1 Tessalonicesi: capitolo 2 (parte 2)

Agosto 1, 2023

di Peter Amsterdam

[1 Thessalonians: Chapter 2 (Part 2)]

Nella prima parte del secondo capitolo di 1 Tessalonicesi, Paolo ricordò ai cristiani tessalonicesi che lui e i suoi compagni non cercavano la gloria e che non avevano fatto alcuna richiesta a questi nuovi cristiani. Avevano invece lavorato giorno e notte, in modo da non essere un peso finanziario per loro.

Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, come ci siamo comportati santamente, giustamente, senza biasimo verso di voi che credete. E sapete anche che, come fa un padre verso i suoi figli, noi abbiamo esortato, consolato e scongiurato ciascuno di voi, a camminare in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e gloria. 1

Come aveva fatto in precedenza (v. 5), Paolo invoca due testimoni, i Tessalonicesi e Dio stesso, a garantire per il suo carattere. Entrambi questi testimoni sapevano che Paolo e i suoi compagni avevano agito in maniera giusta e onesta. Dichiaravano che c’erano prove chiare che le loro azioni seguivano sia la legge divina sia quella degli uomini e che avevano agito in modo irreprensibile. Queste parole servivano a sottolineare il carattere irreprensibile della condotta di Paolo verso i credenti.

Paolo proseguì col ricordare la propria condotta e quella dei suoi compagni mentre erano con loro: come fa un padre con i suoi figli. Pone l’accento sul ruolo educativo e formativo che aveva avuto nella vita dei credenti tessalonicesi. Uno scrittore dice: Paolo si paragona a un’infermiera o a una madre quando vuole sottolineare l’amore e l’affetto che ha per i suoi lettori, ma si paragona a un padre quando vuole dare risalto al suo ruolo nell’istruire e preparare i convertiti.2 Nelle opere greco-romane ed ebraiche i padri erano spesso raffigurati come personaggi autoritari che governavano la casa. Questa immagine, comunque, è bilanciata da altre opere che raffigurano l’amore e la devozione di un padre. È quest’ultima immagine dei padri che viene ribadita nella lettera di Paolo ai Tessalonicesi.

Il ruolo di Paolo e dei suoi compagni di padre con i suoi figli si esprime in tre azioni prese da loro: hanno esortato, consolato e scongiurato i Tessalonicesi a camminare in maniera degna di Dio. Paolo fa uso dell’immagine di padre con i suoi figli diverse volte nelle sue lettere alle chiese.

Non vi scrivo queste cose per farvi vergognare, ma per mettervi in guardia e consigliarvi come figli che amo.3

Ora sto per venire a trovarvi di nuovo, per la terza volta, e anche questa volta non vi costerà un soldo, perché non voglio il vostro denaro, ma voi! Infatti, voi siete come miei figli, e non sono i figli che devono provvedere ai loro genitori, ma sono i genitori che devono provvedere ai figli.4

Figli miei, per i quali sono di nuovo in doglie finché Cristo sia formato in voi.5

Paolo usa l’immagine del padre anche a proposito del suo rapporto con Timoteo.

Ma voi conoscete Timoteo, è stato come un figlio per me, collaborando con tanto impegno a diffondere il messaggio di Cristo.6

A Timoteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio nostro Padre e da Cristo Gesù, nostro Signore.7

Come un padre, Paolo esortò, consolò e scongiurò i Tessalonicesi a vivere in modo degno di Dio. Nelle sue lettere Paolo usa la parola camminare per riferirsi al modo in cui le persone si comportano (camminano) davanti a Dio.

Or io dico: Camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne.8

Camminiamo onestamente, come di giorno, non in gozzoviglie ed ebbrezze, non in immoralità e sensualità, non in contese ed invidie.9

Io dunque, il prigioniero per il Signore, vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati.10

Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in lui.11

Paolo chiude questo versetto (v. 12) descrivendo Dio come colui che vi chiama, e farà anche questo.12

Anche per questo non cessiamo di render grazie a Dio perché, avendo ricevuto da noi la parola di Dio, l’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete.13

I fondatori della chiesa tessalonicese – Paolo, Sila e Timoteo – ringraziavano Dio in continuazione per le persone che avevano reagito così bene alla parola di Dio che loro avevano predicato. I Tessalonicesi riconoscevano di aver udito un messaggio sacro e non solo filosofia arida o parola di uomini. La ricevettero e la accettarono come proveniente da Dio. Quella parola ora all’opera nella vita dei membri della chiesa. Anche se i suoi fondatori non erano più con loro fisicamente, la parola di Dio continuava a operare in loro.

Che Paolo predicasse la parola di Dio era confermato anche da come opera efficacemente in voi che credete. I Tessalonicesi accolsero gli insegnamenti di Paolo come parola di Dio e sapevano che compiva opere divine nella loro vita. Paolo non affermò esattamente cos’era quest’opera divina, ma probabilmente era la conversione dei Tessalonicesi dall’idolatria (1,9-10) e la manifestazione dei frutti dello Spirito Santo nella loro vita. Sapevano che la parola di Dio aveva trasformato la loro vita.

Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono nella Giudea in Cristo Gesù, perché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le medesime cose che essi hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i loro profeti, e hanno perseguitato anche noi. Essi non piacciono a Dio e sono nemici a tutti gli uomini, impedendoci di parlare ai gentili perché siano salvati.14

Paolo paragonò la persecuzione che la chiesa di Tessalonica stava subendo a quella delle chiese della Giudea. Paolo sapeva bene che i cristiani in Giudea avevano sofferto, perché in precedenza era stato coinvolto nella loro persecuzione. Saulo (in seguito chiamato Paolo) devastava la chiesa: entrando di casa in casa, trascinava via uomini e donne e li metteva in prigione.15

I cristiani della Giudea avevano sofferto per mano dei loro stessi compatrioti e i cristiani tessalonicesi stavano sperimentando le stesse difficoltà. Anche se i problemi a Tessalonica erano stati provocati originariamente dalla comunità ebraica, ben presto coinvolse la popolazione tessalonicese locale, oltre alle autorità civili, i funzionari e i Poliarchi, che erano i governanti eletti della città.

Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro alcuni uomini malvagi tra la gente di piazza; e, raccolta quella plebaglia, misero in subbuglio la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo. Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni fratelli davanti ai magistrati della città, gridando: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui, e Giasone li ha ospitati; ed essi tutti agiscono contro i decreti di Cesare, dicendo che c’è un altro re: Gesù». E misero in agitazione la popolazione e i magistrati della città, che udivano queste cose. Questi, dopo aver ricevuto una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare. Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. 16

Furono i Gentili tessalonicesi a perseguitare i credenti, anche se la persecuzione originale proveniva dalla sinagoga locale. Non vengono spiegati i particolari del tipo di persecuzione subita, ma probabilmente includeva ripudio sociale, abusi verbali, accuse e forse attacchi fisici che potrebbero aver causato il martirio di alcuni. Dopo aver fatto il paragone tra la persecuzione subita dai Tessalonicesi da parte dei loro concittadini e il modo in cui i Giudei perseguitavano le chiese in Giudea, Paolo passò a parlare del popolo ebreo in modo piuttosto negativo.

Paolo espone sei punti nelle sue accuse contro l’opposizione giudea. I primi due erano che hanno ucciso il Signore Gesù e i loro profeti. Anche se Gesù era stato messo a morte da Ponzio Pilato, il procuratore romano, sia i Vangeli che il libro degli Atti indicano la responsabilità della comunità ebraica di Gerusalemme nella sua esecuzione, includendo sia le autorità religiose che la popolazione in generale.17 (Va sottolineato che, anche se parte della comunità ebraica di Gerusalemme fu responsabile della morte di Gesù, il giudaismo in generale non lo è. Quindi, ogni forma di antisemitismo non è cristiana ed è errata.) I profeti uccisi di cui parlava Paolo erano probabilmente Isaia, Michea e Amos, che furono tutti martirizzati.

Il terzo punto era che ai tempi di Paolo i Giudei si opponevano al piano di Dio, e lo vediamo da come perseguitarono gli apostoli: hanno perseguitato anche noi. Paolo e quelli che predicavano il Vangelo furono spesso espulsi dalle città e minacciati dai loro abitanti.18 In questo caso, erano stati scacciati da Tessalonica.

La quarta accusa era che non piacciono a Dio. Compiacere Dio era un concetto importante sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Paolo lo menzionò due volte in 1 Tessalonicesi.19 In questo caso, fa notare l’opposizione dei leader ebrei che si opponevano ai messaggeri di Dio (vv. 15-16) e al loro peccato (v. 16). Aggiunse anche che si oppongono a quelli che non sono della loro razza, quando scrisse che sono nemici a tutti gli uomini. Nel libro degli Atti leggiamo che la comunità ebraica in molte città cercò di impedire a Paolo e ai suoi compagni di parlare ai Gentili e in alcune occasioni riuscirono a farli tacere.20

La quinta accusa è che sono nemici a tutti gli uomini, impedendoci di parlare ai gentili perché siano salvati.21 Paolo affermò che si può vedere la loro “ostilità a tutti gli uomini” nei loro tentativi di impedire a lui e alla sua squadra di dare il messaggio della salvezza ai Gentili. A Tessalonica, questi tentativi avevano abbreviato il ministero di Paolo. L’apostolo continua, dicendo che l’ostacolare la sua testimonianza ai Gentili è solo l’apice della lunga storia del loro peccato e che la loro opposizione al suo ministero è solo un altro esempio dell’opposizione a Dio. Per questo sono oggetto dell’ira di Dio.

Paolo termina con un’affermazione scioccante: Ora l’ira su di loro è arrivata al culmine.22 Paolo non parlava di un giudizio futuro; si riferiva a qualche manifestazione dell’ira di Dio di cui i lettori della sua epistola si sarebbero accorti.

Dopo aver parlato dell’accettazione del vangelo da parte dei credenti tessalonicesi e dell’opposizione ebraica alla sua missione ai Gentili, Paolo ritornò al suo rapporto con i Tessalonicesi e alla sua tristezza per essere separato da loro.

Quanto a noi, fratelli, privati di voi per breve tempo, di persona ma non di cuore, abbiamo tanto più cercato, con grande desiderio, di vedere il vostro volto. Perciò più volte abbiamo voluto, almeno io, Paolo, venire da voi; ma Satana ce lo ha impedito.23

Anche se Paolo e i suoi compagni erano separati dai credenti tessalonicesi, la sua intenzione era sempre quella di tornare. Era stato lontano da loro per un breve tempo. Durante la loro assenza fecero tutto il possibile per assicurare i Tessalonicesi dell’amore che provavano per loro. Fecero anche del loro meglio per spiegare che il fatto che non tornassero non era per mancanza di preoccupazione nei loro confronti. Anche se erano separati dalla chiesa, mantenevano sempre i Tessalonicesi nei loro cuori.

Paolo desiderava tornare e il suo gruppo fece molti sforzi per farlo, ma l’opposizione era forte. Satana ce lo ha impedito. Nonostante gli ostacoli, riuscirono a rimandare Timoteo alla chiesa. Perciò, non potendo più resistere, fummo contenti di essere lasciati soli in Atene, e mandammo Timoteo, nostro fratello e ministro di Dio, e nostro compagno d’opera nell’evangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede.24. In seguito, Paolo riuscì a ritornare in Macedonia e a Tessalonica.25

Qual è infatti la nostra speranza, o gioia, o corona di gloria? Non siete proprio voi, davanti al Signor nostro Gesù Cristo alla sua venuta? Voi siete infatti la nostra gloria e gioia.26

Paolo e i suoi compagni spiegarono che uno dei motivi per cui volevano rivedere i Tessalonicesi era che la chiesa era una fonte di gioia per loro. Riconoscevano che al momento del giudizio finale sia loro che i Tessalonicesi si sarebbero trovati alla presenza di Dio. Si anticipavano la gioia che avrebbero provato e la corona che avrebbero ricevuto quando avrebbero presentato i Tessalonicesi al Signore.

I credenti tessalonicesi erano la gloria e la gioia di Paolo e dei suoi compagni, la loro fonte di onore. Come dice un commentatore: In mezzo a tutte le loro afflizioni e angosce, questa chiesa li riempivi di una gioia sovrabbondante.27

(Continua.)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 1 Tessalonicesi 2,10–12.

2 Jeffrey A. D. Weima, 1–2 Thessalonians: Baker Exegetical Commentary on the New Testament (Grand Rapids: Baker Academic, 2014), 154.

3 1 Corinzi 4,14.

4 2 Corinzi 12,14.

5 Galati 4,19.

6 Filippesi 2,22.

7 1 Timoteo 1,2. Vedi anche 1 Timoteo 1,18; 2 Timoteo 2,1–2.

8 Galati 5,16.

9 Romani 13,13.

10 Efesini 4,1.

11 Colossesi 2,6.

12 1 Tessalonicesi 5,24.

13 1 Tessalonicesi 2,13.

14 1 Tessalonicesi 2,14–16.

15 Atti 8,3. Vedi anche 1 Timoteo 1,13–14.

16 Atti 17,5–10 NR .

17 Marco 3,6; 14,1; 15,14–15; Giovanni 5,18; 7,1; 8,59; 11,45–53; Atti 2,23, 36; 3,13–15; 4,10; 5,30; 7,52.

18 Atti 9,23–25; 13,50; 14,4–6.19–20.

19 1 Tessalonicesi 2,4; 4,1.

20 Atti 13,48–52; 14,2.19.

21 1 Tessalonicesi 2,15–16.

22 1 Tessalonicesi 2,16.

23 1 Tessalonicesi 2,17–18 NR.

24 1 Tessalonicesi 3,1–2.

25 Atti 20,1–3.

26 1 Tessalonicesi 2,19–20.

27 Gene L. Green, The Letters to the Thessalonians (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2002), 156.

Pubblicato originariamente in inglese il 31 gennaio 2023.