Gesù – la sua vita e il suo messaggio: il sermone sul monte

Agosto 20, 2016

di Peter Amsterdam

(Puoi leggere lo scopo di questa serie e una sua veduta d’insieme in questo articolo introduttivo.)

La legge e i profeti (parte 3)

[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, The Law and the Prophets, Part 3]

Nella seconda parte di “La legge e i profeti”, abbiamo esaminato il primo dei sei esempi dati da Gesù nel Sermone sul Monte per illustrare la devota giustizia che va oltre le cose insegnate dagli scribi e dai farisei. Quel primo esempio copriva la rabbia e la riconciliazione. Il secondo esempio, che vedremo in questo articolo, prende in esame la purezza del cuore e del pensiero. Gesù comincia con il ripetere ciò che dicono le Scritture, poi introduce altri insegnamenti sull’argomento.

«Voi avete udito che fu detto: “Non commettere adulterio”. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo».1

Chi ascoltava Gesù durante il suo Sermone sul Monte, sapeva che l’adulterio era proibito dal settimo dei Dieci Comandamenti.2 Proprio come in precedenza aveva citato il sesto comandamento sul non uccidere e poi era passato a dimostrare che l’omicidio comincia con l’ira e che quell’ira va affrontata, qui cita il settimo comandamento, confermando che l’adulterio è sbagliato ed è un peccato; ma si spinge oltre, indicando il pericolo di uno sguardo lussurioso e di ciò a cui può portare. Invece di limitarsi a proibire l’atto esterno, Gesù scava nello stato interiore del cuore che porta all’azione peccaminosa.3

Collegava il settimo comandamento al decimo, che afferma: Non desidererai la casa del tuo prossimo; non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo.4 La Septuaginta5 (versione greca del Vecchio Testamento ebraico) usa lo stesso termine per bramare, concupire e desiderare carnalmente. Un uomo non deve desiderare o concupire la moglie di un altro.

Nell’ambito di questo insegnamento, Gesù si riferisce al desiderio di un uomo per una donna sposata, perché, tecnicamente, l’adulterio avviene solo quando una o entrambe le parti sono sposate. Se due persone non sono sposate il termine usato è “fornicazione”. Anche se qui Gesù parla di un uomo che desidera una donna sposata, l’idea che trasmette è che qualsiasi persona (sposata o no) guardi un’altra (sposata o no) con intenzioni lussuriose commette peccato.

Tra le definizioni del termine greco blepō, tradotto con guardare, vi è fissare, che significa “guardare con insistenza qualcuno”.6 La parola greca usata per donna in questo versetto è tradotta per lo più con moglie nel N.T. La parola greca tradotta con concupire o desiderare significa bramare, desiderare cose proibite. Gesù stava dicendo che qualunque uomo continuasse a guardare una donna sposata (o per implicazione una non sposata) per concupirla, desiderarla carnalmente, volere un rapporto sessuale con lei, ha peccato commettendo adulterio (o fornicazione) nel suo cuore.

R. T. France ha scritto:

La “donna” nell’affermazione di Gesù va quindi interpretata come la moglie di un altro uomo e il guardarla “per desiderarla” con il volere (e progettare?) un rapporto sessuale. Il punto d’interesse non è tanto sull’attrazione sessuale in sé, ma sul desiderio di una relazione sessuale illecita.7

Lo scrittore Charles Talbert concorda:

Ovviamente Gesù non si riferisce a un’attrazione passeggera, ma al deliberato desiderio di un rapporto illecito.8

Contrariamente all’atteggiamento dei farisei, che si concentravano sul rispetto letterale della legge, Gesù indicava che trattenersi dall’atto dell’adulterio non rendeva uno giusto davanti a Dio. Proprio come l’ira poteva essere omicidio nel cuore, così il guardare un membro dell’altro sesso con l’intenzione di un atto sessuale illecito poteva essere considerato adulterio nel cuore. Come Gesù insegnò nel Sermone sul Monte, la vita nel regno di Dio non è solo l’osservanza delle regole; è l’impegnarsi nella trasformazione del cuore, degli atteggiamenti, dei pensieri e delle azioni portandoli in linea con la Parola e la volontà di Dio.

Gesù proseguì dicendo:

Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo.9

Usò un’espressione simile in altri punti dei Vangeli, parlando di tentare o far peccare gli altri, ma in quei casi incluse anche un piede.10

Con un linguaggio iperbolico esagerato, simile a quando disse di lasciare il tuo sacrificio sull’altare e di fare pace prima di presentarsi al giudice,11 Gesù voleva indicare qui l’importanza di evitare la tentazione di peccare. Possiamo vedere un punto simile nel libro di Giobbe, quando lui parla di fare un patto con i suoi occhi per non fissare una vergine e fa un riferimento al cuore che segue gli occhi.12

Gesù non suggeriva di cavare letteralmente gli occhi a una persona o di tagliarle una mano (o un piede). Diceva che se il tuo occhio ti spinge a peccare perché la tentazione arriva attraverso gli occhi (ciò che vedi) o attraverso le mani (le cose che fai), dovresti comportarti come se te li avessero tagliati o strappati. Se l’occhio ti fa peccare, non guardare; se il piede ti spinge al peccato, non andare; se la mano ti fa peccare, non farlo.13

La frase ti fa cadere in peccato è tradotta anche con ti è occasione di scandalo (CEI) e ti è occasione di peccato (LND). Viene dal greco skandalizō, usato diverse volte nel Vangelo di Matteo per denotare qualcosa di disastroso, un ostacolo che devia una persona dal sentiero della volontà divina e dalla salvezza, e anche una persona o una cosa che ostacola il proposito salvifico di Dio.14 Per esempio:

Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono l'iniquità, e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti.15 Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare.16

Questi versetti rispecchiano l’affermazione di Gesù che è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna [l’inferno] tutto il tuo corpo, cosa che dice due volte in questo capitolo e ripete nuovamente in Matteo 18.17

Anche se siamo salvati dal sacrificio di Gesù per noi, il peccato è sempre una cosa grave, perché danneggia il nostro rapporto con Dio. Come cittadini dei regno di Dio, come suoi figli, dovremmo impegnarci a non peccare. Ovviamente è impossibile per noi evitare sempre di peccare, ma se ci ritroviamo a soccombere regolarmente al peccato, siamo in una posizione pericolosa – a rischio di allontanarci da Dio.

In che modo un occhio, una mano o un piede possano far cadere qualcuno nel peccato dipende da persona a persona. Non tutti siamo tentati al peccato nello stesso modo. Per esempio, l’occhio di qualcuno potrebbe portarlo alla pornografia; quello di un altro invece potrebbe causargli invidia e risentimento nel vedere ciò che altri hanno. Ognuno di noi deve guardarsi dal peccato nella sua vita; il modo in cui può insorgere sarà diverso per ognuno. Dobbiamo essere consapevoli dei modi in cui siamo personalmente tentati di peccare e fare il possibile per contrastarli.

Per ubbidire a questo comandamento di Gesù, potremmo essere costretti a “cavare” o “tagliare” un po’ qua e là. Forse dovremo eliminare dalla nostra vita alcune cose che, anche se potrebbero essere innocenti di per sé, sono fonti di tentazione, o potrebbero diventarlo. Ciò potrebbe includere i nostri rapporti con persone che tendono a condurci al peccato.18

Come disse Gesù, è meglio passare questa vita con alcune cose “cavate” o “tagliate” e rinunciare ad alcune esperienze, per essere fedeli agli insegnamenti di Gesù e vivere come cittadini del regno di Dio. Sapere che Gesù ha detto che sarebbe meglio condurre una vita “cavando” o “tagliando” queste cose piuttosto che indulgere in esse, dovrebbe farci riflettere e pregare su ciò che permettiamo o invitiamo a entrare nella nostra vita e che non è in linea con la sua natura, il suo carattere, la sua volontà e la sua Parola; e dovremmo agire in maniera decisa per rimuoverlo.

Come ho menzionato in precedenza in questa porzione del Sermone sul Monte (La Legge e i profeti), Gesù fa tre esempi di ciò che dicono le Scritture e poi va più in profondità, dando un’interpretazione più completa del loro scopo. L’essenza del messaggio di Gesù in questo passo è che compiacere Dio non significa soltanto osservare le regole, come enfatizzavano i farisei. Ciò che Dio invece desidera è un ricablaggio dei motivi e degli intenti del nostro cuore. Gesù usa questi esempi per aiutarci, in quanto membri del regno di Dio, a imparare a diventare creature nuove ben decise a vivere lo scopo degli insegnamenti delle Scritture.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 5,27–30 NR.

2 Esodo 20,14; Deuteronomio 5,18.

3 Morris, The Gospel According to Matthew, 117.

4 Esodo 20,17.

5 La “versione dei Settanta”(in latino Septuaginta – a volte abbreviata in LXX) è il nome dato alla traduzione greca delle Scritture ebraiche. La Septuaginta ebbe origine ad Alessandria d’Egitto e fu tradotta tra il 200 e il 300 a.C. Ampiamente usata tra gli ebrei ellenistici, questa traduzione greca fu prodotta perché molti Ebrei dispersi nell’impero stavano cominciando a perdere la conoscenza della loro lingua. Il processo di traduzione dall’Ebraico al Greco diede anche a molti non-ebrei un’idea del Giudaismo. Secondo un antico documento chiamato Lettera di Aristea, si ritiene che durante il regno di Tolomeo Filadelfo settanta o settantadue studiosi ebrei furono incaricati di questa traduzione. Il termine “Septuaginta” significa appunto settanta in Latino e il testo ricevette questo nome per dar credito a quei settanta studiosi.

L’influenza della Septuaginta sul Cristianesimo
La Septuaginta fu anche una delle fonti del Vecchio Testamento usate dai primi Cristiani nei primi secoli dopo Cristo. Molti tra i primi Cristiani parlavano e leggevano il Greco, così si affidavano alla traduzione dei Settanta per la maggior parte dei loro studi biblici. Anche gli scrittori del Nuovo Testamento vi fecero grande affidamento, perché la maggior parte delle citazioni del V.T. nel N.T. proveniva direttamente dalla Septuaginta (le altre provengono dai testi ebraici). Anche i padri della chiesa greci citarono la Septuaginta. Ancora oggi, la Chiesa Ortodossa Orientale si affida ad essa per i suoi insegnamenti. Anche alcune traduzioni moderne della Bibbia la usano come fonte, insieme ai manoscritti ebraici.

6 Sabatini Coletti, 2011.

7 France, The Gospel of Matthew, 205.

8 Talbert, Reading the Sermon on the Mount, 75.

9 Matteo 5,29–30 NR.

10 Matteo 18,8–9; Marco 9,43–47.

11 Matteo 5,21–26.

12 Giobbe 31,1,7.

13 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 89.

14 France, The Gospel of Matthew, 205.

15 Matteo 13,41–42 NR.

16 Matteo 18,6 NR.

17 Se la tua mano o il tuo piede ti fanno cadere in peccato, tagliali e gettali via da te; meglio è per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. Se il tuo occhio ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; meglio è per te entrare nella vita con un occhio solo, che aver due occhi ed essere gettato nella geenna del fuoco (Matteo 18,8–9 NR).

18 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 91.


Pubblicato originariamente in Inglese il 26 gennaio 2016.