1 Tessalonicesi: capitolo 2 (parte 1)
Luglio 8, 2023
di Peter Amsterdam
1 Tessalonicesi: capitolo 2 (parte 1)
[1 Thessalonians: Chapter 2 (Part 1)]
Dopo aver lasciato Tessalonica a causa della persecuzione, l’apostolo Paolo, Silvano (chiamato Anche Silas) e Timoteo passarono in Acaia, una provincia romana a sud della Macedonia.1 Dopo aver passato del tempo in Acaia, Paolo si trasferì a Corinto, un po’ più a sud. Fu da Corinto che scrisse la sua prima lettera ai Tessalonicesi.
Iniziò la lettera dicendo ai credenti tessalonicesi, nel capitolo 1, che lui e i suoi compagni li menzionavano sempre nelle loro preghiere.2 Disse anche che erano diventati un modello per tutti i credenti nelle vicine zone della Macedonia e dell’Acaia.3 La sua lettera continua nel capitolo 2.
Voi stessi infatti, fratelli, sapete che la nostra venuta fra voi non è stata vana. Ma, dopo aver prima sofferto e aver ricevuto oltraggi a Filippi, come sapete, noi abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi l’evangelo di Dio in mezzo a tante lotte.4
Paolo ricorda ai credenti tessalonicesi che erano consapevoli che la visita di Paolo a Tessalonica aveva avuto buoni risultati e non era stata un fallimento. I Tessalonicesi sapevano che tipo di persone erano i compagni di Paolo.5 I primi dodici versetti di questo capitolo puntualizzano la condotta incensurabile che questi tre messaggeri avevano esibito mentre erano a Tessalonica. Erano là per parlare liberamente del vangelo, in contrasto con i filosofi itineranti di quei giorni che arrivano in una città e parlavano con l’obiettivo di trarne un profitto economico, invece di portare beneficio agli ascoltatori. Come disse uno scrittore a proposito di simili filosofi: Di conseguenza, poiché erano privi di sostanza e non portavano a niente di positivo, erano descritti come vani o vacui.6
Paolo ricordò ai credenti tessalonicesi che in precedenza lui e i suoi compagni avevano ricevuto oltraggi a Filippi. Filippi si trova a circa 160 km a est di Tessalonica. Fu lì che Paolo e Sila furono arrestati senza processo, spogliati dei loro abiti, bastonati e gettati in prigione con i ceppi ai piedi.7 Anche se avevano sofferto per aver predicato il vangelo a Filippi, condivisero ugualmente il messaggio con i Tessalonicesi in mezzo a tante lotte.
E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori.8
I Tessalonicesi potevano vedere che Paolo e i suoi compagni non predicavano con l’inganno o per motivi ambigui. Paolo non cercava di fare soldi alle spalle di chi rispondeva al suo messaggio. Non cercava di indurre la gente a credere con l’inganno. Qualcuno scrive:
Paolo afferma di non aver acchiappato dei boccaloni che avevano inghiottito stupidamente l’esca del suo messaggio ingannevole – amo, lenza e galleggiante.9
Un altro scrittore afferma:
Nell’invito evangelico rivolto ai Tessalonicesi, il messaggio non era falso, i motivi non erano torbidi e i metodi non erano ingannevoli. I messaggeri non erano imbonitori che truffavano la gente.10
Paolo prosegue sottolineando che Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo (lui e i suoi compagni). Questo implica che c’era stato un periodo di prove, dopo il quale erano stati trovati degni del compito affidato loro. Non possiamo essere sicuri a quale periodo o quali circostanze si riferiscano queste prove. Un commentatore scrive:
Possiamo solo supporre quando e in che modo sia successo questo nella vita di Paolo e dei suoi soci. Nel caso di Paolo, è possibile che ilmomento di prova sia stato durante il suo soggiorno di tre anni in Arabia (Galati 1,16-18)? Nonostante fosse stato scelto da Dio come apostolo ancora prima della sua nascita (Galati 1,1-15), ci fu un periodo in cui fu messo alla prova, dopo il quale Dio gli mise un sigillo di approvazione per il ministero.11
Qualunque cosa avesse richiesto quel periodo di prove, Paolo e i suoi compagni le superarono. Poiché erano stati trovati degni da Dio, i Tessalonicesi dovevano riconoscere che ciò che Paolo aveva detto loro quando era là e ciò che aveva scritto da allora, era approvato da Dio.
Siccome erano stati incaricati da Dio, era loro desiderio compiacerlo e servirlo. Così parliamo non in modo da piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori.12 Accennando al non parlare per piacere alla gente, Paolo si riferisce al tipo di parole che tendono a usare le persone ingannevoli, che hanno motivi torbidi o pensano solo a sé e il cui interesse principale sta nel conquistare il favore degli altri. Al contrario di chi vuole solo piacere alla gente, Paolo dichiara di non parlare con quel motivo, ma di avere per obiettivo il piacere a Dio.
Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.13
Per il resto dunque, fratelli, vi preghiamo ed esortiamo nel Signore Gesù che, come avete ricevuto da noi in quale modo vi conviene camminare per piacere a Dio, abbondiate molto più in questo.14
Paolo parla di Dio, al quale desidera piacere, come di chi “prova il cuore” (oppure lo scruta o lo esamina, in altre traduzioni). L’idea di Dio come di colui che esamina il nostro cuore appare in vari punti del Vecchio Testamento.
Io so, o mio DIO, che tu provi il cuore e ti compiaci della rettitudine.15
Fa’ cessare la malvagità dei malvagi, ma stabilisci l’uomo giusto, perché tu sei il DIO giusto, che provi i cuori e le menti.16
Il crogiolo è per l’argento e la fornace per l’oro, ma chi prova i cuori è l’Eterno.17
Io, l’Eterno, investigo il cuore, metto alla prova la mente per rendere a ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni.18
Paolo usa questa visione del Vecchio Testamento per indicare che Dio, che lo ha messo alla prova, lo ha trovato degno di affidargli il vangelo.
Noi infatti non abbiamo mai fatto uso di parole di adulazione, come ben sapete, né siamo stati mossi da pretesti di avidità; Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità come apostoli di Cristo. Ma siamo stati mansueti fra voi, come una nutrice che alleva teneramente i suoi bambini.19
Paolo continuò a spiegare l’onestà sua e dei suoi compagni con tre dinieghi. Il primo è che lui e i suoi compagni non hanno mai usato “parole di adulazione”. Nel mondo antico, gli scrittori condannavano l’adulazione. Uno di loro, Teofrasto, definì l’adulazione “un commercio vergognoso, ma proficuo per l’adulatore”. Scrisse poi che “Vedrete l’adulatore dire e fare tutto ciò che spero lo ingrazierà”. Aristotele disse che la persona il cui obiettivo è rendere felici gli altri per trarne profitto in denaro, o in beni che col denaro possono essere comprati, è un adulatore. Filone (un filosofo ebreo) elencò l’adulazione insieme al raggiro, all’inganno e alla falsità.
Il secondo diniego di Paolo è di non essere venuto con pretesti di avidità. Una traduzione della Bibbia dice che non era ispirato da avidità (NR); un’altra dice che non ha avuto pensieri di cupidigia (CEI). Paolo non andò a Tessalonica per interesse, per fare soldi. Sottolineò questo punto affermando che Dio ne è testimone.
Oltre a non avere come obiettivo i soldi, nel suo terzo diniego Paolo dichiarò che lui e i suoi compagni non cercavano gloria dagli uomini. La gloria cui Paolo si riferisce non è la gloria in senso religioso. Ha invece il senso secolare di fama, prestigio, onore e riconoscimento. Molti oratori cercavano fama e ricchezza. Un commentatore spiega:
Nel mondo di Paolo, in cuil’oratoria era un importante sport competitivo, in cui oratori e sofisti di successo erano trattati come atleti superstar o divi di Hollywood, la gloria (doxa) da sola era una tentazione abbastanza forte, anche senza il profitto finanziario.20
Paolo, Sila e Timoteo non pretesero onori dai cristiani tessalonicesi né dai credenti di altre località, pur potendo far valere la nostra autorità come apostoli di Cristo. Non cercavano adulazione. Paolo lo sottolineò aggiungendo: Non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri.21 Non specifica chi fossero gli “altri”; tuttavia, potrebbe riferirsi ai credenti in altre parti, come Filippi o Gerusalemme.
Dopo questi tre dinieghi, Paolo completò i suoi pensieri affermando che lui e i suoi compagni erano come una madre che si prende teneramente cura dei suoi figli. Ai tempi di Paolo, spesso i bambini erano allattati da una balia, una donna che non era la madre del figlio ma lo nutriva con il suo latte. A differenza di una balia, Paolo paragonò il suo gruppo a una madre che allattava teneramente suo figlio e se ne prendeva cura. Poi passò a spiegarlo in termini più semplici.
Così, nel grande affetto che nutrivamo per voi, eravamo contenti di comunicarvi non solo l’evangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci eravate divenuti cari.22
Il linguaggio usato da Paolo nell’esprimere il suo amore per i Tessalonicesi è piuttosto unico e non si trova in nessun altro punto del Nuovo Testamento. Altre traduzioni dicono: vi ho voluto bene (TILC); perché ci eravate diletti (D); siete diventati carissimi (M). Paolo prosegue col dire che l’atteggiamento suo e dei suoi compagni nei confronti dei Tessalonicesi era come quello di un genitore amorevole che avrebbe sentito la mancanza di un figlio se fosse stato lontano. Per questo, Paolo e il suo gruppo decisero di non limitarsi a dare loro il vangelo, ma di impegnarsi completamente loro stessi. Era una ferma dichiarazione di devozione ai Tessalonicesi. Nell’epistola, Paolo si riferisce a loro come “fratelli” (e sorelle) diciotto volte. Probabilmente molti di questi credenti si erano estraniati dalle loro famiglie per essere diventati cristiani, ma ora avevano trovato la loro identità nella famiglia di Dio.
Perché, fratelli, voi ricordate la nostra fatica e la nostra pena; infatti è lavorando notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi, che vi abbiamo predicato il vangelo di Dio.23
Paolo ricorda ai credenti tessalonicesi che, mentre era con loro, non si era limitato a comunicare loro il vangelo, ma aveva anche lavorato e faticato, cioè aveva un lavoro che gli permetteva di non dipendere finanziariamente da loro. In altri punti, negli Atti e nelle epistole, Paolo si riferisce al suo lavoro. In Atti leggiamo:
Dopo questi fatti egli lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, giunto di recente dall’Italia insieme con sua moglie Priscilla, perché Claudio aveva ordinato a tutti i Giudei di lasciare Roma. Egli si unì a loro. Essendo del medesimo mestiere, andò ad abitare e a lavorare con loro. Infatti, di mestiere, erano fabbricanti di tende24
Poiché a quei tempi di solito le tende erano fatte di pelle, forse la qualifica lavorativa di Paolo era tagliatore di pellame. Probabilmente aveva imparato questo lavoro presto nella vita, come parte del suo apprendistato rabbinico, perché ci si aspettava che gli insegnanti ebrei si mantenessero tramite qualche tipo di lavoro.
Parlando di come lavorava giorno e notte, Paolo dice anche che vi abbiamo predicato il vangelo di Dio. Un commentatore spiega:
Durante le lunghe ore al banco di lavoro, mentre tagliava e cuciva la pelle per fabbricare tende e simili, Paolo non solo si guadagnava da vivere, ma parlava del vangelo ai compagni di lavoro e ai clienti.25
(Continua.)
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
1 L’Acaia appare in dieci versetti biblici: Atti 18,12.27; Atti 19,21; Romani 15,26; 1 Corinzi 16,15; 2 Corinzi 1,1; 9,2; 11,10; 1 Tessalonicesi 1,7.8. Alcune versioni bibliche la citano anche in Romani 16,5, al posto di Asia.
2 1 Tessalonicesi 1,2.
3 1 Tessalonicesi 1,7.
4 1 Tessalonicesi 2,1–2.
5 1 Tessalonicesi 1,5.
6 Abraham J. Malherbe, GentleAs A Nurse. NovumTestamentum: Leiden, Vol. 12.
7 Atti 16,19–24.
8 1 Tessalonicesi 2,3–4 CEI.
9 Jeffrey A. D. Weima, 1–2 Thessalonians: Baker Exegetical Commentary on the New Testament (Grand Rapids: Baker Academic, 2014), 135.
10 Gene L. Green, The Letters to the Thessalonians (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2002), 119.
11 Green, Letters, 120.
12 1 Tessalonicesi 2,4.
13 Galati 1,10 NR.
14 1 Tessalonicesi 4,1.
15 1 Cronache 29,17.
16 Salmi 7,9.
17 Proverbi 17,3.
18 Geremia 17,10.
19 1 Tessalonicesi 2,5–7.
20Weima, 1–2 Thessalonians, 141.
21 1 Tessalonicesi 2,6.
22 1 Tessalonicesi 2,8.
23 1 Tessalonicesi 2,9 NR.
24 Atti 18,1–3.
25 Weima, 1–2 Thessalonians, 151.
Pubblicato originariamente in inglese il 17 gennaio 2023.