Donne di fede: nella chiesa d’oggi

Novembre 15, 2016

di Peter Amsterdam

Women of Faith: In the Church Today

(Questo è l’ultimo di una serie di quattro articoli che esplorano il ruolo delle donne nel Nuovo Testamento, per far luce sul ruolo particolare da loro svolto agli inizi del Cristianesimo e sull’importanza del loro ruolo nella chiesa di oggi.)

Come abbiamo visto nei primi tre capitoli di questa serie, Gesù, Paolo e la prima chiesa si allontanarono dalle barriere religiose, culturali e di genere degli Ebrei dei loro giorni. Gesù diede istruzioni ai suoi discepoli di predicare il Vangelo a tutti, non solo al popolo ebraico.1 Paolo insegnò che quando si tratta di credenti non esiste differenza tra schiavi e liberi. Indicò anche che non c’è differenza tra maschi e femmine, che in Gesù tutti sono uno.2 Gli scritti di Paolo affermano anche il valore delle donne nel ministero spirituale, riconoscendo che possono avere i doni dello Spirito, dimostrando di accettarle come profetesse, insegnanti, diaconesse e collaboratrici, facendo loro grandi elogi nelle sue Epistole.

La domanda che viene fatta spesso è questa:

Perché, mentre Paolo affermò chiaramente che in Cristo gli uomini e le donne sono uguali, poi scrisse le seguenti cose? Non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sull’uomo, ma ordino che stia in silenzio;3 e: Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa.4

Nella chiesa di oggi vi sono due scuole di pensiero su come interpretare questi versetti (e altri versetti paolini che sembrano dire che uomini e donne non sono uguali nelle questioni spirituali).

Una è l’interpretazione del Complementarismo, secondo la quale esiste una distinzione ordinata da Dio tra maschio e femmina e che Dio creò le donne perché fossero sottomesse all’uomo, alla sua autorità finale e alla sua guida nella casa e nella chiesa.5

L’altra è quella dell’Egualitarianismo, che sostiene esservi una parità biblica tra i generi; e che la Bibbia non insegna un ruolo di genere in cui le donne siano subordinate agli uomini. Questa interpretazione sostiene che la parità di valore, grado, privilegio e stato, senza funzioni stereotipate di genere, faccia parte dell’identità fondamentale di ogni persona.6

Le chiese che sostengono l’interpretazione complementarista limitano le posizioni che le donne possono avere all’interno della chiesa. Anche se possono insegnare le Scritture o predicare ad altre donne e ai bambini, non possono istruire o dirigere gli uomini. Non possono essere pastore o anziane della chiesa, perché in una simile posizione eserciterebbero autorità sopra gli uomini. Nella loro interpretazione, quando le Scritture dicono che “il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa”, vogliono dire che il marito è il capo della famiglia e sta sopra la moglie, quindi le mogli dovrebbero essere sottomesse ai loro mariti.7 Quelli che sostengono l’interpretazione egalitaria, invece, credono che le donne siano altrettanto capaci e autorizzate a predicare, insegnare e ricoprire posizioni di leadership, e che nel matrimonio marito e moglie siano uguali.

Approfondire il significato di ognuno dei versetti biblici in cui queste due linee d’interpretazione differiscono sarebbe molto tecnico e richiederebbe una moltitudine di parole. Invece di provarci, accennerò a diversi punti riguardanti l’interpretazione egualitaria, perché credo che seguano più da vicino i principi insegnati da Gesù sulle donne in base alle cose che disse e alle sue interazioni con loro.

Comparando i versetti in cui Paolo disse che le donne dovrebbero tacere e non esercitare autorità sugli uomini8 con la sua visione generale dell’uguaglianza di tutti quelli che sono in Cristo, possiamo intuire che probabilmente si riferiva a situazioni specifiche delle chiese a cui stava scrivendo. È probabile che in 1 Timoteo si riferisse a un problema specifico avente a che fare con donne che avevano imparato alcune false dottrine e quindi non erano autorizzate a insegnare. Nel parlare dell’abbigliamento delle donne, probabilmente si riferiva alla presenza di donne facoltose che sbandieravano la loro ricchezza.9

In 1 Corinzi, Paolo dice che Dio non è un Dio di confusione,10 poi prosegue col dire che le donne devono tacere nelle chiese e, se hanno domande, dovrebbero farle ai loro mariti a casa. Numerosi studiosi interpretano lo scopo di questi versetti come dei riferimenti a situazioni locali in cui alcune donne cristiane, liberate dalle precedenti more sociali patriarcali, usavano eccessivamente il loro diritto di parlare, al punto da causare disturbo. Paolo intendeva dire che il servizio di culto nella chiesa non era l’ambiente giusto per le loro domande, perché causavano interruzioni.

Esaminata nel contesto di tutti gli scritti di Paolo, la sua affermazione che le donne dovessero imparare in silenzio molto probabilmente era indirizzata a chiese specifiche con problemi specifici causati da alcune donne. In altri punti Paolo parlò favorevolmente delle donne che pregavano e profetizzavano nella chiesa, così, a conti fatti, se ne può dedurre che il dire in un unico caso che le donne non dovevano parlare in chiesa non voleva essere una regola universale e non indicava che non dovessero farlo mai.

In 1 Corinzi 11 Paolo afferma che l’uomo è “il capo della donna”, e questo può essere inteso come se volesse insegnare che le mogli sono soggette ai loro mariti.

Voglio però che sappiate che il capo di ogni uomo è Cristo, il capo della donna è l’uomo e il capo di Cristo è Dio.11 L’uomo invece non deve coprirsi il capo, perché è l’immagine e la gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo, perché l’uomo non è dalla donna, ma la donna dall’uomo, anche perché l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo.12 Nondimeno, né l’uomo è senza la donna, né la donna senza l’uomo, nel Signore, perché come la donna proviene dall’uomo, così anche l’uomo nasce per mezzo della donna, e ogni cosa è da Dio.13

Efesini 5 dice qualcosa di simile:

Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come al Signore, poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, ed egli stesso è Salvatore del corpo. Parimenti, come la chiesa è sottomessa a Cristo, così le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.14

Un aspetto fondamentale per capire ciò che Paolo insegnava riguarda il significato di “capo”. Nel greco antico, il termine kephalē raramente significava capo nel senso di “padrone”, “boss”. Spesso significava “fonte”, come nell’inizio, nella fonte di un fiume. In 1 Corinzi 11, Paolo si riferiva a Genesi 2, dove leggiamo che Eva fu creata da una delle costole di Adamo. Di conseguenza, l’uomo è letteralmente la “fonte” della donna. In maniera simile, Dio Padre è la fonte del Figlio e Gesù è la fonte della chiesa. Paolo diceva così che il capo (la fonte) di ogni uomo è Cristo, il capo (la fonte) della donna è l’uomo e il capo (la fonte) di Cristo è Dio Padre.15 Se Paolo avesse voluto dire che il marito è il padrone, avrebbe usato il termine greco archon, che si riferisce a un comandante o un padrone indiscusso, cosa che non fece.

In Efesini, ciò che Paolo aveva in mente, quando disse che “Cristo è capo della chiesa”,16 era Cristo come Salvatore, servo e fonte della salvezza non Cristo come padrone e regnante. Non diceva che il marito deve avere il tipico atteggiamento patriarcale comune ai suoi giorni, quando il marito comandava severamente all’interno della casa. Diceva invece che l’uomo doveva essere il capo imitando l’abnegazione di Cristo e la sua morte sulla croce. Gesù diede la vita per amore dell’umanità. I mariti sono chiamati a dare anch’essi la vita per le loro mogli. La sottomissione della donna è resa possibile dall’amore del marito, simile a quello di Cristo, che antepone i suoi interessi ai propri. C’è una sottomissione mutua. I mariti devono amare le loro mogli come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei.17 Così i mariti devono amare le loro mogli, come i loro propri corpi.18 Ma ciascuno di voi così ami la propria moglie come ama se stesso; e similmente la moglie rispetti il marito.19

Paolo disse ai Cristiani di sottomettersi gli uni agli altri, poi nel versetto successivo disse che le mogli dovrebbero sottomettersi ai loro mariti.20 Deve esserci una sottomissione mutua. Lo vediamo là dove Paolo dice:

La moglie non ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; nello stesso modo anche il marito non ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie.21

Come maschi e femmine sono uguali agli occhi di Dio, così mariti e mogli sono uguali nel matrimonio. Anche se possono avere ruoli diversi nella loro unione, non si tratta di ruoli gerarchici, ma dipendenti dai doni di ciascuno. Per esempio, se un membro dell’unione matrimoniale è più esperto nella gestione finanziaria della famiglia, probabilmente dovrebbe essere lui, o lei, a farlo.

Chi segue la prospettiva del Complementarismo vede le donne come subordinate all’uomo, basandosi sulla storia della creazione in quattro modi: la donna fu creata dopo l’uomo, fu creata dall’uomo, ricevette il proprio nome dall’uomo e fu creata per l’uomo. Si richiamano all’affermazione di Paolo:

Perché l’uomo non è dalla donna, ma la donna dall’uomo, anche perché l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo.22

Osservando questi concetti, vediamo che sono possibili altre interpretazioni dei versetti secondo i quali le donne sono subordinate agli uomini.

Dio potrebbe aver creato la donna dall’uomo per indicare che solo lei in mezzo a tutte le creature è una compagna adatta a lui. Potrebbe voler accentuare la somiglianza tra il maschio e la femmina, che consente alla donna di essere “un aiuto adatto/simile a lui”. Nel Vecchio Testamento, dare il nome a una persona indicava avere autorità su di lei. Riguardo al fatto che la donne ricevette il proprio nome dall’uomo, quando Adamo vide Eva per la prima volta non la chiamò Eva. La chiamò donna, indicando che la riconosceva come propria controparte. Nelle Scritture la chiamò Eva solo dopo il peccato, non prima.23

Alcuni vedono che Dio disse “Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui”24 e giungono alla conclusione che la donna sia stata creata per avere una posizione subordinata rispetto all’uomo. Per comprendere correttamente questo versetto, però, bisogna vedere il significato del termine ebraico `ezer, tradotto con “aiuto” o “aiutante”. Delle altre venti volte in cui è usato nel Vecchio Testamento, diciassette è in riferimento a Dio come nostro aiuto e le altre si riferiscono ad alleati militari. È tradotto con soccorritore, salvatore, liberatore, forza e potenza. Non è mai usato nel senso di subordinazione. Invece di vedere Eva come inferiore o subordinata ad Adamo, la creazione della donna “per l’uomo” o come suo “aiuto” la vede come colei che lo salva dalla sua solitudine. Non vi è alcun senso di ruolo subordinato.25

Adamo ed Eva scelsero entrambi di disubbidire a Dio. Secondo Genesi, Eva fu la prima a disubbidire, ma Adamo era con lei e scelse liberamente di mangiare il frutto proibito. Furono entrambi colpevoli allo stesso modo. Come conseguenza del loro peccato alcune cose cambiarono. Il serpente (il diavolo) fu maledetto e alla fine sarà sconfitto, le donne soffrono durante il parto, il suolo fu maledetto, gli esseri umani avrebbero dovuto faticare per il loro cibo e alla fine sarebbero morti fisicamente. Rivolgendosi a Eva, Dio disse anche:

I tuoi desideri si volgeranno verso il tuo marito, ed egli dominerà su di te.26 Questo è interpretato come “desidererai controllare tuo marito, ma lui dominerà su di te”.

Dio permise loro di mangiare il frutto di ogni albero, tranne quello dell’albero della conoscenza del bene e del male.27 Dopo la loro disubbidienza, furono cacciati dalla presenza di Dio, allontanati dal giardino perché non potessero avere accesso all’albero della vita. Mentre Satana e il suolo furono maledetti come risultato del peccato, le Scritture non dicono che anche Adamo ed Eva lo furono, ma che il cambiamento delle circostanza avrebbe causato loro maggiori difficoltà. L’ingresso del peccato nella loro vita portò dei cambiamenti nel loro rapporto. Uno d’essi fu che la moglie avrebbe desiderato controllare il proprio marito, ma lui avrebbe dominato su di lei. L’Egalitarismo non lo interpreta come un decreto divino che il marito dovesse dominare sulla moglie, ma come una descrizione delle conseguenze del loro peccato e delle condizioni dell’umanità, prodotte dall’ingresso del peccato e dalla separazione da Dio. Vedendo le cose in questo modo, il dominio dell’uomo non è stabilito da Dio; è una conseguenza del peccato.28

In generale, i versetti del Nuovo Testamento che sembrano relegare le donne a un ruolo o una posizione subordinata nella chiesa e/o nel matrimonio sono tra i più difficili da comprendere. Per questo dobbiamo osservarli nel contesto di tutti gli insegnamenti del Nuovo Testamento. Nel ministero di Gesù leggiamo che Lui presentò le donne come esempi positivi nelle sue parabole e nei suoi insegnamenti, considerate vere testimoni e perfino discepole. Nella prima chiesa vediamo le donne ricoprire molti ruoli importanti, compresi quelli di leadership e insegnamento. Leggiamo del bisogno di una sottomissione reciproca dei Cristiani. Quando poi vediamo alcuni degli insegnamenti di Paolo riguardanti i problemi causati da alcune donne in chiese specifiche, che tendono a opporsi alla sua posizione generale riguardo alla parità tra uomini e donne nel Signore, ci rendiamo conto che erano ordinanze temporanee per dei luoghi specifici e non regole universali.

Entrambi i sessi sono creati uguali, a immagine di Dio. Ci viene offerta la salvezza in maniera uguale e chi l’accetta è ugualmente salvo davanti a Dio. Ognuno di noi riceve i doni dello Spirito Santo, secondo la scelta dello Spirito. Uomini e donne sono chiamati allo stesso modo a predicare il Vangelo. Nel matrimonio siamo compagni uguali, chiamati a sottometterci a vicenda, con amore.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Or ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente (Matteo 28,19–20).

2 Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù (Galati 3,27–28).

3 1 Timoteo 2,12.

4 1 Corinzi 14,34–35.

5 Stanley J. Grenz and Denise Muir Kjesbo, Women in the Church (Downers Grove: IVP Academic, 1995), 18.

6 Ibid.

7 Efesini 5,23–24.

8 Non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sull’uomo, ma ordino che stia in silenzio (1 Timoteo 2,12).

Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa (1 Corinzi 14,34–35).

9 Similmente le donne si vestano in modo decoroso, con verecondia e modestia e non di trecce o d’oro, o di perle o di abiti costosi, ma di buone opere, come conviene a donne che fanno professione di pietà (1 Timoteo 2,9–10).

10 1 Corinzi 14,33.

11 1 Corinzi 11,3.

12 1 Corinzi 11,7–9.

13 1 Corinzi 11,11–12.

14 Efesini 5,22–24.

15 Alan F. Johnson, ed., How I Changed My Mind About Women in Leadership (Grand Rapids: Zondervan, 2010), 230.

16 Ibid.

17 Efesini 5,25.

18 Efesini 5,28.

19 Efesini 5,33.

20 Efesini 5,21–22.

21 1 Corinzi 7,4.

22 1 Corinzi 11,8–9.

23 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 162–63.

24 Genesi 2,18 NR.

25 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 164.

26 Genesi 3,16.

27 Genesi 2,17.

28 Grenz and Kjesbo, Women in the Church, 168–69.

Pubblicato originariamente in Inglese il 31 maggio 2016.