Al cuore di tutto: la natura e il carattere di Dio

Novembre 11, 2011

di Peter Amsterdam

La santità di Dio

(Per un’introduzione e una spiegazione generale di questa serie, vedete Al cuore di tutto: introduzione)­­

Dio possiede una maniera di essere che è diversa da tutti gli altri esseri. Solo Lui è infinito e non-creato; tutto il resto è creato e finito,[1] così Egli è diverso da tutte le cose create. Il termine teologico che si riferisce a questo è trascendenza, il che significa che Dio esiste a parte dall’universo materiale e non è soggetto alle sue leggi. Questa trascendenza indica che la sua essenza ha una qualità più alta della nostra, che è esattamente ciò che ci si aspetterebbe da un Dio in confronto alla sua creazione.[2] Il termine biblico per questa differenza, per la “diversità” divina, è “santo”.

Il significato di santità

La parola ebraica qodesh, che viene tradotta “santo”, e la famiglia linguistica da cui trae origine, come qadas e qados, sottintendono tutte separazione, sacralità, accantonamento, santità. Dire che Dio è santo significa che è separato, distinto e “completamente diverso” da tutto il resto.

La santità di Dio, in rapporto al suo essere fondamentale, rappresenta tutto ciò che in Lui lo rende diverso e più grande di noi. Rappresenta la divinità di Dio. La santità di Dio è la differenza essenziale tra Dio e l’uomo. Solo Dio è Dio; non esiste nessuno come Lui. Egli è sacro. Egli è il Creatore, l’uomo è la creatura. Egli è superiore all’uomo in ogni senso. È divino. Come lo spiega un autore: “la santità è la deità di Dio”.[3]

La santità è vista anche come un attributo morale di Dio. Moralmente, Dio è perfetto e anche questo lo distingue completamente dall’uomo peccatore. Anche se la santità di Dio lo separa dall’umanità sia per essenza che per moralità, è pur sempre un attributo di cui, come per tutti gli altri attributi divini, possiamo partecipare in piccolo grado. Qualsiasi santità noi possiamo avere, o per essere separati da Dio e consacrati a Lui, o per il nostro comportamento morale, è solo un filo d’ombra della santità divina. Questa è infinitamente superiore. La differenza è che noi possiamo fare azioni sante, ma Dio è la Santità.

Io sono Dio e non un uomo, il Santo in mezzo a te.[4]

Chi non ti temerà, o Signore e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei Santo.[5]

 

La santità di Dio denota la sua suprema maestà, la sua imponenza, il fatto che è supremamente esaltato al disopra di ogni creatura.

 

Chi è pari a te fra gli dèi, o Eterno? Chi è pari a te, mirabile nella santità, maestoso nelle lodi, o operatore di prodigi?[6]

Poiché così dice l’Alto e l’Eccelso, che abita l’eternità, e il cui nome è “Santo”: «Io dimoro nel luogo alto e santo».[7]

Nella visione di Dio che Isaia ebbe nel sesto capitolo del libro omonimo, descrisse così la santità di Dio:

 

Io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: «Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».[8]

Come avrete probabilmente notato, in quel versetto Dio è detto essere “santo, santo, santo”. Il conferenziere e ministro del culto Timothy Keller commentò che nell’ebraico del Vecchio Testamento si trasmette il concetto di grandezza mediante la ripetizione di una parola.

Per esempio, in Genesi 14,10 dice:

Or la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume; e i re di Sodoma e di Gomorra si diedero alla fuga e vi caddero dentro; e quelli che scamparono fuggirono al monte.

Era piena di pozzi di bitume” è una traduzione della parola “pozzi di bitume” ripetuta due volte. Nell’originale ebraico, questo uso voleva significare grandezza — che c’erano molte pozze di bitume.

Lo stesso raddoppiamento di una parola è usato per descrivere la purezza dei vasi d’oro, come indica 2 Re 25,15 nella versione Luzzi:

Il capitano della guardia prese pure i bracieri, i bacini: l’oro di ciò ch’era d’oro, l’argento di ciò ch’era d’argento.

O come dice nella Vulgata latina:

[…] quae aurea aurea et quae argentea argentea [ciò ch’era d’oro d’oro, ciò ch’era d’argento d’argento].

Lo stesso versetto è tradotto nella Nuova Diodati e altre versioni come:

Il capitano della guardia prese pure i bracieri e le coppe, ciò che era d’oro puro e d’argento puro.

In ebraico il termine era “oro oro”, per dimostrare la sua qualità superiore. Questi son alcuni esempi di come nel Vecchio Testamento la grandezza, o la qualità superlativa di una cosa, è a volte espressa con il raddoppiamento di una parola.

In questo caso, quando si tratta della santità divina, la parola è triplicata. In nessun’altra parte del Vecchio Testamento si trova una qualità con una simile ripetizione. Qui Dio è descritto come tanto santo che lo si ripete tre volte. Dio non è semplicemente santo. È santo, santo, santo. È in una categoria al di là di tutte le categorie.[9]

L’incomparabile natura divina

La santità di Dio è infinitamente santa. È santità al massimo grado. È superlativa. Non esiste un’altra santità simile. Ciò non vale esclusivamente per la santità di Dio, ma per tutti gli attributi divini. L’amore di Dio è un amore al massimo grado. La sua saggezza, la sua conoscenza, la sua potenza — tutte le qualità di Dio — sono superlative. Niente si può paragonare a esse. Mentre noi, come esseri umani, possiamo avere un briciolo di alcune di quelle qualità, dato che siamo fatti a immagine di Dio, esse non si possono comparare all’enormità o all’infinità di quelle divine. Egli è amore puro, potenza pura. Sol Lui è santo, santo, santo.

Non c’è alcuno santo come l’Eterno, perché non c’è alcun altro all’infuori di te, né c’è alcuna rocca come il nostro Dio.[10]

 

In tutta la Bibbia vi sono altre cose definite sante, oltre a Dio, nel senso che sono “messe da parte”, o tolte dal loro solito posto — dedicate, santificate e usate al servizio di Dio. Per esempio, il suolo santo era tale a causa della presenza di Dio. Il tempio era sacro perché utilizzato per il culto di Dio. Al suo interno c’era il Luogo Santo, il cui ingresso era consentito solo ai sacerdoti — e solo dopo che si fossero lavati le mani e i piedi. Separato dal Santo da uno spesso velo c’era il Luogo Santissimo, in cui poteva entrare solo il sommo sacerdote e solo una volta all’anno nel giorno del Sacrificio. Il Sabato era sacro, perché era separato in ricordo di Dio. I figli d’Israele furono chiamati una “nazione santa” perché Dio li aveva separati dalle altre nazioni mediante il suo patto con loro.

Mosè disse: «Ora mi sposterò per vedere questo grandioso spettacolo: perché mai il roveto non si consuma!». Or l’Eterno vide che egli si era spostato per vedere, e DIO lo chiamò di mezzo al roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo».[11]

 

Noi saremo saziati dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio.[12]

Appenderai il velo ai fermagli; e là, all’interno del velo, introdurrai l’arca della testimonianza; il velo servirà per voi da separazione fra il luogo santo e il luogo santissimo.[13]

Fu costruito un primo tabernacolo in cui vi erano il candelabro, la tavola e i pani della presentazione; esso è chiamato: “Il luogo santo”. Dietro il secondo velo c’era il tabernacolo, detto: “Il luogo santissimo”.[14]

Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Lavorerai sei giorni e in essi farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è sabato, sacro all’Eterno, il tuo Dio.[15]

 

Anche le persone venivano chiamate sante, sia nel Vecchio sia nel Nuovo Testamento. In quest’ultimo la parola greca per santo era hagios, definita come cosa molto santa.

[Mosè] poi parlò a Kore e a tutta la sua gente, dicendo: «Domani mattina l’Eterno mostrerà chi è suo e chi è santo, e lo farà avvicinare a sé; farà avvicinare a sé colui che egli ha scelto».[16]

Se dunque uno si purifica da queste cose, sarà un vaso ad onore, santificato e utile al servizio del padrone, preparato per ogni buona opera..[17]

Come amministratore della casa di Dio, deve essere irreprensibile, non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di disonesto guadagno, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé..[18]

La bontà e la purezza di Dio

In aggiunta a come Dio è “completamente diverso” nella sua essenza e nel suo essere (ontologicamente), Egli è anche separato e distinto nella sua natura morale e etica. Trascende tutto ciò che ha creato nella sua rettitudine. Dio è moralmente perfetto nel carattere e nelle azioni. È puro e giusto; non ha desideri, motivi, pensieri, parole o azioni cattive. È eternamente e immutabilmente santo.[19] Possiede una purezza divina senza alcuna ombra di impurità. In quanto tale, Dio è separato dalla peccaminosità umana.

Nel Vecchio Testamento gli Israeliti, sia i sacerdoti che il popolo, avevano ricevuto istruzioni di seguire molti riti e cerimonie di purificazione. Qualsiasi cosa che contaminasse una persona — rendendola impura esteriormente o interiormente — le impediva di avvicinarsi a Dio e alla sua dimora, il tabernacolo o il tempio. Quindi Dio aveva detto loro di fare queste cerimonie per purificarsi. Ciò serviva a dimostrare che il Santo era separato da ciò che santo non è.

Poiché Dio è pura santità in sé, è separato da ogni peccato e male morale. Non può avere comunione con il peccato. Esso è un’offesa alla sua stessa natura.

Tu hai gli occhi troppo puri per vedere il male e non puoi guardare l’iniquità.[20]

Tu non sei un Dio che prende piacere nell’empietà; con te non può dimorare il male.[21]

 

Lungi da Dio l’iniquità e dall’Onnipotente la malvagità![22]

 

Nessuno, quando è tentato dica: «Io sono tentato da Dio», perché Dio non può essere tentato dal male, ed Egli stesso non tenta nessuno.[23]

A motivo della inerente santità di Dio, Egli non può tollerare il peccato; tuttavia tutti gli esseri umani peccano. Come vedremo in articoli successivi, come risultato della perfetta giustizia e rettitudine divina, c’è e deve esserci una punizione per il peccato. Comunque, poiché Dio è anche supremamente amorevole e misericordioso, stabilì il piano della redenzione, che richiedeva l’incarnazione di Gesù, la sua vita senza peccato e il sacrificio della sua vita sulla croce per i peccati dell’umanità — tutte cose che soddisfano la giustizia e la rettitudine di Dio, come sarà spiegato ulteriormente in altri articoli, e che portano alla riconciliazione tra Dio e chi riceve Gesù. Dio fece questo per amore di noi, sua creazione.

 

Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.[24]


Note

Se non altrimenti indicato, tutti i versetti biblici sono tratti dalla Sacra Bibbia, versione Nuova Diodati, copyright © La Buona Novella, Brindisi. Altre versioni spesso citate sono la versione Nuova Riveduta (NR), la versione C.E.I. (CEI), la Traduzione in Lingua Corrente (TILC), la Luzzi Riveduta (Luzzi) e la Vulgata.


Bibliografia

Barth, Karl. The Doctrine of the Word of God, Vol.1, Part 2. Peabody: Hendrickson Publishers, 2010.

Berkhof, Louis. Systematic Theology. Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1996.

Cottrell, Jack. What the Bible Says About God the Creator. Eugene: Wipf and Stock Publishers, 1996.

Craig, William Lane. The Doctrine of God. Defenders Series Lecture.

Garrett, Jr., James Leo. Systematic Theology, Biblical, Historical, and Evangelical, Vol. 1. N. Richland Hills: BIBAL Press, 2000.

Grudem, Wayne. Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine. Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000.

Lewis, Gordon R., and Bruce A. Demarest. Integrative Theology. Grand Rapids: Zondervan, 1996.

Milne, Bruce. Know the Truth, A Handbook of Christian Belief. Downers Grove: InterVarsity Press, 2009.

Mueller, John Theodore. Christian Dogmatics, A Handbook of Doctrinal Theology for Pastors, Teachers, and Laymen. St. Louis: Concordia Publishing House, 1934.

Ott, Ludwig. Fundamentals of Catholic Dogma. Rockford: Tan Books and Publishers, Inc., 1960.

Packer, J. I. The Attributes of God 1 and 2. Lecture Series.


[1] Cottrell, Jack. What the Bible Says About God the Creator. Eugene: Wipf and Stock Publishers, 1996. p. 211.

[2] J. I. Packer, Attributes of God, part 2. Lecture 11, Transcendence and Character.

[3] Cottrell, Jack. What the Bible Says About God the Creator. Eugene: Wipf and Stock Publishers, 1996, p. 216.

[4] Osea 11,9.

[5] Apocalisse 15,4.

[6] Esodo 15,11.

[7] Isaia 57,15.

[8] Isaia 6,1–3.

[9] Keller, Timothy. The Gospel and Your Self. Redeemer Presbyterian Church. 2005.

[10] 1 Samuele 2,2.

[11] Esodo 3,3–5.

[12] Salmi 65,4 Luzzi.

[13] Esodo 26,33–34.

[14] Ebrei 9,2–3.

[15] Esodo 20,8–10.

[16] Numeri 16,5.

[17] 2 Timoteo 2,21.

[18] Tito 1,7–8.

[19] Lewis, Gordon R., and Bruce A. Demarest. Integrative Theology. Grand Rapids: Zondervan, 1996. Bk. 1. p. 233.

[20] Abacuc 1,13.

[21] Salmi 5,4.

[22] Giobbe 34,10.

[23] Giacomo 1,13.

[24] Giovanni 3,16.


Titolo originale: The Heart of It All: The Nature and Character of God - God’s Holiness
Pubblicato originariamente in Inglese il 13 Settembre 2011