Più simili a Gesù: l’esempio di Cristo

Ottobre 22, 2016

di Peter Amsterdam

[More Like Jesus: Christ’s Example]

Durante il nostro processo di cambiamento per diventare più simili a Gesù, è logico che dovremmo osservare l’esempio di come lo stesso Gesù – l’unico essere umano pienamente divino – condusse la sua vita. Dovremmo trovare una guida nel suo modo di vivere, compreso come interagì con suo Padre e con gli altri. Oltre a ciò, dovremmo esplorare il resto del Nuovo Testamento per vedere come i suoi seguaci originali condussero la loro vita e insegnarono ad altri a seguire il suo esempio. In questa serie prenderemo in esame entrambi questi argomenti.

Per cominciare, diamo un’occhiata generale ad alcuni aspetti della vita di Gesù che servono da cartelli indicatori nella nostra ricerca di come essere più simili a Lui. 1

Il profondo senso d’intimità di Gesù con Dio

Nel Vecchio Testamento vediamo che gli esseri umani reagirono a Dio con timore reverenziale – un’emozione fatta di sottomissione, stupore e timore.2

Per esempio, le Scritture ci dicono che quando Dio gli parlò, Mosè “si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio”. 3 Alla presenza di Dio, il profeta Isaia disse: “Ahimé! Io sono perduto […] I miei occhi hanno visto il Re. l’Eterno”.4

Vediamo invece che il rapporto di Gesù con Dio era diverso. C’era una grande intimità e si rivolgeva a Dio chiamandolo “Padre”. Gesù sapeva di avere l’amore e l’approvazione di suo Padre.

Gesù insegnò ai suoi discepoli che dovevano rivolgersi anch’essi a Dio come a un Padre.5 Con questo, Gesù trasmetteva l’idea che in qualche modo la sua posizione di Figlio si estendeva anche a loro. Anche se non erano figli di Dio nello stesso modo unico modo in cui lo era Lui, erano pur sempre suoi figli; e come tali erano amati da Lui, avevano un rapporto con Lui, facevano parte della sua famiglia e avevano la sua approvazione. In tutto il Sermone sul monte Gesù sottolineò ai suoi discepoli che Dio era loro Padre.6

Capire che Dio è nostro Padre e che ci ama pone le fondamenta per il nostro rapporto con Lui. Come figli di Dio possiamo essere rassicurati dalla consapevolezza che il suo amore per noi è incondizionato. Possiamo avvicinarci a Lui con un atteggiamento di fiducia e con l’aspettativa che baderà a noi e si prenderà cura di noi perché sa quali sono i nostri bisogni.

Gesù indicò l’amore paterno di Dio e la sua premura nei nostri confronti quando disse:

Il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate.7 Qual è l’uomo tra di voi, il quale, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? Oppure se gli chiede un pesce, gli dia un serpente? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano!8Non state a cercare che cosa mangerete e che cosa berrete, e non state in ansia! […] Il Padre vostro sa che ne avete bisogno.9

Vedere Dio come un Padre non significa che manteniamo con Lui un rapporto come quello di un bambino piccolo con il suo genitore. Anche se dipenderemo sempre da Lui per la nostra esistenza, ci ha anche dato autonomia e libero arbitrio. Oltre a mostrarci che possiamo essere sicuri del nostro rapporto con il Padre, Gesù ci indica che possiamo avvicinarci a nostro Padre da adulto a adulto. Lo vediamo nella preghiera di Gesù al Getsemani, quando chiese al Padre di “allontanare questo calice” di sofferenza da Lui. Gesù pose una domanda, rifletté sulla situazione, poi prese la decisione di allinearsi alla volontà di suo Padre.

Come figli di Dio, ci si aspetta che usiamo la mente e l’intelletto, che lottiamo in preghiera, cerchiamo indicazioni nelle Scritture, discutiamo i nostri problemi con Dio e ascoltiamo la sua risposta; sono tutte cose che fanno parte del nostro processo decisionale e del nostro rapporto con Lui.

Una potenza umile

Anche se era Dio incarnato e aveva il potere di guarire i malati, risuscitare i morti e sfamare le moltitudini, Gesù usava la sua potenza umilmente. Avrebbe potuto esigere dei privilegi a cui avrebbe avuto diritto, considerando la sua posizione in rapporto a Dio. Comunque decise di mettere da parte quei privilegi e di servire gli altri.

Pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.10

Invece di usare la sua potenza per ottenere fama o esercitare autorità sugli altri, come Satana lo tentò a fare, la usò per gli altri. Quando capì che il popolo avrebbe cercato di farlo re, si ritirò sui monti per conto suo.11 Disse:

Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.12

Insegnò ripetutamente ai suoi discepoli che dovevano avere un atteggiamento umile e servizievole.

Gesù, chiamatili a sé, disse: «Voi sapete che i sovrani delle nazioni le signoreggiano e che i grandi esercitano il potere su di esse, ma tra di voi non sarà così; anzi chiunque tra di voi vorrà diventare grande sia vostro servo; e chiunque tra di voi vorrà essere primo sia vostro schiavo».13

Gesù, Dio figlio, prese l’aspetto di un servo con umiltà; e anche noi, come credenti, dovremmo seguire il suo esempio.

Equilibrare esigenze in concorrenza fra loro

Gesù affrontò numerose esigenze in concorrenza fra loro: da parte della sua famiglia,14 dei suoi discepoli e amici,15 dei suoi nemici e oppositori.16 Oltre a ciò, c’erano le esigenze della folla che voleva disperatamente il suo aiuto. Le folle lo circondavano e lo premevano da ogni parte.17 In una circostanza commentò di aver sentito che una potenza era uscita da Lui.18 A un certo punto, corse il rischio di essere schiacciato dalla folla.19

Oltre a descrivere le esigenze cui Gesù era sottoposto, i Vangeli indicano anche la sua risposta. Doveva stare con il pubblico – insegnando, guarendo, discutendo – e poi equilibrare le cose ritirandosi con i suoi discepoli e a volte da solo, per stare con suo Padre e pregare. I momenti in cui affrontava conflitti o pericoli erano equilibrati da ritirate strategiche. Queste ritirate, o ritiri, fornivano riposo e ricreazione, una ricarica spirituale che gli dava forza.

Gesù, avendo udito che Giovanni era stato messo in prigione, si ritirò nella Galilea.20 In un altro momento, Gesù non si aggirava più pubblicamente tra i Giudei, ma si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città detta Efraim, e lì rimase con i suoi discepoli.21

Leggiamo anche che a quanto pare a Gesù piaceva mangiare in compagnia, e ciò comprendeva bere vino insieme. Di conseguenza i farisei lo accusavano di essere un mangione e un beone.

È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”.22

Dimostrazione di ospitalità

Una delle forme per dimostrare la propria ospitalità a qualcuno è invitarli a mangiare a casa propria. Nella cultura giudaica ai tempi di Gesù era un po’ diverso, perché quando una persona importante come un rabbino o un insegnante era invitato a casa di qualcuno, era sottinteso che era l’invitato a dimostrare la propria ospitalità. Accettare un invito come ospite a casa di qualcuno portava onore, rispetto e approvazione alla persona che faceva l’invito e alla sua famiglia. Possiamo vedere un esempio di questo tipo d’ospitalità da parte di Gesù quando disse al pubblicano Zaccheo, odiato dai suoi compaesani, che voleva andare a stare a casa sua. La gente mormorò che era ospite a casa di un peccatore.23 Zaccheo era emarginato a causa della sua collaborazione con gli oppressori romani ed era considerato un nemico degli Ebrei.

Quella non fu l’unica volta in cui Gesù offrì la sua ospitalità superando barriere socialmente accettabili. Altri esempi includono la samaritana,24 la donna che gli lavò i piedi a casa del fariseo,25 i pubblicani26 e il centurione romano,27 oltre a toccare e guarire lebbrosi e altre persone considerate ritualmente “impure”. Erano tutti degli emarginati, ma Lui li accolse. Così facendo li dichiarava meritevoli e accettabili, dimostrando un esempio dell’amore e dell’accettazione degli emarginati della società da parte di suo Padre, oltre al suo desiderio di salvarli. Nei Vangeli Gesù passò tempo con gli emarginati, le persone disprezzate, i diversi, gli “altri”.

Se vogliamo essere simili a Gesù, apriremo il nostro cuore e la nostra vita per accettare e accogliere quelli che sono gli “altri”, diversi da noi. Ciò potrebbe significare persone di convinzioni religiose o politiche diverse, di nazionalità o etnia diverse, di condizioni economiche diverse o con simpatie o antipatie diverse dalle nostre – le persone che in sono in qualsiasi modo differenti da noi. Dimostrare ospitalità e un atteggiamento accogliente a chi non fa parte della nostra normale cerchia abbatte le barriere e rispecchia lo spirito di Cristo.

La compassione

La compassione è un sentimento che ci spinge all’azione; è la consapevolezza del disagio altrui unita al desiderio di alleviarlo. Nei Vangeli vediamo che la compassione è un sentimento costantemente attribuito a Gesù. Si commuoveva quando vedeva i bisognosi e si metteva in moto per alleviare la loro situazione.E Gesù, smontato dalla barca, vide una grande folla e ne ebbe compassione, e ne guarì gli infermi.28 Appena prima di sfamare la folla disse: Ho pietà di questa folla, perché sono già tre giorni che stanno con me, e non hanno di che mangiare.29 Quando i due ciechi lo invocarono, Gesù, mosso a pietà, toccò i loro occhi; e all’istante i loro occhi recuperarono la vista e lo seguirono.30 Lo stesso accadde quando andò a trovare Maria e Marta dopo la morte di loro fratello Lazzaro: Gesù allora quando vide [Maria] piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e si turbò.31 Pianse e poi risuscitò Lazzaro dai morti. In ciascun caso Gesù fu mosso a compassione e agì a beneficio degli altri.

Il termine greco usato nei Vangeli sinottici per “compassione” è splagchnizomai, che significa “essere mosso nelle viscere”, perché le viscere erano considerate la sede dell’amore e della pietà. Nel Vangelo di Giovanni si usa la parola embrimaomai per esprimere come Gesù fu profondamente commosso e turbato davanti alla tomba di Lazzaro. Entrambe le parole hanno un tono profondamente fisico e trasmettono un senso d’indignazione alla vista della sofferenza e dei bisogni degli esseri umani. Ogni volta che si descrive come Gesù sia colpito da simili emozioni, ci viene detto che si mise in azione per rimediare alla situazione.

La compassione si mette in azione per migliorare la brutta situazione in cui si trova qualcuno. Se non c’è azione, non c’è compassione – sarebbe comprensione, consapevolezza dei bisogni altrui; o immedesimazione, il dispiacere per i bisogni di un altro. Gesù andava oltre la comprensione e l’immedesimazione: si metteva in azione – una cosa che anche noi, i suoi seguaci, dovremmo emulare. Anche se non siamo in grado di reagire esattamente come Gesù, possiamo seguire il suo esempio e cercare di aiutare le persone bisognose.

Non-ritorsione

Nel Sermone sul monte, Gesù insegnò il principio della non-ritorsione:

Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due.32

Oltre a predicare la non-ritorsione, vediamo che la mise anche in pratica. Durante la sua passione, quando i soldati vennero a prenderlo, rifiutò la possibilità di difendersi con la forza.

Gesù disse [a Pietro]: «Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada. Pensi forse che io non potrei adesso pregare il Padre mio, perché mi mandi più di dodici legioni di angeli?»33

Pietro, suo discepolo e amico, scrisse in seguito di Lui:

Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente.34

Gesù insegnò che i suoi discepoli non dovevano cercare una rappresaglia occhio per occhio per il male ricevuto. Disse ai suoi seguaci di evitare di rispondere al male con il male e che una colpa non ne scusa un’altra. Questo principio si basa sulla fiducia che Dio è in controllo e che giudicherà o vendicherà chi se lo merita. Invece di rispondere, dobbiamo perdonare chi ci ha fatto un torto. Ciò non significa che chi ha causato il danno non ne pagherà le conseguenze, ma che non dobbiamo preoccuparci di rispondere al male con il male.

In conclusione

Camminare sulle orme di Gesù avendo un profondo senso d’intimità con Dio – servendo gli altri con umiltà, mantenendo un giusto equilibrio nella vita, dimostrando ospitalità verso chi è diverso da noi, essendo mossi a compassione nei confronti degli altri e non contraccambiando quando altri ci hanno in qualche modo ferito – non è una cosa che avviene automaticamente solo perché siamo cristiani.

Per camminare come camminò Gesù, per avere un carattere più divino, per manifestare i frutti dello Spirito, ci vuole una trasformazione personale. Questa trasformazione può avvenire solo per grazia di Dio, che viene data a chi prende la decisione e fa lo sforzo di crescere in Lui, applicare i suoi insegnamenti e diventare più simile a Lui.


Nota

Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.


1 I punti successivi sono riassunti da The Psychology of Christian Character Formation, di Joanna Collicutt (London: SCM Press, 2015).

2 Collicutt, Psychology of Christian Character Formation, 31.

3 Esodo 3,6.

4 Isaia 6,5.

5 Voi dunque pregate in questa maniera: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome” (Matteo 6,9).

Ed Egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno”» (Luca 11,2).

6 Matteo 5,16.45.48; 6,1.4.6.8.9.14.15.18.26.32; 7,11.21.

7 Matteo 6,8.

8 Matteo 7,9–11 NR.

9 Luca 12,29–30 NR. Vedi anche Matteo 6,25–32; 7,7–11; Luca 11,11–13; 12,22–30.

10 Filippesi 2,6–8 NR.

11 Giovanni 6,15.

12 Matteo 20,28. Anche: Marco 10,45; Luca 22,27.

13 Matteo 20,25–27. Anche: Matteo 23,11; Marco 9,35; 10,43–44, Luca 22,26; Giovanni 13,15–16.

14 Matteo 12,46–47; Giovanni 2,2–4; 7,1–7.

15 Matteo 16,22; 20,20–21; Marco 10,35–37; Giovanni 11,21.32.

16 Matteo 16,1; 19,3; 21,23; 22,16–32; Giovanni 8,1–11; 10,24.

17 Luca 8,45.

18 Luca 8,46.

19 Marco 3,9.

20 Matteo 4,12.

21 Giovanni 11,54. Anche: Matteo 14,13, 15,21; Marco 7,24; Luca 9,10; Giovanni 4,1–3; 7,1.

22 Luca 7,34, Matteo 11,19.

23 Luca 19,5–7. Anche: Matteo 8,8, Luca 7,6.

24 Giovanni 4,1–42.

25 Luca 7,36–50.

26 Matteo 9,10–13.

27 Luca 7,2–9.

28 Matteo 14,14.

29 Marco 8,2.

30 Matteo 20,34.

31 Giovanni 11,33 CEI.

32 Matteo 5,39–41.

33 Matteo 26,52–53.

34 1 Pietro2,23.


Pubblicato originariamente in Inglese il 26 aprile 2016.