1 Tessalonicesi: capitolo 1

Luglio 1, 2023

di Peter Amsterdam

[1 Thessalonians: Chapter 1]

La prima lettera di Paolo e dei suoi compagni ai Tessalonicesi è divisa in cinque parti. La prima, l’introduzione (in 1 Tessalonicesi 1,1-10) è la più breve e contiene dieci versetti.

Paolo, Silvano e Timoteo alla chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace.1

Indirizzandosi alla chiesa di Tessalonica, Paolo riconosce che la sua fondazione non era dovuta agli sforzi di Paolo, Sila e Timoteo, ma piuttosto all’opera di Dio Padre e il Signore Gesù Cristo. Il saluto “grazia e pace” si trova praticamente in tutte le lettere di Paolo, anche se a volte si estende a “grazia, misericordia e pace”, come vediamo in 1 Timoteo 1,2 e in 2 Timoteo 1,2. È probabile che l’espressione “grazia e pace” derivi dal saluto greco o secolare charein, poi “cristianizzato” con la parola dal suono simile charis, che significa grazia. Un commentatore spiega: Paolo aggiunge charis al saluto tipicamente ebraico “pace”, così che la nuova combinazione di “grazie e pace” risulta in una formula di saluto che è veramente inclusiva del pubblico cristiano gentile e cristiano ebraico.2

Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, nominandovi nelle nostre preghiere, ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre, dell'opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo.3

In questa lettera, come in molte altre, Paolo e i suoi compagni affermano di ringraziare continuamente Dio per la comunità cristiana.4 Verso la fine della lettera, inviteranno nuovamente la chiesa ad avere una simile vita di ringraziamento.5 Paolo e i suoi compagni ricordavano i nomi e i volti dei Tessalonicesi da cui recentemente si erano dovuti separare.

Il modo in cui Paolo ringrazia per i credenti era di nominarli nelle loro preghiere. Più in là nell’epistola scrive: Notte e giorno preghiamo intensamente.6Questo suggerisce che Paolo Sila e Timoteo si riunissero ogni giorno per pregare e ringraziare Dio per i credenti di Tessalonica. Il verbo nominarli è comunemente usato nel Nuovo Testamento per indicare l’azione di fare petizioni in preghiera. Per esempio:

Perché Dio, a cui io servo nel mio spirito mediante l'evangelo di suo Figlio, mi è testimone che non smetto mai di menzionarvi, chiedendo continuamente nelle mie preghiere.7

Non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere.8

Io rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere.9

È interessante notare che le preghiere d’intercessione di Paolo iniziano con un ringraziamento a Dio, invece che con una richiesta; contrariamente all’atteggiamento di alcuni cristiani che la preghiera sia quasi esclusivamente un mezzo per rendere noti a Dio i propri bisogni.

Il primo motivo per cui Paolo e i suoi compagni missionari ringraziano sempre Dio è che ricordano continuamente la vostra opera di fede, la fatica del vostro amore e la costanza della speranza che voi avete nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio, nostro Padre.10 È interessante notare che qui Paolo parla positivamente della “vostra opera di fede”, mentre in altri punti delle sue lettere indica chiaramente che le persone non sono salvate da nessun tipo di opere. Quando, comunque, non entra in ballo la questione della salvezza, Paolo spesso parla in modo positivo delle opere buone fatte dai credenti. In un altro punto, Paolo si riferisce a questo come a fede che opera mediante l'amore.11 Le parole “opera di fede”, come vengono usate qui, si riferiscono alle attività cristiane radicate nella fede.

La seconda espressione, “fatica del vostro amore”, è spesso interpretato nel senso di svolgere attività di servizio senza aspettarsi una ricompensa o una lode; tuttavia non è questo il significato che ha qui. In realtà “fatica d’amore” qui si riferisce ad azioni compiute per amore. Paolo non specifica di quali fatiche si tratta. Comunque, gli oggetti di quell’amore erano gli altri membri della chiesa tessalonicese, come viene ricordato in seguito in questa epistola.

Quanto all'amore fraterno non avete bisogno che io ve ne scriva, poiché voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e veramente lo fate verso tutti i fratelli che sono nell'intera Macedonia.12

Probabilmente Paolo si riferiva alle fatiche altruiste sostenute dai credenti nel servire sia all’interno della chiesa sia nella comunità esterna. La loro fede e il loro amore si risolvevano in opere svolte a beneficio degli altri.

Paolo parla della costanza della speranza che voi avete nel Signore nostro Gesù Cristo.  Altre traduzioni parlano di costante speranza (CEI), costanza ispirata dalla speranza (BdG), speranza fermamente rivolta (TILC), fermezza della vostra speranza (CEI 2008); oppure pazienza nella speranza. Questa speranza costante è la capacità di rimanere saldi e perseverare di fronte a sofferenze o tentazioni. Troviamo riferimenti a questa perseveranza in vari punti del Nuovo Testamento.

Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma neppure un capello del vostro capo perirà. Nella vostra perseveranza guadagnerete le anime vostre.13

Ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce perseveranza, la perseveranza esperienza e l'esperienza speranza.14

Fortificati con ogni forza, secondo la sua gloriosa potenza, per ogni perseveranza e pazienza, con gioia.15

Paolo si preoccupava per i credenti di Tessalonica in sua assenza, a causa della persecuzione che affrontavano e delle tentazioni di Satana rivolte ad allontanarli dalla fede. Tuttavia (come vedremo in seguito in questa epistola), i Tessalonicesi resistettero e mantennero la loro fede nonostante le tentazioni.

Conosciamo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione. Infatti, il nostro vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione; infatti, sapete come ci siamo comportati fra voi, per il vostro bene.16

Poi Paolo presentò il motivo più importante per la loro gratitudine a Dio: la loro elezione, l’essere stati scelti da Lui. Paolo credeva che Dio avesse scelto i credenti tessalonicesi per come il vangelo era arrivato loro perché il nostro vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione.

Nel Vecchio Testamento, il popolo ebraico era stato scelto da Dio come suo. Qui, invece, Paolo si riferisce ai credenti tessalonicesi, dei gentili, come scelti da Dio. Era una divergenza radicale dal punto di vista precristiano.

In questa lettera Paolo si riferisce ai fratelli cristiani (alcune traduzioni usano fratelli e sorelle, dato che i credenti avrebbero incluso sia uomini che donne). In questa lettera, si riferisce diciannove volte ai fratelli (nel senso dei credenti di ambo i sessi). Questo ci fa capire come i membri della prima chiesa si vedessero tra di loro.

Dopo aver dimostrato la propria certezza che i credenti tessalonicesi erano amati e scelti da Dio, Paolo proseguì, spiegando che il vangelo non era giunto loro solo con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con profonda convinzione.

Poi proseguì dicendo: Sapete come ci siamo comportati fra voi, per il vostro bene. Fece notare il carattere, la condotta e i metodi suoi e dei suoi compagni, che i Tessalonicesi avevano visto nel periodo in cui erano stati con loro. Sapevano che tipo di persone fossero questi missionari. Il loro carattere onesto faceva parte del messaggio che predicavano.

E voi siete divenuti nostri imitatori e del Signore, avendo ricevuta la parola in mezzo a tanta afflizione con la gioia dello Spirito Santo, così da divenire un esempio a tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia.17

In precedenza, Paolo aveva detto ai Tessalonicesi che Dio li aveva scelti (v. 4); adesso aggiunge che avendo accettato i suoi insegnamenti, erano diventati imitatori suoi, dei discepoli e anche del Signore. Questi credenti emulavano la sofferenza e le avversità patite da Gesù e dagli apostoli. Nel Nuovo Testamento troviamo altri incoraggiamenti a emulare i leader della chiesa.

Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo.18

Io vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque a divenire miei imitatori.19

Siate miei imitatori, fratelli, e considerate coloro che camminano così, secondo l'esempio che avete in noi.20

Le cose che avete imparato, ricevuto e udito da me e veduto in me, fatele, e il Dio della pace sarà con voi.21

L’esatta natura dell’afflizione sofferta dai Tessalonicesi non viene specificata, ma suggerita nei riferimenti di Paolo a “tanta afflizione”. Un commentatore spiega:

Probabilmente non comportava la morte fisica o il martirio, ma più probabilmente implicava gravi molestie sociali e ostracismo. Questa opposizione comportava “difficoltà come l’isolamento da parenti e amici non credenti; la riduzione delle opportunità di mantenere, tanto meno migliorare, il loro corrente stato economico e sociale; la restrizione all’accesso alle istituzioni politiche e sociali della città; il costante assoggettamento a molestie e problemi pubblici”. 22

La vita condotta dai cristiani tessalonicesi, nonostante la persecuzione che ricevevano, era di grande esempio per gli altri. Per questo Paolo si rallegrava che fossero divenuti un esempio a tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. Un altro commentatore ha detto: Il versetto 7 è l’unico testo del Nuovo Testamento in cui un’intera congregazione è vista come modello per altre chiese. Questa chiesa era eccezionale nel modo in cui reagì alla persecuzione. Plasmati dall’esempio di Paolo, Silvano e Timoteo, divennero essi stessi un modello per gli altri.23

Non solo la parola del Signore è tramite voi risuonata nella Macedonia e nell'Acaia, ma anche la vostra fede che avete verso Dio si è divulgata in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne.24

Alcuni commentatori biblici pensano che questa frase sia strana. Tuttavia, la difficoltà probabilmente è che Paolo combinò in un’unica frase due attività connesse ma distinte in cui erano impegnati i Tessalonicesi: la predicazione del messaggio (“la parola del Signore”) e una conversione (“la fede che avete in Dio”). La frase “la parola del Signore” si trova solo un’altra volta nelle lettere di Paolo (2 Tessalonicesi 3,1). Di solito lui usa la frase “la parola di Dio”, che troviamo nove volte nei suoi scritti. Nel Vecchio Testamento, “il Signore” si riferisce a Dio (il Padre); mentre nel Nuovo Testamento “il Signore” si riferisce a Gesù Cristo.

La frase è tramite voi risuonata (alcune traduzioni dicono ha echeggiato, o riecheggia per mezzo vostro) ci dice che il messaggio risuonò in ogni direzione. L’immagine data da Paolo è che il messaggio del vangelo continuò a echeggiare dai cristiani tessalonicesi in tutta la macedonia, l’Acaia e oltre. Paolo non specifica come i credenti macedoni avessero diffuso il messaggio ad altri; tuttavia, il riferimento alla “parola del Signore” indica che fu dato attraverso qualche metodo di condivisione e insegnamento del messaggio evangelico. Nella seconda metà della frase, la vostra fede che avete verso Dio si è divulgata in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne, l’immagine data da Paolo è di un suono – il messaggio del vangelo – che originò dai cristiani tessalonicesi e si diffuse in tutta la Macedonia e oltre.

Essi stessi raccontano di noi, quale sia stata la nostra venuta tra voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesù, che ci libera dall'ira a venire.25

In questi due versetti (vv. 9-10) Paolo spiega in che modo Lui e i suoi accompagnatori avevano saputo delle attività di testimonianza dei credenti tessalonicesi. Essi avevano parlato del vangelo a persone in Macedonia e Acaia. Essi stessi raccontano si riferisce a quelli che in Macedonia e in Acaia avevano ascoltato il vangelo dai Tessalonicesi. Queste persone avevano riferito a Paolo il tipo di accoglienza che il gruppo apostolico aveva avuto a Tessalonica e come i Tessalonicesi si erano convertiti a Dio e avevano rinunciato all’idolatria.

Questa seconda parte del rapporto (vv. 9b-10) menziona che vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivente e vero. Non era cosa da poco per i credenti tessalonicesi rinunciare all’idolatria di Tessalonica. La rinuncia agli dei pagani significava che i nuovi cristiani rifiutavano diversi eventi sociali associati al culto degli dei tessalonicesi. Ciò causava risentimento e rabbia nei parenti e negli amici non cristiani. Il rifiuto dei nuovi cristiani di partecipare al culto degli dei locali offese molti cittadini di Tessalonica e fece sì che considerassero i cristiani alla stregua di atei.

La popolazione di Tessalonica probabilmente si preoccupava che gli dei che adoravano potessero punire la città con pestilenze, carestie o altre calamità naturali. Allontanarsi dagli idoli significava anche respingere gli dei di Roma e ciò avrebbe potuto danneggiare la posizione di Tessalonica con Roma. La conversione dei cristiani tessalonicesi costituì una grande rottura dal loro tipo di vita precedente e causò il risentimento degli altri cittadini di Tessalonica.

Paolo prosegue dicendo che i Tessalonicesi aspettavano dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesù, che ci libera dall'ira a venire. Paolo incluse tre descrizioni del Figlio di Dio che aspettavano dai cieli: (1) è Colui “che egli [Dio] ha risuscitato dai morti”; (2) è “Gesù” ed è (3) Colui che “ci libera dall'ira a venire”.

La prima descrizione si connette a un insegnamento centrale della prima chiesa: la risurrezione di Cristo. Nel Nuovo Testamento diversi versetti attestano che Dio risuscitò Gesù dai morti.

Se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato.26

Paolo, apostolo (non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma tramite Gesù Cristo e Dio Padre, che lo ha risuscitato dai morti).27

Già designato prima della fondazione del mondo, egli è stato manifestato negli ultimi tempi per voi; per mezzo di lui credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria affinché la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio.28

La seconda descrizione, il nome Gesù, pone l’attenzione direttamente su Gesù per fare una transizione dal Padre e da come lo aveva risuscitato dai morti. Qui l’attenzione è posta sull’attività di Gesù e il suo ritorno dai cieli. Più in avanti nell’epistola, Paolo fa riferimento alla risurrezione di Gesù quando introduce l’argomento di quelli che muoiono prima che Lui ritorni.

La terza descrizione riguarda il ritorno del Figlio che ci libera dall'ira a venire.29 L’essere liberati o salvati è menzionato costantemente nelle opere di Paolo.

Egli ci ha liberati e ci libererà da un così gran pericolo di morte, e abbiamo la speranza che ci libererà ancora.30

Le mie persecuzioni, le mie sofferenze, quello che mi accadde ad Antiochia, a Iconio e a Listra. Sai quali persecuzioni ho sopportate; e il Signore mi ha liberato da tutte.31

Per molti, l’idea dell’ira di Dio è difficile da capire. Qualcuno scrive:

L’ira di Dio deve essere vista alla luce della sua giustizia. Dio è davvero amorevole e buono, ma la sua giustizia esige che il peccato, che è un tale affronto alla sua santità e alla sua suprema maestà, sia punito. Bisogna anche ricordare che l’ira di Dio non è come la rabbia umana, che si esprime spesso in modo vendicativo e incontrollato. L’ira di Dio rappresenta invece una reazione giusta e necessaria al peccato umano.32

Invece di temere il giudizio futuro, i credenti di Tessalonica avevano speranza, perché sapevano che Cristo sarebbe ritornato e li avrebbe salvati. Anche noi, come cristiani, abbiamo quella stessa speranza, sapendo che vivremo per sempre con Gesù.

(Continua.)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 1 Tessalonicesi 1,1 NR.

2 Jeffrey A. D. Weima, 1–2 Thessalonians: Baker Exegetical Commentary on the New Testament (Grand Rapids: Baker Academic, 2014), 71.

3 1 Tessalonicesi 1,2–3 NR.

4 1 Corinzi 1,4; Colossesi 1,3, 2 Tessalonicesi 1,3; 2,13, Filemone 1,4.

5 Vedi 1 Tessalonicesi 5,18.

6 1 Tessalonicesi 3,10 NR.

7 Romani 1,9–10.

8 Efesini 1,16 NAS.

9 Filemone 1,4 NAS.

10 1 Tessalonicesi 1,2–3.

11 Galati 5,6.

12 1 Tessalonicesi 4,9–10.

13 Luca 21,17–19.

14 Romani 5,3–4.

15 Colossesi 1,11.

16 1 Tessalonicesi 1,4–5.

17 1 Tessalonicesi 1,6–7.

18 1 Corinzi 11,1.

19 1 Corinzi 4,15–16.

20 Filippesi 3,17.

21 Filippesi 4,9.

22 Victor Paul Furnish, 1 & 2 Thessalonians (Abingdon Press, 2007), 46–47.

23 Gene L. Green, The Letters to the Thessalonians, Pillar New Testament Commentary (Grand Rapids: Eerdmans, 2002), 99.

24 1 Tessalonicesi 1,8.

25 1 Tessalonicesi 1,9–10.

26 Romani 10,9.

27 Galati 1,1.

28 1 Pietro 1,20–21 NR.

29 1 Tessalonicesi 1,10.

30 2 Corinzi 1,10 NR.

31 2 Timoteo 3,11 NR.

32 Weima, 1–2 Thessalonians, 122.


Pubblicato originariamente in inglese il 3 gennaio 2023.