Le storie raccontate da Gesù: il ricco stolto, Luca 12,13-21
Ottobre 2, 2014
di Peter Amsterdam
Le storie raccontate da Gesù: il ricco stolto, Luca 12,13-21
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Quella del ricco stolto è una delle tre parabole che vedremo in tre parti consecutive della serie Le storie raccontate da Gesù, che hanno tutte a che fare con ricchezza e proprietà personali. Questi non sono gli unici insegnamenti di Gesù sull’uso o l’abuso della ricchezza, sono semplicemente dei casi in cui utilizza delle parabole per spiegarli. Dopo “Il ricco stolto”, le parabole successive saranno “Il ricco e Lazzaro” e “L’amministratore disonesto”.
Il capitolo 12 di Luca inizia presentando Gesù che insegna ai suoi discepoli davanti a una folla di migliaia di persone. A un certo punto qualcuno nei pressi si rivolge a Lui.
Or qualcuno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli gli disse: «O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?»[1]
Non sarebbe stato molto fuori dal normale chiedere a un maestro (il termine usato nel Vangelo di Luca, sinonimo di rabbi) di arbitrare una disputa legale come questa. I rabbini erano pratici della legge mosaica e dedicavano gran parte del loro tempo a dare consigli legali su questioni del genere. In questa forse il padre era morto senza lasciare un testamento, scritto o orale, è ciò aveva portato a una lite tra due fratelli. L’uomo che si rivolse a Gesù molto probabilmente era il fratello minore, perché l’eredità lasciata dal padre, che probabilmente includeva delle terre, non poteva essere divisa senza l’assenso del fratello maggiore. Questi forse preferiva che la terra, o la tenuta, rimanesse intera e che i due fratelli ci vivessero entrambi, come era comune a quei tempi. Comunque, evidentemente, il fratello che ipotizziamo minore non era contento di questa sistemazione e quindi praticamente esigeva che Gesù dicesse al maggiore di dividere l’eredità.[2]
La risposta di Gesù è piuttosto brusca e sembra indicare una certa disapprovazione. “Uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?” Il fratello minore non chiede un arbitrato, o che Gesù faccia da mediatore tra lui e suo fratello. Non cerca di arrivare a una riconciliazione o un accordo. Chiede a Gesù di prendere le sue parti e dire a suo fratello di dividere l’eredità. In un certo senso sta cercando di usare quella che percepisce essere l’influenza di Gesù come rabbino o insegnante per fare pressione su suo fratello. Molto probabilmente Gesù avrebbe preferito che, invece di dividere l’eredità, i due fratelli riparassero il loro rapporto e si ricordassero la saggezza espressa nel salmo 133,1:
Ecco, quanto è buono e quanto è piacevole, che i fratelli dimorino assieme in unità![3]
Poi Gesù prosegue col dire:
«Fate attenzione e guardatevi dall’avarizia, perché la vita di uno non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede»[4]
Gesù ammonisce tutti i presenti a stare in guardia contro ogni tipo di avarizia, o di avidità — quel desiderio ardente e insaziabile di avere di più. Invece di stabilire chi ha ragione e chi ha torto nella situazione, ammonisce contro l’avidità. La soluzione che porterà guarigione e rappacificamento non sta nel dividere l’eredità ma nel liberarsi della cupidigia o dell’atteggiamento egocentrico del cuore.
Poi Gesù inizia a raccontare la parabola del ricco stolto. Per capire bene questa parabola, è utile ricordare che le Scritture insegnano che Dio creò ogni cosa e che tutto essenzialmente appartiene a Lui; noi siamo custodi di ciò che Dio ci ha dato. Come dice nel salmo 24,1:
All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.[5]
Lo scrittore Kenneth Bailey dice:
Secondo la Bibbia, noi siamo amministratori di tutte le nostre proprietà e responsabili davanti a Dio di tutto ciò che ne facciamo. Allo stesso tempo, il Nuovo Testamento afferma la legittimità della proprietà privata. Pietro affrontò Anania e Saffira in Atti 5,1-11 perché dichiararono falsamente di aver dedicato le loro proprietà a Dio mentre non l’avevano fatto. Il loro peccato era affermare il falso, non avere delle proprietà. Tutti i cristiani sono invitati a essere amministratori delle loro proprietà private e di tutta la terra. La parabola del ricco stolto è uno degli insegnamenti principali di nostro Signore su questo argomento. La storia parla di un uomo che non riuscì a riconoscere di essere responsabile davanti a Dio di tutto ciò che possedeva.[6]
In risposta alla richiesta del fratello di dividere la terra e in linea con i suoi commenti sull’avidità e le proprietà, Gesù raccontò questa parabola:
La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante raccolto; ed egli ragionava fra sé dicendo: “Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?”. E disse: “Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all’anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?” Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio.[7]
Quello che scopriamo di quest’uomo è che era già ricco e che le sue terre avevano appena avuto un raccolto abbondante. Probabilmente era uno di quegli anni in cui c’era stata la quantità giusta di sole e di acqua. Non ci sono indicazioni che avesse lavorato più degli anni precedenti, però aveva raccolto molto più del solito, tanto che non aveva più spazio nei granai che già possedeva.
Evidentemente non considerava quest’abbondanza come una benedizione di Dio, né che in fondo Dio fosse il proprietario di quel raccolto — e delle sue terre e di tutto ciò che aveva, se per quello. Ascoltiamo il suo dialogo interiore su cosa fare di quell’abbondanza e sentiamo che parla di “miei raccolti, miei granai, miei beni, mia anima” … non c’è menzione di Dio né delle sue benedizioni. Nella sua mente, tutto gli apparteneva. Come vedremo, non pensa assolutamente di usarlo in maniera da beneficiare altri o glorificare Dio. Invece dice a se stesso: “Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni”.
Quest’uomo ricco ed egoista, che ha già cose in abbondanza, progetta di stivare il raccolto in nuovi granai più grandi, con l’idea che una volta fatto ciò si sarebbe sistemato finanziariamente per molti anni. Così dice a se stesso: “Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi”.
Il libro dell’Ecclesiaste parla di mangiare, bere e stare allegro,[8] ma ci ricorda anche che Dio ci ha dato i giorni della nostra vita, che la nostra esistenza e il tempo che passiamo sulla terra appartengono a Lui.[9] Gesù lo dice molto chiaramente nel resto della parabola:
Ma Dio gli disse: “Stolto, questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?”
Gesù lo chiama stolto. Ciò avrebbe ricordato ai suoi ascoltatori il versetto nel libro dei Salmi, che dice:
Lo stolto ha detto nel suo cuore: «Non c’è Dio».[10]
La parola stolto è usata in altri punti del Vecchio Testamento in riferimento a persone che rifiutano di riconoscere la propria dipendenza da Dio.[11] Il ricco è chiamato stolto perché ha lasciato Dio fuori dal quadro. Per lui i suoi beni materiali sono ciò che gli assicura un futuro. Nella sua mente, se ha una sicurezza finanziaria, il suo futuro è assicurato. Può mangiare, bere e stare allegro. Che cosa potrebbe andare storto?
Il ricco non prende in considerazione il fatto che è Dio che ha fatto crescere il raccolto e gli ha dato quell’abbondanza; né che è Lui che gli ha donato la vita. Le parole greche usate per dire questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata contengono termini che si riferiscono alla restituzione di un prestito;[12] e come un prestito arrivato alla scadenza, la vita di quell’uomo finisce, dimostrando come i suoi piani erano stupidi e privi di senso. I suoi beni non gli offrivano nessuna vera sicurezza.
Giacomo espresse la stessa cosa nella sua epistola, quando scrisse:
E ora a voi che dite: «Oggi o domani andremo nella tale città, e vi dimoreremo un anno, commerceremo e guadagneremo», mentre non sapete ciò che accadrà l’indomani. Cos’è infatti la vostra vita? In verità essa è un vapore che appare per un po’ di tempo, e poi svanisce. Dovreste invece dire: «Se piace al Signore e se saremo in vita, noi faremo questo o quello».[13]
Il ricco non incluse Dio nell’equazione. Nel suo modo di vedere, tutto era suo, compresa la sua vita. Gesù però indica chiaramente che in un certo senso tutto è in prestito; tutto appartiene a Dio. Il ricco progettava il proprio futuro senza alcun pensiero nei confronti di Dio o del suo ruolo e della sua autorità nella propria vita.
Gesù continuò dicendo:
Di chi saranno le cose che tu hai preparato?
Chi ascoltò questa parabola probabilmente si ricordò delle scritture nel libro dell’Ecclesiaste e in quello dei Salmi che dicono:
Così ho odiato ogni fatica che ho compiuto sotto il sole, perché devo lasciare tutto a colui che verrà dopo di me. E chi sa se sarà saggio o stolto? Ma comunque egli sarà padrone di tutto il lavoro che ho compiuto con fatica e in cui ho usato sapienza sotto il sole.[14]
Non temere quando uno si arricchisce, quando la gloria della sua casa aumenta, perché quando morrà non porterà nulla con sé; la sua gloria non scenderà dietro di lui. Anche se in vita egli si riteneva felice (la gente infatti ti loda quanto tu prosperi), egli raggiungerà la generazione dei suoi padri, che non vedranno mai più la luce. L’uomo che vive nelle ricchezze senza avere intendimento è simile alle bestie che periscono.[15]
È come nel vecchio detto: non puoi portarlo con te. Ogni ricchezza materiale va lasciata indietro al momento della morte e non ha più alcun valore per la persona a cui apparteneva. Gesù lo fa notare succintamente nella parabola, poi conclude così:
Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio.[16]
Chi accumula tesori per sé è come il ricco stolto. In che senso? È chiamato stolto perché è ricco? No. Il messaggio della parabola non è una condanna della ricchezza, ma riguarda l’uso sbagliato che se ne fa e le persone che non si danno pensiero di Dio.[17] Il ricco stolto vide la benedizione di un raccolto abbondante come un mezzo per provvedere ai propri piaceri e alla propria sicurezza. Pensava solo a sé, al suo futuro e al suo piacere. Non prendeva assolutamente in considerazione che forse Dio gli aveva dato quell’abbondanza per un motivo che andava oltre i suoi piaceri personali, come aiutare i poveri e i bisognosi.
La conclusione della parabola parla di essere ricco verso Dio. Che cosa significa? Nei versetti che seguono la parabola, Gesù parla di confidare in Dio per la nostra vita e le nostre necessità. Dice che se Dio nutre i corvi, che non hanno depositi né granai, e se veste i gigli, senz’altro si prenderà cura di noi. Dice che dobbiamo avere fiducia in Dio e cercare il suo regno, poi Lui si prenderà cura di noi. È facendo queste cose — confidando in Dio, cercandolo e facendo la sua volontà — che ci facciamo borse che non invecchiano, con tesori inesauribili in cielo.[18] Ci viene detto di farci un tesoro nei cieli. Siamo ricchi davanti a Dio quando gli rendiamo gloria, facciamo quello che ci chiede, viviamo secondo i suoi insegnamenti e cerchiamo di fare la sua volontà, quello che ci ha chiesto di fare.
La parabola parla a tutti noi. Tutti necessitiamo di risorse per vivere. È saggio mettere da parte dei soldi per il futuro, se possiamo. Non c’è niente di intrinsecamente sbagliato nell’avere proprietà o denaro in abbondanza. Le ricchezze non sono un male in sé. In ogni caso, chi le ha si trova di fronte a delle sfide spirituali, com’è dimostrato dall’avidità del ricco in questa parabola. Le Scritture ci insegnano a non confidare nelle ricchezze[19] e Gesù ci avverte che le preoccupazioni del mondo e l’inganno delle ricchezze soffocheranno la Parola.[20] Queste sfide sono abbastanza difficili, tanto che Gesù disse: “In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli”.[21] Il problema non erano le ricchezze di quell’uomo, ma il fatto che nel suo cuore c’erano i suoi tesori, i suoi beni, e non Dio. Non era ricco verso Dio. Non si stava facendo tesori in cielo; stava immagazzinando avidamente la sua abbondanza senza pensare a Dio né ad altri che potessero essere nel bisogno.
E noi? Riconosciamo che tutto quello che abbiamo in realtà appartiene a Dio? Se sì, gli chiediamo come usare e gestire le nostre finanze? Lo ringraziamo e lo lodiamo per come ha provveduto a Noi? Quando ci benedice finanziariamente, lo facciamo a nostra volta con i bisognosi? Benediciamo Dio restituendogli il dovuto in decime e offerte?
Come disse una volta il grande evangelizzatore Oswald J. Smith:
[La questione] non è quanto del mio denaro darò a Dio, ma quanto del denaro di Dio terrò per me”. Dallas Willard affermò: “La frugalità è allo stesso tempo una disciplina e una virtù cristiana fondamentale. Bisogna però notare che i [possibili] errori hanno a che fare con il modo di utilizzare i propri beni, non con il possederli”.[22]
Qualunque sia la nostra situazione finanziaria, possiamo essere come il ricco stolto. Non era l’essere ricco che lo rendeva avido. Non importa se abbiamo molto o poco; possiamo facilmente diventare avidi se pensiamo troppo ai nostri beni, o alla loro mancanza, al punto di espellere Dio dalla nostra vita; al punto di smettere di confidare in Lui, di seguirlo e di vivere nella consapevolezza che siamo invitati a essere ricchi verso di Lui, a farci tesori nei cieli.
Possa ognuno di noi imparare a coinvolgere Dio in ogni aspetto della sua vita, compreso il modo di usare il denaro e i beni materiali con cui ci ha benedetto. Possa ognuno di noi chiedergli come utilizzare le ricchezze che ci ha dato; possa rispecchiare la sua natura e il suo carattere nell’uso che facciamo dei nostri beni materiali, nella nostra vita e nel nostro servizio. Possa ognuno di noi essere ricco verso Dio.
Il ricco stolto (Luca 12,13-21)
13 Or qualcuno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità».
14 Ma egli gli disse: «O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?».
15 Poi disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dall’avarizia, perché la vita di uno non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede».
16 Ed egli disse loro una parabola: «La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante raccolto;
17 ed egli ragionava fra sé dicendo: “Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?”.
18 E disse: “Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni,
19 poi dirò all’anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi”.
20 Ma Dio gli disse: “Stolto, questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?”.
21 Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio».
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da La Nuova Diodati, Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
[1] Luca 12,13–14.
[2] Kenneth E. Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes (Downers Grove: InterVarsity Press, 2008), 300.
[3] Salmi 133,1 NA.
[4] Luca 12,15.
[5] Salmi 24,1.
Salmi 50,12: Se avessi fame, non te lo direi; perché il mondo e quanto esso contiene è mio.
Salmi 89,11: I cieli sono tuoi, anche la terra è tua; tu hai fondato il mondo e tutto ciò che è in esso.
[6] Bailey, Middle Eastern Eyes, 298.
[7] Luca 12,16–21.
[8] Ecclesiaste 8,15: Così ho lodato l’allegria, perché non c’è nulla di meglio per l’uomo sotto il sole che mangiare, bere e stare allegro, perché questo rimane con lui nella sua fatica durante i giorni di vita che Dio gli dà sotto il sole.
[9] Ecclesiaste 9,9: Godi la vita con la moglie che ami per tutti i giorni della tua vita di vanità, che Egli ti ha concesso sotto il sole … perché questa è la tua parte nella vita e nella fatica che compi sotto il sole.
[10] Salmi 14,1.
[11] Arland J. Hultgren, The Parables of Jesus (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 2000), 107.
[12] Kenneth E. Bailey, Through Peasant Eyes (Grand Rapids: William B. Eerdmans Publishing Company, 1980), 67.
[13] Giacomo 4,13–15.
[14] Ecclesiaste 2,18–19.
[15] Salmi 49,16–20.
[16] Luca 12,21.
[17] Craig L. Blomberg, Interpreting the Parables (Downers Grove: InterVarsity Press, 1990), 226.
[18] Luca 12,22–34.
[19] Proverbi 11,28; 1 Timoteo 6,17.
[20] Matteo 13,22.
[21] Matteo 19,23.
[22] Dallas Willard, The Spirit of the Disciplines (HarperOne, 1988), 194.
Titolo originale: The Stories Jesus Told: The Rich Fool, Luke 12,13–21
Pubblicato originariamente in Inglese il 10 Giugno 2014
versione italiana affissa il 2 Ottobre 2014;
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