2 Tessalonicesi: capitolo 3 (parte 2)
Gennaio 9, 2024
di Peter Amsterdam
2 Tessalonicesi: capitolo 3 (parte 2)
[2 Thessalonians: Chapter 3 (Part 2)]
In precedenza, nel terzo capitolo di 2 Tessalonicesi, Paolo fece notare che lui e i suoi compagni avevano il diritto di ricevere un sostegno finanziario dalla chiesa di Tessalonica, ma avevano scelto di non accettare tale aiuto per dare un esempio che i credenti potessero imitare. Paolo aveva ricordato ai Tessalonicesi che avrebbero dovuto seguire quell’esempio. Poi continuò con le sue istruzioni:
Infatti, anche quando eravamo tra di voi, vi ordinavamo questo: se qualcuno non vuol lavorare neppure mangi.1
La necessità di lavorare faceva parte della tradizione etica della chiesa. In altre epistole, Paolo afferma:
Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno.2
[Cercate] diligentemente di vivere in pace, di occuparvi delle vostre cose e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, affinché vi comportiate onestamente verso quelli di fuori e non abbiate bisogno di nulla.3
Alcuni scritti successivi della chiesa dicevano che, quando un viaggiatore fa visita, la chiesa può aiutarlo per alcuni giorni, ma se si ferma più a lungo, deve lavorare per il suo pane.
Sentiamo infatti che vi sono alcuni fra di voi che camminano disordinatamente, non facendo nulla, ma occupandosi di cose vane.4
Paolo spiega il problema che lo aveva spinto a prescrivere un’azione disciplinare contro chi si comportava in maniera disordinata (v. 6). Alcuni membri della chiesa non facevano nulla, neanche dopo la prima lettera di Paolo. È probabile che lui avesse avuto queste informazioni da qualcuno che era arrivato da Tessalonica. In risposta alla situazione, Paolo fa notare che alcuni membri della chiesa, non tutti, non lavoravano. Non vivevano secondo i suoi insegnamenti riguardo al lavoro e non si guadagnavano il loro pane.
Paolo dice che queste persone si occupano di cose vane. Altre traduzioni dicono che non vogliono lavorare e sprecano il loro tempo in sciocchezze (PEV), vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione (CEI), vivono in maniera sregolata: non fanno nulla, ma sono sempre affaccendati (TILC). Chiaramente, Paolo aveva la forte convinzione che ogni individuo dovesse guadagnarsi da vivere. È stato suggerito che si riferisse ai membri della chiesa che non lavoravano e non si guadagnavano da vivere, ma dipendevano dal mantenimento di cristiani più ricchi, nel frattempo immischiandosi negli affari degli altri. (Vedi un articolo precedente: (1 Tessalonicesi: capitolo 4, parte 2.)
Or a tali ordiniamo, e li esortiamo nel Signor nostro Gesù Cristo, che mangino il loro pane lavorando quietamente.5
Qui Paolo scrive qualcosa di quasi identico a ciò che aveva scritto nella sua prima lettera ai Tessalonicesi: [Cercate] diligentemente di vivere in pace, di occuparvi delle vostre cose e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato.6 Prescrive ai credenti di guadagnarsi il pane. Devono lavorare con le loro mani e guadagnarsi da vivere.
Quanto a voi, fratelli, non vi stancate di fare il bene.7
A questo punto, Paolo smette di rivolgersi agli indisciplinati e parla agli altri credenti di cosa avrebbero dovuto fare riguardo a chi in mezzo a loro che non aveva ubbidito alle sue istruzioni precedenti.
Comincia con una vena positiva. Non dovrebbero stancarsi di fare il bene; non dovrebbero rinunciare ai loro sforzi. Paolo sottolineò questo principio in altri punti dei suoi scritti.
Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo.8
Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno.9
Anche se Paolo aveva detto che chiunque non lavorasse non poteva aspettarsi di essere nutrito dalle fatiche altrui (v. 10), ciò non significava che dovessero smettere di aiutare chi aveva veramente bisogno.
Se qualcuno non ubbidisce a quanto diciamo in questa epistola, notate quel tale e non vi associate a lui, affinché si vergogni.10
Gli indisciplinati avevano respinto l’insegnamento di Paolo quando era a Tessalonica e non avevano reagito bene nemmeno quando aveva scritto la sua prima lettera.11 Quindi, Paolo ricorse a misure più drastiche per spingerli a conformarsi, usando la propria autorità per dare altri ordini. I credenti non dovevano associarsi a chiunque tra i membri della chiesa non ubbidisse a ciò che aveva scritto nella sua lettera.
I credenti dovevano notare quali erano gli individui che non ubbidivano. Come passo successivo, la chiesa doveva evitare i rapporti con loro. Lo scopo di questa dissociazione non era la scomunica del colpevole dalla chiesa, ma un aiuto perché si ravvedesse e cambiasse. La separazione significava che i membri della chiesa non dovevano frequentare quella persona, né permettere la sua partecipazione alle assemblee né incontrarla in situazioni informali.
Però non consideratelo un nemico, ma ammonitelo come un fratello.12
Anche se Paolo disse ai credenti tessalonicesi di non avere niente a che fare con la persona indisciplinata, tuttavia disse loro anche di evitare di vederla come un nemico. Non dovevano manifestare ostilità nei suoi confronti né attaccarla per non aver osservato le norme della chiesa. Anche se la persona doveva essere esclusa dalla comunità, erano pur sempre permessi dei contatti che avrebbero dato ai membri della chiesa altre possibilità di “ammonirla”, nella speranza che correggesse la propria condotta.
Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni maniera. Il Signore sia con tutti voi.13
Da qui c’è la conclusione della seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi. A differenza della preghiera in 1 Tessalonicesi 5,23, indirizzata al Dio della pace, qui la preghiera è rivolta a Gesù, che è il Signore della pace. Mentre la preghiera in 1 Tessalonicesi 5,23 chiedeva a Dio di santificare la chiesa, qui la richiesta è che Gesù dia loro la pace sempre e in ogni maniera.
La pace per cui Paolo prega non è uno stato di tranquillità interiore, ma si riferisce a una realtà politica o sociale. La pace può essere la condizione di un paese che non è in guerra,14 ma qui si riferisce all’assenza di discordie e conflitti tra i suoi cittadini. Era un termine usato per descrivere l’ordine pubblico o l’armonia sociale. La preghiera termina con una benedizione – Il Signore sia con tutti voi – che rispecchia la fede della prima chiesa che il Signore fosse sempre al loro fianco. “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente”.15 “Io sono con te e nessuno ti farà del male”.16
Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo; e questo è un segno in ogni mia epistola; io scrivo così. 17
Anche se Silvano e Timoteo avevano contribuito in qualche modo a questa lettera, Paolo ne era l’autore principale e quindi aggiunse il saluto finale. È probabile che Silvano, Timoteo o qualcun altro sia stato il segretario/amanuense che scrisse ciò che Paolo dettava. Dettare una lettera a un segretario era una cosa normale ai tempi di Paolo. In Romani 16 troviamo un commento di Terzio, il segretario che scrisse per Paolo sotto dettatura. Io, Terzio, che ho scritto questa epistola, vi saluto nel Signore.18 Similmente, vediamo che Silvano, che lavorava con l’apostolo Pietro, scrisse ciò che Pietro gli dettava. Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo un fratello fedele.19
La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.20
La seconda lettera ai Tessalonicesi termina in modo molto simile a 1 Tessalonicesi. La differenza principale è che questa conclusione è diretta a tutti voi. Può darsi che, con questo, Paolo includa gli indisciplinati che sono ancora considerati fratelli all’interno della chiesa. A causa della grazia di Gesù Cristo, la chiesa può proseguire nella fede che avevano ricevuto dagli apostoli e restare salda di fronte all’opposizione. In mezzo alla sofferenza e alla lotta contro i falsi insegnamenti, non avrebbero potuto andare avanti senza la grazia di Gesù. Questo vale per tutti i cristiani; dipendiamo sempre dalla grazia del Signor nostro Gesù Cristo.
Questo ci porta alla fine di 2 Tessalonicesi e così alla fine di questa serie sui libri 1 e 2 Tessalonicesi. Spero che questa serie vi abbia in qualche modo aiutato a capire la lettera di Paolo ai Tessalonicesi in quei giorni. Prego che sia anche servita a vedere come mettere in pratica gli insegnamenti di Paolo oggi nella nostra vita.
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
1 2 Tessalonicesi 3,10.
2 Efesini 4,28.
3 1 Tessalonicesi 4,11–12.
4 2 Tessalonicesi 3,11.
5 2 Tessalonicesi3,12.
6 1 Tessalonicesi 4,11.
7 2 Tessalonicesi 3,13 NR.
8 Galati 6,9 NR.
92 Corinzi 4,16.
10 2 Tessalonicesi 3,14.
11 1 Tessalonicesi 4,11–12.
12 2 Tessalonicesi 3,15 NR.
13 2 Tessalonicesi 3,16 NR.
14Atti 24,2; Apocalisse 6,4.
15 Matteo 28,20.
16Atti 18,10 PEV.
17 2 Tessalonicesi 3,17.
18 Romani 16,22.
19 1 Pietro 5,12.
202 Tessalonicesi 3,18.
Pubblicato originariamente in inglese il 20 giugno 2023.