Di Peter Amsterdam
Maggio 21, 2012
(Per un’introduzione e una spiegazione di questa serie, siete pregati di vedere Al cuore di tutto: Introduzione.)
Nota: Con questo articolo continua la serie su “La Natura e il carattere di Dio”. Prima di leggerlo (insieme agli altri che lo seguiranno tra breve), vi suggerirei di rivedere i precedenti articoli riguardanti la natura e il carattere di Dio, che furono pubblicati tra l’agosto e il novembre 2011. Rileggerli, o anche solo ripassarli, dovrebbe contribuire a dare il contesto giusto per sviluppare un’immagine globale del carattere di Dio. Si comprende meglio l’ira di Dio in connessione con la sua santità, rettitudine, giustizia, pazienza, misericordia, amore e grazia. L’argomento dell’ira di Dio fa tipicamente sorgere molte domande, compresa quella sulla salvezza: che cosa succede a chi non sente parlare di Gesù nel corso della propria vita? O a chi ha ricevuto fin da piccolo l’insegnamento che Gesù non era Dio, quindi non ha mai avuto una giusta opportunità di credere in Lui? L’argomento di questo articolo è l’ira di Dio come parte della sua natura e del suo carattere, così come vengono raffigurati nelle Scritture. In alcuni articoli successivi prenderemo in esame altri punti che possono venire alla mente, ma non sono direttamente collegati a questo argomento, come la salvezza, la provvidenza divina, l’aldilà, il paradiso e l’inferno e così via.
In precedenti articoli di questa serie abbiamo visto che la natura e il carattere di Dio includono la sua perfetta santità, rettitudine e giustizia. Anche l’ira, o la rabbia di Dio contro il male e il peccato è parte integrale della sua natura. Poiché Dio è santo, si diletta nella santità e nella bontà e la sua natura stessa è opposta al peccato. Poiché Dio ama ciò che è santo, buono e giusto, deve aborrire ciò che non lo è. In poche parole, Dio odia il peccato.
L’Eterno odia queste sei cose, anzi sette sono per lui un abominio: gli occhi alteri, la lingua bugiarda, le mani che versano sangue innocente, il cuore che escogita progetti malvagi, i piedi che sono veloci nel correre al male, il falso testimone che proferisce menzogne e chi semina discordie tra fratelli.[1]
Tu non sei un Dio che prende piacere nell’empietà; con te non può dimorare il male. Quelli che si gloriano, non potranno reggere davanti ai tuoi occhi; tu hai in odio tutti gli operatori d’iniquità. Tu farai perire tutti quelli che dicono menzogne; l’Eterno detesta l’uomo di sangue e di frode.[2]
Dio odia il male. Odia ciò che fa all’umanità. Odia il danno che provoca alle persone che Lui ama, cioè tutte. Ci ama profondamente e aborrisce ciò che ci ferisce e ci distrugge; si oppone ad esso. La sua non è una collera o una rabbia incontrollata; Dio non perde le staffe, non dà in escandescenze per poi distruggere le persone o le cose. È santo e la sua collera si manifesta quando la sua santità e la sua rettitudine incontrano il peccato.
Gli scrittori Lewis e Demarest lo spiegano così:
Preoccupato per il benessere delle sue creature, Dio non può che provare repulsione per l’ingiustizia, la disonestà e la corruzione che distruggono la loro salute fisicamente, emotivamente, mentalmente e spiritualmente. La Bibbia parla spesso della giusta collera divina contro il male che vorrebbe distruggere il suo popolo e quello che esso realizza nel mondo. Una giusta indignazione è collera che non è suscitata dall’essere sopraffatti dalle emozioni in modo irrazionale o egoista, ma dalla preoccupazione altruista per le persone che soffrono per ingiustizia, egoismo, avidità, lussuria, invidia, gelosia e mancanza di autocontrollo, da qualsiasi punto di vista. È così che Dio detesta il male.[3]
Il teologo John Theodore Mueller ha scritto:
[Dio] è l’Autore di tutto ciò che è santo ed è in diretta opposizione al peccato.[4]
Il teologo Wayne Grudem afferma succintamente:
Il termine “ira di Dio” significa che Egli odia intensamente il peccato.[5]
A causa della sua stessa natura, Dio non ha altra scelta se non disprezzare il peccato. Qualsiasi altro atteggiamento vorrebbe dire negare la sua natura. Se Dio non odiasse il peccato, cosa vorrebbe dire? Che lo accetta e lo tollera? Che non gli piace, ma non se ne preoccupa troppo? Che gli è indifferente? Se avesse qualsiasi altro atteggiamento che non fosse l’odio e la separazione dal peccato, vorrebbe dire che non è intrinsecamente santo o retto o giusto, quindi non sarebbe Dio.
Un amore sacro per ciò che è eticamente buono e un odio sacro per ciò che è eticamente malvagio, sono sentimenti intrinseci nell’ente divino […] non possiamo considerarli separati. Separarli mentalmente ci farebbe pensare a Dio come se fosse apaticamente indifferente sia alla rettitudine che al peccato.[6]
Anche se nelle Scritture il termine ira a volte esprime una completa distruzione, è più spesso usato per esprimere la giusta collera divina nei riguardi del peccato. La maggior parte delle volte in cui si menziona l’ira nel Vecchio Testamento, non implica punizione e distruzione fisica, ma la collera divina contro il peccato. Ci furono, però, dei momenti in cui l’ira di Dio contro il peccato portò alla distruzione, a causa della completa depravazione e della natura incorreggibile delle persone dell’epoca, come nei casi del diluvio e della distruzione di Sodoma e Gomorra.
Comprendere che la santità di Dio esige la sua repulsione nei confronti del peccato e la sua separazione da esso, aiuta a spandere luce sul suo amore e la sua misericordia. Dio ha dimostrato e continua a dimostrare amore e misericordia per tutti, fornendo un mezzo per il perdono del peccato.
Un esempio dell’odio divino nei confronti del peccato, collegato alla sua ira, fu la sua reazione al peccato commesso quando i figli d’Israele eressero il vitello d’oro per adorarlo e offrirgli sacrifici, mentre Mosè era sul monte Sinai per quaranta giorni e notti.
L’Eterno disse ancora a Mosè: “Ho visto questo popolo, ed ecco, è un popolo dal collo duro. Or dunque, lasciami fare, affinché la mia ira si accenda contro di loro e li consumi; ma di te io farò una grande nazione”.[7]
Quando Mosè implorò il Signore di non agire secondo la sua ira ardente, questi ebbe misericordia.
Così l’Eterno cambiò intenzione circa il male che aveva detto di fare al suo popolo.[8]
Oltre a dimostrare la collera divina contro il peccato, questi brani manifestano anche alcuni dei suoi altri attributi: il suo amore, la sua misericordia e la sua pazienza. Esempi di ciò sono evidenti in tutto il Vecchio Testamento. Dio si dimostrò buono e amorevole perdonando il suo popolo anche quando non si pentiva dei suoi peccati. Fu paziente con Israele in ogni generazione, nonostante adorassero idoli e gli avessero voltato le spalle numerose volte. La misericordia divina anche nei confronti di chi non la meritava e la sua disponibilità a dare alla gente il tempo di pentirsi è chiara dall’inizio alla fine del Vecchio Testamento.
Nonostante si parli più spesso dell’ira di Dio nel Vecchio Testamento, la si può trovare anche nel Nuovo.
Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio dimora su di lui.[9]
Perché l’ira di Dio si rivela dal cielo sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che soffocano la verità nell’ingiustizia.[10]
Renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che cercano gloria, onore e immortalità, perseverando nelle opere di bene; a coloro invece che contendono e non ubbidiscono alla verità, ma ubbidiscono all’ingiustizia, spetta indignazione ed ira.[11]
E i re della terra, i grandi, i ricchi, i capitani, i potenti, ogni schiavo ed ogni uomo libero si nascosero nelle spelonche e fra le rocce dei monti, e dicevano ai monti e alle rocce: “Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, perché è venuto il gran giorno della sua ira; e chi può resistere?”[12]
La giusta reazione di Dio di fronte al peccato e la sua conseguente punizione — la sua ira — effettivamente si manifestano; e poiché nessuno è giusto e tutti hanno peccato, se non fosse per la misericordia e la pazienza divine e il suo piano di salvezza e redenzione, nel suo stato naturale tutta l’umanità sarebbe soggetta alla punizione dei propri peccati, alla sua ira.
Come sta scritto: “Non c’è alcun giusto, neppure uno”.[13]
Poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio.[14]
Dio è santo e l’umanità è peccatrice, quindi essa è separata da Dio. Comunque, anche se Dio per sua stessa natura aborrisce il peccato, nella sua natura rientrano anche amore, misericordia e grazia, che si manifestano nel fatto che per amore dell’umanità si spinse all’estremo per rendere possibile il perdono dei peccati. Il Logos, Dio Figlio, si incarnò, condusse una vita priva di peccato e subì una morte orribile, per amore, per rendere possibile la riconciliazione dell’umanità con Dio. Subì al nostro posto la punizione dell’ira divina per i nostri peccati.
L’ira di Dio è una cosa spaventosa, che rende sobri. Comunque, la profondità del suo amore per ogni singolo essere umano, com’è evidenziato dal suo sacrificio, non dovrebbe lasciare alcun dubbio riguardo alla sua bontà, al suo amore e alla sua misericordia. Non desidera che alcuno perisca. Vuole che tutti abbiano modo di pentirsi.[15] Ha reso possibile evitare la sua collera e la sua ira proprio perché Gesù si sottomise ad essa.
Egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti.[16]
Lewis e Demarest lo spiegano così:
Grazie al provvedimento propiziatorio della morte di Cristo, Dio può guardare i credenti senza dispiacere ed essi possono essere riconciliati con Lui. “Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue”.[17]
Dato che l’ira di Dio è stata allontanata da noi, possiamo goderci la nostra riconciliazione con Lui. Non solo Cristo ha rimosso l’ira, ma ha riconciliato tutte le cose sulla terra e nei cieli, facendo la pace per mezzo del suo sangue sparso sulla croce.[18] Noi che prima temevamo l’ira di Dio, ora ci rallegriamo alla presenza del Padre.[19] Dio non ci imputa più i nostri peccati;[20] ai credenti imputa la giustizia di Cristo.[21]
L’amore di Dio trasformò la sua ira in pace, grazie alla redenzione per mezzo di Cristo.[22]
Scrivendo a proposito di come Gesù si addossò la nostra punizione, il teologo J. Rodman Williams dice:
Tutta l’ira di Dio Onnipotente si riversò su di Lui. […] Il peso della furia divina diretta sulla croce contro il peccato è umanamente inconcepibile. Era Dio in Cristo che riconciliava a Sé il mondo, subendo la nostra condanna e la nostra punizione, morendo per i peccati di tutta l’umanità. Cristo subì la nostra punizione! Sopportò pienamente al nostro posto il giudizio e la morte da noi ampiamente meritati. È una punizione subita vicariamente — oltre ogni misura possibile all’uomo. Cristo provò le conseguenze complete della nostra condizione di peccatori.[23]
Grazie all’amore divino, grazie a come Gesù si addossò la punizione per i peccati dell’umanità, a tutti quelli che accettano Gesù viene risparmiata l’ira di Dio.
Molto più dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.[24]
Per aspettare dai cieli il suo Figlio, che Egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesù, che ci libera dall’ira a venire.[25]
Lo stato naturale dell’uomo è la separazione da Dio, causata dal peccato. Ciò porta a essere condannati alla punizione nell’aldilà. Chi crede in Lui non è condannato, perché Gesù ha già subito la sua punizione. Chi rifiuta di accettare la salvezza offerta da Lui continua a vivere nella propria condanna e nella propria separazione da Dio. La salvezza offre un cambiamento dalla condizione attuale di condanna. Gesù non venne sulla terra per condannare la gente, ma per salvarla dalla condanna che già aveva a causa della natura intrinsecamente peccaminosa dell’umanità. Chi lo accetta, non muore. Chi non lo accetta, continua a essere sottoposto alla condanna, che è la condizione naturale dell’uomo.
Gesù lo spiegò così a Nicodemo:
Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.[26]
Dio è fedele a tutta la sua natura e a tutto il suo carattere. Grazie alla sua natura santa, giusta, amorevole, misericordiosa e benigna, ha stabilito un mezzo per la riconciliazione tra Sé e la sua creazione. Il sacrificio di Gesù, la sua morte sulla croce, ha reso possibile all’umanità evitare la giusta punizione divina per i suoi peccati e quindi l’esperienza della sua ira.
È una vera dimostrazione dell’amore di Dio per l’umanità. Naturalmente, perché la gente si renda conto dell’offerta divina di riconciliazione e la comprenda, bisogna che ne senta parlare. Chi di noi è stato risparmiato dall’ira di Dio ed è già riconciliato con Lui mediante Gesù, è anche chiamato a condividere con il mondo questa meravigliosa notizia.
E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro.[27]
Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell’aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d’ira, come gli altri. Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù, per mostrare nei tempi futuri l’immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù. Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti.[28]
Nota
Se non altrimenti indicato, tutti i versetti biblici sono tratti dalla Sacra Bibbia, versione Nuova Diodati, copyright © La Buona Novella, Brindisi. Altre versioni spesso citate sono la versione Nuova Riveduta (NR), la versione C.E.I. (CEI) e la Traduzione in Lingua Corrente (TILC).
[1] Proverbi 6,16–19.
[2] Salmi 5,4–6.
[3] Gordon R. Lewis and Bruce A. Demarest, Integrative Theology (Grand Rapids: Zondervan, 1996), Vol 1, p. 236.
[4] John Theodore Mueller, Christian Dogmatics, A Handbook of Doctrinal Theology for Pastors, Teachers, and Laymen (St. Louis: Concordia Publishing House, 1934), 172.
[5] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 206.
[6] John Miley, Systematic Theology (New York: Hunt and Eaton, 1892), 201.
[7] Esodo 32,9–10.
[8] Esodo 32,14.
[9] Giovanni 3,36 NIV.
[10] Romani 1,18.
[11] Romani 2,6–8.
[12] Apocalisse 6,15–17.
[13] Romani 3,10.
[14] Romani 3,23.
[15] Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento. 2 Pietro 3,9.
[16] Isaia 53,5.
[17] Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato. Romani 3,25 NR.
[18] È piaciuto al Padre di far abitare in lui tutta la pienezza, e, avendo fatta la pace per mezzo del sangue della sua croce, di riconciliare a sé, per mezzo di lui, tutte le cose, tanto quelle che sono sulla terra come quelle che sono nei cieli. Colossesi 1,19–20.
[19] Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione. Romani 5,11 NR.
[20] Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione. 2 Corinzi 5,19.
[21] Gordon R. Lewis and Bruce A. Demarest, Integrative Theology (Grand Rapids: Zondervan, 1996), Vol 2, p. 406.
[22] Gordon R. Lewis and Bruce A. Demarest, Integrative Theology (Grand Rapids: Zondervan, 1996), Vol 3, p. 154.
[23] J. Rodman Williams, Renewal Theology, Systematic Theology from a Charismatic Perspective (Grand Rapids: Zondervan, 1996), 359.
[24] Romani 5,9–10.
[25] 1 Tessalonicesi 1,10.
[26] Giovanni 3,17–18.
[27] 2 Corinzi 5,18–20.
[28] Efesini 2,1–9.
Titolo originale: The Heart of It All: The Nature and Character of God: God’s Wrath
Pubblicato originariamente in Inglese il 24 Aprile 2012
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