Liberate i prigionieri

Dicembre 9, 2014

di Maria Fontaine

C’è un gruppo di persone che potete trovare in ogni paese del mondo. Per la maggior parte provengono dagli strati più poveri della società, ma chi finisce in questo gruppo può venire anche dalla piccola e media borghesia e su fino alle classi più alte. Nella maggior parte dei casi la loro vita è diventata un inferno sulla terra, ma anche nelle circostanze spesso brutali e pericolose in cui sono costrette a vivere, c’è una grande possibilità che la luce divina risplenda in mezzo alle loro tenebre.

Le persone sono prigioniere del peccato finché i loro legami non vengono spezzati da Gesù con il suo sangue. Ma nel mondo ce ne sono alcune che non sono imprigionate soltanto del peccato, ma da veri e propri muri di prigioni, da sbarre e filo spinato. Che vi sentiate personalmente chiamati o no a svolgere il difficile compito di visitare i detenuti o di scrivere loro, potete lo stesso fare qualcosa d’importante se v’impegnerete a pregare per le persone in carcere che hanno un bisogno disperato di Gesù. Molti detenuti che in precedenza erano induriti e irraggiungibili e che sono stati trasformati soprannaturalmente dalla luce e dall’amore di Gesù, attribuiscono gran parte del miracolo avvenuto nella loro vita ai cristiani che hanno interceduto in preghiera per loro.

Sia che questi detenuti abbiano commesso dei reati, o siano in prigione ingiustamente, le loro vite spesso vengono soffocate da rancore, rabbia, solitudine, paura, rimorso, depressione e altre emozioni distruttive. Quelli più dediti al male frequentemente approfittano degli altri, trattandoli in modo brutale e demoralizzandoli, lasciandoli spesso senza alcuna speranza d’aiuto o a volte perfino di sopravvivenza.

Parecchi anni fa ho aiutato a compilare un libretto pubblicato da LFI. Era composto di messaggi ricevuti dal Signore per le persone in carcere e molti d’essi possono essere usati come volantini separati. S’intitola “Libertà interiore”, ed è disponibile in inglese qui. Il mio scopo nel fare questa compilazione era d’indicare che anche se questi detenuti non possono essere liberi fisicamente, possono scoprire il modo di esserlo spiritualmente.

Il ministero delle prigioni, come alcune altre missioni, è spesso un lavoro lento. Ci sono molte sfide e molte questioni di sicurezza per superare tutta la burocrazia necessaria a oltrepassare quei muri materiali. Spesso poi ci sono molte barriere di durezza, risentimento, paura, depressione e disperazione che vanno superate, anche nel cuore degli stessi detenuti. Se però il Signore vi ha messo nel cuore questo desiderio, spalancherà delle porte davanti alla vostra perseveranza. Può essere un ministero molto soddisfacente, in cui il Signore può usarvi molto per cambiare delle vite umane un po’ alla volta.

Un’appartenente a LFI, Marianne, lavora da circa un anno e mezzo in un grande carcere in Messico. Invece di raccontarvi la sua storia, vorrei condividere con voi una conversazione che ho avuto con lei, nella quale ha descritto il suo lavoro.

Marianne:

Negli ultimi sette anni ho lavorato con un altro membro della famiglia, Isabelle, e con la sua organizzazione non-profit, facendo diversi progetti umanitari. Abbiamo parlato spesso del nostro desiderio di fare qualcosa nelle prigioni, perché nel sistema giudiziario e carcerario ci sono molti problemi. Avendo lavorato con donne vittime di violenza, la mia cara amica si è resa conto che sia loro sia le donne detenute hanno molte delle stesse difficoltà.

Lei aveva un grande desiderio di lavorare con le donne in carcere e si è offerta di fare attività di coaching in uno dei centri di riabilitazione per detenute. Dopo aver superato la montagna di documenti necessari per essere approvata e accettata all’interno del sistema penitenziario, finalmente è riuscita a cominciare.

Il bisogno era enorme e le sue lezioni sono state accolte molto bene. Così abbiamo avuto l’idea di offrire lezioni di lingue. All’epoca avevano già un’insegnante d’inglese, così mi sono offerta di dare lezioni di francese. Anche questo progetto è stato approvato e mentre la mia collega teneva i suoi seminari, io ho cominciato a insegnare francese a un gruppo di sedici donne.

Maria:

Come sono le condizioni all’interno della prigione?

Marianne:

È certamente un mondo duro, composto di gente di vario tipo. Ho un’amica che ha fatto un progetto del genere in una delle prigioni vicino al confine tra Messico e USA e mi ha detto che per proteggere il personale dei cartelli della droga, alcune di queste donne sono costrette a confessare reati che non hanno commesso. Danno loro una scelta: firmare una confessione, oppure il cartello ucciderà alcuni membri della loro famiglia. E di solito non si tratta di minacce a vuoto.

Nel carcere in cui vado con Isabelle ci sono circa trecento donne. Molte finiscono per passare il tempo assumendo droga, rubando e mettendosi in guai peggiori. C’è un reparto psichiatrico e alcune donne sono completamente fuse dalla droga. All’interno del carcere tutte le donne sono mischiate insieme. Quelle costrette dai cartelli a subire questa situazione sono mescolate con criminali incallite, perfino donne che hanno ucciso i propri figli. Ci sono molte storie di donne costrette a prendere droga, minacciate di morte o picchiate. Le detenute messicane possono essere particolarmente dure con le straniere — le picchiamo, le infastidiscono e le derubano. C’è in giro molta paura.

Maria:

Nel carcere ci sono anche dei bambini?

Marianne:

No, non in questo. Molte donne sentono molto la mancanza dei figli. In uno dei centri permettono alle detenute di avere con sé i bambini fino a sei anni. Alcuni nascono lì. Appena i bambini compiono sei anni devono uscire e andare a vivere con i parenti o in centri speciali. Per alcune detenute è un grosso trauma quando devono separarsi dai figli.

Maria:

In che modo riesci a testimoniare?

Marianne:

Dopo le lezioni di francese, offro dei libri devozionali e di solito tutte li vogliono. Porto anche dei libri per bambini, di cui sono veramente grate; alcune li prendono per i figli, altre per i nipoti. Ho un po’ di tempo tra una lezione e l’altra, così le mie studentesse possono fermarsi a parlare; ce ne sono due o tre che sono particolarmente ricettive e vengono a chiedermi di pregare per loro. Questo mi offre l’opportunità di scoprire come stanno. Ad altre testimonio in maniera più sporadica, ogni volta che hanno qualche momento particolarmente difficile e vogliono parlare.

Per via della cultura latina in genere, è facile parlare del Signore, così non ci sono problemi quando le incoraggio in questo modo, purché faccia il mio lavoro e non usi la lezione per “predicare”. C’è senz’altro la possibilità di aiutare quelle che sono più ricettive.

Maria:

Puoi dirmi qualcos’altro su alcuni dei tuoi rapporti con loro?

Marianne:

Tra le trecento donne di questo carcere, c’è un gruppo di una trentina che cerca di imparare tutto il possibile. È un modo per sopravvivere in questo ambiente tanto deprimente. Per la maggior parte le donne di questo gruppo approfittano di qualsiasi opportunità culturale ed educativa venga offerta, per mantenere la sanità mentale e sfuggire alla depressione e al mondo di paura, crimine e buio che le circonda giorno e notte.

Le donne che seguono le mie lezioni, che per lo più sono in prigione da parecchi anni, sono molto grate dell’opportunità di sfuggire per un po’ a questo mondo pazzesco e studiare qualcosa che le faccia sentire meglio. Ho parlato personalmente con ognuna di loro e pregato con molte. Sono diventate amiche tra di loro e hanno formato una specie di gruppo di sostegno, anche se provengono da ambienti diversi e non hanno tutte la stessa età. A volte si salutano in francese e si aiutano a vicenda con i compiti che do loro.

Nella mia classe c’è una donna ebrea. Un giorno è venuta alla lezione con il petto fasciato da una benda; una detenuta le aveva versato addosso del tè bollente e le aveva detto che l’avrebbe uccisa. Le avevano consigliato di sporgere denuncia, ma lei ha pregato e ha ricevuto che Dio è il giudice e che lei non avrebbe dovuto fare niente che avrebbe potuto prolungare la permanenza di una persona in questo posto infernale.

In questo ambiente così buio un po’ di amore e di luce risplendono di più. Lei sa che sono cristiana e viene a chiedere preghiera, perché mi ha detto che il suo rabbino non viene a trovarla, per non offendere la sua famiglia! Ha una figlia di sette anni che è caduta in una specie di coma quando ha visto sua madre arrestata dalla polizia, così adesso la sua famiglia la incolpa dei problemi della bambina. Ha digiunato e pregato, implorando Dio di aiutarla a lottare per la guarigione di sua figlia. Ho compilato alcune promesse del Vecchio Testamento e gliele ho date da invocare. È stata molto grata dell’affetto e del sostegno! Nel deserto anche una sola goccia d’acqua è preziosa.

Nella mia classe c’è una colombiana che sperava di essere rilasciata lo scorso Natale, ma è ancora qui e sembra che ci siano problemi con la sua ambasciata. È una credente. Per il suo compleanno le ho portato in regalo Momento de Sosiego (Momenti di quiete) – un bel libro con citazioni e versetti sulla vittoria nei momenti difficili. Si è molto commossa e si è messa a piangere, perché non c’è nessuno che si ricordi del suo compleanno, nessuno che le porti qualcosa. Ha detto: “So che Dio sta usando questo periodo per cambiarmi e quando esco voglio veramente comportarmi meglio”.

L’ultimo giorno della mia seconda serie di lezioni, per festeggiare, ho portato dei dolci e il film Les Miserables, che sono state felicissime di vedere in compagnia. Avevamo parlato di storia francese, quindi sapevano che era un classico del periodo che avevo menzionato. Il mondo di Fantine e Cosette e dei Miserabili può anche essere il mondo della Francia del 19° secolo, ma sotto molti aspetti e simile a quello in cui molti qui vivono oggi.

L’ingiustizia, gli abusi, la corruzione, la povertà ecc. sono una realtà che molte di queste donne hanno affrontato per la maggior parte della vita — non tutte, ma molte. A un certo punto, vedendo Fantine nel film, una di loro ha esclamato: “Quella sono io!” Potevo vedere che le scelte e le decisioni di Jean Valjean le commuovevano davvero: quando scelse di non uccidere Javert, che lo aveva accusato falsamente, quando decise di dire la verità, così che un altro non dovesse morire al suo posto, quando raccolse Fantine e l’aiutò a morire con dignità. Potevo sentire la loro commozione.

Maria:

Ti sembra di avere un impatto a lungo termine su queste persone?

Marianne:

I progressi sono lenti, ma sto influenzando alcune di loro. Sanno che faccio questo lavoro perché sono cristiana. Alcune mi hanno detto che sono diversa da altre persone che visitano il carcere ma non sanno capirle molto bene e possono essere un po’ legalistiche e dogmatiche, o “fare prediche”. Io prego di poter in qualche modo portare un po’ dell’amore e della luce di Gesù in quest’ambiente buio, oltre a insegnare loro un po’ della mia lingua e della mia cultura natia.

Prego spesso per loro e in particolar modo ho pregato di trovare delle leader che non solo possano trovare incoraggiamento per se stesse, ma anche essere capaci di trasmetterlo ad altre — e alcune di loro lo stanno facendo. C’è una ragazza in particolare che il Signore ha messo nel mio cuore e che sento ha la capacità di aiutare molte altre. Ha trentatré anni, è un po’ pungente, ma ha grinta. Se soltanto si entusiasmasse per il Signore, potrebbe fare la differenza qui. La preghiera è importantissima in queste situazioni, perché è ciò che spinge la mano di Dio a fare quello che noi non possiamo fare.

Adesso la mia amica e collaboratrice, Isabelle, sta iniziando un'altra serie di seminari nel carcere. Una donna ha già partecipato a due serie e si è iscritta alla terza. Altre lo stanno facendo per la seconda volta e anche un paio delle mie studentesse si sono iscritte. Isabelle ha potuto parlare seriamente e pregare con molte di loro. Sembra che siano state sinceramente colpite dai principi che hanno imparato nei seminari. Alcune hanno avuto dei cambiamenti spettacolari nella loro vita.

Cerchiamo di portare un po’ della sua luce, del suo amore e del suo affetto a queste care donne che lottano per sopravvivere in una situazione tanto difficile. Possiamo contribuire a cambiare la loro vita. Preghiamo che alcune diventino perfino delle colonne per un cambiamento positivo, qui in questa situazione e, speriamo, anche quando lasceranno questo istituto. Una donna che spera di uscire presto ha chiesto a Isabelle se poteva venire ad aiutarla con i seminari in prigione una volta scontata la sua pena.


Si stima che in tutto il mondo ci siano dieci milioni di persone confinate nelle prigioni.[1] Sono un segmento della società che per la maggior parte non ha nessuno che l’aiuti, nessuno a cui importa se vive o muore. Mentre una parte è composta da criminali violenti, un’altra parte considerevole si trova lì per cose come uso o spaccio di droga, evasione delle tasse o altri reati non violenti. Ci sono probabilmente anche molte persone innocenti. In molti posti il loro “reato” potrebbe essere il disaccordo con le persone al potere, la partecipazione a dimostrazioni antigovernative, o l’appartenenza a una minoranza religiosa. In alcuni paesi, perfino in alcuni del cosiddetto primo mondo,[2] molte persone passano anni o anche decenni in prigione senza essere accusati di alcun reato.

Questo è solo un breve sguardo al vasto argomento delle prigioni. C’è un bisogno spirituale così disperato di speranza e dello Spirito del Signore. Non possiamo liberarli fisicamente, ma possiamo liberare il loro spirito per creare un contatto con Dio, che li ama e vuole che facciano parte del suo regno.

Gesù si è assunto la missione di liberarci. Noi possiamo contribuire a liberare gli altri prigionieri aiutandoli a diventare cittadini del suo regno.

So che diversi di voi in passato hanno partecipato a ministeri delle prigioni e alcuni di voi lavorano adesso come volontari nei carceri. Vi sarei molto grata se poteste mandarmi qualsiasi testimonianza delle vostre visite o della vostra corrispondenza con detenuti e detenute, specialmente se siete stati in grado di condurre qualcuno al Signore o di aiutare qualche persona a crescere in Lui e poi continuare a parlare di Lui ad altri detenuti. M’interessano molto anche le storie di come assistete i familiari dei detenuti all’esterno del carcere. Le testimonianze sono un modo per moltiplicare i frutti di ciò che il Signore fa attraverso di noi, perché spesso ispirano altri a intraprendere azioni simili.

In genere il mondo non offre agli ex detenuti molte opportunità di redimersi e diventare membri produttivi della società. Il marchio che portano rende loro difficile trovare un lavoro o rifarsi una vita, anche per quelli che hanno delle specializzazioni. Hanno bisogno di fede e speranza nella forza del Signore, che li aiutino a perseverare e a superare le molte sfide che devono affrontare a causa del loro passato.

Molti ex detenuti non hanno un posto dove andare una volta rilasciati. Purtroppo molti tornano a una vita di crimine, violenza, droga ecc. e la loro vita continua a seguire una spirale verso il basso. Senza la speranza in qualcosa di più grande di questo mondo, alla maggior parte di loro manca la motivazione per superare le influenze negative del loro passato. Noi, però, come cristiani, abbiamo la possibilità di fare una differenza. Se facciamo il possibile per aiutarli a trovare la fede in Gesù, la sua Parola e il suo amore possono aiutarli a uscire da quel circolo vizioso e a trovare una vita veramente nuova.

Il mondo creato dai peccati e dalla disumanità dell’uomo può essere molto freddo e crudele, ma, come dice la Bibbia, dove abbonda l’iniquità, abbonda molto di più la grazia.[3] Uno dei motivi per cui Gesù ci fa restare qui sulla terra è che facciamo il possibile per realizzare il compito iniziato da Lui, di “guarire quelli che hanno il cuore rotto, proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, e rimettere in libertà gli oppressi”.[4]

Gesù disse: “Fui in prigione e veniste a trovarmi”.[5] Possiamo andare a trovare Gesù nelle prigioni del mondo mediante le nostre preghiere per tanta gente che non ha speranza né amore né luce nella vita. Per favore, vi chiedo di fermarvi adesso e pregare che Dio porti la sua luce e la sua vita nei cuori di chi è incarcerato. Per favore, chiedete a Gesù di fare qualcosa per creare un contatto tra loro e Lui, per cambiare le cose e dare loro speranza e un modo di arrivare a capire che, nonostante tutto, Lui li ama sinceramente e senza condizioni.

“Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro; e di quelli che sono maltrattati, come se anche voi lo foste!”[6]


Titolo originale: Free the Prisoners
Pubblicato originariamente in Inglese il 12 Aprile 2014
versione italiana affissa il 9 Dicembre 2014;
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