Gesù — la sua vita e il suo messaggio: sei massime (Luca 12,1-10)
Settembre 3, 2019
di Peter Amsterdam
Gesù — la sua vita e il suo messaggio: sei massime (Luca 12,1-10)
[Jesus—His Life and Message: Six Sayings (Luke 12:1–10)]
All’inizio del capitolo 12 di Luca leggiamo che migliaia di persone si radunarono per ascoltare Gesù. In loro presenza, Gesù diede alcune istruzioni ai suoi discepoli, usando sei massime diverse. Anche se gli altri potevano udire quello che stava insegnando e il messaggio andava bene anche per loro, Lui indirizzò la lezione ai suoi seguaci più intimi.
Iniziò con un avvertimento contro l’ipocrisia:
Nel frattempo la gente si era riunita a migliaia, così da calpestarsi gli uni gli altri. Allora Gesù cominciò a dire prima di tutto ai suoi discepoli: «Guardatevi dal lievito dei farisei, che è ipocrisia».1
Poiché ai tempi di Gesù la gente faceva il pane in casa, tutti conoscevano bene l’effetto del lievito sull’impasto e sapevano che una piccola quantità si sarebbe lentamente diffusa e l’avrebbe trasformato. Allo stesso modo il lievito dell’ipocrisia era penetrato nella vita dei farisei e l’aveva influenzata. Ostentavano santità, si sforzavano di osservare la legge, ma era tutto per fare impressione. In un altro punto Gesù li paragonò a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putredine.2 Sostenevano di avere principi morali e buone dottrine, tuttavia il loro comportamento non seguiva quegli standard morali.
Nel Vangelo di Matteo Gesù descrisse questa ipocrisia quando disse:
«Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Osservate dunque e fate tutte le cose che vi dicono di osservare; ma non fate come essi fanno, poiché dicono ma non fanno. Legano infatti pesi pesanti e difficili da portare, e li mettono sulle spalle degli uomini; ma essi non li vogliono smuovere neppure con un dito. Fanno tutte le loro opere per essere ammirati dagli uomini».3
Questo primo detto ammoniva i suoi discepoli a essere fedeli alle loro credenze, a praticarle per il giusto motivo e a non vivere una vita piena di falsità, come i farisei a quanto pare facevano.
La seconda massima è una promessa:
Non c’è niente di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Perciò tutto quello che avete detto nelle tenebre, sarà udito nella luce; e quel che avete detto all’orecchio nelle stanze interne, sarà proclamato sui tetti.4
Gesù segnalò che l’ipocrisia è miope. Richiede che alcune cose rimangano nascoste perché, se venissero alla luce, smaschererebbero il vero carattere dell’ipocrita. Tutte le cose però sono già smascherata da Dio.
Non c’è nulla di nascosto che non debba manifestarsi, né di segreto che non debba essere conosciuto e venire alla luce.5
Al momento del giudizio tutto sarà portato alla luce. Dovremmo riconoscere che un giorno tutte le cose che facciamo e diciamo, il nostro vero io, saranno svelate, quindi dovremmo sforzarci di sintonizzare parole e azioni con chi e cosa dichiariamo di essere. Dio è onnisciente; conosce tutte le nostre azioni e tutti i nostri pensieri, sia negativi che positivi. Per quelli che hanno molto da nascondere, l’affermazione di Gesù è un avvertimento che tutto sarà rivelato. Se il nostro obiettivo è vivere in sintonia con le Scritture, non abbiamo nulla da temere dal fatto che Dio sappia tutto.
Dopo aver accennato al giudizio, la terza massima di Gesù accenna all’importanza di essere pronti al martirio:
«Or dico a voi, amici miei, non temete coloro che uccidono il corpo, ma dopo questo non possono far niente di più. Io vi mostrerò chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna; sì, vi dico, temete lui».6
Gesù indicò che i suoi discepoli avrebbero potuto subire il martirio e non garantì che ne sarebbero stati esenti. Fece però notare che il potere dei persecutori è limitato perché l’unica cosa che possono fare è uccidere il corpo. Invece di temerli, i discepoli dovevano temere Dio, i cui poteri si estendono oltre la morte. Le Scritture in genere usano una ripetizione quando vogliono accentuare un punto. In questo caso Gesù usa il verbo temere tre volte in due frasi, sottolineando l’importanza dell’avere timore di Dio.
Cosa significa “timore di Dio” in questo contesto? I commentatori biblici lo spiegano in modi diversi.
Lo scrittore Leon Morris ha commentato:
Oggi il timore di Dio è passato di moda; preferiamo accentuare il suo amore. Tuttavia, anche se c’è da un lato l’amore perfetto che scaccia la paura (1 Giovanni 4,18), dall’altro la paura, il timore, è piuttosto compatibile con l’amore. Questo tipo di timore è continuamente visto nella Bibbia come un ingrediente necessario per vivere in modo giusto. È un atteggiamento costituito dal riconoscimento della grandezza e della giustizia di Dio, da un lato, e dalla nostra prontezza a peccare dall’altro. Questo tipo di timore protegge dalla presunzione e deve trovare posto nel giusto tipo di fede.7
Darrel Bock ha scritto:
Possiamo notare l’enfasi sul non temere le persone nella triplice ripetizione del richiamo a temere Dio. Dopo il comando iniziale di non temere (12,4), ora Gesù dice di temere Dio perché ha il potere di gettare una persona nella Geenna [l’inferno]. […] È meglio temere il Giudice che le persone prive di vero potere. […] Diversi punti del Nuovo Testamento ammoniscono a rispondere adesso, per non subire i giudizi di Dio ed essere gettati nel fuoco.8
Alcuni di questi versetti sono:
Se il tuo piede ti è occasione di peccato, taglialo; è meglio per te entrare zoppo nella vita, che avere due piedi ed essere gettato nella Geenna […] E se l’occhio tuo ti è occasione di peccato, cavalo; è meglio per te entrare con un occhio solo nella vita, che averne due ed essere gettato nella Geenna del fuoco.9
Come ha scritto Morris, la maggior parte di noi in genere pensa più all’amore di Dio che al suo giudizio. Tuttavia nel Nuovo Testamento si parla diverse volte di giudizio.
Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte nel corpo in base a ciò che ha fatto, sia in bene che in male.10
Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. Sta infatti scritto: «Come io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua darà gloria a Dio». Così dunque ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.11
Perché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo con i suoi angeli; e allora egli renderà a ciascuno secondo il suo operato.12
La quarta massima di Gesù è stata:
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure neanche uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anzi, persino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non temete dunque, voi valete più di molti passeri.13
La parola greca tradotta con “soldi” è assarion, una piccola moneta di quei tempi che valeva un sedicesimo di denarius, quindi aveva pochissimo valore. Evidentemente, con due assarion si potevano comprare cinque passeri. Tuttavia, nonostante il suo valore monetario fosse insignificante, ognuno d’essi riceveva l’attenzione di Dio.
Gesù suggeriva che, se Dio si preoccupa di un passero, a maggior ragione si prenderà cura di chi lo segue. Poi sottolineò il punto dicendo che Dio conosce il numero dei capelli sul nostro capo, suggerendo che ci ama così tanto da conoscere il minimo particolare su di noi. In precedenza Gesù aveva detto ai suoi discepoli di temere Dio, dato che controlla ciò che succede loro dopo la morte. Adesso dice loro di non temere, perché Dio sa tutto di loro. Usa il ragionamento “dal minore al maggiore” per indicare il loro valore. Se il minore (il passero) è abbastanza importante perché Dio se ne occupi, quanto più si prenderà cura dei discepoli?
Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.14
In questa quinta massima Gesù afferma che è essenziale avere un impegno serio nei suoi confronti. Chi lo confessa sarà riconosciuto davanti agli “angeli di Dio”. L’espressione “angeli di Dio” è una circonlocuzione, un modo ebraico di evitare un riferimento specifico a Dio. Nel libro di Matteo troviamo la frase diretta:
Chiunque perciò mi riconoscerà davanti agli uomini, io pure lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli.15
Questo è meravigliosamente rassicurante. Troviamo affermazioni simili in altri punti del Nuovo Testamento.
Se perseveriamo, regneremo pure con lui; se lo rinneghiamo, egli pure ci rinnegherà.16
Chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli.17
Un autore commenta:
Questo “riconoscimento” implica più di una semplice confessione verbale. Comporta una testimonianza in parole e fatti; p.e. questa confessione pubblica deve essere accompagnata da una vita in obbedienza ai comandamenti divini. I farisei erano criticati perché il loro io interiore non corrispondeva a ciò che manifestavano all’esterno. Diversamente, nei credenti l’io interiore ed esteriore devono corrispondere.18
Ovviamente nessuno di noi è perfetto e potrebbero esserci dei momenti in cui non riconosciamo correttamente il Signore nella nostra vita. Ciò significa forse che non ci riconoscerà più? Possiamo trovare la risposta nella differenza tra l’apostolo Pietro e Giuda. Giuda tradì Gesù e così facendo rinnegò la propria fedeltà a Lui. Dopo averlo rinnegato, Giuda fu tormentato dal proprio gesto e si tolse la vita. Pietro rinnegò Gesù pubblicamente per tre volte. Secondo il vangelo, Pietro avrebbe dovuto essere rinnegato da Gesù in cielo. Tuttavia si rammaricò del proprio gesto, si pentì e in seguito fece numerose dichiarazioni pubbliche a favore di Gesù. Pietro mancò di determinazione per un certo tempo, ma si pentì di averlo rinnegato e divenne un grande testimone della divinità di Gesù. Il concetto espresso da Gesù è che chi conduce una vita rinnegandolo costantemente e morirà rinnegandolo, sarà rinnegato davanti a Dio in cielo, come si afferma specificamente nel libro di Matteo:
Chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, io pure lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.19
Poi Gesù fece una sesta affermazione che ci fa riflettere:
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo sarà perdonato, ma chi bestemmierà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato.20
Stabilì una differenza tra il parlare contro di Lui e il bestemmiare contro lo Spirito Santo. Indica che esiste un peccato così grave che non può essere perdonato. Cosa significa, dunque, bestemmiare contro lo Spirito Santo? In questo caso, la bestemmia è qualcosa di più del proferire parole contro lo Spirito Santo; è invece il rifiuto costante dell’opera dello Spirito Santo riguardo alla salvezza. È l’atteggiamento incallito contro Dio, che spinge una persona a respingere e rifiutare ostinatamente il messaggio della salvezza, a escluderla dal perdono di quel peccato. Si intende con questo la decisione permanente di rifiutarlo, che porta a un indurimento del cuore nei confronti di Dio. Come ha scritto qualcuno:
Il potere di Dio di perdonare non cessa; ma questo tipo di peccatore non ha più la capacità di pentirsi e di credere.21
Come cristiani, siamo tenuti a parlare agli altri del vangelo. Quando lo facciamo, collaboriamo all’opera dello Spirito Santo nel portare le persone a una decisione. Ovviamente, la scelta di credere o no è tutta loro. Considerando le possibili conseguenze per chi rigetta completamente la testimonianza dello Spirito, possiamo pregare che, anche se non accettano Gesù in quel momento, in qualche punto della loro vita accetteranno il dono meraviglioso dell’amore di Dio mediante la salvezza.
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
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3 Matteo 23,2–5.
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5 Luca 8,17.
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8 Bock, Luke Volume 2: 9.51–24.53.1136.
9 Marco 9,45, 47.
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12 Matteo 16,27.
13 Luca 12,6–7.
14 Luca 12,8–9.
15 Matteo 10,32.
16 2 Timoteo 2,12.
17 Marco 8,38.
18 Stein, The New American Commentary, 348.
19 Matteo 10,33.
20 Luca 12,10.
21 Morris, Luke, 229.
Pubblicato originariamente in inglese il 30 ottobre 2018.