Donne di fede: negli Atti e nelle Epistole

Novembre 12, 2016

di Peter Amsterdam

[Women of Faith: In Acts and the Epistles]

(Questo fa parte di una serie di quattro articoli che esplorano il ruolo delle donne nel Nuovo Testamento, per far luce sul ruolo particolare da loro svolto agli inizi del Cristianesimo e sull’importanza del loro ruolo nella chiesa di oggi.)

Grazie alle sue interazioni con le donne durante il suo ministero, Gesù spezzò lo stampo tradizionale che gli Ebrei avevano per loro nel primo secolo. Dopo la sua risurrezione, i suoi primi seguaci proseguirono nella sua visione che gli uomini e le donne erano parimenti in grado di essere discepoli e partecipare alla diffusione del Vangelo.

Questa uguaglianza fu confermata nel giorno della Pentecoste. Appena prima della sua ascensione, Gesù aveva ordinato ai discepoli che rimanessero a Gerusalemme e aspettassero la promessa del Padre: «Che, egli disse, voi avete udito da me. Perché Giovanni battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo, fra non molti giorni».1 «Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e fino all’estremità della terra».2

Leggiamo che mentre aspettavano a Gerusalemme, i credenti – sia uomini che donne, compresa Maria, madre di Gesù, e i fratelli di lui – continuavano a riunirsi e a dedicarsi alla preghiera. Anche il giorno della Pentecoste erano tutti insieme.

E all’improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi.3

L’apostolo Pietro, predicando alla folla che si era riunita, spiegò quello che era successo, citando queste parole dal libro di Gioele:

«E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. In quei giorni spanderò del mio Spirito sopra i miei servi e sopra le mie serve, e profetizzeranno».4

Quando lo Spirito Santo discese, le donne erano presenti; così Pietro, citando il profeta Gioele, rafforzò il concetto che anche loro, come gli uomini, avevano ricevuto lo Spirito Santo e la potenza per predicare il Vangelo.

Nel libro degli Atti leggiamo che, quando scoppiò la persecuzione, Saulo (che in seguito divenne l’apostolo Paolo) iniziò a perseguitare i Cristiani, uomini e donne.

Ma Saulo devastava la chiesa: entrando di casa in casa, trascinava via uomini e donne e li metteva in prigione.5 Saulo intanto, spirando ancora minacce e strage contro i discepoli del Signore, si recò dal sommo sacerdote, e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato alcun seguace della Via, uomini o donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme.6

Gli autori del libro Women in the Church [Donne nella Chiesa],7 citano Ben Worthington:

Questo suggerirebbe ai lettori di Luca che le donne erano abbastanza significative per numero e/o importanza per la causa della Via, che Saulo non riteneva di poter fermare il movimento senza arrestare sia gli uomini sia le donne.8

Negli Atti leggiamo anche di profetesse. Le figlie di Filippo profetizzavano.9 Paolo scrisse riguardo alle donne in maniera tale da suggerire che fosse abbastanza normale che profetizzassero pubblicamente:

Ogni uomo, che prega o profetizza col capo coperto, fa vergogna al suo capo. Ma ogni donna, che prega o profetizza col capo scoperto, fa vergogna al suo capo.10

Riguardo ai profeti, poi, Paolo scrisse in maniera tale da suggerire che avessero una posizione ufficiale, insieme ai fedeli che avevano altre funzioni.11 Questo ci dà indicazioni che le donne avessero posizioni di leadership all’interno della prima chiesa.

Leggiamo anche di donne che all’interno della chiesa erano insegnanti. In Atti 18 leggiamo di un ebreo di nome Apollo che era un oratore eloquente e conosceva bene le Scritture ebraiche. Era stato istruito nella via del Signore, comunque, non sapeva tutto ciò che c’era da sapere. Quando Priscilla (chiamata anche Prisca) e Aquila lo sentirono predicare con fermezza nella sinagoga, lo presero da parte e gli spiegarono la via di Dio con maggior accuratezza.12 Vediamo qui il caso in cui Priscilla contribuì a istruire un uomo nella fede. In questo caso, e in altri punti del Nuovo Testamento, Priscilla viene nominata prima di suo marito Aquila. A quei tempi era piuttosto fuori dal comune citare il nome della moglie prima di quello del marito. Grenz e Kjesbo scrivono:

Il riferimento a “Priscilla e Aquila” suggerisce che probabilmente l’insegnante principale era lei. Non dovremmo nemmeno sottovalutare la profondità dell’insegnamento di Priscilla e Aquila. Anche se Apollo era “versato nelle scritture”, il fatto che gli spiegassero “con più esattezza la via di Dio” doveva indicare che avessero una preparazione tale da farglielo accettare.13

Paolo si riferì a Priscilla e ad Aquila come ai miei compagni d’opera in Cristo Gesù, i quali hanno rischiato la loro testa per la mia vita; a loro non solo io, ma anche tutte le chiese dei gentili rendono grazie. Salutate anche la chiesa che è in casa loro.14 Qui vediamo che Paolo chiama una donna compagna d’opera, un termine che usa in una delle sue frasi preferite quando si riferiva a chi lo aiutava nel suo ministero – “collaboratore e compagno d’opera”. Altre persone che Paolo indicò come tali includevano Timoteo15 e Tito,16 che erano chiaramente impegnati nella guida della chiesa. Altre donne a cui Paolo si riferisce come collaboratrici sono Evodia e Sintiche, di cui dice: hanno combattuto con me nell’evangelo, insieme con Clemente e gli altri miei compagni d’opera, i cui nomi sono nel libro della vita.17

In Romani capitolo 16, Paolo saluta ventisette persone e parla specificamente di diverse di loro, comprese sei donne. Priscilla è chiamata compagna d’opera, Maria, la quale si è molto affaticata per noi,18 Trifena, Trifosa che si affaticano nel Signore, e Perside che si è molto affaticata nel Signore.19 (Febe e Giunia, le altre due donne citate, le vedremo in seguito.) In questo capitolo vediamo che Paolo elogia queste donne impegnate nel ministero con le stesse parole che usa per gli uomini, il che indica che li considerava tutti, uomini e donne, partner uguali nel lavoro di Dio.

Ci sono altre indicazioni che le donne avessero ruoli di leadership nella prima chiesa. Alcune erano sostenitrici e avevano case che venivano utilizzate come luoghi di culto. Maria, madre di Giovanni Marco,20 Lidia21 e Priscilla (insieme ad Aquila)22 erano tutte delle sostenitrici. Febe era una diaconessa, diakonos in greco, e alcuni studiosi ritengono che avesse un incarico ufficiale, forse come ministra del culto, nella chiesa di Cencrea. Altri pensano che volesse dire che era la sostenitrice della chiesa. In qualunque caso, Paolo chiaramente la onorava e la considerava abbastanza importante da raccomandarsi ai credenti di Roma affinché l’accogliate nel Signore, come si conviene ai santi, assistendola in qualunque cosa avrà bisogno di voi, perché ella ha prestato assistenza a molti e anche a me stesso.23

In Romani 16,7 Paolo scrisse:

Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli, ed erano in Cristo già prima di me.24

Riguardo a questo versetto e al suo significato ci sono state alcune divergenze d’opinione fra gli studiosi. Giunia era considerato un nome di donna fino al tredicesimo secolo, quando in alcuni manoscritti fu cambiato in “Giunias”, che potrebbe indicare un nome maschile. La frase “i quali si sono segnalati fra gli apostoli” può essere tradotta in due modi, o come “ben conosciuti fra gli apostoli”, o come “apostoli insigni”. Oggi la maggior parte degli studiosi ritiene che Giunia fosse una donna e che la traduzione migliore sia “apostoli insigni”, indicando che Giunia era chiamata un’apostola. Ciò non vuol dire che fosse una dei Dodici Apostoli, ma poiché Andronico e Giunia erano credenti già da prima di Paolo, forse erano fra i cinquecento fratelli a cui Gesù apparve prima della sua ascensione.25 L’uso che Paolo fa di questa espressione può essere inteso anche come se avessero un titolo ufficiale, un po’ come Barnaba fu chiamato apostolo perché era stato incaricato di agire nell’interesse della chiesa locale ed era stato confermato dallo Spirito Santo.26 È abbastanza possibile, quindi, che Giunia fosse nota come apostola.

Uno dei passi chiave negli scritti di Paolo che indica la parità tra uomini e donne è Galati 3,26-29:

Perché voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa.

Paolo vuole indicare che le distinzioni fra Ebrei e Greci, schiavi e liberi, maschi e femmine, non sono più necessarie tra i credenti. Tutti quelli che si sono “rivestiti di Cristo” sono considerati uguali. Come spiegano Grenz e Kjesbo, il “vestito” che tutti i credenti ugualmente indossano li contrassegna con una “identicità” più vasta di ogni distinzione umana.27 Un modo per riconoscere questa identicità è la distribuzione dei doni dello Spirito:

Ora vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spirito. Vi è diversità di ministeri, ma non v’è che un medesimo Signore. Vi è varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale opera tutte le cose in tutti. … Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. Or tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole.28

Poiché tutti i credenti – Ebrei o Gentili, schiavi o liberi, maschi o femmine – ricevono i doni dello Spirito, hanno tutti pari stato spirituale.

Paolo indica che mediante la riconciliazione con Dio per mezzo di Cristo, il vecchio sistema di distinzione tra Ebrei o Gentili, schiavi o liberi, maschi o femmine è finito. Questo nuovo modo di vedere porta all’unità di tutti i credenti. Grenz e Kjesbo hanno scritto:

Secondo Paolo, dunque, ogni persona deve usare la cultura etnica, la condizione sociale o il genere che gli appartiene nel contesto e come veicolo per glorificare di Dio. Queste distinzioni umane non sono cancellate in Cristo. Invece, poiché non hanno alcun significato per la posizione di una persona coram Deo [davanti a Dio], non forniscono più una base per distinzioni pratiche nella fratellanza di Cristo.29

In breve,

non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù.30

Per riassumere: le interazioni di Gesù con le donne, il suo accettarle come discepole ed evidenziarle nei suoi insegnamenti come esempi positivi e testimoni fedeli gettano le basi per una partecipazione delle donne al ministero della prima chiesa su basi paritarie con gli uomini, il che rappresentava un cambiamento radicale nel primo secolo. Inoltre, nel libro degli Atti vediamo che le donne ricevettero lo Spirito Santo al pari degli uomini e furono profetesse e insegnanti. L’apostolo Paolo considerava le donne collaboratrici oltre che sostenitrici e, nel caso di Giunia, apostole. Riconobbe e sostenne chiaramente il ministero delle donne come leader all’interno del Cristianesimo.

In altri punti degli scritti di Paolo troviamo passi che sembrano restrittivi nei confronti delle donne. Li vedremo nel prossimo articolo.

(Continua.)


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 Atti 1,4–5.

2 Atti 1,8.

3 Atti 2,2–4.

4 Atti 2,17–18.

5 Atti 8,3.

6 Atti 9,1–2.

7 Stanley J. Grenz and Denise Muir Kjesbo, Women in the Church (Downers Grove: IVP Academic, 1995).

8 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 80.

E Dio ne ha costituiti alcuni nella chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come dottori; poi ha ordinato le potenti operazioni; quindi i doni di guarigione, i doni di assistenza e di governo e la diversità di lingue (1 Corinzi 12,28).

Colui che è disceso è lo stesso che è anche salito al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose. Ed egli stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti e altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo (Efesini 4,10–12).

9 Atti 21,8–9.

10 1 Corinzi 11,4–5.

11 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 82.

12 Atti 18,24–26.

13 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 82.

14 Romani 16,3–5.

15 Romani 16,21; 1 Tessalonicesi 3,2.

16 2 Corinzi 8,23.

17 Filippesi 4,3.

18 Romani 16,6.12.

19 Romani 16,12.

20 Atti 12,12.

21 Atti 16,14–15.

22 1 Corinzi 16,19.

23 Romani 16,2.

24 Romani 16,7 NR.

25 In seguito apparve in una sola volta a più di cinquecento fratelli, la maggior parte dei quali è ancora in vita, mentre alcuni dormono già (1 Corinzi 15,6).

26 Atti 13,2; 14,14.

27 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 100.

28 1 Corinzi 12,4–7.11.

29 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 106.

30 Galati 3,28.


Pubblicato originariamente in Inglese il 24 maggio 2016.