Le storie raccontate da Gesù: il grano e la zizzania, Matteo 13,24-43

Luglio 2, 2016

di Peter Amsterdam

 

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[The Stories Jesus Told: The Wheat and the Weeds, Matthew 13:24–43]

La parabola del grano e della zizzania, che appare solo nel Vangelo di Matteo, presenta alcune somiglianze con la parabola dei semi che crescono,1 nel quarto capitolo di Matteo, per quanto riguarda i termini usati e le idee espresse, ma è anche significativamente diversa. C’è da aspettarsi che vi siano alcune somiglianze nel ministero di un predicatore itinerante che offre insegnamenti simili in varie occasioni, a volte ripetendosi parola per parola, altre volte variando le espressioni e l’enfasi usata. 2Il tredicesimo capitolo di Matteo contiene otto parabole e in quella carrellata la parabola “del grano e dei semi” ne segue direttamente un’altra che ha anch’essa a che fare con la semina: “il seminatore e i semi”.

Diamo un’occhiata alla parabola:

Matteo 13,24-30

Egli propose loro un’altra parabola dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo, che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano, e se ne andò. Quando poi il grano germogliò e mise frutto, apparve anche la zizzania. E i servi del padrone di casa vennero a lui e gli dissero: “Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?”. Ed egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. Allora i servi gli dissero: “Vuoi dunque che andiamo e la estirpiamo?”. Ma egli disse: “No, per timore che estirpando la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano. Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio”».

Al contrario del contadino nella parabola del seminatore e dei semi, che pensò da solo alla semina, l’uomo in questa parabola era benestante, un proprietario terriero i cui servi si occupavano di compiti simili. Nella storia, dopo la semina del grano buono, un nemico venne di notte a seminare zizzania nello stesso campo.

Nel mondo antico, se c’erano rivalità, a volte i contadini spargevano semi nocivi nei campi dei loro nemici. Anche se le leggi romane lo proibivano, succedeva lo stesso.3 La zizzania (in alcune traduzioni anche loglio, erba cattiva o erbacce) è un’erba infestante velenosa, della stessa famiglia del frumento, e cresce in abbondanza in Siria e Palestina. Nei primi stadi di crescita, la zizzania assomiglia al grano, anche se in seguito è facile distinguerli perché le sue spighe sono più piccole.4

I servi notarono che il nemico aveva seminato la zizzania solo alcuni mesi dopo, quando il grano germogliò e mise frutto. Fu allora che apparve anche la zizzania, perché fino a quel punto non era stato chiaro che grano e zizzania stessero crescendo insieme.

Il padrone della casa riconosce che è stato il nemico a seminare l’erbaccia e sa anche che sarebbe inutile cercare di sradicarla. A quel punto, qualsiasi tentativo di entrare nel campo e strappare la zizzania avrebbe danneggiato anche il grano, dato che le radici sarebbero state aggrovigliate tra loro. Invece decide che al momento del raccolto i mietitori avrebbero intrapreso il compito laborioso di fare due raccolti, prima la zizzania e poi il grano. La zizzania sarebbe stata legata in fasci per essere bruciata, probabilmente come combustibile. Il grano sarebbe stato raccolto e messo nei granai.

Come per la parabola del seminatore, Gesù non diede spiegazioni alla folla, ma lo fece in seguito per i suoi discepoli.

Versetti 36–43

Allora Gesù, licenziate le folle, se ne ritornò a casa e i suoi discepoli gli si accostarono, dicendo: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli, rispondendo disse loro: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del regno, e la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo, mentre la mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti. Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi da udire, oda!».

Il campo è il mondo, in cui il Figlio dell’Uomo, Gesù, semina “i figli del regno”. In esso, però, anche il diavolo ha seminato “i figli del maligno”. In questo contesto l’espressione “figli di…” è una frase comune in ebraico e Aramaico, nel senso di “qualcuno che appartiene a…”.5

Vediamo le differenze tra i figli del regno e i figli del maligno, all’interno della parabola.

I figli del regno furono sparsi dal seminatore (Gesù), Dio è descritto come “loro Padre”, sono chiamati “giusti” e “risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro”. Al contrario, i figli del maligno sono “seminati dal nemico” (il diavolo) e sono chiamati “operatori d’iniquità” o, in altre traduzioni, “quelli che fanno il male” o “malvagi”; il loro destino finale è quello di essere “gettati nella fornace del fuoco” o “fornace ardente”, dove ci saranno “pianto e stridore di denti”.

In questa parabola Gesù parlava del mistero del regno.

Come poteva il regno esistere in concomitanza con il male? Anche se il regno era presente grazie al ministero di Gesù, era diverso da quello che in genere la gente si aspettava. Le aspettative ebraiche erano che il Messia avrebbe separato il grano dalla pula per istituire una comunità pura. Gli scrittori ebraici dell’epoca parlavano dell’attesa del momento in cui il Messia avrebbe purificato Gerusalemme dalla presenza dei Gentili, scacciato i peccatori, radunato un popolo santo e non avrebbe tollerato persone inique. Niente di ciò stava avvenendo durante il ministero di Gesù, tuttavia Lui affermava la presenza del regno.6

Secondo Gesù, le aspettative ebraiche erano sbagliate. Bene e male avrebbero continuato a coesistere nel mondo. La terra sarebbe stata purgata dal male solo alla fine del mondo, nel Giorno del Giudizio. Gesù indicò chiaramente che quel giorno tutte le occasioni di peccato e tutti i peccatori sarebbero stati scacciati. Il termine greco utilizzato qui per scandali (in altre traduzioni quelli che sono di ostacolo agli altri o i tentatori) si riferisce a qualsiasi persona o cosa che possa trascinare altri nel peccato. Così, le persone che fanno il male e le cose che causano peccato saranno raccolte e buttate via. La zizzania cresciuta insieme al grano sarà raccolta, legata insieme e bruciata. Anche se grano e zizzania crescono insieme per un po’, verrà il momento in cui saranno separati e ognuno avrà un destino diverso.

Gesù offre l’immagine della zizzania gettata in una fornace dove ci saranno pianto e stridore di denti. Questa raffigurazione dell’inferno deriva dalla parola ebraica Geenna, che originariamente era la valle di Hinnom, a sud di Gerusalemme, dove venivano gettati e bruciati gli animali morti e i rifiuti della città. Era usata come simbolo dei malvagi e della loro futura distruzione.

Al contrario, l’immagine del destino del grano riposto nel granaio del padrone della casa è piena di gloria. È un’espressione che si rifà a Daniele 12,3 [NR]:

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento, e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno.

Questa è una delle tre parabole che concentrano l’attenzione sul giudizio finale.7 Ci spiega che i figli del regno e i figli del maligno coesistono in questo mondo e che la situazione rimarrà la stessa fino al Giorno del Giudizio. Anche se il regno è entrato nel mondo con il ministero di Gesù, la sua pienezza non è ancora giunta. Il bene e il male coesistono, ma in futuro i malvagi e le cose che causano peccato saranno gettati – e a quel punto il regno di Dio entrerà nella sua pienezza.

Vediamo un messaggio simile nella parabola della rete da pesca, che Matteo include alcuni versetti dopo.

Versetti 47–50

Il regno dei cieli è pure simile ad una rete gettata in mare, che raccoglie ogni sorta di cose. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e, postisi a sedere, raccolgono ciò che è buono nelle ceste, mentre gettano via quello non buono. Così avverrà alla fine del mondo; gli angeli verranno e separeranno i malvagi dai giusti; e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti».

Gesù si riferiva alla pesca mediante la cosiddetta sciabica, o rete a strascico.8 Si può usare dalla barca o dalla riva. Ha dei galleggianti di sughero lungo il bordo superiore e dei pesi di piombo lungo quello inferiore. Può essere stesa tra due barche oppure gettata da una e poi trascinata a riva mediante delle funi, raccogliendo tutto quello che incontra.9

Questo tipo di rete non fa distinzione di pesci, quindi poteva pescare qualsiasi delle ventiquattro specie ittiche che si trovavano nel Mare di Galilea.10 Una volta a riva, il pesce veniva separato. Mentre in genere gli altri pescatori separavano i pesci commestibili da quelli non commestibili, quelli ebrei dovevano separarli ulteriormente secondo le loro regole alimentari religiose, che proibivano il consumo di alcuni pesci altrimenti edibili.

Deuteronomio 14,9–10

Fra tutti gli animali che vivono nelle acque, potete mangiare tutti quelli che hanno pinne e squame; ma non mangerete alcuno di quelli che non hanno pinne e squame; sono impuri per voi.

I pesci buoni, cioè quelli puri, venivano messi in qualche recipiente, forse cesti o cassette; i pesce non buoni, quelli impuri, erano gettati via.

Il pubblico ebraico avrebbe probabilmente pensato al giudizio, perché nel Vecchio Testamento l’immagine di una rete, usata per la pesca o per la caccia, si ricollega al giudizio di Dio, come possiamo vedere in Osea e in altri punti.11

Osea 7,12

Mentre andranno, stenderò su di loro la mia rete e li farò cadere come gli uccelli del cielo; li castigherò, come è stato annunciato alla loro assemblea.

Mentre la parabola del grano e della zizzania dice che i giusti risplenderanno come il sole e descrive il destino degli operatori d’iniquità, questa si concentra soltanto sul destino dei malvagi. Sentiamo dire anche qui che gli angeli separano i malvagi e li gettano nella fornace, dove ci saranno pianto e stridore di denti. Raccontando questa parabola, Gesù voleva dire che ci sarà un processo di separazione e che avverrà un giudizio. In quel momento specifico, alla fine del mondo, il male sarà per sempre escluso dal regno di Dio.

Devo ammettere che non mi piace pensare al giudizio intessuto nell’intera Bibbia e spesso descritto da Gesù. Come disse C. S. Lewis:

Non c’è dottrina che eliminerei più volentieri di questa dal Cristianesimo, se ne avessi il potere. Ha però il pieno sostegno delle Scritture e in particolar modo delle parole di nostro Signore; è sempre stato accettata dalla Cristianità ed è sostenuta dalla ragione.12

Solamente nel Vangelo di Matteo ci son ventun casi diversi in cui Gesù parla direttamente del giudizio o vi accenna.13 Il giudizio non è un argomento molto popolare ed è stato incorrettamente usato come tattica per spaventare i fedeli da parte di alcuni appartenenti al corpo di Cristo. In ogni caso per quanto questo concetto possa non piacerci, è innegabilmente un elemento centrale del messaggio di Gesù, sia nei confronti di Israele sia come parte della sua predicazione del regno.14

Il giudizio futuro è una realtà ed è precisamente il motivo per cui Gesù venne sulla terra e sacrificò la vita per tutti noi. Ogni essere umano merita di essere giudicato a causa del peccato che ci separa da Dio. Dio non vuole quella separazione, ma poiché Egli è completamente santo, niente di impuro può stare alla sua presenza. Comunque, a causa del suo amore per l’umanità, ha fatto in modo che potessimo essere redenti e dichiarati puri: mediante la morte di Gesù sulla croce per il perdono dei nostri peccati. Grazie a ciò, siamo considerati giusti; al momento della separazione, alla fine del mondo (o di questa età), chi ha trovato un rapporto con Dio attraverso Gesù non condividerà il destino di chi non l’ha fatto.

Questa verità ha due effetti su di me: primo, mi rende grato di aver avuto l’opportunità di ascoltare il Vangelo così da arrivare a credere in Gesù e iniziare un rapporto con Dio. Secondo, mi spinge a parlare del messaggio ad altri. Ho alcuni amici che non sono cristiani e le cui personalità, mentalità ed esperienze sono tali che un invito diretto a credere non sarebbe ricevuto bene e potrebbe chiudere completamente la porta. Il loro è un caso di testimonianza relazionale. Voglio sinceramente che ricevano il Signore, ma non succederà molto presto, quindi mi trovo a chiedere al Signore di proteggerli in modo che non muoiano prima di poterlo conoscere. Il pensiero del giudizio incombe e la sua inevitabilità mi sprona a fare il possibile per portarli a conoscere Dio.

L’immagine usata nelle due parabole, della fornace ardente e di un luogo in cui ci sono pianto e stridore di denti, è proprio quello: un’immagine. Non dovremmo prendere alla lettera che il destino di chi rifiuta il messaggio del Vangelo sia fatto di fiamme ardenti. Comunque, di qualunque cosa si tratti, sarà una separazione da Dio e da quelli che amano Dio. Quando consideriamo tutto quello che Dio è – amore, bellezza, bontà, misericordia, dolcezza, giustizia, rettitudine, affidabilità e tanto altro – il pensiero di trovarsi in un luogo in cui tutte queste cose mancano perché non c’è la presenza è angosciante.

Tutti hanno bisogno di Dio. Lui non vuole che alcuno perisca, come dice Pietro, ma desidera che tutti abbiano modo di pentirsi.15 A noi che abbiamo fatto esperienza dell’amore e della misericordia di Dio è stato chiesto di portare agli altri la notizia del suo amore; quando lo facciamo, diamo loro l’opportunità di stare insieme a tutti quelli che vivranno eternamente in un luogo pieno di tutto ciò che Dio è. Cerchiamo di fare del nostro meglio per parlare agli altri del messaggio e dell’amore di Dio.

Il grano e la zizzania, Matteo 13,24–30. 36–43

24 Egli propose loro un’altra parabola dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo, che seminò buon seme nel suo campo.

25 Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano, e se ne andò.

26 Quando poi il grano germogliò e mise frutto, apparve anche la zizzania.

27 E i servi del padrone di casa vennero a lui e gli dissero: “Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?”.

28 Ed egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. Allora i servi gli dissero: “Vuoi dunque che andiamo e la estirpiamo?”.

29 Ma egli disse: “No, per timore che estirpando la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano.

30 Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio”».

36 Allora Gesù, licenziate le folle, se ne ritornò a casa e i suoi discepoli gli si accostarono, dicendo: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».

37 Ed egli, rispondendo disse loro: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo.

38 Il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del regno, e la zizzania sono i figli del maligno,

39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo, mentre la mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.

40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.


Note

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 Marco 4,26–29. Vedi anche: Le storie raccontate da Gesù: i semi e il lievito.

2 David Wenham, The Parables of Jesus (Downers Grove: InterVarsity Press, 1989), 57.

3 Craig S. Keener, The Gospel of Matthew: A Socio-Rhetorical Commentary (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2009), 387.

4 R. T. France, The Gospel of Matthew (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2007), 526.

5 Wenham, The Parables of Jesus, 59.

6 Klyne Snodgrass, Stories with Intent (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2008), 206.

7 Le altre due sono la rete (Matteo 13,47–50) e le pecore e le capre (Matteo 25,31–46).

8 Foto di C. Ortiz Rojas, NOAA.

9 Snodgrass, Stories with Intent, 486.

10 Joachim Jeremias, The Parables of Jesus (New Jersey: Prentice Hall, 1954), 226.

11 Vedi anche Salmi 66,10–11; Isaia 51,20; Lamentazioni 1,13; Ezechiele 12,13.17,20.

12 The Problem of Pain (NY: HarperCollins, 2015), 119–20.

13 Matteo 3,10–12; 5,21–26.29–30; 7,13–14.19,.23.24–27; 8,11–12; 10,15.28.32–33; 11,20–24; 12,31.34–37; 13.39–43.49–50; 16,27; 18,6–9.34–35; 22,13; 24,51; 25,30.41–36.

14 Snodgrass, Stories with Intent, 492.

15 2 Pietro 3,9.


Pubblicato originariamente in Inglese il 24 novembre 2015.