Al cuore di tutto: la salvezza

Gennaio 27, 2013

di Peter Amsterdam

Il piano divino

Possiamo trovare l’insegnamento centrale del Nuovo Testamento in uno dei versetti più belli delle Scritture:

Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna.[1]

Questo versetto rivela la stupefacente verità che il Creatore dell’universo amò così tanto la razza umana da mandare la seconda Persona della Trinità — Dio Figlio, Gesù Cristo — a morire al nostro posto, come essere umano, per i peccati che abbiamo commesso, così che non dovessimo subirne la punizione, nonostante la meritassimo. Abbiamo l’opportunità di ricevere la vita eterna perché Gesù pagò il prezzo dei nostri peccati mediante il suo sacrificio.

Il piano divino della salvezza, deciso fin da prima della creazione del mondo, è radicato nell’amore di Dio per l’umanità. La motivazione divina è l’amore. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ci amano e hanno fatto in modo che potessimo salvarci dalle conseguenze ultime del peccato: la morte spirituale e la separazione da Dio nell’aldilà, che nelle Scritture sono chiamate inferno.

Alcuni hanno l’impressione che Dio sia crudele e arrabbiato: che giudichi duramente le persone perché è personalmente offeso per i peccati commessi contro di Lui e quindi esige egoisticamente che siano puniti. In realtà il quadro è molto diverso. Poiché la natura divina comprende attributi quali santità, rettitudine, giustizia e ira, per essere fedele ad essa Dio deve giudicare il peccato. Avrebbe potuto giustamente punire ogni essere umano per i suoi peccati; invece, poiché la sua natura divina comprende anche le virtù di amore, grazia e misericordia, desiderava che nessuno morisse,[2] perciò creò un modo per cui gli uomini potessero essere redenti. Questa redenzione ha origine nel suo amore, perché “ha tanto amato il mondo”. Il suo amore è tale che, anche se siamo peccatori e abbiamo peccato contro di Lui, ha fatto in modo che potessimo salvarci dal meritato giudizio dei nostri peccati. Il piano divino della salvezza è la manifestazione della sua misericordia e del suo amore per l’umanità.

Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.[3]

In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati.[4]

Fin dall’inizio

Dio sapeva, prima di creare l’universo, che gli esseri umani, dotati di libero arbitrio, avrebbero peccato, così preparò un modo per risparmiare all’umanità la punizione del peccato. Il suo piano per la salvezza dell’umanità gli permise di essere fedele a tutti gli aspetti della sua natura divina: la sua santità, giustizia e ira, e il suo amore, la sua misericordia e la sua grazia.

Il desiderio di Dio è salvare gli esseri umani, redimerli e riconciliarli con Se stesso, pur restando fedele alla propria natura. Non aveva alcun obbligo di salvarci; avrebbe potuto semplicemente lasciare che subissimo tutti la punizione del peccato, ma non lo fece. Nel suo amore per noi, il Dio uno e trino creò un modo per salvarci. Dio aveva in mente dall’inizio il piano della salvezza, che fu messo in pratica fin dal primo peccato di Adamo ed Eva, culminando poi con la morte e la risurrezione di Gesù.

Essendo il Creatore onnisciente, Dio non si stupì che Adamo ed Eva peccassero. Sapeva già che avrebbero liberamente scelto di disubbidirgli e nella sua preveggenza aveva già stabilito il suo piano per la salvezza. Quando Dio disse ad Adamo ed Eva quali sarebbero state le conseguenze del loro peccato, parlò anche al serpente, dicendogli:

E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno.[5]

Fin dall’inizio Dio disse che un discendente della donna avrebbe schiacciato il capo del serpente — Satana — mentre questi gli avrebbe soltanto ferito il calcagno. Nel momento in cui l’umanità commise il primo peccato, Dio stava già predicendo che Gesù avrebbe sconfitto Satana.

Il suo piano della salvezza includeva la chiamata di un popolo, Israele, a cui Egli si sarebbe rivelato e avrebbe dato i suoi comandamenti. Fu mediante le parole che rivolse a Israele che Dio manifestò Se stesso, l’unico vero Dio, e la sua legge. Israele custodì la sua rivelazione e la tramandò di generazione in generazione, assicurandone la preservazione. Fu attraverso la discendenza di Israele che mandò suo Figlio come l’uomo-Dio attraverso il quale avrebbe portato la salvezza all’umanità.

La storia d’Israele è la storia di come Dio preparò le basi per la salvezza dell’umanità attraverso Gesù Cristo.[6] Il Vecchio Testamento non solo contiene profezie sulla vita e sulla missione del Messia, ma anche numerose anticipazioni della salvezza che sarebbe arrivata tramite il suo Figlio incarnato. Parlando del Vecchio Testamento, David Berg scrisse:

Dio ebbe qualche difficoltà a far uscire i figli d’Israele dall’idolatria egiziana e dovette guidarli mediante Mosè, con la Legge per insegnante, con piccole illustrazioni e riti infantili, piccole lezioni pratiche — il tabernacolo, l’arca, i sacrifici di animali e il sangue — esempi e ombre, semplici immagini delle realtà spirituali e delle verità eterne. Dovette prendere ciò che capivano, gli oggetti e le forme a cui erano abituati nelle religioni dell’Egitto e delle altre nazioni pagane intorno a loro, nel tentativo paterno di audio-visualizzare per loro le reali verità spirituali di un vero culto maturo e adulto di Dio. Come dice l’Apostolo, queste erano tutte “figure delle cose vere” [Eb. 9,24], semplici sembianze o illustrazioni delle reali cose invisibili dello Spirito! Nel Vecchio Testamento c’erano le illustrazioni; nel tempo presente del Nuovo Testamento ci sono le verità spirituali che ora abbiamo soltanto per fede (Giovanni 1,17).[7]

Esempi e ombre nel Vecchio Testamento

Per avere una maggior comprensione della salvezza, della redenzione e del perché Gesù dovette morire sulla croce perché fossimo perdonati per i nostri peccati e ci riconciliassimo con Dio, è importante dare un’occhiata agli “esempi e ombre” contenuti nel Vecchio Testamento. Qui prenderemo in esame soltanto quelli direttamente collegati al sacrificio di Gesù sulla croce.

In tutto il libro della Genesi ci sono esempi di sacrifici offerti a Dio, a partire da Caino e Abele, per continuare con Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe e altri. Una storia in particolare, quella di come Dio chiese ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco, prefigura il sacrificio di suo Figlio da parte di Dio per i peccati dell’umanità. Quando Isacco chiese a suo padre dov’era l’agnello per il sacrificio, Abramo disse che Dio l’avrebbe provveduto. Quando Abramo fu in procinto di uccidere suo figlio sull’altare, il Signore gli mostrò un montone impigliato nei rovi, che lui poté sacrificare invece di suo figlio. La sostituzione di Isacco con l’agnello come sacrificio a Dio rappresenta il concetto del sacrificio sostitutivo, che è alla base del sistema del sacrificio animale che in seguito Dio diede a Israele attraverso Mosè, come mezzo per la  redenzione dei peccati. Il montone fornito da Dio prefigura il sacrificio di suo Figlio per i peccati dell’umanità.

Così Abrahamo prese la legna per l’olocausto e la caricò su Isacco suo figlio; poi prese in mano sua il fuoco e il coltello e s’incamminarono tutt’e due insieme. E Isacco parlò a suo padre Abrahamo e disse: «Padre mio!». Abrahamo rispose: «Eccomi, figlio mio». E Isacco disse: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?» Abrahamo rispose: «Figlio mio, Dio provvederà egli stesso l’agnello per l’olocausto». E proseguirono tutt’e due insieme. Allora Abrahamo alzò gli occhi e guardò; ed ecco dietro di lui un montone, preso per le corna in un cespuglio. Così Abrahamo andò, prese il montone e l’offerse in olocausto invece di suo figlio.[8]

Secoli più tardi, quando i discendenti di Abramo, gli Ebrei, diventarono schiavi degli Egiziani, Dio parlò a Mosè e gli disse che li avrebbe liberati. Quando il Faraone egiziano non volle lasciarli andare, Dio informò Mosè che una certa notte avrebbe ucciso tutti i primogeniti degli Egiziani, uomini e animali. Comandò che in ogni famiglia ebrea si uccidesse una pecora o una capra di un anno e se ne spruzzasse il sangue sugli stipiti delle loro case. Così facendo, i primogeniti in quelle case sarebbero stati risparmiati dal giudizio divino. Nelle altre, prive del sangue, non sarebbero stati risparmiati.

L’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne nel paese d’Egitto dicendo: «Questo mese sarà per voi il mese più importante, sarà per voi il primo dei mesi dell’anno. Parlate a tutta l’assemblea d’Israele e dite: “Il decimo giorno di questo mese, ogni uomo prenda per se stesso un agnello, secondo la grandezza della famiglia del padre, un agnello per casa. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell’anno; potrete prendere un agnello o un capretto. Lo conserverete fino al quattordicesimo giorno di questo mese, e tutta l’assemblea del popolo d’Israele lo ucciderà sull’imbrunire. Prenderanno quindi del sangue e lo metteranno sui due stipiti e sull’architrave delle case dove lo mangeranno. Ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, quella stessa notte, la mangeranno con pane senza lievito e con erbe amare. In quella notte io passerò per il paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto uomo che bestia, e farò giustizia di tutti gli dei d’Egitto. Io sono l’Eterno. E il sangue sarà un segno per voi sulle case dove siete; quando io vedrò il sangue passerò oltre e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d’Egitto. […] Mosè dunque chiamò tutti gli anziani d’Israele e disse loro: «Andate e prendete degli agnelli per voi e per le vostre famiglie, e immolate la Pasqua».[9]

La loro ubbidienza nel sacrificare l’agnello della Pasqua e spruzzarne il sangue sugli stipiti fu essenziale perché gli Ebrei fossero risparmiati dal giudizio di Dio e consentì loro di liberarsi dalla schiavitù. Nel secondo anno dopo la loro liberazione dall’Egitto[10] Dio diede istruzioni a Mosè di iniziare il sistema levitico dei sacrifici, secondo il quale i sacrifici animali avrebbero espiato il peccato. Gli autori Lewis e Demarest hanno dato questa eccellente spiegazione fondamentale di questo sistema di sacrificio:

Negli olocausti, nei sacrifici di comunione o di ringraziamento, nei sacrifici di espiazione o per il peccato, veniva seguita una procedura che generalmente comprendeva i seguenti elementi: (1) Un animale senza difetti, connotante l’idea di perfezione morale, era presentato dall’offerente alla porta del santuario. (2) L’offerente imponeva le mani sulla testa dell’animale, indicando la sua identificazione con la vittima e il trasferimento della pena del peccato a questo sostituto. (3) L’animale veniva ucciso dall’offerente (o in anni successivi dal sacerdote), indicando che la morte è la giusta punizione per il peccato. (4) Il sacerdote spruzzava sull’altare e attorno alla sua base il sangue della vittima, che  rappresentava la sua vita. (5) L’offerta, in parte o intera, era bruciata sull’altare dell’olocausto e la sua fragranza saliva a Dio come un odore soave. Le Scritture indicano ripetutamente che lo scopo di questi sacrifici era “fare l’espiazione” al posto dell’offerente (Levitico 1,4; 4,20; 5,13; Numeri 5,8; 8,12; 15,25).[11]

Ogni anno, nel giorno dell’espiazione, veniva offerto un sacrificio speciale per i peccati di tutto il popolo. Prima il sommo sacerdote offriva un sacrificio per i propri peccati, poi ne offriva uno speciale per il popolo. Eccone la concisa spiegazione data da Lewis e Demarest:

Il sommo sacerdote sacrificava il primo capro maschio offerto dal popolo come sacrificio per il peccato e ne spruzzava il sangue sopra e davanti al “propiziatorio” (o “coperchio”) nel Santissimo, espiando così l’impurità del popolo (Levitico 16,15-19) e facendo riparazione per i peccati. Questo gesto dello spargimento del sangue, secondo Levitico 17,11, è il modo ordinato da Dio per assicurarsi la redenzione. Il sommo sacerdote poi imponeva le mani sul capo del secondo capro (il “capro espiatorio”) e confessava tutti i peccati della comunità, trasferendo così simbolicamente la colpa dal popolo alla vittima. Il secondo capro diventava così il portatore dei peccati e conduceva irrimediabilmente con sé nel deserto tutte le colpe e le iniquità del popolo.[12]

In questi sacrifici del Vecchio Testamento possiamo vedere i concetti di espiazione dei peccati e di riconciliazione per mezzo di una sostituzione. Come il montone era stato sacrificato al posto di Isacco, così gli animali erano sacrificati per i peccati dell’offerente. Questi sacrifici veterotestamentari espiavano i peccati passati, ma dovevano essere ripetuti quando ne venivano commessi di nuovi.

Dio Redentore

Oltre a questi esempi e ombre dell’espiazione del peccato mediante il sacrificio sostitutivo di un altro al posto del peccatore e mediante la collocazione di tutti i peccati su un singolo “capro espiatorio”, nel Vecchio Testamento troviamo un’altra prefigurazione di cose che sarebbero avvenute in seguito, cioè la comprensione del fatto che Dio è il “Redentore”.

Nell’esodo dall’Egitto, Dio stesso, con le sue opere potenti, liberò il suo popolo dalla schiavitù. Lo salvò e lo liberò. Rivolgendosi a Mosè, disse:

Perciò, di’ ai figli d’Israele: “Io sono il Signore; quindi vi sottrarrò ai duri lavori di cui vi gravano gli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi salverò con braccio steso e con grandi atti di giudizio”.[13]

Da quel momento Dio fu chiamato il Redentore.

Si ricordavano che Dio era la loro Rocca e che il Dio altissimo era il loro Redentore.[14]

Perché l’Eterno vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, l’Eterno vi ha fatto uscire con mano potente e vi ha riscattati dalla casa di schiavitù, dalla mano del Faraone, re d’Egitto.[15]

E ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che l’Eterno, il tuo Dio, ti ha redento; perciò oggi io ti comando questo.[16]

La liberazione degli Ebrei dalla schiavitù fu opera di Dio. Essi non erano in grado di liberarsi da soli dalla cattività in Egitto. Fu Dio a pronunciare il suo giudizio sugli Egiziani quando il faraone si rifiutò di lasciar partire gli Israeliti; fu Lui a far cadere su di loro le piaghe che portarono alla liberazione miracolosa del popolo ebreo. Mediante il sacrificio dell’agnello della Pasqua Dio salvò gli Ebrei dalla punizione inflitta agli Egiziani.

Dio liberò gli Ebrei mediante atti soprannaturali e miracoli operati dalla sua mano e non dalle loro azioni. Questa era una prefigurazione della grazia con la quale ci avrebbe redento portandoci la sua salvezza. Sono le sue opere, non le nostre, che ci hanno salvato. La salvezza è disponibile solo per grazia, misericordia e amore.

Il piano divino della salvezza mediante la morte e la risurrezione di Gesù era già in opera per la redenzione degli esseri umani ancora prima che essi esistessero. Nel Vecchio Testamento Egli comincia a rivelare il suo piano; poi, ai tempi del Nuovo Testamento, quando Giovanni Battista proclama: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”,[17] comincia a rivelarlo nella sua pienezza.

L’Agnello di Dio

Nel Nuovo Testamento si parla ripetutamente dell’adempimento del piano divino della redenzione mediante la morte di Gesù e il suo sacrificio per noi con lo spargimento del suo sangue per i nostri peccati. È Lui l’Agnello sacrificato, morto al nostro posto, che, come il capro espiatorio, ha portato su di Sé i nostri peccati. È il Redentore che ci salva dalla schiavitù del peccato. La sua morte e la sua risurrezione sono il culmine degli esempi e delle ombre del Vecchio Testamento. Sono l’adempimento del piano divino della redenzione. Dio è stato santo, retto e giusto con le sue creature. È stato amorevole, misericordioso e benigno. E noi siamo i beneficiari del sacrificio più grande mai fatto.

Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave.[18]

Per mezzo di questa volontà, noi siamo santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre. Con un’unica offerta, infatti, Egli ha reso perfetti per sempre coloro che sono santificati.[19]

Non ha bisogno ogni giorno, come quei sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché Egli ha fatto questo una volta per tutte, quando offerse se stesso.[20]

Entrò una volta per sempre nel santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma col proprio sangue, avendo acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei tori e dei capri e la cenere di una giovenca aspersi sopra i contaminati li santifica, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente.[21]

Non con cose corruttibili, come argento od oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come di Agnello senza difetto e senza macchia.[22]

Ma ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete stati avvicinati per mezzo del sangue di Cristo.[23]

In [Cristo] abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia.[24]

Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Molto più dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di Lui.[25]

La nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi.[26]

Perché questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto che è sparso per molti per il perdono dei peccati.[27]


[1] Giovanni 3,16.

[2] Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che Egli faccia, ma è paziente verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento (2 Pietro 3,9).

[3] Romani 5,8.

[4] 1 Giovanni 4,9–10.

[5] Genesi 3,15.

[6] Jack Cottrell, What the Bible Says About God the Redeemer (Eugene, Oregon: Wipf and Stock Publishers, 1987), 402.

[7] David Berg, Carne o spirito? Febbraio 1971.

[8] Genesi 22,6–8,13.

[9] Esodo 12,1–3,5–8,12–13,21.

[10] Così il primo giorno del primo mese del secondo anno, il tabernacolo fu eretto. […] Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso del tabernacolo, della tenda di convegno, e su di esso offrì l’olocausto e l’oblazione, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè (Esodo 40,17.29).

[11] Gordon R. Lewis e Bruce A. Demarest, Integrative Theology, Volume 2 (Grand Rapids, Michigan: Zondervan, 1996), 383–384.

[12] Gordon R. Lewis e Bruce A. Demarest, Integrative Theology, Volume 3 (Grand Rapids, Michigan: Zondervan, 1996), 184.

[13] Esodo 6,6 NR.

[14] Salmi 78,35.

[15] Deuteronomio 7,8.

[16] Deuteronomio 15,15.

[17] Giovanni 1,29.

[18] Efesini 5,2.

[19] Ebrei 10,10.14.

[20] Ebrei 7,27.

[21] Ebrei 9,12–14.

[22] 1 Pietro 1,18–19.

[23] Efesini 2,13.

[24] Efesini 1,7.

[25] Romani 5,8–9.

[26] 1 Corinzi 5,7.

[27] Matteo 26,28.


Titolo originale: The Heart of It All: Salvation – God’s Plan
Pubblicato originariamente in Inglese il 23 Ottobre 2012