Gesù — la sua vita e il suo messaggio: il peccato di un fratello

Gennaio 4, 2022

di Peter Amsterdam

[Jesus—His Life and Message: A Brother’s Sin]

Nel Vangelo di Matteo Gesù insegnò ai suoi discepoli cosa fare quando un discepolo o un credente pecca nei confronti di un altro. In qualsiasi comunità di credenti ci saranno momenti in cui uno di loro farà un torto a un altro. È inevitabile, perché i credenti sono esseri umani e quindi siamo tutti peccatori. Per via di questa inevitabilità, Gesù prescrisse ai suoi discepoli (e quindi a tutti noi) cosa fare in simili circostanze.

Se il tuo fratello ha peccato contro di te, va' e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello.1

La parola greca adelfos, tradotta con fratello, significa sia fratello sia sorella; quindi Gesù si riferiva sia a discepoli maschi sia a discepoli donne. Alcune versioni della Bibbia traducono la frase con Se un altro credente pecca contro di te, oppure Se un fratello o una sorella commette una colpa.

Gesù dà queste istruzioni nel contesto di un corpo di credenti, una chiesa. Parla di uno scenario in cui un membro pecca contro un altro. Quando succede, il membro offeso deve parlare con l’offensore. Si parla di quando viene commesso un peccato, non di una semplice divergenza d’opinione. La discussione iniziale dovrebbe essere fatta privatamente, con l’obiettivo di cercare di aiutare il trasgressore a comprendere d’aver commesso un torto. Lo scopo del parlare con la persona privatamente è di mantenere la cosa tra i due, per mantenere la pubblicità e l’imbarazzo al minimo. Non c’è bisogno di coinvolgere altri.

Il messaggio dato in questo modo, in un incontro privato tra due persone, vuole essere amorevole ma allo stesso tempo franco. Il termine greco utilizzato per riprendilo vuole rendere l’idea di portare alla luce il peccato, di aiutare una persona a capire di essere nel torto. Non dovrebbe esserci un atteggiamento duro quando si corregge qualcuno, ma non bisognerebbe neanche farlo in maniera leggera. La cosa va presentata amorevolmente ma con sincerità.

Se l’offensore ti ascolta, cioè accetta la correzione, si pente e chiede scusa, allora hai guadagnato il tuo fratello. Il rapporto fraterno interrotto dal peccato può essere ripristinato dal pentimento e dal perdono.

Ovviamente non succede sempre così. Gesù prosegue col dire:

Ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni.2

Qui Gesù parafrasa Deuteronomio 19,15, che dice:

Un solo testimone non basterà ad incolpare alcuno per qualsiasi crimine o peccato abbia commesso; il fatto sarà stabilito sulla deposizione di due o di tre testimoni.

Quando il credente trasgressore non accetta la correzione e continua nel suo comportamento sbagliato, la persona contro la quale è stato commesso il peccato deve provarci una seconda volta, allo scopo di riguadagnare il fratello in errore. Questa volta deve portare con sé un piccolo numero di altri credenti, con l’idea di mantenere la faccenda ancora relativamente privata. Esiste ancora la possibilità che il trasgressore si renda conto del suo errore quando viene affrontato da altri, specialmente se sono personaggi rispettati. Anche se c’è ancora una speranza che gli altri membri aiutino a convincere la persona dei suoi sbagli, un secondo motivo per coinvolgere altri è che siano presenti dei testimoni ci ciò che viene detto e di come è stato presentato.

In Israele nessuno veniva condannato per un peccato con la testimonianza di una sola persona; dovevano esserci almeno due o tre testimoni. Anche il Nuovo Testamento richiede la testimonianza di due o tre persone quando qualcuno è accusato di un reato.

Questa è la terza volta che vengo da voi. Ogni questione si deciderà sulla dichiarazione di due o tre testimoni.3

Non accettare accuse contro un presbitero senza la deposizione di due o tre testimoni.4

Poi Gesù prescrive ai suoi discepoli il comportamento da tenere se la persona in errore non accetta la correzione del gruppo di due o tre testimoni.

Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.5

Dopo aver ammonito il trasgressore in un incontro privato faccia a faccia, dopo averlo fatto nuovamente in un piccolo gruppo, se quello si rifiuta ancora di ascoltare e ravvedersi, l’ultima risorsa è presentare la questione ai membri della chiesa. Dirlo all'assemblea, alla chiesa, indica una dichiarazione pubblica durante una riunione del corpo dei credenti. Lo scopo di presentare la questione all’intero corpo è di aiutare il credente offensore a pentirsi e cambiare, per continuare nella comunione con fratelli e sorelle cristiane.

Parlare con l’offensore privatamente, poi con due o tre altre persone e in seguito portare la questione davanti all’intero corpo della chiesa sono tutti passi che vogliono portare al pentimento, al perdono e alla riconciliazione. Quando l’intera comunità concorda che il trasgressore si è comportato male, questi dovrebbe capire che non è soltanto l’opinione della persona offesa, ma che tutto il corpo dei credenti disapprova le sue azioni.

Se il trasgressore rifiuta di accettare il giudizio della chiesa, si separa dal corpo dei credenti. Il rapporto tra il trasgressore e i credenti è interrotto e la comunione è cessata. A quel punto il trasgressore è considerato un non-credente; dal punto di vista ebraico di quei tempi, un non-credente veniva considerato un pagano, un Gentile. Alcune traduzioni bibliche dicono consideralo come un estraneo, pagano e peccatore.

I pubblicani (esattori delle tasse) erano persone che non venivano accettate nella comunità ebraica (i credenti) ai tempi di Gesù. Sia i pubblicani che i Gentili dovevano essere evitati, perché erano considerati in ribellione contro Dio. Gesù usa la terminologia di “pagano” e “pubblicano” per illustrare la situazione in cui un fratello pecca contro un altro credente e rifiuta di ascoltare – alla persona offesa, a due o tre altri testimoni e al corpo dei credenti – quindi perde il suo posto nella comunità dei credenti e i discepoli sospendono i normali contatti con lui.

Il passo continua:

In verità vi dico che tutte le cose che voi avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo.6

Un po’ prima, in questo Vangelo, Gesù aveva rivolto queste parole all’apostolo Pietro, quando gli aveva detto che avrebbe costruito la sua chiesa sulla pietra della confessione da lui fatta che Gesù era il Cristo.7 Adesso Gesù parla alla chiesa. “Legare” e “sciogliere” sono interpretati come la dichiarazione di ciò che è proibito o consentito; e in questo contesto è la chiesa che, come ultima risorsa, ha la responsabilità e l’autorità di dire che ciò che il trasgressore ha fatto è proibito o consentito. È sottinteso che la chiesa deve seguire le indicazioni dello Spirito Santo, quindi prenderà decisioni in linea con la volontà divina.

Ora questo Vangelo inizia una breve sezione sulla preghiera che non troviamo negli altri. Gesù dice:

Ancora io vi dico che, se due di voi si accordano sulla terra per domandare qualunque cosa, questa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli.8

Gesù parla di preghiera unitaria, in cui un piccolo gruppo di discepoli presenta le sue richieste a Dio in preghiera. Dice che in simili casi la preghiera sarà esaudita da Dio.

Per esperienza personale sappiamo che non tutte le preghiere fatte da un gruppo di due o tre persone ricevono una risposta. Leon Morris spiega:

Ovviamente c’è il problema che non sempre riceviamo la risposta alle preghiere che ci aspettiamo, unitarie o individuali che siano. Dobbiamo ricordare che ci sono altre condizioni, come: pregare con fede, pregare nel nome [di Gesù], pregare in accordo con la volontà divina e così via. Gesù non specifica qui tutte le condizioni che si applicano alla preghiera, ma rende semplicemente chiaro che Dio è sempre pronto ad ascoltare le preghiere fatte in unità da anche solo due dei suoi piccoli. La preghiera è efficace, non per il numero delle persone che pregano, ma perché la risposta arriva dal “Padre mio che è nei cieli”.9

Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.10

L’idea espressa qui è che anche quando il gruppetto più piccolo possibile si raduna nel nome di Gesù, Lui è presente in mezzo a loro. Nel mio nome potrebbe significare “con Me come motivo per radunarsi” oppure “invocando il mio nome”.11 Quando ci raduniamo come credenti allo scopo di adorare Gesù, Lui è presente. È in mezzo a noi. È un privilegio e una benedizione meravigliosa.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 18,15.

2 Matteo 18,16.

3 2 Corinzi 13,1.

4 1 Timoteo 5,19.

5 Matteo 18,17.

6 Matteo 18,18.

7 Matteo 16,19.

8 Matteo 18,19.

9 Morris, The Gospel According to Matthew, 470.

10 Matteo 1820.

11 Morris, The Gospel According to Matthew, 470.


Pubblicato originariamente in inglese il 7 luglio 2020.