
1 Corinzi, capitolo 6 (versetti 1-20)
Maggio 20, 2025
di Peter Amsterdam

1 Corinzi, capitolo 6 (versetti 1-20)
[1 Corinthians: Chapter 6 (verses 1–20)]
Quando qualcuno di voi ha una lite con un altro, ha il coraggio di chiamarlo in giudizio davanti agli ingiusti anziché davanti ai santi? (1 Corinzi 6:1)
Paolo rimase scioccato nel sentire che i credenti di Corinto citavano in giudizio altri credenti. Per lui era inconcepibile che un cristiano portasse una disputa legale con un altro credente davanti agli ingiusti piuttosto che davanti ai santi. Certo, a volte i credenti hanno legittimi disaccordi con altri credenti che richiedono un giudizio legale, ma Paolo era stupito che i cristiani portassero queste questioni davanti a giudici non credenti.
Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? Se dunque il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicare delle cose minime? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare le cose di questa vita! (1 Corinzi 6:2-3).
Con un tono un po’ sarcastico, Paolo chiese se i Corinzi avessero dimenticato che i santi giudicheranno il mondo. Gesù aveva insegnato che i suoi discepoli avrebbero ricoperto il ruolo di giudici al tempo della fine (Matteo 19:28, Apocalisse 20:4). Paolo credeva che ciò indicasse che la chiesa doveva essere in grado di risolvere simili questioni al suo interno.
Ricordò ai Corinzi che i credenti avrebbero giudicato gli angeli. Molti angeli decaddero dalla loro posizione quando si ribellarono a Dio (2 Pietro 2:4). I seguaci di Cristo giudicheranno questi angeli caduti quando Cristo ritornerà, quindi, i credenti corinzi dovrebbero poter emettere un giudizio su casi minori.
Se avete dunque delle cause giudiziarie per cose di questa vita, stabilite come giudici quelli che nella chiesa sono i meno stimati (1 Corinzi 6:4 LND).
Paolo non riesce a capire perché i credenti corinzi, persone considerate tra i «santi», il popolo santo di Dio, dovessero richiedere un giudizio da pagani o non credenti. Paolo manifestò la propria sorpresa che i Corinzi presentassero le loro lagnanze a magistrati che avevano poca o nessuna reputazione nella chiesa, perfino a non credenti.
Dico questo per farvi vergogna. È possibile che non vi sia tra di voi neppure una persona saggia, capace di pronunciare un giudizio tra un fratello e l’altro? Ma il fratello processa il fratello, e lo fa dinanzi agli infedeli (1 Corinzi 6:5-6 LND).
Paolo concludeva che una simile saggezza era presente tra i credenti, ma i Corinzi non erano riusciti a trovare la persona adatta. Facevano, invece, l’impensabile: si citavano in giudizio gli uni con gli altri e per giunta lo facevano davanti agli infedeli.
C’erano due problemi: il primo era che i cristiani si rivolgevano alla legge nella cause civili tra di loro; il secondo era che si citavano in giudizio davanti agli infedeli. Paolo sottolineò che la legge terrena del paese esercitata dai non credenti era inferiore alla saggezza divina nel giudicare le dispute tra credenti. I cristiani sono fratelli e sorelle tra di loro; fanno parte della stessa famiglia spirituale e quel legame dovrebbe essere più importante delle loro lagnanze quando si sentono defraudati.
E certamente è già un male che abbiate tra di voi delle cause gli uni contro gli altri. Perché non subite piuttosto un torto? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? Siete voi invece che commettete ingiustizia e rubate, e per giunta a dei fratelli! (1 Corinzi 6:7-8NR/LND/CEI).
Paolo manifestò il suo disappunto per le cause civili che i credenti si intentavano a vicenda. Le cause civili tra cristiani danneggiavano la testimonianza e la reputazione della chiesa. Colpendo la chiesa in questo modo i credenti corinzi danneggiavano se stessi più di quanto non venissero danneggiati da altri cristiani. Qualunque fosse il verdetto del tribunale, i cristiani avrebbero perso per il semplice fatto di aver fatto ricorso a un procedimento legale.
Avere cause legali all’interno della chiesa indicava che i Corinzi avevano perso di vista i principi che dovevano seguire come cristiani. Cristo aveva insegnato che i membri della chiesa dovevano amarsi gli uni gli altri. (Giacomo 2:8). I credenti devono servirsi gli uni gli altri (Galati 5:13). Ogni membro dovrebbe lavorare in armonia con gli altri (Efesini 4:16). Per questi motivi, in genere sarebbe meglio subire un torto o essere derubati, piuttosto che litigare.
I Corinzi non solo sbagliavano nell’esigere giustizia e riparazione, ma non porgevano l’altra guancia. Non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra (Matteo 5:39LND). Se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello (Matteo 5:40LND). Erano trasgressori che si imbrogliavano e facevano torto a vicenda.
Non sapete che gl’ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio (1 Corinzi 6:9-10).
Paolo ricorda loro chi saranno quelli che non erediteranno il regno di Dio: gli empi, i malvagi e i malfattori. Dà degli esempi di persone inique e le identifica dai peccati che commettono. Molti di questi peccati erano comuni nella cultura greco-romana del periodo.
Fa cenno a peccati riguardanti il sesso: (1) persone implicate in rapporti sessuali prematrimoniali o extramatrimoniali; (2) idolatri, inclusi per la stretta correlazione tra l’immoralità sessuale e molte religioni pagane; (3) adulteri, che hanno rapporti sessuali fuori dal matrimonio; (4) prostituti maschi, che prendevano parte a riti religiosi sessuali pagani e praticavano rapporti omosessuali.
Questo elenco di peccati è molto simile a 1 Corinzi 5:10-11. Paolo suggeriva che i credenti che conducevano stili di vita simili dovessero assicurarsi di seguire veramente la fede. Indicò anche la follia dell’intentare cause civili davanti a persone di quel tipo, perché gli empi non potevano giudicare rettamente tra cristiani.
E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio (1 Corinzi 6:11).
Molti dei credenti corinzi avevano condotto vite di peccato, ma ora erano lavati, purificati dai loro peccati per fede in Cristo e dichiarati innocenti davanti a Dio. Erano separati dal mondo e avevano iniziato un rapporto con Dio. I credenti ottengono questa benedizione nel nome del Signore Gesù Cristo quando lo invocano e si affidano a Lui per la propria salvezza; oltre che mediante lo Spirito del nostro Dio quando lo Spirito esercita l’opera di Cristo sui credenti.
Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla (1 Corinzi 6:12).
L’espressione “Tutto mi è lecito” è usata da Paolo in un altro punto di questa lettera (10:23). A quanto pare, questo detto, che probabilmente era uno slogan comunemente usato tra i Corinzi dell’epoca, veniva utilizzato per giustificare varie attività illegittime. In questo caso, sosteneva l’immoralità sessuale; in seguito si riferisce al mangiare carne offerta agli idoli.
Paolo controbatte allo slogan con due risposte. Da un lato, ha sottolineato che non tutto è vantaggioso. Qualunque sia la libertà dei credenti, le loro scelte devono essere attentamente valutate in base al loro beneficio spirituale. Molte pratiche, pur essendo lecite per i cristiani, avrebbero un effetto negativo sul cammino del credente con Cristo, sulla vita degli altri o sulla chiesa. Questo deve essere tenuto in considerazione ogni volta che i credenti prendono in considerazione una linea d’azione.
Paolo affermò anche che non si sarebbe fatto dominare da nulla. Gli appetiti sessuali sono buoni e sani nel contesto del matrimonio. Tuttavia, i Corinzi erano diventati vittime dei loro stessi desideri. Avevano perso il controllo del loro corpo mentre si dedicavano all’immoralità sessuale. I loro desideri sessuali li hanno sopraffatti. I credenti in Cristo devono essere liberi dai desideri mondani per poter servire fedelmente il Signore.
«I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi!». Ma Dio distruggerà questo e quelli; il corpo poi non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo (1 Corinzi 6:13 CEI).
Anche questo secondo slogan usato per sostenere l’immoralità sessuale era probabilmente uno slogan popolare dell’epoca. Dalla risposta di Paolo, sembra che i Corinzi si siano appropriati di questo detto della cultura circostante per razionalizzare l’idea che i desideri sessuali dovevano essere saziati, proprio come il cibo doveva essere mangiato. Secondo questa linea di ragionamento, difendevano l’immoralità sessuale come un corso biologico naturale, un desiderio fisico o una voglia che era naturale e lecito soddisfare. Poiché Dio ha creato l’uomo come creatura sessuale, il ragionamento era che il sesso è appropriato e buono e un desiderio naturale che dovrebbe essere soddisfatto. Naturalmente c’è del vero in questa affermazione. Il piacere della sessualità è naturale e fa parte del disegno di Dio, ma questa verità non legittima ogni forma di piacere sessuale.
Paolo rispose all’applicazione di questo slogan ricordando ai Corinzi che Dio ha l’autorità di limitare e guidare il nostro modo di vivere. Dichiarò che, nonostante l’ordine naturale del cibo per lo stomaco, Dio distruggerà entrambi. In altre parole, il fatto che Dio un giorno distruggerà l’ordine naturale così come lo conosciamo ora dimostra che le funzioni biologiche non determinano gli obblighi morali dell’uomo. Dio è l’autorità suprema per determinare come gli uomini devono comportarsi. È il sovrano supremo su tutta la natura e la sua Parola regola il modo in cui gli uomini dovrebbero vivere.
Per rendere più esplicito il punto, Paolo risponde con un proverbio che ricorda lo slogan dei Corinzi. L’immoralità sessuale non può essere giustificata come pratica biologica naturale, perché il corpo umano non è fatto per l’immoralità sessuale, ma per il Signore, e il Signore per il corpo. La rivelazione di Dio in Cristo chiarisce che l’ordine naturale è molto diverso da quello che si evince dalla semplice osservazione biologica. Esiste una relazione tra il nostro corpo e Cristo. Dobbiamo servirlo con il nostro corpo (Romani 12:1) e Cristo redime i nostri corpi.
Dio, come ha risuscitato il Signore, così risusciterà anche noi mediante la sua potenza (1 Corinzi 6:14).
Paolo ricorda ai suoi lettori la risurrezione di Cristo. Dio non ha semplicemente risuscitato lo spirito di Cristo dai morti. Attraverso la potenza dello Spirito Santo (Romani 1:4), Dio ha risuscitato il corpo di Cristo. Allo stesso modo, nel giorno del giudizio finale, risusciterà i corpi di tutti i credenti. La speranza dei credenti nella futura resurrezione corporea dai morti dimostra che l’ordine naturale delle cose è che i corpi dei cristiani appartengono a Cristo e devono essere usati al suo servizio.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo per farne membra di una prostituta? No di certo! (1 Corinzi 6:15).
Paolo ricorda loro che i loro corpi sono membra di Cristo. Le sue parole chiariscono che i credenti non sono uniti a Cristo solo spiritualmente; sono intimamente uniti a Lui anche a ogni livello del loro essere e anche i loro corpi fisici sono uniti a Lui, essendo parti del suo corpo sulla terra. I Corinzi avevano minimizzato l’importanza dell’immoralità sessuale in base dal fatto che Dio avrebbe distrutto il corpo, e quindi il corpo non aveva valore (6:13).
Paolo insegnava che il corpo dei credenti ha valore perché fa già parte di Cristo. Il suo significato non è solo eterno, ma anche temporale. Anzi, poiché il corpo dei credenti è unito a Cristo, quando loro si impegnavano in rapporti sessuali con le prostitute, coinvolgevano Cristo nelle loro azioni. Questa unione fisica con Cristo rende inconcepibile la legittimità dell’unione con una prostituta. Le membra di Cristo non devono unirsi a una prostituta.
Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due diventeranno una sola carne» (1 Corinzi 6:16).
Paolo sottolineò ciò che questi credenti già sapevano: quando un uomo si unisce a una prostituta, diventa un tutt’uno con lei nel corpo. Questi rapporti non sono occasionali come possono sembrare. Per questo motivo, Paolo sostenne la sua affermazione facendo riferimento all’Antico Testamento.
Genesi 2:24 descrive come nell’unione sessuale Adamo ed Eva diventano “una sola carne”. Dal punto di vista biblico, anche i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio creano un’unione di carne tra i partecipanti. Poiché la carne di un credente è unita a Cristo, quando un credente diventa una sola carne con una prostituta, unisce sessualmente Cristo a quella prostituta. Sebbene ciò non comprometta la santità di Cristo, evidenzia la scorrettezza dei credenti che vivono come non credenti.
Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui (1 Corinzi 6:17).
Avendo già detto che i credenti “sono membra di Cristo” (6:15), Paolo aggiunse che la loro unione con il Signore li rende una sola cosa con Lui nello spirito.
class=indent>Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo (1 Corinzi 6:18).
Paolo inizia la conclusione di questa sezione con un ordine: fuggite la fornicazione [l’immoralità]. È probabile che avesse in mente l’esempio di Giuseppe che fugge dalla moglie di Potifar (Genesi 39:7-12). Paolo istruì in modo simile il giovane pastore Timoteo (2 Timoteo 2:22). Piuttosto che una debole resistenza all’immoralità, Paolo insisteva sulla separazione dal peccato.
Il suo consiglio si basava sull’unicità del peccato sessuale. A differenza di altri peccati, poiché l’unione sessuale ha una componente spirituale, l’immoralità sessuale è un peccato unico sia contro Cristo che contro il proprio corpo. Molti peccati, come l’abuso di sostanze, la gola e il suicidio, hanno effetti dannosi sul corpo. Le parole di Paolo non si riferiscono a malattie e/o altri danni causati dal peccato. Le sue parole si ricollegano invece alla precedente discussione del capitolo 6:12-17. In quella sede Paolo ha stabilito che il corpo dei cristiani è un corpo di persone. Lì Paolo aveva stabilito che il corpo dei cristiani è unito a quello di Cristo, così che essi diventano membra di Cristo stesso.
L’immoralità sessuale viola il corpo di una persona, causando un’unione illegittima in “una sola carne” e violando l’unione mistica con Cristo. In questo senso, l’immoralità sessuale è un peccato particolare contro il corpo. Viola il fatto più significativo dell’esistenza fisica dei credenti: il loro corpo appartiene a Cristo.
Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Corinzi 6:19-20).
Paolo fa appello ancora una volta all’insegnamento che ha dato ai Corinzi. Il corpo del cristiano è un tempio dello Spirito Santo. Lo Spirito risiede nei credenti, facendo del loro corpo un luogo santo dove abita la presenza di Dio. Il fatto che lo Spirito Santo risieda nei credenti indica la nuova natura del loro corpo, ora santificato e santo, essendo in unione con Cristo. Quando una persona in Cristo si dedica all’immoralità sessuale, è in contrasto con la nuova natura e identità del suo corpo. Il cristiano è stato riscattato per fare opere buone (Efesini 2:10), quindi dovrebbe usare il corpo per le buone azioni e la giustizia, non per il peccato.
Paolo ricorda ai Corinzi che non hanno diritti sul proprio corpo. Non sono liberi di usare il corpo in qualsiasi modo desiderino. Paolo insiste sul fatto che Cristo li ha comprati a un prezzo: il suo stesso sangue. Li ha comprati, anima e corpo, al prezzo della sua sofferenza e della sua morte sulla croce per i loro peccati. Poiché appartengono a Lui, i credenti non hanno il diritto di ribellarsi a Lui usando il loro corpo in modi che il Signore ha proibito. Poiché questo acquisto si traduce in redenzione e salvezza, dovrebbe ispirare gratitudine e ubbidienza, non ribellione.
Paolo istruì i Corinzi a onorare Dio con il proprio corpo. Anziché limitarsi a resistere al peccato, i credenti dovrebbero considerarsi templi di Dio, acquistati da Cristo. Poiché Cristo è morto per i credenti e li ha redenti, gli dobbiamo obbedienza e onore. Dovremmo cercare il modo di rendere gloria a Dio usando il nostro corpo come Lui ci ha indicato di fare.
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Riveduta, Copyright © 1994 Società Biblica di Ginevra. Tutti i diritti riservati.
Pubblicato originariamente in inglese l’8 gennaio 2025.