Gesù – la sua vita e il suo messaggio: guarigione a distanza (parte 2)
Agosto 4, 2018
di Peter Amsterdam
Gesù – la sua vita e il suo messaggio: guarigione a distanza (parte 2)
[Jesus—His Life and Message: Healing from a Distance (Part 2)]
Quando Gesù guarì il servo del centurione,1 non solo fece un miracolo a distanza, ma guarì anche uno straniero — cosa rara nel suo ministero, dato che era stato per lo più limitato al popolo ebreo all’interno di Israele. Anche la sua seconda guarigione a distanza ebbe a che fare con una straniera, in questo caso la figlia di una madre molto saggia. Ci sono alcune somiglianze in entrambi i casi: la richiesta di aiuto non venne dalla persona malata, ma da qualcuno che le era vicino ed era preoccupato per la sua salute; le persone che presentarono la richiesta a Gesù erano dei gentili (non-ebrei). Cosa significativa, in entrambi i racconti viene elogiata la fede dei gentili coinvolti — più di quanto si legga di qualsiasi persona ebrea nei Vangeli. Anche se i Vangeli di Marco e Matteo raccontano entrambi questo episodio, ci concentreremo su quello di Matteo.
Gesù […] si diresse verso le parti di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna Cananea, venuta da quei dintorni, si mise a gridare, dicendo: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide! Mia figlia è terribilmente tormentata da un demone!»2
Appena prima di questo episodio, c’era stato un confronto tra Gesù e alcuni scribi e farisei venuti da Gerusalemme. In seguito, e forse proprio a causa di questo, Gesù aveva lasciato il territorio ebraico ed era entrato nel territorio siriano di Tiro e Sidone. Queste due città costiere controllavano vaste zone, quindi quest’area viene chiamata “le parti”, o “il territorio” [NR], di Tiro e Sidone. Poiché quella zona era appena fuori d’Israele ed era un territorio gentile, Gesù sapeva che andandoci avrebbe potuto allontanarsi dall’opposizione che aveva incontrato fra i Giudei.
Nel racconto di Marco, il motivo per cui Gesù uscì da Israele sembra fosse il suo desiderio di passare del tempo da solo con i suoi discepoli. Il fatto è comprensibile, perché i Vangeli parlano trentotto volte delle folle che lo ascoltavano predicare, ricevevano la guarigione e lo seguivano costantemente.
Poi partì di là e andò nel territorio di Tiro e di Sidone; entrò in una casa e non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.3
Le voci sui suoi insegnamenti e i suoi miracoli si erano sparse al nord e una donna del posto si avvicinò a Lui, implorandolo che guarisse sua figlia. Nel Vangelo di Marco è chiamata sirofenicia,4 un termine che probabilmente si riferiva a un’abitante della regione di Tiro e Sidone, la zona costale della Siria vicino a Israele (l’odierno Libano). In Matteo è chiamata una donna cananea, che era un termine obsoleto.5 Può darsi che Matteo abbia usato questo termine antico in riferimento a questa donna, perché i Cananei erano indicati come nemici giurati di Israele in tutto il Vecchio Testamento. Era un popolo che gli antichi Israeliti avevano scacciato dalla Terra Promessa e la cui religione idolatra minacciava costantemente la purezza della religione di Israele.6 Probabilmente usò il termine per sottolineare che Gesù era disposto ad aiutare i gentili, perfino quelli che erano, o erano stati, considerati nemici di Israele.
Anche se Gesù non era mai stato nella zona di Tiro e Sidone, in mezzo alle folle che lo ascoltavano e venivano da Lui guarite c’erano anche persone del posto.
Sceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante, dove si trovava una gran folla di suoi discepoli e un gran numero di persone di tutta la Giudea, di Gerusalemme e della costa di Tiro e di Sidone, i quali erano venuti per udirlo e per essere guariti dalle loro malattie.7
A quanto pare, la donna sirofenicia aveva sentito parlare di Gesù, anche se era una gentile che viveva in un territorio non-ebraico, e sembra che avesse alcune conoscenze del Giudaismo, dl momento che si riferisce a Gesù come al “Figlio di Davide”. Leggiamo che “gridava” e la forma verbale del termine greco usato indica che gridava continuamente. Venne in cerca di Gesù e lo implorò di guarire sua figlia, che era terribilmente oppressa da un demonio. Ma egli non le rispose parola.8 La reazione iniziale di Gesù fu coerente con quello che qualsiasi insegnante giudeo avrebbe risposto a una richiesta da parte di uno straniero.
I discepoli erano infastiditi dalle sue grida continue e volevano che Gesù la mandasse via.
E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro».
Molto probabilmente avrebbero potuto dirglielo anche loro, ma la parola suggerisce che stavano chiedendo a Gesù di guarirla. Il termine greco usato per “mandare via” trasmette il significato di “mandala via soddisfatta”. [Vedi CEI: “Esaudiscila” – NdT.]
Come tutta risposta alla richiesta dei discepoli, Gesù disse: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele».9 Gesù volle indicare che la sua missione era destinata a Israele e non alle altre nazioni e nazionalità. Lo aveva indicato chiaramente in precedenza nel Vangelo di Matteo:
Questi sono i dodici che Gesù inviò dopo aver dato loro questi ordini: «Non andate tra i gentili e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele».10
La richiesta della donna usciva dai parametri della missione di Gesù. Probabilmente il motivo per cui Gesù era uscito da Israele era per passare del tempo lontano da tutto, non per predicare o fare miracoli. Lo scrittore Leon Morris lo spiega così:
Anche se Gesù è venuto per quell’espiazione del peccato che avrebbe portato la salvezza a tutti quanti in ogni parte di questo mondo, non era venuto per impegnarsi in una campagna mondiale di guarigione o cose del genere. La sua missione terrena era destinata agli Israeliti.11
Anche se Gesù non rispose alla donna, tuttavia non la scacciò, il che probabilmente la incoraggiò ad avvicinarsi.
Ella però venne e l’adorò, dicendo: «Signore, aiutami!»
Nel Vangelo di Marco dice che lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia.12
La risposta di Gesù fu:
«Non è cosa buona prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».13
In Marco, la sua risposta fu: «Lascia che si sazino prima i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».14 Non era certo un complimento. I cani erano animali impuri che la maggior parte degli Ebrei non teneva come animali da compagnia, anche se nelle case non-ebraiche potevano esserci cani da compagnia. Uno scrittore descrive l’affermazione di Gesù come una metafora che in qualsiasi cultura sarebbe stata umiliante per chi era descritto come un cane in confronto a dei bambini; in questo contesto, però, aveva anche tutta la forza di un epiteto ebraico, in cui “cane” era un termine deliberatamente offensivo per descrivere i gentili.15
La donna non si lasciò scoraggiare dalla risposta di Gesù, ma rispose abilmente:
«Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita.16
Gesù fu chiaramente compiaciuto dalla risposta della donna, tanto che le garantì ciò che desiderava e guarì sua figlia.
Ora che sappiamo come va a finire, torniamo indietro a vedere il modo in cui Gesù si era rivolto alla donna e il motivo per cui l’aveva fatto. Per questo, è utile vedere come si racconta questo episodio nel Vangelo di Marco. In esso, Gesù disse: «Lascia che si sazino prima i figli».17 Non stava dicendo che i cani non dovrebbero essere mai nutriti, ma che i figli dovevano esserlo per primi; che non era giusto togliere il cibo ai figli e darlo ai cani, ma che i figli dovevano mangiare prima. Gesù voleva dire che la salvezza doveva essere offerta prima agli Ebrei che ai gentili. Il ministero terreno di Gesù si concentrava su Israele; attraverso quel ministero e la sua morte come sacrificio per l’umanità, anche tutti i gentili del mondo avrebbero ricevuto la salvezza.
L’apostolo Paolo affronta questo concetto nell’epistola ai Romani:
Non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco.18
Nel libro degli Atti leggiamo quello che Paolo disse agli Ebrei che non credevano:
«Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili».19
La risposta iniziale di Gesù alla donna non fu un rifiuto; era una spiegazione delle sue priorità. Non era giusto prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini perché c’era una priorità temporale nell’ordine in cui si presentava la salvezza. Il suo ministero era indirizzato prima agli Ebrei; poi, dopo la sua morte e risurrezione, anche il mondo gentile avrebbe ricevuto il messaggio della salvezza.
Questa donna accettò le sue parole, perché sapeva di non far parte di Israele e quindi non poteva rivendicare le benedizioni destinate a quel popolo. Dimostrò la sua fede riconoscendo che Israele aveva la precedenza nel piano divino della salvezza e aveva un posto privilegiato; come gentile, lei non cercava di prendere il loro posto, ma chiedeva semplicemente di poter avere almeno un po’ delle “briciole che cadono dalla tavola”. Come con il centurione gentile, Gesù rimase impressionato dalla grande fede di questa donna non-ebrea e a causa di quella fede guarì sua figlia.
Nel corso della sua vita Gesù limitò il suo ministero al popolo ebraico (con poche eccezioni). Comunque prospettò che anche altre nazionalità sarebbero arrivate al regno.
Molti verranno da levante e da ponente e sederanno a tavola con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe, nel regno dei cieli.20
Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me».21
Poi disse loro: «Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura».22
Anche se il suo ministero principale era rivolto al popolo ebreo, Gesù era disposto a uscire dalle norme sociali e religiose dei suoi tempi per aiutare i gentili. Prima di ascendere al cielo, ordinò ai suoi discepoli di “predicare il vangelo” a tutti. La sua chiamata personale era di lavorare con gli Ebrei, ma con il suo esempio e con le istruzioni che diede ai suoi discepoli indicò chiaramente che la salvezza era disponibile a tutti quelli che avrebbero creduto. Quando leggiamo della disponibilità di Gesù ad aiutare altri che erano etnicamente, socialmente e religiosamente diversi da Lui, comprendiamo meglio la nostra chiamata a predicare il vangelo a quelli che consideriamo diversi da noi. Dobbiamo ricordare che Dio guarda oltre l’apparenza esteriore e vede il cuore; seguendo l’esempio di Gesù, anche noi siamo chiamati a fare la stessa cosa.
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
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1 Vedi “Guarigione a distanza, parte 1”.
2 Matteo 15,21–22.
3 Marco 7,24.
4 Marco 7,26.
5 France, The Gospel of Matthew, 592.
6 Ibid., 592.
7 Luca 6,17–18 NR.
8 Matteo 15,23.
9 Matteo 15,24.
10 Matteo 10,5–6.
11 Morris, The Gospel According to Matthew, 403.
12 Matteo 15,25; Marco 7,26 NR.
13 Matteo 15,26.
14 Marco 7,27.
15 France, The Gospel of Matthew, 594.
16 Matteo 15,27–28 NR.
17 Marco 7,27.
18 Romani 1,16.
19 Atti 13,46.
20 Matteo 8,11–12.
21 Giovanni 12,32.
22 Marco 16,15 NR.
Pubblicato originariamente in Inglese il 5 dicembre 2017.