Gesù – la sua vita e il suo messaggio: il sermone sul monte

Dicembre 17, 2016

di Peter Amsterdam

(Puoi leggere lo scopo di questa serie e una sua veduta d’insieme in questo articolo introduttivo.)

Come pregare (parte 2)

[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, How to Pray (Part 2)]

Dopo aver insegnato ai suoi discepoli che la giusta motivazione della preghiera è il comunicare con Dio ed entrare in comunione con Lui, oltre a consigliare loro di evitare preghiere prive di significato e piene di ripetizioni inutili, Gesù propose a loro (e a noi) una preghiera che possiamo usare nei momenti di comunione con Dio.

La sua preghiera, comunemente chiamata “Padre Nostro” o “Preghiera del Signore”, è descritta nel Sermone sul Monte:

Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.1

Anche il Vangelo di Luca ci mostra Gesù che insegna questa preghiera ai suoi discepoli, in circostanze diverse:

Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore; e non ci esporre alla tentazione”».2

Prima di dedicarci al significato della preghiera, ho pensato che potrebbe essere utile presentare alcune informazioni base che ci aiuteranno a capire ciò che Gesù insegnò in questa preghiera.

Due versioni diverse

Il fatto che ci siano due versioni diverse del Padre Nostro ha generato tra gli studiosi biblici opinioni contrastanti su quale sia stata la prima e la più vicina a quello che Gesù aveva insegnato, e se Gesù volesse che la pregassimo esattamente come l’aveva detta. Senza immergerci nella complessità delle differenze, possiamo immaginare che Gesù abbia insegnato questa preghiera più di una volta e che possa averne dato versioni diverse. Le differenze tra le due versioni sono minori e non le mettono in contraddizione tra loro.

Recitare la preghiera o usarla come modello?

Prima di esaminare la Preghiera del Signore frase per frase, come inizieremo a fare dal prossimo articolo, ci sono alcuni punti generali iniziali che vorrei coprire.

Il primo è se Gesù voleva che la preghiera fosse recitata parola per parola o se dovesse essere solo un modello di come pregare. Gesù introdusse la preghiera dicendo con parole quasi uguali in tutte le versioni italiane:

Voi dunque pregate così… – Pregate così… – Voi dunque pregate in questa maniera…3

La differenza d’opinione quindi è se Gesù avesse insegnato ai suoi discepoli a recitare la preghiera così come la diceva Lui, o se stesse insegnando quali aspetti includere in generale nelle nostre preghiere. Gli scolari che ritengono che Gesù insegnasse che la preghiera doveva essere recitata parola per parola, si basano sulla frase di Luca “quando pregate, dite…”,4 interpretandone il significato come se la preghiera dovesse ripetere quelle parole specifiche.

Scot McKnight spiega così questa posizione:

I discepoli si avvicinano a Gesù e gli chiedono di insegnar loro a pregare; gli chiedono di farlo come aveva fatto Giovanni Battista con i suoi discepoli. Le parole successive, però, chiariscono cosa chiedessero e rendono molto più concreta la risposta. Gesù dice loro, e qui traduco più letteralmente per accentuare le sfumature del testo greco: “Quando pregate, recitate questo”. Le parole di Gesù indicano il fatto che pensava gli chiedessero una preghiera prestabilita – un’abitudine molto ebraica – quindi gli dà proprio quello. Poi dice che devono recitarla ogni volta che pregano (forse solo in gruppo, ma probabilmente anche ogni volta che lo facevano individualmente). E la parola “site” può essere tradotta “recitate”.

Questi versetti, quindi, non insegnano tanto “come” pregare, ma cosa dire quando pregano. Gesù si riferisce alla grande tradizione ebraica delle preghiere mandate a memoria e offre una formula nuova, del tipo che va recitato più e più volte come forma di formazione spirituale. Abbiamo il libro dei Salmi perché erano preghiere ritenute valide per la recitazione in pubblico; e abbiamo la Preghiera del Signore come un altro caso di preghiera recitata.5

Leon Morris presenta un’interpretazione diversa:

Se [la preghiera del Signore] doveva essere usata come un modello invece che come una formula rigida, niente è più probabile che dovesse variare alquanto in occasioni diverse. “Così”, o “in questa maniera”, indica che quello che seguiva doveva essere una guida, un modello, piuttosto che una forma fissa di parole. Ciò non significa che il Padre Nostro non possa essere usato bene e nel suo pieno significato esattamente come è scritto, ma ci indica la verità che Gesù ci offre un modello che può essere usato proficuamente per formare altre preghiere.6

R. T. France ha scritto:

A volte viene suggerito che la formula introduttiva in Matteo e Luca indichi concetti diversi della natura della preghiera. Il “quando pregate dite” di Luca [indica] una formula fissa da ripetere, mentre il “pregate così” di Matteo suggerisce un modello da seguire per pregare nella maniera giusta, piuttosto che una formula liturgica. Probabilmente, però, questa è una distinzione troppo artificiale ed è probabile che quando Gesù insegnò queste parole (qualsiasi forma abbiano avuto) sarebbe stato contento che le usassero in un modo o nell’altro. La tradizione cristiana le ha sempre trovate adatte sia alla semplice ripetizione, sia come modello per una preghiera più lunga o come base per la meditazione (o l’insegnamento) sulla preghiera e le sue priorità.7

Sono d’accordo che la preghiera possa servire a entrambi gli scopi. Può essere benissimo recitata parola per parola; può anche fornire alcuni principi che esamineremo nei prossimi articoli e che possono essere applicati alla preghiera in generale ed essere utili nelle nostre preghiere personali.

(Alcuni potrebbero chiedersi se, in generale, recitare delle preghiere scritte sia inferiore al fare preghiere “personali”. Potete ripetere una preghiera scritta e far vostre quelle parole; in tal caso può essere altrettanto sentita di qualsiasi preghiera personalizzata. Vi sono alcune confessioni e denominazioni religiose che hanno libri di preghiere da fare regolarmente durante l’anno. L’importante è che, in qualsiasi modo uno preghi, la preghiera venga dal cuore.)

Un dono speciale8

È generalmente riconosciuto che, con lo sviluppo della chiesa nel secondo secolo, la Preghiera del Signore ha acquistato un posto speciale nei servizi religiosi settimanali, venendo recitata immediatamente prima del sacramento della Comunione. Questa parte del servizio era riservata ai credenti che erano stati battezzati. Quelli che stavano imparando riguardo al Cristianesimo potevano assistere alla prima parte del servizio, ma quando era il momento della Comunione uscivano, lasciando i credenti a recitare la Preghiera del Signore e a ricevere la Comunione. Quelli che volevano essere battezzati imparavano a memoria il Padre Nostro e si univano alla preghiera per la prima volta durante la loro prima Comunione, che avveniva subito dopo il loro battesimo. In seguito lo pregavano ogni giorno come segno della loro identità cristiana. Poiché il privilegio di pregare il Padre Nostro era limitato ai membri battezzati della chiesa, era noto come “la preghiera dei credenti”.

Essendo uno dei tesori più sacri della chiesa, la Preghiera del Signore, insieme alla Cena del Signore, era riservata ai credenti. Poterla fare era un privilegio. Nella chiesa antica la venerazione e la riverenza che circondavano il Padre Nostro erano una realtà. Oggi la preghiera è diventa più normale, ma impararne meglio il significato può farcela apprezzare di più.

Somiglianze con le preghiere ebraiche

La preghiera che Gesù insegnò ai suoi discepoli ha alcune somiglianze con la preghiera ebraica dell’Amidah (nota anche come “le diciotto benedizioni”) che era regolarmente recitata ai tempi di Gesù e continua a esserlo anche oggi dagli Ebrei. Entrambe le preghiere parlano dei bisogni del presente e menzionano il regno di Dio. Entrambe sono intese per l’uso personale e anche comunitario.9

Lingua comune

l’Amidah e le altre preghiere ebraiche erano recitate in ebreo classico, che pochi Ebrei parlavano ai giorni di Gesù. La loro madrelingua era l’aramaico. A quell’epoca nelle sinagoghe le Scritture erano lette prima in ebraico, poi erano ripetute in aramaico perché i fedeli potessero capirle. Lo scrittore Kenneth Bailey dice che

Tra gli studiosi moderni vi è il consenso che la Preghiera del Signore inizia con la parola aramaica abba [padre] e quindi possiamo pensare che Gesù abbia insegnato ai suoi discepoli a pregare nell’aramaico della comunicazione quotidiana, invece che nell’ebraico classico dei testi scritti. Gli Ebrei di lingua aramaica del primo secolo erano abituati a recitare le preghiere in ebraico e non in aramaico.

Prosegue poi dicendo che i musulmani moderni recitano le loro preghiere tradizionali nell’arabo classico del settimo secolo. Sia il Giudaismo sia l’Islam hanno una lingua sacra, la “lingua di Dio”, mentre il Cristianesimo non ce l’ha. Che Gesù abbia insegnato il Padre Nostro nell’aramaico comune dei suoi giorni indicava che per Lui non esisteva una lingua sacra.

Bailey continua:

Quando Gesù fece quel passo enorme di sostenere l’aramaico come lingua accettabile per la preghiera e il culto, aprì le porte all’estensione del Nuovo Testamento in greco (e non in ebraico) perché fosse poi tradotto in altre lingue. Ne consegue che se non esiste una lingua sacra, non esiste nemmeno una cultura sacra. Tutto ciò è una conseguenza naturale dell’incarnazione. Se la Parola si traduce dal divino all’umano e diventa carne, allora si apre una porta perché quella Parola sia di nuovo tradotta in altre culture e altre lingue. […] I credenti sono quindi in grado di arrivare alla presenza di Dio usando la lingua del cuore.10

Padre

Nei Vangeli Gesù si riferisce ripetutamente a Dio come Padre; nella Preghiera del Signore insegna ai suoi discepoli a chiamare Dio “Padre”. Per alcuni, chiamare Dio “Padre” può suonare offensivo, perché ritengono che sostenga il concetto del patriarcato e della sottomissione delle donne. Invocano così la cancellazione di tutti i riferimenti a Dio come Padre. Nel libro di Charles Talbert Reading the Sermon on the Mount [Leggendo il Sermone sul Monte], ho trovato una buona spiegazione del motivo per cui Dio è chiamato Padre; ne citerò qui alcune parti, mentre altre le riassumerò.

Ci sono due punti di vista diversi sul linguaggio religioso nelle chiese cristiane d’oggi. Il primo è una punto di vista relazionale, il secondo è politico. Il punto di vista relazionale presume che il linguaggio religioso provenga da un rapporto continuo tra Dio e il suo popolo. È simile al linguaggio usato nei rapporti umani. Una persona può parlare del suo rapporto con Dio usando termini che hanno somiglianze con il tipo di espressioni che uno userebbe per parlare dei suoi rapporti con un’altra persona; è noto come “linguaggio confessionale”. Per esempio, un Cristiano può parlare del ruolo che ha Gesù nella loro relazione, come “Gesù è il mio Signore” (come in un rapporto umano uno potrebbe dire “Maria è mia moglie” o “Giorgio è mio amico”). Un Cristiano può anche parlare di se stesso in termini di rapporto: “Non sono il tipo di persona che ero prima di conoscere Cristo. Sono cambiato”. (Uno potrebbe dire lo stesso di Maria o di Giorgio.) Allo stesso modo uno può parlare della natura del rapporto tra di loro: “Dio dona la sua grazia ed io rispondo a essa”. Questo è il linguaggio religioso confessionale. Confessa quello che il Cristiano comprendere essere il ruolo di Gesù nel loro rapporto, quello che è successo a causa del rapporto e la natura del rapporto.

Vedere il linguaggio religioso come politico presume che esso abbia origine come proiezione dell’organizzazione dei rapporti umani e terreni sullo schermo del cielo, quindi qualsiasi cambiamento nell’ordine sociale umano ne esige uno corrispondente nel modo in cui si parla del mondo celeste. Da questo punto di vista, se si parla di Dio con termini mascolini, come Padre, la si considera una proiezione sul cielo di un sistema sociale patriarcale esistente a livello umano. Presume che l’identificazione di Dio come padre sia un riflesso del mondo patriarcale in cui fu scritta la Bibbia. Presume che la Bibbia sia stata scritta dagli uomini e di conseguenza Dio sia stato raffigurato come un maschio.

Il punto di vista relazionale del linguaggio religioso presume che la divinità trascenda la sessualità, che Dio non sia né maschio né femmina. Nella Bibbia, comunque, si parla di Dio in termini di genere. A volte in termini femminili:

Griderò come una donna che ha le doglie di parto…11 Può una donna dimenticare il bambino lattante e non aver compassione del figlio delle sue viscere? Anche se esse dovessero dimenticare, io non ti dimenticherò.12 Come una madre consola il proprio figlio, così io consolerò voi…13E Gesù disse: Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali…14

Ogni volta in cui si parla di Dio in termini femminili, è sempre attraverso una similitudine, un confronto tra due cose. Dio è paragonato a una madre, ma non è mai chiamato “Madre”.

In altri punti delle Scritture, si parla di Dio in termini maschili, anche qui con una similitudine:

L’Eterno avanzerà come un eroe, ecciterà il suo ardore come un guerriero…;15 oltre che come una metafora, un paragone: Tu, o Eterno, sei nostro padre, nostro Redentore, da sempre è il tuo nome.16 O Eterno, tu sei nostro padre; noi siamo l’argilla e tu colui che ci formi; noi tutti siamo opera delle tue mani.17

Gesù pregò; Abba, Padre.18 Nella Bibbia, Dio è paragonato a un maschio (una similitudine) e ci si rivolge anche a Lui come Padre (una metafora).

Perché nelle Scritture a volte si dice che Dio è come una madre, ma non è chiamato madre, mentre Dio è come un padre, ma è anche chiamato padre? Ci sono due motivi principali.

Il primo ha a che fare con la nostra comprensione di chi è Dio in rapporto alla sua creazione. Dio, onnipotente e al di sopra della creazione, creò tutte le cose dal nulla, quindi è distinto dall’universo. Alcune religioni o sistemi filosofici la vedono in maniera diversa – considerano che Dio e la creazione siano la stessa cosa, oppure che la creazione sia parte di Dio. In termini generici, i sistemi di pensiero che vedono Dio come un essere non distinto dalla creazione rientrano nella categoria del panteismo.

A partire dalla Genesi e in tutte quante le Scritture, si parla di Dio come esistente al di sopra e indipendentemente dalla creazione. Se nelle Scritture Dio fosse chiamato “Madre”, si potrebbe fraintendere la trascendenza di Dio. Nell’antichità, chiamare il Creatore “Madre” sarebbe stato come interpretare la creazione come un processo di generazione, quindi l’universo con tutto il suo contenuto sarebbe stato una parte di Dio; ciò avrebbe significato che l’universo è divino (panteismo) invece che creato da Dio (teismo).

Dio si rivelò agli scrittori del Vecchio Testamento come uno Spirito, quindi né maschio né femmina. Si rivelò comunque metaforicamente come maschio, per mantenere la sua “diversità” ed evitare la percezione che il mondo fosse stato “partorito” invece che creato. Questo ci permette di far riferimento a Lui come a un Essere personale senza fraintendere il suo rapporto con la creazione.

Un altro motivo per chiamare Dio Padre nasce da come lo chiamò Gesù. Nei Vangeli, non solo parlò di Dio come Padre,19 ma si rivolse anche a Lui come Padre. Espresse il suo rapporto con Dio usando il concetto di un Padre amorevole che si prende cura dei suoi figli e li ama profondamente, e invitò i suoi discepoli ad avere un rapporto amorevole con suo Padre. Indicò anche chiaramente che Dio è Spirito20 e quindi non ha un sesso, ma si riferì al suo rapporto con Dio usando il concetto di Padre, chiamò Dio suo Padre e invitò i suoi discepoli a fare altrettanto. Quindi questo è un concetto per comprendere la personalità di Dio e non l’affermazione di un genere. Se l’esperienza di qualcuno con il proprio padre gli rende difficile chiamare Dio Padre, ci sono altre espressioni per indirizzarsi a Lui, come Signore, Dio, Onnipotente, Creatore e così via.21

La dossologia

L’ultima frase della Preghiera del Signore in Matteo, che dice: “Perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen” 22 appare in alcune ma non in tutte le traduzioni della Bibbia. È una dossologia che non si trova nei manoscritti più antichi, ma sembra essere stata inclusa in alcuni manoscritti verso la fine del secondo secolo.23 Una dossologia è una breve espressione di lode a Dio, che spesso appare alla fine di una preghiera nelle Scritture. In genere cita chi viene lodato, esprime alcune parole di lode e a volte si conclude con un riferimento temporale, come “in eterno”. Alcuni esempi di dossologia nel Nuovo Testamento sono:

Or a colui che può, secondo la potenza che opera in noi, fare smisuratamente al di là di quanto chiediamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen.24

Or al Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio sapiente, sia onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.25

A lui, che ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue, e ci ha fatti re e sacerdoti per Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen.26

Poiché nel Cristianesimo il Padre Nostro fu usato molto presto nei servizi di culto, si ritiene che la dossologia “Perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen” sia stata aggiunta alla preghiera nei manoscritti successivi. Alcune traduzioni includono queste parole nel testo, ma le mettono in corsivo o tra parentesi o vi aggiungono una nota per chiarire che non erano incluse nei primi manoscritti delle Scritture. Altre traduzioni non includono queste parole nel testo, preferendo metterle in una nota con una spiegazione. Anche se sembra che la dossologia sia stata aggiunta in seguito, quando prego il Padre Nostro la includo, perché è in accordo con il rendere gloria a Dio ed è una stupenda conclusione di questa bella preghiera.

(Continua)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 6,9–13 CEI2008.

2 Luca 11,1–4 NR.

3 Matteo 6,9: NR, CEI, LND, BdG.

4 Luca 11,2.

5 McKnight, Sermon on the Mount, 174.

6 Morris, The Gospel According to Matthew, 143.

7France, The Gospel of Matthew, 241–242.

8 Questo punto è tratto da: Jeremias, The Prayers of Jesus, 85.

9 Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes, 94.

10 Ibid., 95.

11 Isaia 42,14.

12 Isaia 49,15.

13 Isaia 66,13.

14 Luca 13,34.

15 Isaia 42,13.

16 Isaia 63,16.

17 Isaia 64,8.

18 Marco 14,36.

19 Marco 13,32.

20 Giovanni 4,24.

21 Talbert, Reading the Sermon on the Mount, 113–15.

22 Matteo 6,13.

23 Carson, Jesus’ Sermon on the Mount and His Confrontation with the World, 76.

24 Efesini 3,20–21.

25 1 Timoteo 1,17.

26 Apocalisse 1,5–6.


Pubblicato originariamente in Inglese il 4 luglio 2016.