Vivere il cristianesimo: i Dieci Comandamenti (Non rubare, parte 1)
Gennaio 29, 2022
di Peter Amsterdam
Vivere il cristianesimo: i Dieci Comandamenti (Non rubare, parte 1)
Introduzione
[Living Christianity: The Ten Commandments (You Shall Not Steal, Part 1)]
(Alcuni punti di questo articolo sono tratti da Christian Ethics, di Wayne Grudem,1Christian Ethics: Contemporary Issues and Options di Norman Geisler2 e da Kingdom Ethics, di Glen H. Stassen & David P. Gushee.3)
L’ottavo comandamento dice: Non rubare.4 Come gli altri comandamenti, questa breve affermazione è come il titolo di una sottocartella che si apre su diversi argomenti, molti dei quali saranno esaminati in questo e in successivi articoli. Questo comandamento dà per scontato che Dio abbia dato agli esseri umani il diritto di proprietà. Proprietà indica che un bene appartiene a qualcuno. Qualsiasi cosa sia legalmente vostra è di vostra proprietà. Esistono due tipi di proprietà: “proprietà immobiliare”, case e terreni posseduti da qualcuno, e “proprietà personale”, o “beni personali”, consistente in tutto il resto delle cose che uno possiede.
Naturalmente, alla fin fine ogni cosa appartiene a Dio.
Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia.5
All'Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti.6
Mie infatti sono tutte le bestie della foresta; mio è il bestiame che sta a migliaia sui monti.7
Anche se essenzialmente a Dio appartiene tutto ciò che esiste, Lui ha incaricato gli esseri umani di prende possesso della terra in suo nome.
«Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra». E DIO disse: «Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra e ogni albero che abbia frutti portatori di seme; questo vi servirà di nutrimento. E a ogni animale della terra, a ogni uccello dei cieli e a tutto ciò che si muove sulla terra ed ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento».8
Siamo incaricati di prenderci cura della creazione divina e Lui ci ha dato anche il diritto di amministrare qualsiasi bene materiale ci abbia donato e di goderne.
Sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento vediamo che i credenti avevano delle proprietà. Una storia del Vecchio Testamento in 1 Re parla di Naboth, che aveva un vigneto che Achab, re di Samaria, voleva comprare.
Achab parlò a Naboth e gli disse: «Dammi la tua vigna per farne un orto, perché si trova vicina alla mia casa. In cambio ti darò una vigna migliore o, se preferisci, ti darò l'equivalente in denaro». Ma Naboth rispose ad Achab: «Mi guardi l'Eterno dal cederti l'eredità dei miei padri!»9
Scopriamo anche che Abraamo, il padre del popolo ebraico, era piuttosto ricco, come vediamo da quanto disse un suo servo:
«Io sono servo di Abrahamo. L'Eterno ha benedetto abbondantemente il mio signore, che è divenuto grande; gli ha dato pecore e buoi, argento e oro, servi e serve, cammelli e asini».10
La legge mosaica aveva varie regole e punizioni riguardanti il furto di proprietà appartenenti ad altri, tra le quali il rimborso per i danni fatti ad animali agricoli o campi altrui.11 Nel Vecchio Testamento è chiaro che la terra e gli animali di una persona appartenevano a lui e che gli altri dovevano rispettare i suoi diritti di proprietà. In altri punti delle leggi di Mosè c’erano regole sui confini delle proprietà.
Non sposterai le pietre di confine del tuo prossimo, poste dai tuoi antenati, nell'eredità che avrai nel paese di cui il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà il possesso.12
Le pietre di confine erano usate per delimitare i limiti di un terreno; di conseguenza spostare le pietre equivaleva a rubare le terre del vicino.
Non spostare il confine antico, posto dai tuoi padri.13
Non spostare il confine antico e non entrare nei campi degli orfani.14
Anche nel Nuovo Testamento leggiamo che le persone erano proprietarie di denaro, beni e terreni. I credenti erano incoraggiati a essere generosi, ma la proprietà non era vietata. Leggiamo che l’apostolo Pietro andò alla casa di Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco, dove molti fratelli erano radunati e pregavano.15 Nel libro degli Atti, noi che eravamo compagni di Paolo, arrivammo a Cesarea e, entrati in casa di Filippo l'evangelista che era uno dei sette, restammo presso di lui.16
Nel libro degli Atti leggiamo anche che i credenti “avevano ogni cosa in comune”.
Tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. E vendevano i poderi e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.17
E il gran numero di coloro che avevano creduto era di un sol cuore e di una sola anima; nessuno diceva esser suo quello che aveva, ma tutte le cose erano in comune fra di loro. […] Non vi era alcun bisognoso fra di loro, perché tutti coloro che possedevano poderi o case li vendevano e portavano il ricavato delle cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno, secondo il suo particolare bisogno.18
Questi gesti generosi dimostrano una stupenda fiducia in Dio, un grande amore gli uni per gli altri e una grande quantità di sacrificio.
Il gesto di condividere le proprietà terrene, così com’è documentato nel libro degli Atti, era un’offerta volontaria. Non tutti i primi credenti rinunciavano ai loro beni, né la cosa era obbligatoria nella prima chiesa. Nel libro degli Atti leggiamo di diversi credenti che avevano proprietà: Giasone (17:5), Tizio Giusto (18:7 NR), molti cristiani a Efeso (20:20), Filippo l’evangelista (21:8), Mnasone di Cipro, che aveva una casa a Gerusalemme (21:16), Priscilla e Aquila (Romani 16:5; 1 Corinzi 16:19), Ninfa (Colossesi 4:15), Filemone (Filemone 1:2) e altri cristiani in generale a cui scrisse Giovanni (2 Giovanni 10).
Nel quinto capitolo degli Atti, subito dopo il versetto sui credenti che avevano ogni cosa in comune e vendevano le loro case, deponendo il ricavato ai piedi degli apostoli, leggiamo la storia di Anania e Saffira.19 Vediamo che avevano venduto una proprietà, ma che Anania vendette un podere e trattenne per sé una parte dell'importo, d'accordo con la moglie, e andò a deporre il resto ai piedi degli apostoli.20 L’allusione è che affermò di dare l’intero ricavato della vendita agli apostoli, ma in realtà stava mentendo, perché davano solo una parte dei fondi. L’apostolo Pietro disse: Se questo restava invenduto, non rimaneva tuo? E il ricavato della vendita non era forse a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio.21 Pietro fece notare che la proprietà era loro e che anche dopo averla venduta il denaro ricevuto apparteneva a loro. Il problema era che avevano mentito riguardo al ricavato. Comunque non c’era niente di sbagliato nell’essere proprietari del podere o nel tenere il ricavato della vendita.
L’ottavo comandamento contro il furto si applica anche a noi oggi, come afferma il Nuovo Testamento:
Infatti questi comandamenti: «Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dir falsa testimonianza, non desiderare», e se vi è qualche altro comandamento, si riassumono tutti in questo: «Ama il tuo prossimo come te stesso».22
Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v'ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, […] né i ladri […] erediteranno il regno di Dio.23
Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno.24
Prendere la proprietà altrui senza permesso è un furto, quindi un peccato, perché l’ottavo comandamento dice Non rubare. È importante capire, inoltre, che anche se questo comandamento protegge i beni e le proprietà, protegge anche tutto ciò che a un individuo è dato; protegge quindi anche il suo tempo, i suoi talenti e le sue opportunità (come vedremo nei prossimi articoli).
Anche se potremmo avere beni che non sono di “nostra” proprietà, il punto di vista delle Scritture è che siamo responsabili davanti a Dio di come usiamo quella proprietà e di come ce ne prendiamo cura. Siamo responsabili davanti a Lui perché in definitiva è il proprietario di tutto ciò che esiste e ha la suprema autorità sopra di esso.
Indipendentemente da quante cose sono di nostra proprietà, molte o poche, siamo responsabili davanti a Dio di come ce ne prendiamo cura. Nel Vangelo di Matteo Gesù parla di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno; a ciascuno secondo la sua capacità; e subito partì.25 Al suo ritorno l’uomo chiese a ognuno dei suoi servi di rendergli conto di come aveva amministrato il denaro che gli aveva affidato. Ognuno era responsabile di ciò che aveva ricevuto, poco o molto che fosse. Anche se i due servi fedeli avevano ricevuto somme diverse, entrambi furono elogiati per la buona amministrazione dei beni ricevuti. A entrambi il loro padrone disse: Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore.26
Nota
Se non altrimenti indicato, tutte le citazioni bibliche sono tratte da: La Nuova Diodati, © Edizioni La Buona Novella, Bari. Tutti i diritti riservati.
1 Wayne Grudem, Christian Ethics (Wheaton: Crossway, 2018).
2 Norman L. Geisler, Christian Ethics: Contemporary Issues and Options (Baker Academic, 2010).
3 Glen H. Stassen & David P. Gushee, Kingdom Ethics: Following Jesus in Contemporary Context (Downers Grove: IVP Academic, 2003).
4 Esodo 20,15 NR.
5 Esodo 19,5.
6 Salmi 24,1.
7 Salmi 50,10.
8 Genesi 1,28–30.
9 1 Re 21,2–3.
10 Genesi 24,34–35.
11 Vedi Esodo 21,28–36; 22,1–15; Deuteronomio 22,1–4; 23,24–25.
12 Deuteronomio 19,14 NR.
13 Proverbi 22,28.
14 Proverbi 23,10.
15 Atti 12,12.
16 Atti 21,8.
17 Atti 2,44–45.
18 Atti 4,32–35.
19 Atti 5,1–10.
20 Atti 5,2.
21 Atti 5,4.
22 Romani 13,9.
23 1 Corinzi 6,9–10.
24 Efesini 4,28.
25 Matteo 25,14–15.
26 Matteo 25,21, 23 NR.
Pubblicato originariamente in inglese il 14 luglio 2020.