Le discipline spirituali: la confessione

Di Peter Amsterdam

Marzo 8, 2015

Un proverbio scozzese dice che “la confessione fa bene all’anima”, ed è vero. Quando vogliamo approfondire la nostra connessione con il Signore e vivere una vita imperniata su di Lui, la confessione dei nostri peccati ha un ruolo importante.

La disciplina spirituale della confessione ha a che fare con i peccati commessi dopo la salvezza. Quando accettiamo Gesù come Salvatore, i nostri peccati sono perdonati, quindi siamo considerati giuridicamente giusti davanti a Dio, con la sicurezza della salvezza.[1] Nel suo grande amore per l’umanità, Dio ha fatto in modo che potessimo riconciliarci con Lui, per mezzo del sacrificio di suo Figlio Gesù, che diede la vita perché potessimo nascere di nuovo come membri della famiglia di Dio. La salvezza ha cambiato il nostro rapporto con Lui: ora è nostro Padre.[2] Facciamo eternamente parte della sua famiglia.

Essere nati di nuovo, però, non significa che non pecchiamo più o che, quando lo facciamo, i nostri peccati non abbiano conseguenze. Il peccato ha effetti negativi nella nostra vita e in quella di altri, soprattutto per il danno che causa al nostro rapporto personale con Dio. Il peccato apre una breccia nel rapporto con nostro Padre e la confessione la ripara. Ci vuole uno sforzo da parte nostra per sistemare le cose, proprio come bisogna fare uno sforzo per riparare il rapporto con una persona che abbiamo ferito o offeso.

La disciplina della confessione è il mezzo con cui contrastiamo l’effetto che i peccati hanno sul nostro rapporto con Dio. Se non ripariamo regolarmente quel danno, confessando i nostri peccati, corriamo il rischio di indurire il cuore e lo spirito e avere con Lui un rapporto sempre più distante. Come ha scritto John McArthur:

Ho visto dei cristiani — giuridicamente perdonati e con la sicurezza eterna — che si sono induriti e sono diventati impenitenti e insensibili al peccato. Di conseguenza sono anche privi di gioia, perché non hanno una relazione intima e amorevole con Dio. Hanno bloccato la gioia e l’intimità con una barricata di peccati inconfessati.[3]

Nella Preghiera del Signore, il Padre Nostro, Gesù c’istruì di chiedere al Padre di perdonare i nostri peccati.[4] Non ci stava dicendo di pregare ripetutamente per essere resi giusti, perché lo siamo diventati al momento della salvezza.[5] Invece, ci stava indicando il mezzo per restaurare la nostra comunione personale con Dio, spezzata o danneggiata dai nostri peccati. Quando Re Davide commise il suo orribile peccato, la sua comunione con Dio fu spezzata e il peccato lo allontanò da Lui. Così pregò:

Non rigettarmi dalla tua presenza e non togliermi il tuo santo Spirito.[6] Chiese a Dio di essere riconciliato. Rendimi la gioia della tua salvezza.[7]

Confessare i nostri peccati e chiedere a Dio di perdonarci è la via per ottenere quella riconciliazione. Quando ci presentiamo davanti a Lui, ammettendo di aver peccato, quando gli chiediamo perdono e ci pentiamo sinceramente, la breccia è riparata e il rapporto danneggiato è restaurato. Siamo purificati dalla nostra ingiustizia e possiamo di nuovo avere comunione con la giustizia, Dio.

Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.[8]

Non bisogna vedere la confessione come qualcosa di negativo o sgradito, perché il suo risultato positivo è il perdono. Dio desidera perdonarci e la confessione è il mezzo mediante il quale diventiamo oggetto della sua misericordia e della sua compassione. Il suo perdono rinfresca il nostro spirito, perché rinnova in noi il rapporto, l’amore e l’amicizia con Lui.

Il significato della confessione

La parola greca è hamartia, che significa “mancare il bersaglio, allontanarsi dalla via della rettitudine e dell’onore, sviarsi o comportarsi male”. Come cristiani, non vogliamo sviarci dalla via della rettitudine o mancare il bersaglio. Il nostro obiettivo è seguire il percorso della vita camminando vicini a Gesù, evitando di allontanarci dal suo fianco. Quando pecchiamo, ci allontaniamo da Lui; confessando, ci riavviciniamo. La confessione è un’espressione del nostro amore e del desiderio di avere un rapporto intimo con Gesù e restare collegati a Lui.

La parola usata nel Nuovo Testamento in riferimento alla confessione dei peccati è omologeo (prounciata omologhéo) e deriva dalla combinazione delle parole omos, “lo stesso”, e lego, “parlare”. Significa dire la stessa cosa, concordare. Quando confessiamo i nostri peccati, diciamo la stessa cosa che ne dice Dio al proposito. Concordiamo con la sua condanna del peccato e riconosciamo che peccando abbiamo agito personalmente contro Dio, contro la sua Parola e la sua natura. Ammettiamo che il peccato è sbagliato e chiamiamo queste cose come le chiama Dio: invidia, gelosia, lussuria, odio, inganno, avidità, rabbia, ghiottoneria, adulterio e così via.[9]

È il riconoscimento che queste azioni ripugnano Dio e che facendole danneggiamo il nostro rapporto con Lui. È l’ammissione che a causa dei peccati dell’umanità, compresi i nostri peccati individuali, Gesù soffrì la tortura e la morte sulla croce. La confessione è il riconoscimento che queste cose sono sbagliate, che le abbiamo fatte personalmente, che abbiamo offeso Dio, che siamo pentiti e che abbiamo bisogno del suo perdono. È anche una manifestazione della nostra consapevolezza che, quando confessiamo i nostri peccati, nel suo amore e nella sua misericordia, Dio ci perdona.

Charles Spurgeon fece notare che, come figli di Dio, non ci presentiamo davanti a Lui per confessare come colpevoli o criminali davanti a un giudice; ma, in quanto figli, ci avviciniamo al nostro Padre amorevole che desidera perdonarci.

C’è un’ampia differenza tra il confessare il peccato come colpevoli e confessarlo come figli. Il petto del Padre è dove si fa la propria confessione penitente. Siamo stati purificati in modo definitivo, ma i nostri piedi devono essere lo stesso lavati dalla sporcizia del nostro cammino quotidiano come figli di Dio.[10]

Quando confessiamo i nostri peccati, riconosciamo e ammettiamo la nostra colpa. Affermiamo che, a chiunque abbiamo fatto torto, il nostro peccato è stato contro Dio, davanti al quale siamo responsabili; che ci rammarichiamo profondamente di averlo fatto e quindi gli chiediamo perdono.

La confessione consiste nell’ammettere i nostri peccati specifici e nel riconoscerli come nostri. Questa storia esprime bene il concetto:

Un assistente stava cercando di aiutare un uomo che si era fatto avanti durante un incontro di evangelizzazione. “Sono un cristiano”, disse quell’uomo, “ma c’è il peccato nella mia vita, e ho bisogno d’aiuto”. L’assistente gli mostrò 1 Giovanni 1,9 e gli suggerì di confessare i suoi peccati a Dio: “O Padre”, cominciò l’uomo, “se abbiamo fatto qualcosa di sbagliato…” “Aspetta un attimo!” lo interruppe l’assistente. “Non immischiarmi nel tuo peccato! ‘Se’ e ‘noi’ non c’entrano niente — accetta la tua responsabilità davanti a Dio!”[11]

Poiché il nostro obiettivo è riguadagnare un rapporto intimo con Dio, è bene confessare le nostre colpe specifiche, insieme ai peccati e alle debolezze generiche.

Naturalmente, poi, fa parte della confessione anche il pentimento, cioè il cambiare il modo di pensare e di vedere le cose e i propri obiettivi. Si tratta di comprendere che il peccato non è soltanto una debolezza o un’area della vita in cui fare cambiamenti; è l’agire in modo contrario a Dio e alla sua natura, incontrando la sua disapprovazione e creando una distanza nel rapporto con Lui, come fece il figliol prodigo che ritornò alla casa di suo padre da un paese lontano. Vuol dire pentirsi di aver peccato e impegnarsi a cambiare.

Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all’Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro Dio che perdona largamente.[12]

Ognuno di noi pecca frequentemente. Non vogliamo farlo, di solito non intendiamo farlo, ma lo facciamo. E anche se alcuni peccati sono più gravi di altri, ogni peccato è dannoso spiritualmente. Come disciplina, la confessione fa parte del processo di neutralizzare il danno.

Ogni quanto tempo ci si dovrebbe confessare?

Non esistono regole fisse su quando confessare i propri peccati al Signore, anche se sembra saggio farlo regolarmente. Prima di presentarsi a Lui per confessare i peccati, è bene trovare il tempo di fare un esame di coscienza, pensare e pregare su come si è peccato e sui peccati specifici che si ricordano. L’obiettivo non è sradicare ogni particolare o ogni peccato possibile, ma dedicare tempo alla preghiera per invitare il Signore a smuovere il proprio cuore e indicare i punti in cui si ha bisogno del suo perdono.[13]

Se chiedi allo Spirito Santo di aiutarti a esaminare il tuo cuore, probabilmente ti renderai conto di peccati specifici che vorrai confessare. Non solo i peccati di commissione, ma anche quelli di omissione — le volte in cui avresti dovuto fare qualcosa ma non l’hai fatto. Potresti anche renderti maggiormente conto dei peccati del cuore (come avidità, orgoglio, rabbia ecc.) che sono meno evidenti di quelli più esteriori come quelli della carne. Lo scopo della confessione è una maggior vicinanza a Dio; dedicare del tempo a pregare, meditare e aprirsi a Dio con un esame di coscienza fa parte di questa disciplina.

A chi confessare

Le Scritture ci dicono di confessare i nostri peccati a Dio. “Davanti a Te ho riconosciuto il mio peccato, non ho coperto la mia iniquità. Ho detto: ‘Confesserò le mie trasgressioni all’Eterno’, e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato”.[14] “Chi copre le sue trasgressioni non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia”.[15] Li confessiamo al Signore perché in fondo è contro di Lui che abbiamo peccato. Ciò non significa che non dovremmo chiedere scusa alle persone cui abbiamo fatto torto — è necessario farlo, e anche fare ammenda, se appropriato.

Oltre a confessare i nostri peccati a Dio, le scritture parlano anche di confessare i nostri peccati gli uni agli altri.

Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.[16] A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati.[17]

Alcuni cristiani — i cattolici, gli ortodossi e alcuni anglicani — seguono le istruzioni di confessare i peccati a un altro nel contesto del sacramento della confessione (chiamato anche sacramento della penitenza o della riconciliazione), confessandosi davanti a un prete. In genere, i protestanti credono che la confessione sia necessaria solo davanti a Dio, nel privato della preghiera personale. In alcuni servizi protestanti il pastore chiede un periodo di silenzio per permettere ai fedeli di confessare privatamente i propri peccati al Signore.

Anche se in genere confessare i propri peccati è una questione personale tra l’individuo e Dio, come abbiamo visto nei versetti più sopra, ci sono occasioni in cui ci viene chiesto di confessare i nostri peccati a vicenda. Martin Lutero disse che la “confessione segreta” a un altro cristiano, anche se non richiesta dalle Scritture, era “utile e perfino necessaria”. Anche Giovanni Calvino raccomandava la confessione privata a qualsiasi credente che fosse “travagliato e afflitto da un senso di peccato, in maniera tale da non riuscire a liberarsene senza un aiuto esterno”.[18]

Ci sono dei momenti in cui una persona confessa i propri peccati al Signore, ma non lo ritiene sufficiente; non prova la serenità della consapevolezza che la confessione ha ristabilito la sua comunione con Dio. In simili momenti, può essere utile confessare i propri peccati a un fratello o una sorella nel Signore in cui si abbia fiducia. In simili casi Dio ci ha dato fratelli e sorelle che prendano il posto di Cristo e ci rendano reali la presenza di Dio e il suo perdono.[19] A volte è necessario confessare verbalmente i propri peccati a un confratello cristiano fidato, insieme alle sue preghiere efficaci, per rendersi conto pienamente del perdono ricevuto, con la conseguente pace del cuore, della mente e dello spirito.

Ovviamente una simile confessione non andrebbe fatta a un qualsiasi cristiano, perché non tutti i fratelli e le sorelle hanno l’empatia o la comprensione necessaria a ricevere una confessione, né si può far conto che ogni cristiano tenga l’informazione assolutamente confidenziale. Richard Foster ha descritto alcuni altri requisiti per una persona che riceva una confessione:

Altri non sono qualificati perché resterebbero inorriditi davanti alla rivelazione di certi peccati. Altri ancora, non capendo la natura e il valore della confessione, la minimizzerebbero con una scrollata di spalle e un “non è poi così brutto”. Per fortuna molte persone capiscono e sarebbero disposte ad aiutare in questo modo. È possibile trovare persone del genere chiedendo a Dio di rivelarcelo. È possibile trovarle anche osservando la gente per vedere chi manifesta una fede viva nella potenza divina di perdonare ed esibisce la gioia del Signore nel suo cuore. I requisiti principali sono: maturità spirituale, saggezza, compassione, buon senso, la capacità di mantenere un segreto e un sano senso dell’umorismo. Molti pastori — anche se non tutti — possono farlo. Spesso delle persone comuni che non hanno alcun titolo o posizione ufficiale sono tra le migliori per ricevere una confessione.[20]

Ricevere una confessione

Ricevere una confessione da un altro cristiano è una questione sacra. Vostro fratello o vostra sorella viene da voi in ubbidienza alle Scritture, confidando che ascolterete con amore e compassione. Per ricevere correttamente una confessione, dovete cominciare da una posizione di grande umiltà. Ogni peccato è un’abominazione per Dio e, dato che tutti pecchiamo, nessuno è nella posizione di dare giudizi o disprezzare la persona che fa la confessione.

La persona che fa la confessione potrebbe essere addolorata e afflitta per il suo peccato, oppure potrebbe confessarlo in ubbidienza alle Scritture o perché vuole compiacere il Signore. Merita da voi amore e il massimo rispetto. Se non potete darglielo, se ritenete di non poter mantenere confidenziale l’informazione ricevuta, se siete preoccupati di poter tradire la sua fiducia, allora non dovreste acconsentire a riceverla.

Foster dà i seguenti consigli a chi riceve una confessione:[21]

Tra i nostri obiettivi di cristiani c’è quello di avere un rapporto profondo e duraturo con Dio, per mezzo di Gesù. Poiché il peccato ci separa da Dio, vogliamo evitare di peccare; tuttavia, essendo esseri umani, ci è impossibile essere completamente liberi dal peccato. Per questo confessare i nostri peccati e chiedere perdono al Signore è essenziale per avere con Lui il rapporto che desideriamo. La confessione è il modo stabilito da Dio per eliminare gli effetti del peccato sul nostro rapporto con Lui. Dio desidera perdonarci e vuole che desideriamo il suo perdono.

Presentandoci al Signore per confessare i nostri peccati, forse arriveremo con tristezza, dolore e contrizione, ma ce ne andremo con grande gioia: la gioia di essere stati perdonati, di aver restaurato il nostro rapporto e di poter stare alla sua presenza senza essere ostacolati dal peso dei nostri peccati. La confessione porta a una celebrazione. I nostri peccati sono perdonati, la nostra vita è cambiata. In breve: “la confessione fa bene all’anima”.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


[1] Per maggiori informazioni sul concetto della Giustificazione, vedi: Al cuore di tutto: la salvezza. I risultati: giustificazione, adozione e rigenerazione

[2] Quando è venuto il compimento del tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori che grida: «Abba, Padre». Perciò tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede di Dio per mezzo di Cristo (Galati 4,4–7).

[3] John MacArthur Jr., Alone with God (Wheaton, IL: Victor Books, 1995), 104–106.

[4] Luca 11,4.

[5] Giustificati dunque per fede, abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore (Romani 5,1). Ora dunque non vi è alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù (Romani 8,1).

[6] Salmi 51,11.

[7] Salmi 51,12.

[8] 1 Giovanni 1,9.

[9] David Walls and Max Anders, Holman New Testament Commentary: I & II Peter, I, II & III John, Jude (Nashville, TN: Broadman & Holman Publishers, 1999), 166.

[10] C. H. Spurgeon, Morning and Evening: Daily Readings (Complete and unabridged; New modern edition), (Peabody, MA: Hendrickson Publishers, 2006).

[11] W. W. Wiersbe, The Bible Exposition Commentary, Vol. 2 (Wheaton, IL: Victor Books, 1996), 481–485.

[12] Isaia 55,7.

[13] Richard J. Foster, Celebration of Discipline (New York: HarperOne, 1998), 151.

[14] Salmi 32,5.

[15] Proverbi 28,13.

[16] Giacomo 5,16 NR.

[17] Giovanni 20,23.

[18] W. A. Elwell and B. J. Beitzel in Baker Encyclopedia of the Bible (Grand Rapids, MI, Baker Book House, 1988).

[19] Foster, Celebration of Discipline, 147.

[20] Ibid., 153.

[21] Ibid., 155–56.

[22] Giovanni 20,23.


Titolo originale: Spiritual Disciplines: Confession
Pubblicato originariamente in Inglese il 17 Luglio 2014
versione italiana affissa il 8 Marzo 2015;
statistiche: 2.910 parole; 15.466 caratteri

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