Gesù – la sua vita e il suo messaggio: il sermone sul monte

Ottobre 25, 2016

di Peter Amsterdam

(Puoi leggere lo scopo di questa serie e una sua veduta d’insieme in questo articolo introduttivo.)

Ama i tuoi nemici

[Jesus—His Life and Message: The Sermon on the Mount, Love Your Enemies]

Ora daremo un’occhiata all’ultimo dei sei esempi contenuti nel Sermone attraverso i quali Gesù diede un’interpretazione più completa della Legge di Mosè. Qui andò oltre all’idea che i membri del regno di Dio non dovrebbero resistere e cercare una ritorsione (come abbiamo preso in esame nel capitolo precedente), insegnando che invece dobbiamo amare i nostri nemici.

Voi avete udito che fu detto: “Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro, che è nei cieli, poiché egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Perché, se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli.1

Gesù parafrasò la frase in Levitico 19,18 – ama il tuo prossimo – poi aggiunse la frase e odia il tuo nemico, che molto probabilmente riassumeva il modo in cui molti ai suoi giorni interpretavano le Scritture. Non esistono versetti che dicono specificamente di odiare il tuo nemico, anche se lo si può desumere da versetti del Vecchio Testamento come: Non odio forse quelli che ti odiano, o Eterno, e non detesto quelli che si levano contro di te? Io li odio di un odio perfetto; essi sono divenuti miei nemici.2

Vi sono anche passi del Vecchio Testamento che parlano di mostrare bontà e gentilezza ai nemici.

Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, glielo riporterai. Se vedi l’asino di colui che ti odia steso a terra sotto il carico, guardati bene dall’abbandonarlo, ma aiuterai il suo padrone a slegarlo.3 Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, e se ha sete, dagli acqua da bere.4 Quando il tuo nemico cade, non rallegrarti; quando è atterrato, il tuo cuore non gioisca.5

Lo scrittore D. A. Carson ha commentato che

Alcuni Ebrei intendevano la parola “prossimo” o “vicino” secondo un principio di esclusione: dobbiamo amare solo il nostro prossimo, pensavano, quindi dobbiamo odiare i nostri nemici. Ciò era effettivamente insegnato in alcuni circoli. 6

La chiave sta nella questione di chi sia il prossimo. Nel Vecchio Testamento il termine è generalmente usato per indicare un membro del popolo ebreo, il popolo del patto. Nei libri del Levitico e del Deuteronomio la parola “prossimo” in genere si riferisce ad altri Ebrei. La frase completa parafrasata da Gesù diceva:

Non farai vendetta e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso.7

Generalmente, il pensiero ebraico dell’epoca escludeva il “non-prossimo”, essenzialmente i non-Ebrei, dal comandamento di amare. Gesù comunque allargò molto l’interpretazione di chi è i prossimo, fino a includere gli stranieri e perfino i nemici. Lo si vede chiaramente in questo brano del Sermone sul monte, così come nella parabola del Buon Samaritano.8

John Stott spiega che secondo Gesù il nostro prossimo è

non necessariamente un membro della nostra razza, religione o condizione sociale. Potrebbe perfino non avere alcuna connessione con noi. Potrebbe essere il nostro nemico. […] il nostro “prossimo”, nel vocabolario di Dio, include i nostri nemici. Ciò che lo rende il nostro prossimo è il semplice fatto di essere un essere umano come noi, che si trova nel bisogno, il cui bisogno conosciamo e siamo nella posizione di alleviare in qualche modo.9

Dobbiamo amare i nostri nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, benedire quelli che ci maledicono e pregare per quelli che ci maltrattano.10 Perché? Perché siamo figli di Dio ed è così che Dio tratta la gente.

Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.11

Parlando dell’umanità in genere, l’apostolo Paolo indicò chiaramente che nel suo insieme, a causa del peccato di Adamo (e poi individualmente per i nostri stessi peccati), l’umanità respinse Dio e quindi era considerata sua nemica, tuttavia le Scritture ci dicono che mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio.12 Dio ha amato l’umanità fin dall’inizio; ci ha amato anche se essa si è ribellata contro di Lui a causa dei suoi peccati. Come suoi figli (figli del Padre vostro), dovremmo fare come Lui e amare i nostri nemici. Ci viene detto di pregare per quelli che ci perseguitano e ci maltrattano. Potrebbero maledirci e desiderare il nostro male, ma la nostra risposta dovrebbe essere invocare su di essi la benedizione di Dio e far sapere loro che non auguriamo loro nient’altro che il bene.13 Dobbiamo pregare per loro come Gesù pregò dopo essere stato picchiato ferocemente e inchiodato alla croce: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.14

Siamo figli del Padre e come tali dovremmo imitare il suo amore. Lui non fa discriminazioni. Dà le benedizioni del sole e della pioggia non solo ai giusti, ma anche agli ingiusti (che secondo i termini greci usati significa rispettivamente quelli che osservano le leggi divine e quelli che non le osservano), i malvagi e i buoni. Quando si tratta del suo amore, Dio è aperto a tutti; come suoi discepoli, il nostro atteggiamento verso gli altri dovrebbe rispecchiare il suo. In precedenza nel Sermone Gesù aveva insegnato di “andare un altro miglio”, evitare di reagire con una ritorsione, dare non soltanto la tunica, ma anche il nostro mantello quando qualcuno ci cita in giudizio. Qui fa un altro passo, dicendo che dobbiamo amare queste persone, amare perfino i nostri nemici, avere un atteggiamento positivo nei loro confronti. Dobbiamo comportarci come fa Dio, trattare gli atri come li tratta Lui. L’amore di cui parla non si riferisce all’affetto naturale, a sentimenti d’amore o a un amore emotivo, ma a un tipo di amore che nasce dalla volontà invece che dall’attrazione o dal fascino personale. Questo amore sceglie di amare chi non se lo merita. È un amore che si dimostra nella pratica, con compassione e bontà.

Poi Gesù presenta due casi ipotetici.

Perché, se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno altrettanto anche i pagani?15

Amare chi ci ama non è niente di speciale. Anche le persone che ai tempi di Gesù erano considerate tra le più infime, gli odiati esattori delle tasse, amavano familiari e amici. Gesù indica che non vi sono ricompense se facciamo ciò che è normale e naturale.16

Poi indicò che se saluti solo i tuoi (in questo caso i confratelli ebrei), fai soltanto quello che fanno tutti, compreso i pagani, i gentili – persone disprezzate e considerate idolatre. Non c’è niente di eccezionale nel salutare calorosamente la propria gente. L’allusione è che ci si aspetta qualcosa di più dai credenti. Non dobbiamo amare e salutare solo quelli che ci amano o fanno parte della famiglia, del gruppo, del vicinato, della comunità, dell’etnia o della nazionalità cui apparteniamo noi, perché è una cosa che fanno tutti.

Nell’introduzione ai sei esempi di “avete sentito… ma Io vi dico…”, Gesù disse:

Perciò io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli.17

Qui fa notare che non dovremmo essere orgogliosi di fare qualcosa che fanno anche tutti gli altri al mondo, come amare i nostri. Spiega che come membri del regno dobbiamo fare più di quello che ci viene naturale, dobbiamo spingerci oltre la norma. Dobbiamo imitare Dio manifestando il suo amore a tutti, compresi quelli che ci odiano e ci perseguitano.

Poi Gesù terminò dicendo:

Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.18

Il significato di “perfetto” in questo caso non indica perfezione morale. John Stott spiega:

Sia la fame di giustizia sia la preghiera per ottenere il perdono, essendo costanti, sono chiare indicazioni che Gesù non si aspettava che i suoi seguaci diventassero moralmente perfetti in questa vita. Il contesto indica che la “perfezione” a cui si riferisce ha a che fare con l’amore, quell’amore perfetto di Dio che si manifesta anche nei confronti di chi non lo ricambia. Anzi, gli studiosi ci dicono che il termine aramaico che probabilmente Gesù utilizzò significava “onnicomprensivo”.19

Stassene e Gushee hanno scritto:

Chi vuole trasformare il Sermone sul Monte in una serie di grandi ideali impossibili da realizzare interpreta il versetto riassuntivo, il 5,48, come se esigesse la perfezione morale. […] Danno per scontato che “siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” significhi perfezione morale. […] Invece qui la parola significa essere completi o onnicomprensivi, nel senso di avere un amore che include perfino i nemici. È questo il punto che Gesù stava sottolineando in questo insegnamento: l’amore della grazia divina che comprende l’intero cerchio dell’umanità, compresi i nemici, in contrasto con i pubblicani e i pagani che amano solo i loro amici. […] Così non dobbiamo pensare che Gesù insegni impossibili ideali morali o una perfezione morale idealistica, ma dei pratici gesti d’amore nei confronti dei nemici, compreso il pregare per loro. 20

Le istruzioni di “essere perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” si rifà al punto precedente dell’imitare Dio. Lo stile di vita di un credente, insieme ai principi su cui si basa, deve essere diverso dalla norma. Trae la sua direzione e la sua ispirazione dal carattere di Dio invece che dalle norme consuete della società. Quando porta i sei esempi (e nel resto del Sermone sul Monte), Gesù insegna di guardare oltre la semplice ubbidienza alle regole e le restrizioni della Legge, per comprendere meglio la mente e il carattere del Padre e per riflettere sul suo carattere come meglio possiamo. È un eco dell’istruzione data ripetutamente nel Vecchio Testamento:

Siate santi, perché io, l’Eterno, il vostro Dio, sono santo.21

Come fa il Padre, il nostro modo di trattare gli altri non dovrebbe essere determinato da chi sono o da come ci trattano. Dio ama le persone e dona loro il suo amore anche se non credono in Lui – anche se lo odiano. Non risponde allo stesso modo, ma li ama, perché Lui è amore. Anche noi siamo invitati a superare il nostro modo di reagire agli altri basandoci su quello che proviamo per loro, sul modo in cui ci trattano o su quello che dicono. Dobbiamo invece essere governati dall’amore di Dio, amare come Lui ama. Quando lo facciamo, riflettiamo il suo amore su di loro.

Seguire il comandamento di amare gli altri non vuol per forza dire che devono piacerci. Che qualcuno ci piaccia dipende da molti fattori diversi, come compatibilità, temperamento ecc. Lloyd-Jones spiega:

Quello che Dio comanda è che dovremmo amare una persona e trattarla come se ci piacesse. L’amore è molto più di una sensazione o un sentimento. Nel Nuovo Testamento l’amore è molto pratico. — “Perché questo è l’amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti”. L’amore è attivo. Se quindi ci accorgiamo che certe persone non ci piacciono, non dobbiamo preoccuparci, purché le trattiamo come se ci piacessero. Questo è amore.22

Le Scritture parlano di odiare il male:

Voi che amate l’Eterno odiate il male!23 Il timore dell’Eterno è odiare il male.24 Nessuno macchini alcun male in cuor suo contro il suo prossimo e non amate il giuramento falso, perché tutte queste cose io le odio, dice l’Eterno.25

Dio odia il male, perché per sua natura è assolutamente santo. Nelle Scritture, la sua collera e il suo odio per il male si manifestano nella sua ira. È chiaro nelle Scritture che nella vita a venire chi è stato malvagio e ha rifiutato il dono di un rapporto personale con Dio, reso possibile dal sacrificio di suo Figlio, affronterà il giudizio.

Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio dimora su di lui.26 Non vi meravigliate di questo, perché l’ora viene, in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno; quelli che hanno fatto il bene in risurrezione di vita, e quelli che hanno fatto il male in risurrezione di condanna.27

Dio ama ogni essere umano, anche se pecca contro di Lui. Offre a tutti un mezzo per salvarsi dalla sua ira per i loro peccati, ma molti lo rifiutano e dovranno affrontare il giudizio nella vita a venire. Quando ci viene chiesto di amare i nostri nemici, siamo esortati a farlo come lo fa Dio, a desiderare il loro bene, a pregare che riescano a conoscerlo in maniera da poter passare l’eternità con Lui. Dio odia il male che fanno (e anche quello che facciamo noi), ma li ama come individui. Nonostante ciò li giudicherà per quel male, perché Lui è giusto e retto. Così, anche se dobbiamo amare gli individui come li ama Dio, ciò non vuol dire che dobbiamo accettare o sostenere quello che fanno e il tipo di persona che diventano, o evitare di dichiararci contrari o di prendere posizione contro i loro misfatti o le loro azioni malvage. È giusto odiare il male. Come dice Paolo: “Detestate il male e attenetevi fermamente al bene”.28 Esiste qualcosa come una giusta ira contro il male. Ma una simile ira è un odio per le azioni malvage; è odiare ciò che Dio odia. Non è un odio personale; non è cattiveria, spirito di vendetta o ripicca.

L’invito di Gesù ad amare i nostri nemici è una chiamata a vivere come membri del suo regno, facendo risplendere la nostra luce davanti agli altri, esibendo una giustizia che superi quella dei farisei, facendo del nostro meglio per rispecchiare la natura e il carattere di Dio, il nostro Padre che è nei cieli.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


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1 Matteo 5,43–48.

2 Salmi 139,21–22.

3 Esodo 23,4–5.

4 Proverbi 25,21.

5 Proverbi 24,17.

6 Carson, Jesus’ Sermon on the Mount, 55–56.

7 Levitico 19,18.

8 Luca 10,29–37. Vedi La parabola del Buon Samaritano in Le storie raccontate da Gesù.

9 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 118.

10 Luca 6,27–28.

11 Matteo 5,44–45.

12 Romani 5,10.

13 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 118.

14 Luca 23,34.

15 Matteo 5,46–47.

16 Morris, The Gospel According to Matthew, 132.

17 Matteo 5,20.

18 Matteo 5,48.

19 Stott, The Message of the Sermon on the Mount, 122.

20 Stassen e Gushee, Kingdom Ethics, 141.

21 Levitico 19,2; 11,45; 20,26.

22 Lloyd-Jones, Studies in the Sermon on the Mount, 272.

23 Salmi 97,10.

24 Proverbi 8,13.

25 Zaccaria 8,17.

26 Giovanni 3,36.

27 Giovanni 5,28–29.

28 Romani 12,9.


Pubblicato originariamente in Inglese il 3 maggio 2016.