Al cuore di tutto: la salvezza
Marzo 4, 2013
di Peter Amsterdam
Al cuore di tutto: la salvezza
Sacrificio sostitutivo e riconciliazione
Nell’ultimo articolo abbiamo visto la propiziazione e la redenzione (o riscatto), due dei quattro concetti scritturali che ci aiutano a comprendere come la morte di Gesù ci salvi dalla pena del peccato e ci riconcili a Dio. Il terzo e il quarto concetto, il sacrificio sostitutivo e la riconciliazione, contribuiranno alla comprensione di come il piano divino della salvezza ci garantisca il perdono dei peccati.
Il sacrificio sostitutivo, o vicario
Un terzo concetto che può contribuire a un’ulteriore comprensione della salvezza è il sacrificio sostitutivo, a volte chiamato anche sacrificio vicario o sostituzione penale. Vicario in questo caso significa che prende il posto, fa le veci o rappresenta un altro; in questo senso il sacrificio di Gesù al nostro posto è considerato un sacrificio vicario. La sostituzione penale si riferisce al pagamento della pena per i nostri peccati da parte di Cristo. Questo concetto era il fondamento del sistema propiziatorio levitico, spiegato nel primo articolo di questa serie, secondo il quale si offriva un sacrificio al posto dell’offerente. Un simile sacrificio per il peccato richiedeva lo spargimento del sangue, che, come Dio aveva detto, era necessario per la riparazione dei peccati.
Poiché la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per fare l’espiazione per le vostre vite, perché è il sangue che fa l’espiazione per la vita.[1]
Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.[2]
Il concetto di un sostituto che porti i nostri peccati e subisca la punizione al nostro posto ci viene trasmesso da Isaia 53, che è a volte chiamato il Canto del Servitore Sofferente. (Quando viene usata solo una parte del versetto, ne troverete la versione completa nelle note.)
Egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori.[3]
Egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti.[4]
L’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.[5]
Colpito per le trasgressioni del mio popolo.[6]
Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato.[7]
Per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo, renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità.[8]
Ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; Egli ha portato il peccato di molti e ha interceduto per i trasgressori.[9]
Gesù affermò che avrebbe dato la vita come riscatto per molti. In questo versetto, la parola “per” è tradotta dal greco anti, che significa invece di, o al posto di.
Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.[10]
Pur non usando la stessa parola greca anti, molti altri versetti esprimono il concetto di invece di, o al posto di.
[Gesù] disse loro: “Questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto, che è sparso per molti”.[11]
Che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci dalla presente malvagia età secondo la volontà di Dio, nostro Padre.[12]
Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.[13]
Infatti vi ho prima di tutto trasmesso ciò che ho anch’io ricevuto, e cioè che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture.[14]
Il quale ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti, secondo la testimonianza resa nei tempi stabiliti.[15]
Ma vediamo coronato di gloria e d’onore per la morte che sofferse, Gesù, che è stato fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, affinché per la grazia di Dio gustasse la morte per tutti.[16]
La morte di Gesù fu un sacrificio sostitutivo. Egli prese il nostro posto, subì la nostra punizione. Soffrì al nostro posto affinché potessimo essere perdonati e avere vita eterna.
Riconciliazione
È la morte di Gesù sulla croce, è lo spargimento del suo sangue, che ci purifica dal peccato e ci rende possibile la riconciliazione con Dio. Il quarto concetto, la riconciliazione, generalmente si riferisce alla fine delle ostilità tra due persone che hanno litigato. Significa riportare insieme persone separate, o nemiche. Il peccato causa la separazione da Dio, ma la morte di Gesù ha rimosso la separazione e così ha cambiato il nostro rapporto con Dio.
Ma ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete stati avvicinati per mezzo del sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due popoli uno e ha demolito il muro di separazione, avendo abolito nella sua carne l’inimicizia, la legge dei comandamenti fatta di prescrizioni, per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare ambedue con Dio in un sol corpo per mezzo della croce, avendo ucciso l’inimicizia in se stesso.[17]
Perché è piaciuto al Padre di far abitare in Lui tutta la pienezza, e, avendo fatta la pace per mezzo del sangue della sua croce, di riconciliare a sé, per mezzo di lui, tutte le cose, tanto quelle che sono sulla terra come quelle che sono nei cieli. E voi stessi, che un tempo eravate estranei e nemici nella mente con le vostre opere malvagie, ora vi ha riconciliati nel corpo della sua carne, mediante la morte, per farvi comparire davanti a sé santi, irreprensibili e senza colpa.[18]
Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.[19]
Il gesto di riconciliazione tra Dio e noi è compiuto da Lui, non da noi. Nel suo grande amore e nella sua misericordia, ci ha riconciliati a Sé.
Propiziazione, sostituzione, riconciliazione, redenzione e salvezza sono tutti modi diversi di descrivere il gesto del Dio misericordioso che ci ama. La salvezza è il suo dono per noi, un dono per il quale non abbiamo fatto niente e che non ci meritiamo. Anche se è un dono, se è gratuito, è costato molto a Chi lo ha fatto. Diede suo Figlio che, nella tortura della morte sulla croce, prese su di Sé i peccati del mondo e soffrì la separazione da Dio al nostro posto.
La morte di Gesù fu un sacrificio vicario per noi. Il suo sangue fu sparso per la nostra salvezza. Egli pagò il prezzo del nostro riscatto, perché fossimo liberi; grazie a questo ci riconciliò con Dio.
Come paragone al decreto della legge divina che solo gli animali senza difetto potessero essere presentati in sacrificio, anche Gesù, il Salvatore senza peccato, fu l’unico che potesse essere sacrificato come propiziazione dei nostri peccati. Come uomo, Egli condusse una vita di ubbidienza a Dio, senza peccato. Se avesse peccato, sarebbe dovuto morire per i suoi peccati, invece dei nostri. Ma non peccò e quindi costituì un sacrificio senza difetti.
Mantenne la santità divina nella sua vita incarnata e quindi non meritò alcuna punizione. Prese su di Sé i nostri peccati, come il “capro espiatorio”, e ne divenne il portatore. I nostri peccati furono imputati a Lui; divennero suoi, perché si sostituì a ognuno di noi. Subì la morte e la punizione di tutti i peccatori e grazie a ciò la sua giustizia fu attribuita a tutti i credenti. Si addossò la nostra colpa e la nostra punizione e così facendo rese possibile a ognuno di noi la riconciliazione con Dio.
A quale costo?
Siamo stati redenti dal sacrificio fatto da Dio con la morte di Gesù. Egli pagò sulla croce il prezzo dei nostri peccati, ma cosa gli costò portare le nostre trasgressioni e la nostra punizione?
Cominciò con la sua incarnazione, quando la seconda Persona della Trinità “svuotò se stesso” diventando umano e vivendo sulla terra per decenni, umiliandosi e diventando ubbidiente fino alla morte.[20] Soffrì quando fu tentato e imparò l’ubbidienza attraverso ciò che soffrì.[21] Patì un dolore fisico estremo e una morte orribile mediante la crocifissione. Fu torturato brutalmente e inchiodato a una croce.
Oltre al dolore e alla sofferenza fisica, sopportò anche il dolore di dover portare i peccati dell’umanità. Gli fu imputata la colpa dei nostri peccati. Dio vide i peccati dell’umanità come appartenenti a Gesù, invece che a noi. Poiché si addossò i peccati di tutti noi, “ha fatto essere peccato per noi Colui che non ha conosciuto peccato”.[22] Il peccato porta alla separazione da Dio; Gesù, giudicato colpevole di tutti peccati dell’umanità al momento della sua morte, subì quella separazione. Provò la stessa separazione dal Padre sperimentata da chi muore nel peccato. Si ha dimostrazione di questo quando sulla croce Gesù gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”[23] Oltre a ciò, sopportò anche il dolore dell’ira di Dio, il giusto giudizio divino addebitatogli per il peccato di ogni essere umano. Subì al nostro posto la punizione meritata da ciascuno di noi. Pagò il salario del peccato al nostro posto.
Lo scrittore John Stott descrisse così il prezzo della croce:
I peccati accumulati in tutta la storia dell’umanità furono addossati a Lui, che li portò volontariamente nel suo corpo. Li fece suoi. Se ne assunse tutta la responsabilità. Poi, abbandonato spiritualmente in tal modo e completamente desolato, uscì dalle sue labbra il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” […] Stava portando i nostri peccati e Dio, che ha “occhi talmente puri da non poter contemplare il male” e non può “guardare l’ingiustizia”, allontanò lo sguardo da Lui. I nostri peccati s’interposero tra il Padre e il Figlio. […] Portando i nostri peccati, provò il tormento di un’anima estraniata da Dio, subì la nostra morte. Sopportò al nostro posto la pena della separazione da Dio meritata dai nostri peccati.[24]
Il teologo J. I. Packer scrisse:
Nel Getsemani, “cominciò a essere spaventato e angosciato” e disse: “L’anima mia è oppressa da tristezza mortale” (Marco 14,33-35 NR). L’intensità della sua preghiera (per la quale “si gettò a terra”, invece di inginocchiarsi o stare in piedi) era un indice della repulsione e della desolazione interiore che provava al pensiero di ciò che sarebbe successo. […] Poi, sulla croce, Gesù testimoniò il suo buio interiore, corrispondente a quello esterno, con il grido provocato da quell’abbandono: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato”? (Marco 15,34) […] Fu per essere stato fatto peccato e per il dover subire il giudizio divino su di esso, che Gesù tremò, là nell’orto; e fu per il peso di quel giudizio, che sulla croce si lamentò di essere stato abbandonato da Dio. […] L’orrore straordinario della sua morte sta nel fatto che sul Calvario provò l’ira di Dio a noi dovuta, facendo così propiziazione per i nostri peccati.[25]
J. Rodman Williams parla di quel prezzo in questi termini:
Il peso della furia divina diretta contro il peccato sulla croce è umanamente inconcepibile. Sul Calvario, i calici dell’ira divina si riversarono sui peccati dell’umanità intera. Cristo dovette sopportare da solo quella punizione tremenda e subirne il tormento e l’angoscia indescrivibili. […] Il Figlio di Dio, essendosi fatto peccato in maniera tale che il Padre non poteva sopportare di guardarlo, provò in quel momento l’orrore dell’abbandono da parte di Dio, che appartiene all’inferno stesso. […] Ma, con questo, Dio in Cristo stava riconciliando il mondo con Sé, subendo la nostra condanna e la nostra punizione, morendo per i peccati dell’umanità. […] Questa è la punizione vicaria — al di là d’ogni misura umana. Cristo subì le piene conseguenze della nostra condizione peccatrice: l’abbandono, l’allontanamento da Dio, la dannazione. Prese il nostro posto, ricevette su di Sé il giudizio, si spinse fino all’estremo.[26]
Salire sulla croce costò molto a Cristo. Pagò il prezzo e subì la punizione del peccato per ognuno di noi. Il suo dolore e la sua agonia ci consentirono di ricevere il perdono del peccato, la libertà dalla punizione e la riconciliazione con Dio. È il dono più grande che si possa ricevere, è gratuito, è la vita eterna. E poiché abbiamo ricevuto questo dono — che non è costato niente a noi, ma molto a Cristo — Dio ci chiede di diventare suoi ambasciatori e di portare agli altri il suo messaggio di riconciliazione, implorandoli di riconciliarsi con Dio.
Ora tutte le cose sono da Dio, che ci ha riconciliati a sé per mezzo di Gesù Cristo e ha dato a noi il ministero della riconciliazione, poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; e noi vi esortiamo per amore di Cristo: Siate riconciliati con Dio.[27]
[1] Levitico 17,11.
[2] 1 Giovanni 1,7.
[3] Eppure Egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da Dio ed umiliato (Isaia 53,4).
[4] Isaia 53,5.
[5] Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l’Eterno ha fatto ricadere su di Lui l’iniquità di noi tutti (Isaia 53,6).
[6] Fu portato via dall’oppressione e dal giudizio; e della sua generazione chi rifletté che era strappato dalla terra dei viventi e colpito per le trasgressioni del mio popolo? (Isaia 53,8).
[7] Ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, Egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani (Isaia 53,10).
[8] Egli vedrà il frutto del travaglio della sua anima e ne sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo, renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità (Isaia 53,11).
[9] Perciò gli darò la sua parte fra i grandi, ed Egli dividerà il bottino con i potenti, perché ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; Egli ha portato il peccato di molti e ha interceduto per i trasgressori (Isaia 53,12).
[10] Marco 10,45.
[11] Marco 14,24.
[12] Galati 1,4.
[13] Galati 2,20.
[14] 1 Corinzi 15,3.
[15] 1 Timoteo 2,6.
[16] Ebrei 2,9.
[17] Efesini 2,13–16.
[18] Colossesi 1,19–22.
[19] Romani 5,10–11.
[20] Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce (Filippesi 2,6–8).
[21] Infatti, poiché Egli stesso ha sofferto quando è stato tentato, può venire in aiuto di coloro che sono tentati (Ebrei 2,18).
Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì, e, reso perfetto, divenne autore di salvezza eterna per tutti coloro che gli ubbidiscono (Ebrei 5,8–9).
[22] Poiché Egli ha fatto essere peccato per noi Colui che non ha conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in Lui (2 Corinzi 5,21).
[23] Matteo 27,46.
[24] John Stott, Basic Christianity (Downers Grove, Illinois: InterVarsity Press, 1971), 117–118.
[25] J. I. Packer, Knowing God (Downers Grove, Illinois: InterVarsity Press, 1973), 192–193.
[26] J. Rodman Williams, Renewal Theology, Systematic Theology from a Charismatic Perspective, Volume 1 (Grand Rapids, Michigan: Zondervan, 1996), 358.
[27] 2 Corinzi 5,18–20.
Titolo originale: The Heart of It All: Salvation – Substitutionary Sacrifice and Reconciliation
Pubblicato originariamente in Inglese il 6 Novembre 2012