Un caffè e un abbraccio?

Aprile 7, 2012

di Maria Fontaine

Tony Campolo, noto scrittore cristiano, oratore e sociologo, ha raccontato di un incontro da lui fatto mentre camminava nel centro di Filadelfia:

“Ho notato un barbone che veniva nella mia direzione. Era coperto di polvere e sporco dalla testa ai piedi. Aveva croste di sporco sulla pelle; ma la cosa che si notava di più era la sua barba. Gli arrivava quasi fino alla vita e aveva pezzi di cibo marcio appiccicati. L’uomo aveva in mano una tazza di caffè di McDonald, sul cui bordo c’erano i segni della sua bocca sporca. Avanzava verso di me barcollando e sembrava fissare dentro la tazza.

Improvvisamente ha alzato gli occhi e ha gridato: ‘Ehi, signore! Vuole un po’ del mio caffè?’

Devo ammettere che in realtà non volevo, ma sapevo che la cosa giusta da fare era accettare la sua generosità, così gli ho detto: ‘Solo un sorso’.

Mentre gli restituivo la tazza, gli ho detto: ‘Mi sembri piuttosto generoso, a regalare il tuo caffè. Cos’è successo oggi di particolare per farti fare una cosa del genere?’

Il vecchio straccione mi ha guardato negli occhi e ha detto: “Be’, oggi il caffè era particolarmente buono e mi sono detto che se Dio ti dà qualcosa di buono dovresti condividerlo con gli altri’.

Subito ho pensato: Oh no. Mi ha veramente fregato. Questo mi costerà cinque dollari. Gli ho chiesto: ‘Immagino che ci dev’essere qualcosa che posso fare per te in cambio, eh?’

Il barbone ha risposto: ‘Sì, dammi un abbraccio!’ (A dire il vero in quel momento ho sperato volesse i cinque dollari.)

Mi ha messo le braccia attorno al collo ed io ho ricambiato l’abbraccio. Poi improvvisamente mi sono reso conto di una cosa. Non mi mollava più! La gente passava di fianco a noi sul marciapiede e mi fissava. Ed io ero lì, vestito di tutto punto, abbracciato a questo barbone sudicio! Mi sentivo in imbarazzo. Non sapevo cosa fare.

Poi, a poco a poco, il mio imbarazzo si è trasformato in uno stupore pieno di rispetto. Ho sentito una voce echeggiare nei corridoi del tempo, dicendo: ‘Avevo fame, mi hai sfamato? Ero nudo, mi hai vestito? Ero ammalato, ti sei preso cura di me? Ero il barbone che hai incontrato in Chestnut Street, mi hai abbracciato? Se l’hai fatto al più piccolo di questi, l’hai fatto a me’.”[1]

Riflettendo su questa storia mi sono chiesta: “Io avrei tutto quell’amore?”

Sì, potrei dare un volantino a qualcuno, potrei dargli dei soldi, potrei dire alcune parole d’incoraggiamento; ma se la situazione, qualsiasi tipo di situazione, mi richiedesse di dare più di quello che darei normalmente, più di quanto sono abituata a dare?

Mi ha anche fatto pensare ai sacrifici che i cristiani attivi hanno fatto per anni e continuano a fare per dare l’amore di Dio agli altri.

Meditando ulteriormente su questa storia, mi è venuto in mente questo punto chiave: se Dio ti chiede qualcosa, ti darà la grazia per farlo con tutto il cuore. Quando offriamo agli altri un amore sincero e genuino, che sia in una casa per anziani, in una prigione, in un orfanotrofio, in un tugurio nella bidonville, o semplicemente fuori per strada, può essere un sacrificio, se lo vediamo in termini materiali. Invece, quando ci concentriamo sulle cose spirituali e sull’impatto eterno che l’amore incondizionato del Signore ha quando si riversa da noi sulle persone bisognose, ci troviamo spinti dal suo Spirito a essere l’esempio del suo amore che Lui ritiene necessario. Perfino le cose “spiacevoli” fisicamente diventano belle quando diventiamo un anello di collegamento tra il Signore e chi ha disperatamente bisogno di un “abbraccio” del suo Salvatore.

Quanto amore ho? Quasi niente, in confronto a quello di Gesù, questo è certo! Penso che il Signore capisca la nostra natura e sappia per che cosa abbiamo la fede e l’amore necessari. Può spingerci oltre la soglia di ciò che ci mette a nostro agio, ma sa anche di che cosa siamo capaci. Se il Signore ci mette specificamente in una situazione scomoda e ci fa capire chiaramente che cosa dovremmo fare, allora ci darà anche l’amore o la grazia per seguirlo.

Non sempre succede in una situazione come quella della storia. Per alcune cose si tratta di pura e semplice cortesia. Una volta ho commesso l’errore di non accettare l’offerta di alcune patatine dal sacchetto di una persona, quando era un gesto di cortesia da parte sua. In seguito mi sono pentita e mi sono ripromessa di provare ad accettare ciò che mi viene offerto, che lo voglia o no, anche se fosse un tipo di cibo che mangio raramente. Mangerei dal piatto di qualcuno, o berrei dal suo bicchiere? Di solito probabilmente no; ma se il Signore mi facesse capire che è importante, allora spero che lo farei.

Darei a un mendicante un abbraccio sincero? Spero di sì, se il Signore m’indicasse che lo vuole. Mi rendo conto che ciò che costituisce un sacrificio per una persona può non esserlo per un’altra. Per qualcuno potrebbe essere più facile dare i pochi soldi che ha, piuttosto che dare un abbraccio. Per qualcun altro potrebbe essere più facile l’abbraccio. Oppure una persona potrebbe sacrificare più facilmente il suo tempo limitatissimo per sedersi a parlare con qualcuno invece di dargli i suoi pochi soldi.

Possiamo chiedere al Signore di darci abbastanza amore, così che quando ci troveremo in qualche situazione, qualunque essa sia, faremo del nostro meglio per reagire come vorrebbe Gesù? Per grande o piccolo che sia il sacrificio, possiamo essere Gesù per qualcuno, non solo dando un aiuto spirituale, ma anche mediante le nostre azioni fisiche, riconoscendo che lo stiano facendo a Gesù. “Tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”.[2]


[1] Da Let Me Tell You A Story, di Tony Campolo (Thomas Nelson, 2000).

[2] Matteo 25,40.

 


Titolo originale: Coffee and a Hug?
Pubblicato originariamente in Inglese il 31 Marzo 2011
versione italiana affissa il 7 Aprile 2012;
statistiche: 998 parole; 4.840 caratteri

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