceva appello ai punti che aveva in comune con Pietro. Anche se con le sue azioni Pietro indicava che i Gentili dovevano seguire le regole alimentari per far parte del popolo di Dio, lui stesso sapeva che nessuno può essere giusto davanti a Dio seguendo la legge di Mosè. La salvezza si ottiene solo per fede in Gesù.
…e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge…
Paolo proseguì, applicando a sé stesso e a Pietro ciò che aveva detto alle persone in generale. Il “noi” in abbiamo anche noi creduto si riferisce a Pietro e Paolo come Ebrei. Credevano in Gesù e quindi, anche come Ebrei, potevano essere giusti davanti a Dio solo confidando in Gesù e non mediante l’osservanza della legge. Paolo specificò che, se i membri del popolo del patto devono riporre la loro fede in Gesù per essere giusti davanti a Dio; se poi non possono essere giusti agli occhi di Dio solo osservando la legge mosaica, allora non ha senso richiedere ai Gentili di osservare la legge per avere un rapporto con Dio.
Affermando che dalle opere della legge nessuno sarà giustificato, Paolo sottolineò che gli Ebrei come lui e Pietro erano giustificati dalla fede in Gesù e che nessuno può essere giusto davanti a Dio osservando la legge. Paolo probabilmente rifletté sul salmo 143,2, in cui Re Davide affermò che nessun vivente sarà trovato giusto davanti a Te. Un commentatore ha scritto. In questo salmo Davide implora misericordia perché si è reso conto che non può presentarsi davanti a Dio basandosi sulle proprie opere, ma solo in virtù della misericordia divina.9
Paolo afferma tre volte che non si ottiene lo stato di giusto davanti a Dio osservando la legge, ma grazie alla fede in Gesù. Nessuno può presentarsi al cospetto di Dio basandosi su quello che ha fatto, perché la salvezza si ottiene solo per fede.
Ma se nel cercare di essere giustificati in Cristo, siamo anche noi trovati peccatori, vuol dire che Cristo è un [ministro] del peccato? No di certo!10
Proprio come i Gentili, anche Pietro e Paolo sono trovati peccatori davanti a Dio. Hanno cercato la giustizia in Cristo invece che nell’ubbidienza alla legge mosaica. “Anche noi” sta per i cristiani ebrei come Pietro e Paolo, rispetto al Gentili di Antiochia. Le accuse sono vere: Pietro e Paolo (prima di diventare credenti) erano dei peccatori; di conseguenza riconoscevano di non essere migliori dei Gentili.
L’espressione “in Cristo” probabilmente indica l’unione con Cristo, come vediamo nei versetti successivi (2,19-29), nei quali Paolo afferma che i credenti sono morti al potere della legge quando sono stati crocifissi con Cristo. Se degli Ebrei come Pietro e Paolo si aspettavano di essere scagionati davanti a Dio nell’ultimo giorno grazie alla loro unione con Cristo, voleva dire che, come Ebrei, non avevano alcun vantaggio rispetto ai Gentili. Erano peccatori come i Gentili. La legge mosaica non bastava a portare la salvezza.
Cristo è un [ministro] del peccato? No di certo!
Paolo chiese se Cristo fosse responsabile per i peccati dei cristiani ebrei che avevano abbandonato il giudaismo e le sue leggi e che invece facevano affidamento su Gesù per la loro salvezza. Secondo gli oppositori, Cristo favoriva il peccato, perché affermava che le leggi di Mosè non erano più necessarie. Paolo, comunque, proseguì spiegando il motivo per cui Gesù non è un ministro del peccato.
Se infatti edifico di nuovo le cose che ho distrutto, io mi costituisco trasgressore.11
Per Paolo, o per qualsiasi credente, ritornare all’aderenza alle Leggi di Mosè dopo la salvezza in Cristo sarebbe stato inutile. Non si può ottenere la salvezza seguendo la legge. Le cose “distrutte” si riferiscono alla legge del Vecchio Testamento. Se Paolo avesse riedificato la legge del Vecchio Testamento come mezzo per ottenere la salvezza e la condizione di giusto davanti a Dio, legge ora abolita dopo che erano arrivati Cristo e una nuova era di redenzione, allora si sarebbe dimostrato un trasgressore. Perciò, che Pietro in pratica dicesse che i Gentili dovevano seguire la legge del Vecchio Testamento per appartenere al popolo di Dio era contrario alla volontà divina.
Ritornare all’aderenza alla legge vuol dire negare la giustizia in Cristo. L’era del Vecchio Testamento si concentrava sulla legge e il peccato, mentre la nuova era in Cristo è contrassegnata dalla salvezza per grazia e fede in Gesù Cristo. Paolo sarebbe stato un trasgressore, se avesse riportato la legge, perché era già morto alla legge quando era morto con Cristo. La legge era giunta alla fine con la morte e la risurrezione di Cristo, che aveva detto di essere venuto per portare a compimento la Legge e i Profeti (Matteo 5,17).
Perché per mezzo della legge io sono morto alla legge…12
Paolo era morto alla legge perché Cristo aveva portato a compimento la legge mediante la sua morte sulla croce. Gesù visse sotto la legge e la osservò perfettamente; la sua morte liberò i credenti dalla legge.
Paolo spiegò perché ritornare alla legge ed esigere che i Gentili la rispettassero era un peccato invece che una cosa giusta. Qui Paolo usò “io” per rappresentare i cristiani ebrei. Pietro chiedeva ai Gentili di osservare la legge, suggerendo così che bisognava seguire la legge per vivere in modo da compiacere Dio. Paolo invece disse che una simile posizione contraddice la croce e il nuovo patto introdotto da Gesù. Nessun credente, compresi quelli ebrei, è sotto la legge. Sono morti alla legge. Nella lettera ai Romani, Paolo scrisse qualcosa di simile: Anche voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo.13La legge non aveva più autorità su di loro.
Poiché Gesù era vissuto sotto la legge e l’aveva adempita con la sua vita priva di peccato, fu in grado di liberare quelli che vivevano sotto il controllo del peccato e della legge. Morendo sulla croce, si era addossato la pena stabilita dalla legge, anche se era privo di peccato. La sua morte aveva messo fine all’era della legge.
…affinché io viva a Dio.14
Qui si afferma lo scopo del morire alla legge. Poiché i credenti non sono più sotto la legge, vivono nella nuova era della salvezza. Cristo è il nuovo Adamo. È arrivato Lui e i credenti sono persone nuove. Il matrimonio dei credenti con la legge è finito e adesso sono sposati a Cristo, perché portino frutto per Dio.15
Io sono stato crocifisso con Cristo.16
Il momento chiave nella storia della salvezza è la morte di Cristo. L’era della legge terminò quando Gesù morì sulla croce. I credenti morirono al regno della legge su di loro quando morirono con Cristo. L’unione con Cristo nella sua morte dà inizio a una nuova vita per i credenti. Insistendo che i Gentili seguissero la legge, Pietro negava l’importanza della croce. Se mangiare con i Gentili richiede che ubbidiscano alla legge, allora la morte di Gesù sulla croce non ha un ruolo centrale nella redenzione. In tal caso, la legge, invece di Cristo, diventa il punto focale della salvezza. Questo punto di vista è sbagliato e minimizza la morte di Gesù sulla croce.
Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.17
Paolo è cambiato perché era stato “crocifisso con Cristo”. Il vecchio “io” di prima non vive più. La vecchia età del peccato e della morte ora è stata messa da parte grazie alla morte sacrificale di Gesù. I credenti adesso sono un “uomo nuovo” in Cristo, perché sono morti con Cristo.
È sorta una nuova era, segnata dall’inabitazione di Cristo nei credenti. In genere, Paolo parla di inabitazione in relazione allo Spirito Santo, ma a volte afferma che Cristo inabita i credenti. Non riconoscete voi stessi che Gesù Cristo è in voi?18 Se Cristo è in voi, certo il corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustizia.19 Cristo in voi, speranza di gloria.20
Quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.21
L’adempimento delle promesse di Dio sulla croce e alla risurrezione non significa che il peccato e il male siano scomparsi. Paolo viveva ancora nel suo corpo (la carne) e così i credenti vivono la loro vita per fede in Cristo. Il riferimento alla carne non è usato nel senso di vivere sotto il dominio della precedente era del male. Qui si riferisce alla vita nel corpo e non dovrebbe essere equiparata al vivere nel peccato. Tuttavia, la vita nel corpo indica la debolezza che segna la vecchia era, il che indica che la nuova era non è arrivata in tutta la sua pienezza.
Paolo confida in Cristo, che ha dimostrato il suo amore dando la vita sulla croce per lui (e per tutti i credenti). È simile a ciò che scrisse agli Efesini. Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi.22 Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei.23 Questo amore ha origine dalla croce, dove Gesù diede la vita per Paolo (e per tutti noi). L’espressione “per me” suggerisce l’idea di una sostituzione, che Cristo morì al posto di Paolo.
Io non annullo la grazia di Dio perché, se la giustizia si ha per mezzo della legge, allora Cristo è morto invano.24
La giustizia non viene dalla legge. Se così fosse, il sacrificio di Gesù sulla croce non sarebbe stato necessario, perché la giusta posizione davanti a Dio si sarebbe ottenuta osservando la legge.
Le azioni di Pietro nei confronti dei Galati avevano trasmesso il messaggio che i Gentili devono osservare la legge per essere a posto con Dio.
Sembra che Pietro abbia ascoltato il consiglio di Paolo. Se non l’avesse fatto, Paolo lo avrebbe considerato un falso fratello. Paolo invece scrisse di Pietro in modo positivo in 1 Corinzi;25, allo stesso modo Pietro elogiò Paolo in una delle sue lettere.26
Questo ci porta alla fine del secondo capitolo dei Galati.
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
1 Galati 2,11.
2 Galati 2,12.
3 Galati 2,13 NR.
4 2 Pietro 3,15–16.
5 Galati 2,14.
6 Galati 2,3–4.
7 Galati 2,15.
8 Galati 2,16 NR.
9 Thomas R. Schreiner, Exegetical Commentary on the New Testament: Galati (Zondervan Academic, 2010), 167.
10 Galati 2,17 NR/LND.
11 Galati 2,18.
12 Galati 2,19a.
13 Romani 7,4.
14 Galati 2,19b.
15 Romani 7,4.
16 Galati 2,20a.
17 Galati 2,20b.
18 2 Corinzi 13,5.
19 Romani 8,10.
20 Colossesi 1,27.
21 Galati 2,20c.
22 Efesini 5,2.
23 Efesini 5,25.
24 Galati 2,21.
25 1 Corinzi 1,12; 3,22; 9,5; 15,5.
26 2 Pietro 3,15.
Pubblicato originariamente in inglese il 12 settembre 2023.
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