Di Peter Amsterdam
Aprile 14, 2013
Nel precedente articolo ho scritto sui diversi punti di vista all’interno del protestantesimo riguardo alla sicurezza della salvezza o alla possibilità di perderla. All’interno dei vari sistemi dottrinali protestanti esistono notevoli differenze sull’argomento della salvezza. Questo divario ha origine nei vari modi di vedere la provvidenza divina, definita come la sua continua attività di preservazione e controllo dell’intera creazione mediante la sua saggezza, bontà e potenza, per adempire il suo proposito eterno e per la gloria del suo nome.[1]
Esistono due principali posizioni dominanti: quella riformata, che segue gli insegnamenti di Calvino (1509–1564) sulla predestinazione, e quella arminiana, che segue gli insegnamenti di Jacob Arminio (1560–1609). Anche se questo articolo userà i termini riformato e arminiano in riferimento alle due diverse posizioni, ci si riferirà a esse solo riguardo all’interpretazione della predestinazione. Non vuole indicare un accordo totale con la dottrina arminiana, né un disaccordo con l’intera dottrina riformata.
Alcune denominazioni, come le chiese riformate che seguono gli insegnamenti di Giovanni Calvino, credono che le azioni di ogni essere umano siano decretate da Dio e di conseguenza che Dio decreti tutto quello che succede nel mondo. Nella loro definizione di provvidenza divina affermano che Dio collabora con le creature in ogni loro azione, dirigendo le loro distinte proprietà per farle agire così come agiscono, e le dirige verso l’adempimento dei suoi propositi.[2]
Ho parlato di questo argomento in un precedente articolo. Secondo questa linea dottrinale, Dio viene visto come la causa primaria di tutto ciò che avviene sulla terra, ma fa accadere le cose in maniera occulta, per cui non è ovvio che le abbia causate. Per un osservatore, c’è sempre qualcos’altro che le fa accadere, che lui definisce causa secondaria. […] Quando è applicata alle azioni umane, questa dottrina significa che tutte le cose fatte dagli esseri umani sono predestinate da Dio, come causa primaria, e che gli uomini fanno ciò che Dio ha preordinato. Essi, comunque, non hanno alcuna consapevolezza di fare queste cose a motivo della causa primaria. Anche se pensano di compiere queste azioni seguendo la propria volontà, in realtà ne sono soltanto la causa secondaria. Tuttavia sono considerati responsabili delle loro azioni.[3]
Chi crede nella tradizione riformata considera che gli esseri umani abbiano il libero arbitrio, perché fanno le loro scelte liberamente, ma in realtà queste scelte sono predestinate da Dio. Come abbiamo affermato in un precedente articolo su questo argomento, questa dottrina afferma che, anche se Dio ha predestinato le scelte che gli individui faranno, gli esseri umani scelgono liberamente ciò che Dio ha predestinato che facessero. Secondo questa posizione, gli esseri umani fanno le loro scelte liberamente e non sono consapevoli di alcuna limitazione posta da Dio alle loro decisioni, anche se esistono.[4] Anche i cristiani di tradizione arminiana credono in questa definizione della provvidenza divina, ma ritengono che l’umanità abbia ricevuto un vero e proprio libero arbitrio, per cui le persone possono fare scelte che non sono state preordinate da Dio.
Quando questi due sistemi dottrinali affrontano la questione della salvezza, sorge la domanda se i credenti — quelli che sono salvati e sono chiamati “eletti” nelle Scritture — siano predestinati alla salvezza o debbano fare una scelta secondo il loro libero arbitrio per accettare la salvezza. Gli eletti furono scelti da Dio per avere la salvezza da prima della fondazione del mondo? Dio ha già prestabilito chi sarà salvato e chi no? Oppure succede che Dio, nella sua prescienza, conosce già le scelte che gli individui faranno liberamente e quindi sa in anticipo chi sceglierà la salvezza?
Nel sistema dottrinale riformato, l’opinione è che Dio abbia scelto chi sarà salvato fin da prima della creazione del mondo. Nel sistema dottrinale arminiano, si ritiene che Egli sapesse chi avrebbe accettato il dono della salvezza offerto all’umanità grazie alla propria onniscienza, ma non perché avesse predestinato alcuni alla salvezza e altri no.
Nel sistema dottrinale riformato, si crede che gli esseri umani facciano una scelta libera riguardo alla salvezza. Sentono la chiamata evangelica alla salvezza e vi rispondono in maniera positiva, quindi fanno una scelta libera. Quella chiamata del Vangelo, comunque, è vista come irresistibile. Quando chi è predestinato alla salvezza sente quella chiamata, le dà ascolto. Sceglie di darle ascolto perché è predestinato alla salvezza.
Waybe Grudem lo ha spiegato così:
Quando Paolo dice “quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” (Romani 8,30), indica che la chiamata è un atto di Dio. Anzi, è in particolar modo un atto di Dio Padre, poiché è Lui che predestina la gente a “essere conformi all’immagine del suo Figlio” (Romani 8,29). […] Questa chiamata è piuttosto una specie di “convocazione” da parte del Re dell’universo e ha un potere tale che causa la risposta voluta nel cuore delle persone. È un atto di Dio che garantisce una risposta. […] Spesso ci si riferisce a questo poderoso atto di Dio come a una “chiamata (o vocazione) effettiva”, per distinguerla da una chiamata generale, il generico invito evangelico destinato a tutti e che alcuni rifiutano. [5]
Nell’interpretazione riformata, la chiamata evangelica avviene in maniera generale, ma gli unici che rispondono, quelli che ricevono la convocazione che garantisce la risposta giusta, sono i predestinati alla salvezza. Chi rifiuta la chiamata lo fa perché non è stato scelto per la salvezza.
Secondo i cristiani che seguono l’interpretazione arminiana del libero arbitrio e della predestinazione, la chiamata del Vangelo offre a chi l’ascolta la scelta completamente libera di accettarla o rifiutarla. Secondo loro, la scelta divina ha a che fare con la sua prescienza dell’accettazione della salvezza da parte di un individuo, e non con la sua decisione di chi sarà salvato e chi no. Da questo punto di vista, gli eletti di Dio sono quelli che Lui sa, nella sua onniscienza, che risponderanno quando udranno il Vangelo.
Secondo il sistema dottrinale riformato, se qualcuno scegliesse di accettare la salvezza, vorrebbe dire che ha fatto qualcosa per meritarla; in altre parole, quella persona contribuirebbe alla propria salvezza e quindi penserebbe di meritarsi parte del credito per essersi salvato.
Waybe Grudem lo ha spiegato così:
Se il fattore ultimo per determinare la nostra salvezza fosse la nostra decisione di accettare Cristo, allora saremmo più inclini a pensare che siamo degni di parte del merito per essere stati salvati: diversamente da altre persone che continuano a rifiutare Cristo, noi siamo stati abbastanza saggi nel nostro giudizio, o abbastanza buoni nelle nostre tendenze morali, o abbastanza percettivi nelle nostre capacità spirituali, da decidere di credere in Cristo.[6]
Sia la posizione riformata, sia quella arminiana, affermano che siamo salvi per grazia e non per opere. La differenza tra le due posizioni è che quella riformata presenta la salvezza come un completo atto di Dio, per cui è Dio a preparare il cuore di quelli che ha scelto e predestinato come chiamati ed eletti affinché ricevano il Vangelo. Conferisce una grazia irresistibile ai predestinati e, poiché è irresistibile, la persona eletta non può far altro che essere salvata. Di conseguenza non c’è una partecipazione da parte dell’uomo e la salvezza è un atto completamente divino.
Anche dal punto di vista arminiano s’interpreta la salvezza come un dono offerto liberamente dalla grazia di Dio, senza alcun bisogno di opere da parte dell’umanità. Questo dono divino è offerto a tutti, ma non tutti lo accettano. La salvezza è messa a disposizione di tutti, ma ogni individuo è libero di scegliere se accettare o rifiutare il dono di Dio. È una libera scelta, che Dio concede agli uomini. Questa scelta non è considerata un’“opera” fatta per meritare la salvezza.
William Lane Craig fa la seguente osservazione riguardo alla nostra libera scelta:
Giovanni 6,65[7] significa che senza la grazia di Dio nessuno può arrivare a Lui da solo. Non vi è, però, alcuna indicazione che chi rifiuta di credere in Cristo non lo faccia seguendo il proprio libero arbitrio. […] Non è colpa di Dio se alcune persone resistono liberamente alla grazia divina e a ogni sforzo per salvarle; al contrario, come Israele, non ottengono la salvezza perché rifiutano di avere fede.[8]
Secondo la posizione riformata Dio ha scelto chi riceverà la salvezza fin da prima della fondazione del mondo. Ha anche scelto chi non sarà salvato. Questa dottrina è conosciuta come riprovazione.
Alcuni direbbero che questo concetto dimostra che Dio è ingiusto e privo di misericordia. L’interpretazione riformata è che Dio non ha alcun obbligo di salvare nessuno tra coloro che peccano, tuttavia nella sua misericordia e nel suo amore ha scelto di salvarne alcuni: quelli che ha predestinato alla salvezza.
La dottrina della riprovazione insegna che essa è la decisione sovrana di Dio davanti alla creazione di escludere alcune persone, scegliendo con tristezza di non salvarle, ma di punirle per i loro peccati e di manifestare con questo la propria giustizia.[9]
La posizione arminiana non avalla la dottrina della riprovazione. Secondo la loro interpretazione, la salvezza è disponibile a tutti e, anche se la prescienza divina gli permette di sapere chi sceglierà di accettare e chi rifiuterà, è una scelta fatta dall’individuo, non da Dio stesso.
Le differenze tra le due dottrine continuano nell’opera salvatrice di Gesù. Ci si pone la domanda: Gesù morì per i peccati di tutti, o solo per quelli delle persone predestinate alla salvezza?
La posizione riformata è che Gesù morì per i peccati degli eletti, che si tratti di una redenzione limitata, o particolare, e che non morì per i peccati di tutti. La dottrina arminiana è la redenzione illimitata, o generale, cioè che Gesù morì per i peccati di tutti, anche se la redenzione, pur disponibile a tutti, non viene da tutti accettata a causa del libero arbitrio.
Qui di seguito vi sono alcuni versetti che i cristiani riformati usano per indicare che Gesù morì solo per i peccati dei predestinati:
Il buon pastore depone la sua vita per le pecore. […] Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore.[10]
L’interpretazione riformata è che le persone per cui Gesù depose la vita sono le sue pecore, quelle che lo conoscono, perché erano predestinate a conoscerlo. Le altre non sono le sue pecore, non le conosce e Lui non ha deposto la vita per loro.
In questi altri versetti, l’interpretazione secondo l’opinione riformata è che Gesù sapeva che c’erano persone che il Padre gli aveva dato e che erano predestinate alla salvezza, mentre altre non lo erano.
Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. È questa la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.[11]
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi.[12]
Il prossimo versetto è usato per affermare che Cristo si sacrificò per la chiesa — cioè i credenti — suggerendo che non morì per chi non crede.
Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei.[13]
Basandosi su questi e altri versetti, la posizione riformata è che Gesù morì per alcune persone in particolare (e specificamente quelle che si sarebbero salvate e che Lui venne a redimere), di cui ebbe precognizione e che considerò individualmente per la sua opera redentrice.[14]
Chi accetta la posizione arminiana e crede nella redenzione universale, o generale, basa la propria interpretazione della redenzione per opera di Cristo su altri versetti che indicano che Egli assaporò la morte per tutti e che morì per i peccati del mondo, come riscatto per tutti, per chiunque creda in Lui.
Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!»[15]
Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo.[16]
Egli è l’espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.[17]
Vi è infatti un solo Dio, ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo, il quale ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti.[18]
Però vediamo colui che è stato fatto di poco inferiore agli angeli, cioè Gesù, coronato di gloria e di onore a motivo della morte che ha sofferto, affinché, per la grazia di Dio, gustasse la morte per tutti.[19]
L’interpretazione arminiana di questi versetti, con la quale concordo, è che Gesù morì per i peccati del mondo, cioè per i peccati di tutti. Ciò non significa che tutte le persone siano salvate, perché è evidente che molte rifiutano l’offerta della salvezza; significa piuttosto che grazie alla morte di Gesù sulla croce la salvezza è resa disponibile a tutti.
Dio non desidera che alcuno perisca, ma che tutti ricevano la salvezza. Nel suo grande amore, nella sua misericordia e nella sua pazienza ha reso possibile la salvezza attraverso il sacrificio redentore di Gesù per “il mondo”, per l’umanità, così che chiunque creda possa essere salvato.
Questo infatti è buono ed accettevole davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità.[20]
Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che Egli faccia, ma è paziente verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento.[21]
La redenzione è universale nel pensiero e nel desiderio divino che nessuno perisca e nella grazia salvifica resa disponibile mediante il sacrificio di Gesù. Non tutti, però, credono o ricevono, così la redenzione, il perdono dei peccati e la vita eterna non vengono concessi a tutti, ma solo a chi crede.
Il teologo Jack Cottrell lo ha spiegato così:
La grazia divina, come appare nella sua natura sotto forma di desiderio di concedere il perdono ai peccatori, ha una portata universale. È vero che in realtà questo dono è concesso solo a certi individui, ma la limitazione viene dalla scelta dell’uomo e non da quella di Dio. Quella di creare l’uomo con un’indipendenza e una capacità di scelta relativamente libere fu una scelta di Dio. Egli non impone all’uomo i suoi desideri, ma rispetta l’integrità del libero arbitrio che concesse al momento della creazione a colui che porta la sua immagine. Il motivo per il quale alcuni ricevono la grazia e altri no, è che alcuni la rifiutano liberamente e altri liberamente l’accettano. Vale a dire che la vera e propria accettazione della grazia è condizionale, cioè dipende dalla volontà di un uomo di accettarla.[22]
J. Rodman Williams ha scritto:
Dio desidera ardentemente la loro salvezza […] e Gesù Cristo è morto per tutti. È riprovevole parlare di una redenzione limitata, in altre parole dire che Cristo morì solo per quelli che Dio scelse per la salvezza. Cristo non venne al mondo per salvare alcuni e condannare altri, ma per salvare tutti. L’unica barriera è l’incredulità umana: “Ora il giudizio è questo: […] gli uomini hanno amato le tenebre” (Giovanni 3,19). Così, la chiamata generale è la chiamata dell’amore premuroso di Dio, che vorrebbe attirare a Sé ogni persona. Dio non ha disegni occulti, per i quali ha già deciso di salvare alcuni e riprovare, o condannare, altri. Non esiste una predestinazione alla morte. Lo scopo di Dio non è mai la distruzione. Quelli che non credono entreranno nelle tenebre, ma ciò non è il desiderio di Dio. Ci entrano, non perché Dio non li abbia scelti prima della fondazione del mondo, ma perché, nonostante il suo grande amore e il suo gesto di riconciliazione, hanno scelto di non riceverlo per fede.[23]
Per quanto io ammiri molti dei teologi riformatori e ritenga che abbiano ragione e siano molto ferrati su molti aspetti della dottrina e della fede cristiana, credo che in questa circostanza si sbaglino e qui concordo con la posizione arminiana.
Anche se esistono alcune differenze di opinioni tra i cristiani riformati e arminiani, facciamo tutti parte del corpo di Cristo. Tutti i cristiani credono che Dio ami l’umanità e che tutti abbiano bisogno di ascoltare il messaggio del Vangelo da cristiani che siano disposti a portarglielo. Nello spiegare le divergenze riguardanti la salvezza e la redenzione, non si vuole indicare che gli arminiani siano cristiani migliori dei riformisti, o viceversa. Ci sono divergenze nella prospettiva teologica, ma siamo tutti fratelli e sorelle in Cristo, che lo amano profondamente e desiderano vedere altri ricevere il dono divino della salvezza.
Dio ama l’umanità. Nel suo grande amore ha reso possibile agli esseri umani riconciliarsi con Lui, essere giustificati davanti a Lui e possedere la vita eterna, tutto grazie al sacrificio di suo Figlio Gesù. Ama ogni essere umano. Suo Figlio è morto per i peccati di ogni singolo individuo. Ha dato agli esseri umani la capacità e la libera scelta di credere e ricevere la salvezza o decidere di non farlo. È suo desiderio che tutti gli uomini accettino la redenzione, ma, avendo scelto di creare esseri umani dotati di libero arbitrio, non obbliga nessuno a ricevere il suo amore.
Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna.[24]
[1] Jack Cottrell, What the Bible Says About God the Ruler (Eugene: Wipf and Stock Publishers, 1984), 14.
[2] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 315.
[3] Si è accennato all’argomento della predestinazione in Al cuore di tutto: la natura e il carattere di Dio; l’onniscienza di Dio (seconda parte).
[4] Al cuore di tutto: la natura e il carattere di Dio; l’onniscienza di Dio (seconda parte).
[5] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000) 692–693.
[6] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 678.
[7] [Gesù] diceva: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre mio” (Giovanni 6,65).
[8] William Lane Craig, Molinism and Divine Election.
[9] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 684.
[10] Giovanni 10,11. 14–15.
[11] Giovanni 6,37–39.
[12] Giovanni 17,9.
[13] Efesini 5,25.
[14] Wayne Grudem, Systematic Theology, An Introduction to Biblical Doctrine (Grand Rapids: InterVarsity Press, 2000), 596.
[15] Giovanni 1,29.
[16] Giovanni 6,51.
[17] 1 Giovanni 2,2.
[18] 1 Timoteo 2,5–6.
[19] Ebrei 2,9 NR.
[20] 1 Timoteo 2,3–4.
[21] 2 Pietro 3,9.
[22] Jack Cottrell, What The Bible Says About God the Redeemer (Eugene: Wipf and Stock Publishers, 1987), 382–383.
[23] J. Rodman Williams, Renewal Theology, Systematic Theology from a Charismatic Perspective, Volume 2 (Grand Rapids: Zondervan, 1996), 20.
[24] Giovanni 3,16.
Titolo originale: The Heart of It All: Salvation – Predestination?
Pubblicato originariamente in Inglese il 15 Gennaio 2013
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