Il gioco della compassione

Giugno 9, 2018

di Maria Fontaine

[The Compassion Game]

Viene naturale fare supposizioni sulle persone. Purtroppo, spesso tendiamo a farlo in maniera negativa. Personalmente, ho visto com’è facile farlo, e prego continuamente che il Signore mi blocchi al mio primo pensiero con qualsiasi tipo di sentimento critico o presuntuoso nei confronti di altri. Sappiamo tutti che secondo le Scritture è sbagliato pensare agli altri in questo modo. Non rispecchia il carattere di Gesù. Quando permettiamo a questo tipo di pensieri di influenzarci, le nostre percezioni spesso sono molto inaccurate. Oppure, anche se sono tecnicamente accurate, possono essere ingenerose o superficiali, o non prendere in considerazione tutti i fattori dietro al motivo per cui una persona agisce o reagisce in un certo modo.

Penso che questa debolezza umana di presupporre il lato negativo o di trarre conclusioni pessimistiche indichi l’importanza di sforzarci in maniera attiva e continua di avere la mente di Cristo. Molti di noi devono fare uno sforzo consapevole per evitare di cadere nella normalità delle tendenze negative. Spesso pensiamo di conoscere la situazione e di poterla valutare correttamente. Anche se scopriamo più volte di esserci sbagliati e che le cose non stanno così, possiamo lo stesso cadere nella trappola di pensare di sapere, mentre la verità è che vediamo solo una parte della piena realtà dei fatti.

Possiamo sapere cosa c’è nella testa o nel cuore di un altro? Possiamo guardargli dentro e leggere i particolari più privati della sua vita? Ovviamente non è possibile. Tutto quello con cui possiamo lavorare è il piccolo spettro d’informazione di cui siamo a conoscenza.

Quando i motivi di una persona sono ignoti e noi non siamo d’accordo con le sue azioni o le sue prospettive, oppure ci prendono per il verso sbagliato, è facile concludere che molto probabilmente quei motivi sono più sbagliati che giusti. Questa prospettiva porta a giudizi sbagliati. Tuttavia, quando guardiamo Gesù e lasciamo che sia Lui a guidare i nostri pensieri, il suo amore ci fornisce quell’“occhio spirituale” in più. Può mostrarci le cose come le vede Lui.

Sappiamo che criticare i fratelli e gli altri è sbagliato. Sappiamo che dispiace a Dio ed è contrario alla sua Parola. Comunque, come disse l’apostolo Paolo: “Quello che voglio fare non lo faccio, invece quello che non voglio fare lo faccio”.1

Vincere la nostra natura peccatrice, che molto spesso è in opposizione alla verità della parola di Dio, è un processo continuo. Spesso ci vuole moltissimo tempo per eliminare le prospettive radicate dentro di noi. Oltre alle nostre tendenze naturali e connaturate, anche l’essere immersi in questo mondo ci ha influenzato con atteggiamenti che dobbiamo riallineare con la mente e il cuore di Gesù. Fa parte del “sottomettere ogni pensiero all'ubbidienza di Cristo”.2

Penso che possiamo tutti ricordare alcuni momenti in cui le nostre parole sono state giudicate dagli altri in maniera errata o ingiusta e i nostri sforzi sinceri sono stati rifiutati a causa di sospetti o atteggiamenti preconcetti. Ci fa male. Può essere molto scoraggiante. O possiamo ricordare quando una cosa che abbiamo detto o fatto è stata solo un tentativo goffo e maldestro di essere capiti, amati o riconosciuti, ma altri ci hanno giudicato come se stessimo cercando intenzionalmente di ferire loro o qualcun altro. Se sappiamo come ci si sente, forse dovremmo guardare gli altri e renderci conto che anche loro potrebbero sentirsi allo stesso modo. In quel caso abbiamo l’opportunità di contribuire ad alleviare il loro dolore.

Indipendentemente da che la persona che critichiamo abbia ragione o torto, noi siamo nel torto quando ci lasciamo influenzare da uno spirito critico. Io son stata colpevole di giudizi impulsivi sulle persone e spesso quei giudizi si sono rivelati sbagliati.

Perciò ho cominciato ad andare all’attacco per passare da un’abitudine negativa a quella positiva di chiedere cosa ne pensa il Signore di una situazione. Lui è stato fedele a farmi vedere quando ricado nel mio modo di pensare naturale. Mi ricorda di farne una specie di gioco, di pensare a possibili scenari o motivi per cui quello che a me sembra negativo potrebbe in realtà essere un’invocazione d’aiuto da parte di qualcuno. Forse con la guida del Signore potrei soddisfare quel bisogno in qualche modo. L’aiuto che posso offrire a volte potrebbe essere principalmente mediante la preghiera, ma ciò non significa che sia meno potente.

Immaginate una madre spazientita che sgrida i suoi figli. È facile vederla ed etichettarla come “una cattiva madre”. Se però fosse una madre molto attenta e affettuosa, ma avesse un terribile mal di testa? I suoi tre figli stanno litigando e lei perde la pazienza, non perché sia cattiva o crudele, ma perché è stata sveglia metà della notte con il bebè e non sa cos’altro fare se non alzare la voce per farsi sentire al di sopra del loro battibecco.

La Bibbia ci ammonisce di pensare alle cose buone, alle cose di buona fama, a quelle belle, positive e amorevoli, e di usare compassione e misericordia invece di presumere il peggio.3

Ho scoperto che più ho fatto questo piccolo esercizio di permettere al Signore di guidare i miei pensieri verso il bene, più mi sono convinta che sia un’azione necessaria in qualsiasi situazione perché diventi una vera abitudine.

Un altro modo per sviluppare questa abitudine di vedere il lato positivo è mettere in pratica quello che qualcuno una volta ha detto molto saggiamente: “Quando devi insegnare una cosa, la impari meglio anche tu”.

Come genitori e nonni, possiamo usare come opportunità d’insegnamento le esperienze che facciamo quando siamo con i figli e i nipoti. Potreste udire i bambini criticare qualcuno, dicendo: “Quel ragazzo non gioca mai con noi quando facciamo qualche sport. Sembra cattivo. Forse fa parte di una banda”.

A quel punto potreste rispondere suggerendo che forse ha qualche grosso problema di cui loro non sanno niente; forse ha dei problemi in famiglia o forse i suoi genitori sono divorziati e lui fa fatica ad accettarlo. È possibile che non sia per niente cattivo, ma triste e solo.

O potrebbe essere preoccupato per uno dei suoi familiari che è molto ammalato. Magari vuole farsi degli amici, ma la sua mente è piena di preoccupazioni, tanto che gli è quasi impossibile anche solo sorridere, tanto meno divertirsi. Potrebbe esserci un numero qualsiasi di questioni, timori o problemi che lo preoccupano e lo scoraggiano, mentre interiormente potrebbe essere una bella persona. Invece di dar loro immediatamente le possibili “risposte”, potreste coinvolgerli nel “gioco”, chiedendo loro se riescono a pensare a qualcosa che potrebbe farlo agire in quel modo.

Magari siete con i bambini piccoli e li sentite dire: “Guarda quella ragazza, ha tutte quelle macchie e quei brufoli sulla faccia. Mi sembra proprio brutta”.

Potreste rispondere: “Forse dovremmo pensare a come ci sentiremmo se noi se avessimo lo stesso problema. So che a me non piace che le persone facciano notare cose imbarazzanti che mi riguardano. Sono sicura che non piace neanche a voi”. (Potreste anche usare le vostre esperienze personali e dire: “Ho avuto anch’io dei problemi simili quando ero giovane ed era una cosa molto triste perché pensavo che nessuno volesse essere mio amico”).

Poi, se fosse necessario, potreste presentare qualche possibile motivo per la sua condizione. Potreste spiegare che forse è una cosa che la affligge già da qualche tempo ed è difficile per lei. Oppure potreste aiutarli a capire la ragazza, spiegando che probabilmente si sente imbarazzata e timida con le persone nuove e non vuole nemmeno farsi vedere. E forse non può fare molto per cambiare la situazione. “T’immagini come ti sentiresti tu?”

Potreste aggiungere. “Secondo te, cosa potremmo fare per lei? L’aiuterebbe se evitassimo di additarla, fissarla o prenderla in giro? Potremmo anche chiedere a Gesù di incoraggiarla facendole sapere che le vuole bene, perché è vero. Forse, ogni volta che il Signore ce la riporta in mente, potremmo pregare che la incoraggi e migliori la sua carnagione”.

Insegnare ai bambini a giocare a quello che mi piace chiamare “il gioco della compassione” non solo dà al Signore l’opportunità di far sviluppare dentro di loro un cuore tenero per gli altri, ma insegna anche umiltà e comprensione, oltre a come usare la preghiera per fare la differenza nella vita degli altri. Sono qualità molto importanti e ne avranno bisogno man mano che imparano a seguire Gesù. Se si abituano a fare il gioco della compassione, saranno più felici, amorevoli e comprensivi, e pregheranno di più.

Potrebbero perfino insegnarlo ai loro amici e più tardi ai loro figli. Chissà quanto può allargarsi la cosa! Può influenzare per il bene la loro vita e quella degli altri. Forse alcuni di voi lo stanno già facendo e hanno scoperto che i bambini si divertono perché è quasi un indovinello, la ricerca di risposte positive. Possono chiedere a Gesù di mostrar loro altre cose sulla persona per cui pregano.

Può aiutarli a maturare, insegnando loro a essere più attenti agli altri e a vedere le soluzioni invece dei problemi. Può contribuire a prepararli ad affrontare la vita e a trattare gli altri come vorrebbero essere trattati anche loro; e perfino a vedere in modo positivo le proprie difficoltà e i propri difetti. Può aiutarli a imparare a chiedere a Gesù di aiutare gli altri, oltre a dare delle risposte anche a loro.

Gesù può mostrarvi come fare questo gioco della compassione anche oggi. Potete cominciare da soli, ma come tutto ciò che ha a che fare con il nostro Salvatore, le benedizioni e i benefici aumentano ancora di più quando condividiamo le lezioni che abbiamo imparato con gli altri, bambini o adulti che siano. Dio vi benedica!


1 Romani 7,15.19.

2 2 Corinzi 10,5.

3 Filippesi 4,8; Romani 9,15.


Pubblicato originariamente in Inglese il 28 ottobre 2017.