Le storie raccontate da Gesù: la grande cena, Luca 14,15-24

Luglio 28, 2018

di Peter Amsterdam

[The Stories Jesus Told: The Great Banquet, Luke 14:15–24]

L’ambientazione di questa parabola raccontata da Gesù è di una cena che ebbe durante il sabato a casa di un insigne fariseo. Durante la cena diede alcune istruzioni su come invitare la gente a un banchetto, facendo notare che uno non dovrebbe limitare la sua lista degli ospiti a chi è in grado di ricambiare più tardi, invitando a sua volta l’anfitrione. Ecco cosa disse:

«Ma quando fai un banchetto, chiama i mendicanti, i mutilati, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché essi non hanno modo di contraccambiarti; ma il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti».1

Udendo questo, uno dei presenti a tavola disse:

«Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio».2

Con queste parole diede a Gesù l’opportunità di spiegare il suo punto di vista su quello che era conosciuto come “il banchetto messianico” — la visione giudaica di quello che sarebbe successo alla fine dei tempi. Il libro di Isaia ne parla così:

L’Eterno degli eserciti preparerà su questo monte a tutti i popoli un banchetto di cibi succulenti, un banchetto di vini vecchi, di cibi succulenti pieni di midollo, di vini vecchi e raffinati. Distruggerà su questo monte la coltre che copriva tutti i popoli, e la coperta stesa su tutte le nazioni. Distruggerà per sempre la morte; il Signore, l’Eterno asciugherà le lacrime da ogni viso, toglierà via da tutta la terra il vituperio del suo popolo, perché l’Eterno ha parlato.3

Anche se questo passo dice che tutti sono presenti al banchetto e che a tutti vengono asciugate le lacrime, all’epoca di Gesù l’interpretazione comune tra gli Ebrei era che questi versetti escludessero i Gentili, cioè i non-ebrei. L’ospite alla cena che proclamò “Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio”, lo fece con il presupposto che i farisei sarebbero stati presenti a quella cena.4 Gesù, invece, aveva un’idea diversa di chi si sarebbe seduto alla “tavola messianica”. Invece di rispondere come ci si sarebbe aspettato, parlando del rispetto della Legge mosaica e di come chi la rispettava si sarebbe seduto a cena con il Messia, Gesù raccontò loro una storia.

Luca 14,16-24:

«Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e, all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché è già tutto pronto”. Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi.

Il primo gli disse: “Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. E un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro ancora disse: “Ho preso moglie e perciò non posso venire”.

Così quel servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa, pieno di sdegno, disse al suo servo: “Presto, va’ per le piazze e per le strade della città, conduci qua i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi”.

Poi il servo gli disse: “Signore, è stato fatto come hai comandato, ma c’è ancora posto”. Allora il signore disse al servo: “Va’ fuori per le vie e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena”».5

A quei tempi, quando si dava una cena era usanza mandare un invito iniziale in cui si informavano gli invitati del giorno in cui sarebbe avvenuto il banchetto. Al momento dell’invito iniziale gli invitati dicevano se potevano venire o no; in quel caso prendevano un impegno. Questo impegno era importante, perché, come spiega Kenneth Bailey:

In un villaggio mediorientale tradizionale, il padrone di casa invita un gruppo di amici a un banchetto. In base al numero di persone che accettano l’invito, decide il tipo e la quantità della carne che servirà. Il giorno del banchetto gli animali vengono macellati e la cena preparata. Quando tutto è pronto, il padrone manda i suoi servi in giro per il villaggio con la frase usuale: “Siete pregati di venire, tutto è pronto”.6

La cena nella storia di Gesù è molto grande e il padrone di casa “invitò molti”. Sapeva quanti avevano accettato l’invito e si era preparato di conseguenza. Al momento stabilito, il servo esce e li informa che è ora di andare. Fino a questo punto tutto sembra andare come d’abitudine, ma poi gli ascoltatori sono sorpresi dall’udire l’affermazione scioccante che gli invitati rifiutano di onorare l’invito — tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi.

Tutti quelli che ascoltavano la storia sapevano che il rifiuto di andare rappresentava un deliberato insulto all’anfitrione, che veniva disonorato pubblicamente agli occhi di tutto il villaggio. Le scuse date per non rispettare il loro impegno erano deboli e inaccettabili.

La scusa del primo ospite è “Ho comprato un podere e devo andare a vederlo”. Chi ascolta la parabola sa che questa è una bugia bella e buona. Nessuno comprerebbe una proprietà senza prima vederla.

Bailey spiega:

In Medio Oriente nessuno compra un campo senza conoscerne ogni metro quadrato come il palmo della sua mano. Le sorgenti, i pozzi, i muri di pietre, gli alberi, i sentieri e la pioggia prevista sono noti molto prima che si inizi qualsiasi discussione riguardante l’acquisto. Sono informazioni che devono essere ben note, perché sono già state attentamente inserite nel contratto.7

La scusa data al servo vuole essere un vero insulto, anche se per lo meno il primo invitato chiede di essere scusato.

Un altro invitato offre la scusa che: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un’altra scusa poco convincente, perché nessuno comprerebbe un paio di buoi senza prima provarli, tantomeno cinque. Prima di comprare un tiro di buoi, il compratore sarebbe andato nei campi del venditore, avrebbe aggiogato i due buoi e avrebbe arato un pezzo di campo. Doveva controllare la loro forza e vedere se potevano arare insieme. In caso contrario non li avrebbe comprati. Anche questa seconda scusa è una menzogna e un insulto.

Il terzo ospite dice che si è sposato e quindi non può venire. Perfino il modo in cui si esprime è offensivo nella cultura di quei tempi, perché i maschi erano molto riluttanti a parlare dei membri femminili della loro famiglia. Praticamente dice all’anfitrione che, anche se il banchetto è nel tardo pomeriggio e lui starà via da casa soltanto per alcune ore e sarà di ritorno fra le braccia della sua sposa novella quella stessa sera, non verrà, perché altre attività sono più importanti per lui. Non si preoccupa nemmeno di scusarsi; si limita ad affermare che non ci andrà. Un gesto molto rude e offensivo.

L’inizio della parabola ci spiega che alla cena erano stati invitati in molti e anche che tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. I tre che rifiutarono di recarsi alla cena sono solo un esempio e gli ascoltatori originali avrebbero capito che anche gli altri che si erano precedentemente impegnati ad andare presentarono delle scuse per non farlo. Era sottinteso che l’uomo che dava il banchetto era ricco e che almeno due di quelli che avevano rifiutato erano anch’essi sufficientemente ricchi, perché solo chi era piuttosto benestante avrebbe potuto presentare la scusa di dover fare acquisti importanti.

Joel Green scrive:

I commensali di Gesù avrebbero indubbiamente identificato questi mancati ospiti come persone ricche e probabilmente influenti; le loro reazioni potevano passare dallo shock nel sentire che una persona ricca veniva snobbata da degli invitati benestanti, a un cenno di comprensione nel riconoscere che il comportamento dei mancati ospiti era una mossa calcolata per disonorare quell’uomo.8

Quando il padrone di casa riconosce che gli invitati avevano intenzione di disonorarlo e umiliarlo, giustamente si arrabbia. Viste le circostanze, potrebbe rispondere con insulti verbali o perfino minacciare qualche azione per punire chi ha attaccato il suo onore in pubblico. Invece, anche se è arrabbiato, risponde con grazia invece di vendetta. Anche se le persone invitate originariamente erano di livello pari al suo e sarebbero state tenute a ricambiare il gesto invitandolo a una simile cena in futuro, l’anfitrione decide di invitare quelli che non avrebbero mai potuto ricambiare il suo gesto: i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi. Formulando la parabola in questo modo, Gesù fa un riferimento agli emarginati all’interno di Israele, la gente comune che stava ricevendo il suo messaggio con gioia.

Kenneth Bailey spiega:

Ora queste persone sono benvenute alla cena, anche se non sono degne di sedere con un anfitrione tanto nobile e anche se le possibilità che possano ricambiare un simile banchetto sono fuori questione.9

Il padrone di casa si allontana dalle norme della società. Non si limita a invitare persone con potere, ricchezza e privilegi; include invece chiunque voglia venire alla sua tavola. Seguendo gli ordini del padrone, il servo va fuori per le piazze e le vie per trovare persone che normalmente sarebbero state considerate di un livello sociale basso, degli emarginati. Non solo le invita alla grande cena, ma le porta con sé.

Poi, dopo averlo fatto, dice al suo padrone che la sala non è piena, che c’è spazio per altri. Il padrone allora gli dice di uscire dal paese per trovare dei forestieri, persone che non facevano parte della comunità, per spingerle a partecipare alla cena. L’idea di “spingere” queste persone non significa che siano state obbligate a presentarsi. Questi estranei sono spinti dalle usanze sociali a rifiutare quell’invito inaspettato, specialmente se il loro livello sociale è inferiore a quello dell’anfitrione. Non sono parenti e nemmeno vicini dell’anfitrione; sono degli estranei e non possono ricambiare il gesto in nessun modo, quindi, a causa delle regole sociali, devono rifiutare. Sapendo ciò, il servo dovrà prenderli per il braccio e guidarli, per dimostrare che l’invito è sincero.10

L’ultima frase della parabola, Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena, potrebbe anche essere rivolta ai farisei con cui Gesù stava cenando, invece di far parte della parabola. Il “vi dico” è decisamente plurale. Nella parabola, il padrone di casa stava parlando al servo; perciò, se quest’ultima frase fosse stata parte della parabola e fosse diretta al servo, avrebbe detto: “Io ti dico”. Quindi, molti commentatori concordano che Gesù rivolse quest’ultima frase ai suoi commensali.

Qual è il messaggio che Gesù voleva trasmettere agli ascoltatori originali? L’attenzione è posta sugli inviti a cena rifiutati da un gruppo e poi rivolti inaspettatamente ad altri. Le scuse date dagli ospiti invitati avevano tutti a che fare con la loro preoccupazione per le faccende quotidiane della vita e i rapporti con altri. Si erano esclusi da soli per aver scelto di non partecipare. Avevano respinto l’anfitrione e il suo invito, dando motivi legati alle loro proprietà e alla loro famiglia, rispecchiando alcuni dei motivi per cui alcuni hanno respinto l’invito di Dio nel corso dei secoli.

La domanda fatta in questa parabola è: chi sarà presente al banchetto? La risposta di Gesù fu inaspettata. La comune convinzione degli Ebrei era che chiunque fosse nato da madre ebrea avrebbe automaticamente partecipato al “banchetto messianico” per il solo fatto di essere ebreo. Gesù invece indicò che chi presume di essere presente al banchetto alla fine dei tempi potrebbe benissimo non esserlo. In realtà la presenza al banchetto si basa sulla risposta all’invito di Dio.11

Gesù insegnò questo concetto con le sue parole e le sue azioni in tutto il corso dei Vangeli, perché mangiò con pubblicani e peccatori.12 Disse:

E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti.13

Klyne Snodgrass ha scritto:

Che Gesù abbia mangiato con esattori delle tasse e con peccatori è una dimostrazione della presenza del regno nel suo ministero e del perdono disponibile a chi risponde. […] Possiamo riassumere il punto di questi versetti e della parabola della grande cena con un’affermazione e una domanda: Dio sta dando una festa. Tu ci verrai?14

La partecipazione al banchetto dipende dalla risposta all’invito. Molti in tutto il mondo danno per scontato che saranno presenti alla festa, pensando di avere le dottrine giuste, di appartenere al gruppo giusto, fare opere benefiche, essere ben visti dagli altri e così via. Comunque, gli insegnamenti di Gesù in questa parabola e in altri luoghi indica che chi si aspetta di essere là non è detto che ci sarà; e che molti che non se l’aspettano ci saranno.15 Non partecipiamo alla grande cena alle nostre condizioni; dobbiamo accettare l’invito e aspettare, senza lasciarci distrarre dalle preoccupazioni di questa vita.

Essere a tavola con il padrone di casa, mangiare cibi deliziosi, bere vino eccellente e stare in compagnia degli altri ospiti sono concetti che trasmettono gioia e felicità. In un certo senso siamo come il servo che va fuori a invitare altri alla tavola di Gesù. Il nostro dovrebbe essere un messaggio di gioia, di condivisione del suo amore per tutti. Spesso le persone piene delle preoccupazioni di questa vita prestano poca attenzione all’invito; tuttavia, dovremmo fare del nostro meglio per assicurarci che sappiano dell’invito. La nostra attenzione non dovrebbe limitarsi a chi è accettabile socialmente, istruito e ricco, o a chi può in qualche modo ricambiare. L’invito è rivolto a tutti, compresi gli emarginati della società e le persone con cui potremmo trovarci a disagio.

Il messaggio del regno è la grazia. Nessuno può fare qualcosa per meritare l’invito alla grande cena. Siamo semplicemente invitati e dobbiamo solo accettare. Per grazia siamo stati salvati; ma ognuno di noi deve prendere la decisione se ricevere la grazia o no; se presentarsi alla festa o no.


Il grande banchetto,Luca 14,16-24

15 Uno dei commensali, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio».

16 Allora Gesù gli disse: «Un uomo fece una gran cena e invitò molti;

17 e, all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché è già tutto pronto”.

18 Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”.

19 E un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”.

20 Un altro ancora disse: “Ho preso moglie e perciò non posso venire”.

21 Così quel servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa, pieno di sdegno, disse al suo servo: “Presto, va’ per le piazze e per le strade della città, conduci qua i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi”.

22 Poi il servo gli disse: “Signore, è stato fatto come hai comandato, ma c’è ancora posto”.

23 Allora il signore disse al servo: “Va’ fuori per le vie e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena.

24 Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena”».


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 Luca 14,13–14.

2 Luca 14,15.

3 Isaia 25,6–8.

4 Darrell L. Bock, Luke 9:51–24:53 (Grand Rapids: Baker Academic, 1996),1272.

5 Luca 14,16–24.

6 Kenneth E. Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes (Downers Grove: InterVarsity Press, 2008), 313.

7 Kenneth E. Bailey, Through Peasant Eyes (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 1980), 95.

8 Joel B. Green, The Gospel of Luke (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 1997), 560.

9 Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes, 317.

10 Bailey, Through Peasant Eyes, 108.

11 Klyne Snodgrass, Stories with Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2008), 314.

12 Matteo 9,10–12; Marco 2,15–17; Luca 5,29–32.

13 Matteo 8,11–12.

14 Snodgrass, Stories with Intent, 314.

15 Matteo 7,21; Luca 10,21.


Pubblicato originariamente in Inglese il 19 dicembre 2017.