Le storie raccontate da Gesù: il giudice iniquo, Luca 18,1-8
Febbraio 2, 2014
di Peter Amsterdam
Le storie raccontate da Gesù: il giudice iniquo, Luca 18,1-8
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La parabola del giudice iniquo, spesso chiamata la storia della vedova importuna, è una parabola sulla preghiera. A volte è definita una “gemella” della parabola dell’amico a mezzanotte, perché entrambe contengono diversi punti simili. Tradizionalmente, sono viste entrambe soprattutto come un insegnamento sulla perseveranza nella preghiera. La parabola del giudice iniquo parla effettivamente di preghiera, tuttavia, a uno sguardo più attento risulta che Gesù ci stava anche dicendo qualcosa sul modo di essere di Dio quando si tratta di ascoltare ed esaudire le nostre preghiere. Cominciamo con il leggere la parabola, che troviamo nel diciottesimo capitolo di Luca:
Poi propose loro ancora una parabola, per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi, dicendo: «C'era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto per alcun uomo. Or in quella stessa città c'era una vedova che andava da lui, dicendo: "Fammi giustizia del mio avversario". Per un certo tempo egli si rifiutò di farlo, ma poi disse fra sé: "Anche se non temo Dio e non ho rispetto per alcun uomo, tuttavia, poiché questa vedova continua a infastidirmi, le farò giustizia perché a forza di venire, alla fine non mi esaurisca"». E il Signore disse: «Ascoltate ciò che dice il giudice iniquo. Non vendicherà Dio i suoi eletti che gridano a lui giorno e notte. Tarderà egli forse a intervenire a loro favore? Sì, io vi dico che li vendicherà prontamente. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»[1]
Cominciamo dai due personaggi della storia.
Il giudice
Il giudice della parabola non è una persona onesta. Gesù lo descrive come un uomo che non teme Dio né rispetta gli altri. Il timore di Dio era associato alla saggezza, tuttavia questo giudice non ne ha. Non accetta l’autorità divina e non presta molta attenzione alle opinioni degli altri.[2] Di conseguenza le persone non possono appellarsi a lui dicendo: “Per amor di Dio, giudichi in mio favore”, perché è privo di timore di Dio e non gli importa quel che la gente pensa di lui. Non ha senso dell’onore. Non prova vergogna. La richiesta fatta “per amore di questa vedova bisognosa” non ha alcun effetto su di lui.
Il Talmud, che contiene le opere del giudaismo rabbinico ed esprime le opinioni degli antichi rabbini, parla di alcuni giudici disposti a ostacolare il corso della giustizia per un piatto di carne. Alcuni erano chiamati “giudici-ladri” per come stravolgevano il giudizio.[3]
Gesù utilizza il caso estremo del giudice iniquo, un uomo privo di scrupoli morali che non prova vergogna davanti alla comunità, per indicare che la vedova, una delle persone più vulnerabile in Israele, probabilmente non otterrà giustizia da lui.
Ora vediamo la situazione della vedova.
La vedova
Nella Palestina del primo secolo e in tutto il Vecchio Testamento le donne rimaste vedove potevano essere estremamente vulnerabili. Erano considerate un simbolo della persona innocente, inerme e oppressa.[4] La Bibbia ammonisce che le vedove non devono essere maltrattate; nel caso in cui lo siano, dice che Dio darà ascolto al loro pianto, perché è il protettore delle vedove. Chiunque perverta la giustizia nei confronti di una vedova è maledetto.
Non opprimerai alcuna vedova, né alcun orfano. Se in qualche modo li opprimi ed essi gridano a me, io udrò senza dubbio il loro grido.[5]
Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora.[6]
"Maledetto chi lede il diritto dello straniero, dell'orfano e della vedova!"[7]
Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova.[8]
Nell’Israele del primo secolo una donna che perdeva il marito si trovava in una posizione molto vulnerabile. Non solo perdeva il suo protettore naturale, ma la sua posizione nella società. Gesù indicò la vulnerabilità di una vedova quando parlò di scribi che divorano le case delle vedove,[9] probabilmente riferendosi a qualche tipo di sfruttamento economico.[10]
Dato che la vedova presenta il suo caso a un giudice invece che a un tribunale, può darsi che abbia a che fare con una questione finanziaria, un credito, una promessa o una parte dell’eredità negatale.[11] Può darsi che abbia in corso una causa contro uno degli eredi della proprietà di suo marito, o forse sta venendo sfrattata da casa, come a volte succede alle vedove. Anche se una vedova non ereditava la proprietà del marito, aveva diritto al mantenimento dall’usufrutto dei beni da lui lasciati e poteva vivere nella sua casa finché restava vedova.[12] Comunque, se rimaneva nella famiglia del marito, aveva una posizione inferiore, quasi quella di una serva. Se tornava dalla sua famiglia, il denaro dato a suo padre al momento del matrimonio doveva essere restituito alla famiglia di suo marito.[13]
Dato che a quell’epoca le donne si sposavano a tredici o quattordici anni, la vedova della storia poteva essere piuttosto giovane. Il fatto che si fosse rivolta a un giudice indica che probabilmente non aveva un figlio, un fratello o un altro parente maschio che parlasse in sua difesa, perché se l’avesse avuto, probabilmente lui si sarebbe presentato al giudice al suo posto.
Dal contesto della storia si capisce che la vedova è nel giusto. Sta cercando quello che è giustamente suo. I discepoli a cui fu raccontata originariamente questa parabola si sarebbero resi conto che la donna era indifesa e non aveva nessuno che prendesse le sue parti. Non aveva denaro da offrire sottobanco. La sua unica difesa era l’insistenza.
Avrebbero anche capito che la donna stava agendo in maniera insolita. In quanto vedova, ci si sarebbe aspettato che si comportasse da vittima inerme. Invece si assume la responsabilità della propria situazione. Entra in un mondo di soli uomini presentandosi al giudice e, quando viene respinta, si dimostra perseverante.[14]
La parabola
All’inizio della parabola, Luca, l’autore del Vangelo, spiega il suo argomento.
Poi propose loro ancora una parabola, per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi.[15]
Come vedremo in seguito, questa frase iniziale che precede dalla parabola fu rivolta ai discepoli da Gesù nel contesto della Parusia, termine teologico che indica la seconda venuta di Gesù.
«C'era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto per alcun uomo. Or in quella stessa città c'era una vedova che andava da lui, dicendo: "Fammi giustizia del mio avversario".»[16]
Vediamo una vedova, indifesa ma coraggiosa, presentarsi davanti al giudice iniquo. Gli chiede di accettare la sua querela, di farle giustizia contro il suo avversario. Chiaramente non è la prima volta che lo fa. È tornata più volte e per qualche tempo lui l’ha respinta, rifiutando di aiutarla.
«Per un certo tempo egli si rifiutò di farlo, ma poi disse fra sé: "Anche se non temo Dio e non ho rispetto per alcun uomo, tuttavia, poiché questa vedova continua a infastidirmi, le farò giustizia perché a forza di venire, alla fine non mi esaurisca"».[17]
Alla fine il giudice capisce che la vedova non smetterà di chiedere giustizia, non si arrenderà, e questo lo irrita e lo infastidisce. Ammette di non curarsi di cosa pensino Dio o gli uomini, ma lo infastidisce la sua insistenza costante. Decide di farle giustizia, non per bontà o compassione da parte sua, e nemmeno perché è la cosa giusta da fare. Prende la sua decisione perché è stufo dell’importunità della donna. Si preoccupa che finirà per stancarsi ed esaurirsi a causa delle sue continue suppliche.
La parola tradotta con “esaurire”, o in altre traduzioni “rompermi la testa” o “stancarmi”, viene da un termine greco che significa letteralmente “fare nero e blu”, “pestare” (specialmente negli occhi), in altre parole “fare un occhio nero”. Alcuni commentatori dicono che il giudice aveva paura che la vedova lo assalisse fisicamente per la frustrazione. La maggior parte, però, ritiene che fosse una metafora, che l’avrebbe esaurito completamente con il suo continuo venire a chiedere giustizia.
Anche se non lo dice specificamente — e qui dobbiamo ricordare che per la loro stessa natura le parabole danno pochi dettagli e gli ascoltatori devono colmare le lacune — è possibile che il giudice si aspettasse una tangente. Forse ne aveva già ricevuta una dall’avversario della donna e continuava a respingerla proprio per quello. Ma a causa della sua insistenza inaspettata e delle sue continue richieste di giustizia, alla fine decide di deliberare in suo favore. In poche parole, lo sta esaurendo “a forza di venire”. La frase greca usata per “a forza di venire” è tradotta meglio con “venire continuamente”, dove “continuamente” suggerisce l’andare avanti eternamente. Un autore la definisce una “guerra d’attrito”,[18] un’erosione continua della resistenza del giudice con le sue suppliche continue. Il giudice conclude che la donna non si arrenderà mai, così è lui a cedere.[19]
Uno scrittore occidentale, scrivendo intorno al 1890, descrisse un’esperienza fatta in Iraq, che potrebbe aiutarci a visualizzare ciò di cui parlava Gesù in questa parabola.
Ero nell’antica città di Nisibis, in Mesopotamia. Immediatamente dopo le porte d’ingresso alla città, da un lato c’era la prigione, con sbarre alle finestre, attraverso le quali i carcerati spingevano le braccia implorando un’elemosina. Sul lato opposto c’era una grande sala aperta, il tribunale della città. In fondo, su una pedana leggermente sopraelevata, stava il Cadì, il giudice, mezzo sepolto nei cuscini. Intorno a lui erano accovacciati diversi segretari e altri notabili. Nel resto della sala si affollava la gente e una dozzina di persone gridavano contemporaneamente, ognuna rivendicando di essere ascoltata per prima. I litiganti più cauti non si univano alla baraonda, ma comunicavano con i segretari sussurrando, passando tangenti, chiamate eufemisticamente commissioni, nelle mani di questo o quello. Quando l’avidità dei sottoposti era soddisfatta, uno di loro si rivolgeva al Cadì, che immediatamente convocava la causa in questione. Sembrava scontato che il giudizio sarebbe andato a favore della parte che aveva pagato di più. Nel frattempo, però, una povera donna ai margini della folla continuava a interrompere i procedimenti invocando giustizia ad alta voce. Fu invitata aspramente a fare silenzio e seccamente le fu ricordato che si presentava lì ogni giorno. “E continuerò a farlo”, gridò lei, “Finché il Cadì non mi darà retta!” Dopo un po’, alla fine di un procedimento, il giudice chiese spazientito: “Cosa vuole quella donna?” Gli spiegarono la sua storia: il suo unico figlio era stato preso come soldato e lei era rimasta sola; non poteva coltivare il suo pezzo di terra, ma l’esattore l’aveva costretta a pagare le tasse, dalle quali sarebbe dovuta essere esente, in quanto vedova e sola. Il giudice fece qualche domanda, poi disse: “Sia esentata dalle tasse”. Così la sua perseveranza fu ricompensata. Se avesse avuto i soldi per pagare uno dei segretari, forse sarebbe stata esentata molto prima.[20]
Questo racconto, con le sue similarità, ci fa capire meglio quale potrebbe essere stata la situazione della vedova della parabola.
Poi Gesù arriva al cuore della questione, al punto che sta cercando di far capire:
E il Signore disse: «Ascoltate ciò che dice il giudice iniquo. Non vendicherà Dio i suoi eletti che gridano a Lui giorno e notte. Tarderà Egli forse a intervenire a loro favore?»[21]
Gesù attira l’attenzione di tutti su ciò che dice il giudice, poi sottolinea il suo punto: quando preghiamo, le nostre parole non sono rivolte a un giudice iniquo che non si cura di nessuno e che risponde alle suppliche continue della donna soltanto per un motivo egoista. Noi invece presentiamo le petizioni a nostro Padre, che ci ama e risponde alle suppliche di chi si rivolge a Lui in preghiera.
Questa parabola parla della necessità di pregare e di non scoraggiarci se le nostre preghiere non ricevono una risposta immediata. La perseveranza in preghiera è uno dei punti della parabola; ma c’è di più.
Luca colloca questa parabola subito dopo un discorso di Gesù sul ritorno del Figlio dell’Uomo.
Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete».[22]
Gesù dice ai suoi discepoli che verrà il momento in cui desidereranno vedere il giorno del suo ritorno, ma non lo vedranno. Poi spiega cosa succederà prima della sua venuta, che sarà come nei giorni prima del Diluvio e nei giorni di Lot, prima che il giudizio cadesse sugli uomini. Si mangiava e si beveva, si comprava e si vedeva, si piantava e si costruiva, finché improvvisamente giunse il giudizio. I credenti desidereranno vedere il Figlio dell’Uomo, ma la vita continuerà come al solito; quando però verrà quel giorno, il giudizio sarà rapido.[23]
Poi Luca comincia la storia del giudice e della vedova, che abbiamo letto prima, cominciando dal primo versetto:
Poi [Gesù] propose loro ancora una parabola, per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi.
Il contesto della parabola è la speranza inappagata della venuta del Figlio dell’Uomo. Il punto è che i credenti non dovrebbero stancarsi, o scoraggiarsi, nell’attesa dell’adempimento delle promesse divine, ma che, mentre aspettiamo, dovremmo continuare a pregare con fede, sapendo che Dio non mancherà di rispondere. Come disse Gesù:
Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti?[24]
Nel contesto del ritorno del Figlio dell’Uomo, Dio renderà giustizia al suo popolo nel giorno che riterrà opportuno. La parola greca tradotta con “giustizia”, in altri punti del Nuovo Testamento è tradotta con “vendetta”,[25] “punizione”[26] e “punire i malfattori”.[27] Gesù sta dicendo qui che Dio vendicherà il suo popolo e punirà quelli che fanno il male. Il momento della ricompensa per i credenti e del giudizio per i malfattori arriverà. Mentre aspettiamo, è nostra responsabilità pregare e confidare, senza arrenderci, scoraggiarci o esaurirci, che sono altre definizioni del termine greco tradotto con “stancarci”.
Gesù continua dicendo:
Io vi dico che renderà giustizia con prontezza.
Dio risponderà con il ritorno di Gesù alle preghiere che i suoi figli hanno fatto nel corso dei secoli per avere giustizia. Quando Egli verrà, renderà giustizia molto in fretta.
Poi Gesù pone una domanda importante:
Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?[28]
E su questo vale la pena di riflettere. Quando Gesù tornerà, troverà persone di fede, che hanno perseverato, che hanno confidato e ubbidito? Scoprirà che noi cristiani gli siamo rimasti fedeli?
Gesù raccontò questa parabola ai suoi discepoli prima di arrivare a Gerusalemme, poco prima di essere arrestato, processato e crocefisso. I suoi discepoli stavano per affrontare momenti pericolosi e stava dicendo loro di pregare e non scoraggiarsi.
Dopo la risurrezione e l’ascensione al cielo di Gesù, i discepoli si aspettavano che Egli tornasse presto. Anche Paolo condivideva questa speranza. Nel libro dell’Apocalisse, l’apostolo Giovanni vide le anime di quelli che erano stati uccisi per la Parola di Dio che gridavano: “Fino a quando aspetterai per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?” Al che Dio dice loro di riposare ancora un po’ di tempo.[29]
I cristiani di tutte le epoche hanno desiderato vedere il ritorno di Gesù, il ritorno del Figlio dell’Uomo. Qui Gesù dice che avverrà. Dio renderà giustizia ai suoi eletti, a quelli che lo invocano giorno e notte; quando giungerà, il giudizio sarà rapido.
Gesù chiese se al suo ritorno troverà fede sulla terra. Questo ci fa capire che riconosce la nostra umanità; sa che la nostra fede è messa alla prova nei momenti di tribolazione. Collegando questo fatto alla preghiera, vuole indicare che la nostra capacità di restare fedeli è legata alla nostra fedeltà nel pregare e deporre la nostra fiducia in Dio.
Anche se questa parabola riguarda in parte il fatto che Dio renderà giustizia al suo popolo, possiamo ricavarne altri punti riguardanti la preghiera e la natura divina.
Al contrario del giudice, che risponde solo quando non ne può più di sentire la donna, Dio ascolta le nostre preghiere e risponde, non perché gli diamo fastidio, ma perché ci ama.
Dobbiamo essere insistenti nella nostra vita di preghiera. Ciò significa essere tenaci e risoluti nella preghiera, pregare regolarmente e continuare a farlo con fede anche se non riceviamo subito una risposta. Proprio come quella donna si presentò con decisione davanti al giudice, anche noi dobbiamo presentarci risolutamente al Signore in preghiera.
Come ci viene detto nella parabola dell’amico a mezzanotte:
Perciò vi dico: Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa.[30]
Il chiedere, cercare e bussare in questi versetti può essere interpretato come un continuare a fare queste cose.[31] I supplicanti sono fedeli a presentare regolarmente le loro richieste a Dio.
Allo stesso tempo, Gesù ammonì i suoi discepoli a non essere come i pagani che “usano inutili ripetizioni” e “pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole”, [32] o come gli scribi che “per mettersi in mostra, fanno lunghe preghiere”.[33] Gesù non richiede preghiere lunghe o ripetitive. L’importante è che le nostre preghiere siano una sentita comunicazione con un Padre che ci ama.
L’idea della perseveranza nella preghiera non significa cercare di stancare Dio con le nostre ripetute richieste. Dobbiamo presentargliele con fede e fiducia, sapendo che ci ama come un padre ama un figlio e che ci darà quello che gli chiediamo se è una cosa buona per noi e se rientra nella sua volontà. Detto questo, dovremmo capire che non sempre la perseveranza nella preghiera ha come risultato una risposta divina esattamente come la vogliamo.
Se le nostre preghiere non ricevono una risposta immediata, non dovremmo perdere la fede. Ci viene detto di non stancarci, di non scoraggiarci. Gesù ci spiega di continuare con fede e sicurezza, sapendo che Dio è un giudice onesto e generoso, un padre amorevole che risponderà secondo la sua volontà e al momento che ritiene giusto.
Le parabole sulla preghiera — il fariseo e il pubblicano, l’amico a mezzanotte, i buoni doni del Padre e il giudice iniquo — ci insegnano diversi aspetti della preghiera. Eccoli, in breve:
- Dobbiamo pregare dal cuore, con umiltà.
- Possiamo presentarci a Dio e chiedere con decisione ciò di cui abbiamo bisogno.
- Dovremmo essere insistenti nelle nostre preghiere, presentandogli regolarmente le nostre richieste.
- Possiamo aspettarci che Dio, il nostro Padre celeste, ci dia ciò di cui abbiamo bisogno e le cose che vanno bene per noi.
La cosa forse più importante da ricordare è che Dio ama ognuno di noi come un figlio o una figlia. Gli stiamo a cuore noi e i nostri interessi. Possiamo e dobbiamo presentarci a Lui in preghiera, con fede, fiducia e umiltà, con amore per Colui che ci ama di un amore eterno.
Note
Tutte le citazioni bibliche sono tratte da La Nuova Diodati, Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
[1] Luca 18,1–8.
[2] Kenneth E. Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes (Downers Grove: InterVarsity Press, 2008), 263.
[3] Alfred Edersheim, The Life and Times of Jesus the Messiah, Complete and Unabridged in One Volume (Peabody: Hendrickson Publishers, 1993), 674.
[4] Kenneth E. Bailey, Poet & Peasant, and Through Peasant Eyes, edizione combinata (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 1985), 133.
[5] Esodo 22,22–23.
[6] Salmi 68,5.
[7] Deuteronomio 27,19.
[8] Isaia 1,17.
[9] Luca 20,47.
[10] David Wenham, The Parables of Jesus (Downers Grove: InterVarsity Press, 1989), 186.
[11] Joachim Jeremias, Rediscovering the Parables, (New York: Charles Scribner’s Sons, 1966), 122.
[12] Arland J. Hultgren, The Parables of Jesus (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2000), 254.
[13] Klyne Snodgrass, Stories With Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 2008), 453.
[14] Joel B. Green, The Gospel of Luke (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 1997), 640.
[15] Luca 18,1.
[16] Luca 18,2–3.
[17] Luca 18,4–5.
[18] T.W. Manson, The Sayings of Jesus (Grand Rapids: William B. Eerdmans, 1979), 306.
[19] Snodgrass, Stories With Intent, 458.
[20] H. B. Tristram, Eastern Customs in Bible Lands in Poet & Peasant, and Through Peasant Eyes, combined edition, Kenneth E. Bailey(Grand Rapids: William B. Eerdmans, 1985), 134.
[21] Luca 18,6–7.
[22] Luca 17,22.
[23] “E, come avvenne ai giorni di Noè, così avverrà anche nei giorni del Figlio dell'uomo. Le persone mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca; e venne il diluvio e li fece perire tutti. Lo stesso avvenne anche ai giorni di Lot: la gente mangiava, beveva, comperava, vendeva, piantava ed edificava; ma nel giorno in cui Lot uscì da Sodoma, piovve dal cielo fuoco e zolfo e li fece perire tutti. Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo sarà manifestato” (Luca 17,26–30).
[24] Luca 18,7 NR. Vedi anche LND: “Non vendicherà Dio i suoi eletti? […] Sì, io vi dico che li vendicherà prontamente”.
[25] Non fate le vostre vendette, cari miei, ma lasciate posto all'ira di Dio, perché sta scritto: «A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore» (Romani 12,19).
[26] Infatti, ecco quanta premura ha prodotto in voi questa vostra tristezza secondo Dio, anzi, quante scuse, quanto sdegno, quanto timore, quanto desiderio, quanto zelo, quale punizione! In ogni maniera avete dimostrato di essere puri in questo affare (2 Corinzi 7,11 NR).
[27] […] sia ai governatori, come mandati da Lui per punire i malfattori (1 Pietro 2,14).
[28] Luca 18,8 NR.
[29] Apocalisse 6,9–11.
[30] Luca 11,9–10.
[31] Joel B. Green, Scot McKnight, Dictionary of Jesus and the Gospels (Downers Grove: InterVarsity Press, 1992), 624.
[32] Matteo 6,7.
[33] Marco 12,40.
Titolo originale: The Stories Jesus Told — The Unjust Judge, Luke 18:1–8
Pubblicato originariamente in Inglese il 28 Gennaio 2014
versione italiana affissa il 2 Febbraio 2014;
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